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« XVII Domenica del Tempo ...Trasfigurazione del Signore »

Continua

Post n°166 pubblicato il 05 Agosto 2017 da IMMAGINIRCFO

Proprio vicino al monte, sulle colline che ne sono la base, basse e brevi colline, sono due cittadine, una verso sud, una verso nord. La pianura fertilissima si estende specialmente e più ampiamente verso il sud.

Gesù, dopo una breve sosta al fresco di un ciuffo di alberi, certo concessa per pietà di Pietro che nelle salite fatica palesemente, riprende a salire. Va fin quasi sulla vetta, là dove è un pianoro erboso che ha un semicerchio di alberi verso la costa.

«Riposate, amici. Io vado là a pregare». E accenna con la mano ad un ampio sasso, una roccia che affiora dal monte e che si trova perciò non verso la costa ma verso l’interno, la vetta.

Gesù si inginocchia sulla terra erbosa appoggia le mani e il capo al masso, nella posa che prenderà anche nella preghiera del Gestemani. Il sole non lo colpisce perché la vetta lo ripara. Ma il resto dello spiazzo erboso è tutto lieto di sole, sino al limite d’ombra dello scrimolo alberato sotto il quale si sono seduti gli apostoli.

Pietro si leva i sandali e ne scuote via la polvere e sassolini e sta così, scalzo, coi piedi stanchi fra l’erba fresca, quasi steso, col capo su un ciuffo smeraldino che sporge più degli altri sulla sua zolla come un guanciale. Giacomo lo imita, ma per stare comodo cerca un tronco d’albero al quale appoggia il suo mantello e su questo le spalle. Giovanni resta seduto e osserva il Maestro. Ma la calma del luogo, il venticello fresco, il silenzio e la stanchezza vincono anche lui, e la testa gli si abbassa sul petto e così le palpebre sugli occhi. Non dormono profondamente nessuno dei tre, ma sono in quella sonnolenza estiva che intontisce.

Li scuote una luminosità così viva che annulla quella del sole e dilaga e penetra fin sotto il verde dei cespugli e alberi sotto cui si sono messi.

Aprono gli occhi stupiti e vedono Gesù trasfigurato. Egli è ora tale e quale come lo vedo nelle visioni del Paradiso.

Naturalmente senza le Piaghe e senza il vessillo della Croce. Ma la maestà del Volto e del Corpo è uguale, uguale ne è la luminosità, e uguale la veste che da un rosso cupo si è mutata nel diamantifero e perlifero tessuto immateriale che lo veste in Cielo.

Il suo Viso è un sole dalla luce siderale ma intensissima, nel quale raggiano gli occhi di zaffiro. Sembra più alto ancora, come la sua glorificazione ne avesse aumentato la statura. Non saprei dire se la luminosità, che rende persino fosforescente il pianoro, provenga tutta da Lui o se alla sua propria si mesca quella che ha concentrata sul suo Signore tutta la luce che è nell’universo e nei cieli. So che è qualche cosa di indescrivibile.

Gesù è ora in piedi, direi anzi che è alzato da terra, perché fra Lui e il verde del prato vi è come un vaporare di luce, uno spazio dato unicamente da una luce sul quale pare Egli si eriga. Ma è tanto viva che potrei anche ingannarmi, e il non vedere più il verde dell’erba sotto le piante di Gesù potrebbe esser provocato da questa luce intensa che vibra e fa onde come si vede talora nei grandi fuochi. Onde, qui, di un colore bianco, incandescente, Gesù sta col Volto alzato verso il cielo e sorride ad una sua visione che Lo sublima.

Gli apostoli ne hanno quasi paura e Lo chiamano, perché non pare più a loro che sia il loro Maestro tanto è trasfigurato. «Maestro, Maestro», chiamano piano ma con ansia. Egli non sente.

«È in estasi» dice Pietro tremante. «Che vedrà mai?».

I tre si sono alzati in piedi. Vorrebbero accostarsi a Gesù, ma non osano.

La luce aumenta ancora per due fiamme che scendono dal cielo e si collocano ai lati di Gesù. Quando sono stabilite sul pianoro, il loro velo si apre e ne appaiono due maestosi e luminosi personaggi. L’uno più anziano, dallo sguardo acuto e severo e da una lunga barba bipartita. Dalla sua fronte partono corni di luce che me lo indicano per Mosè.

L’altro è più giovane, scarno, barbuto e peloso, su per giù come il Battista, al quale direi assomiglia per statura, magrezza, conformazione e severità. Mentre la luce di Mosè è candida come è quella di Gesù, specie nei raggi della fronte, quella che emana Elia è solare, di fiamma viva.

I due Profeti prendono una posa di riverenza davanti al loro Dio Incarnato e, sebbene Questi parli loro con famigliarità, essi non abbandonano la loro posa riverente. Non comprendo neppure una delle parole dette.

I tre apostoli cadono a ginocchio tremanti, col volto fra le mani. Vorrebbero vedere, ma hanno paura.

Finalmente Pietro parla: «Maestro, Maestro. Odimi».

Gesù gira lo sguardo con un sorriso verso il suo Pietro, che si rinfranca e dice: «È bello lo stare qui con Te, Mosè e Elia. Se vuoi facciamo tre tende per Te, per Mosè e per Elia, e noi stiamo qui a servirvi…».

Gesù lo guarda ancora e sorride più vivamente. Guarda anche Giovanni e Giacomo. Uno sguardo che li abbraccia con amore. Anche Mosè e Elia guardano i tre fissamente. I loro occhi balenano. Devono essere come raggi che penetrano i cuori.

Gli apostoli non osano dire altro. Intimoriti, tacciono. Sembrano un poco ebbri come chi è sbalordito. Ma quando un velo che non è nebbia, che non è nuvola, che non è raggio, avvolge e separa i Tre gloriosi dietro una schermo ancor più lucido di quello che già li circondava e li nasconde alla vista dei tre, e una Voce potente e armonica vibra ed empie di sé lo spazio, i tre cadono col volto contro l’erba.

«Questo è il mio Figliuolo diletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».

Pietro nel gettarsi bocconi esclama: «Misericordia di me, peccatore! È la Gloria di Dio che scende!». Giacomo non fiata. Giovanni mormora con un sospiro, come fosse prossimo a svenire: «Il Signore parla!».

Nessuno osa alzare la testa anche quando il silenzio si è rifatto assoluto. Non vedono perciò neppure il tornare della luce alla sua naturalezza di luce solare e mostrare Gesù rimasto solo e tornato il Gesù solito nella sua veste rossa.

Egli cammina verso loro sorridendo e li scuote e tocca e chiama per nome.

«Alzatevi. Sono Io. Non temete» dice, perché i tre non osano alzare il volto e invocano misericordia sui loro peccati, temendo che sia l’Angelo di Dio che vuol mostrarli all’Altissimo.

«Levatevi, dunque. Ve lo comando» ripete Gesù con imperio. Essi alzano il volto e vedono Gesù che sorride.

«Oh! Maestro, Dio mio!» esclama Pietro. «Come faremo a viverti accanto ora che abbiamo visto la tua gloria? Come faremo a vivere fra gli uomini, e noi, uomini peccatori, ora che abbiamo udito la voce di Dio?».

«Dovrete vivermi accanto e vedere la mia gloria sino alla fine. Siatene degni perché il tempo è vicino. Ubbidite al Padre mio e vostro. Torniamo ora fra gli uomini, perché sono venuto per stare fra essi e per portare essi a Dio. Andiamo. Siate santi per ricordo di quest’ora, forti, fedeli.

Avrete parte alla mia più completa gloria. Ma non parlate ora di questo che avete visto ad alcuno. Neppure ai compagni. Quando il Figlio dell’Uomo sarà risuscitato dai morti e tornato nella gloria del Padre, allora parlerete. Perché allora occorrerà credere per avere parte nel mio Regno».

«Ma non deve venire Elia per preparare al tuo Regno? I rabbi dicono così».

«Elia è già venuto ed ha preparato le vie del Signore. Tutto avviene come è stato rivelato. Ma coloro che insegnano la Rivelazione non la conoscono e non la comprendono, e non vedono e riconoscono i segni dei tempi e i messi di Dio. Elia è tornato una volta. La seconda verrà quando il tempo ultimo sarà vicino per preparare gli ultimi a Dio. Ma ora è venuto per preparare i primi al Cristo, e gli uomini non lo hanno voluto riconoscere e lo hanno tormentato e messo a morte. Lo stesso faranno col Figlio dell’Uomo, perché gli uomini non vogliono riconoscere ciò che è loro bene».

I tre chinano la testa pensosi e tristi, e scendono per la via dalla quale sono saliti insieme a Gesù.

…Ed è ancora Pietro che dice, in una sosta a mezza via: «Ah! Signore! Dico anche io come tua Madre ieri: “Perché ci hai fatto questo?”; e anche dico: “Perché ci hai detto questo?”. Le tue ultime parole hanno cancellato la gioia della gloriosa vista dai nostri cuori! Gran giorno di paure questo! Prima ci ha fatto paura la grande luce che ci ha destati, più forte che se il monte ardesse o che se la luna fosse scesa a raggiare sul ripiano, sotto i nostri occhi; poi il tuo aspetto e il tuo staccarti dal suolo come fossi per volare via.

Ho avuto paura che Tu, disgustato dalle nequizie di Israele, te ne tornassi ai Cieli, magari per ordine dell’Altissimo. Poi ho avuto paura di vedere apparire Mosè, che i suoi del suo tempo non potevano più vedere senza velo tanto splendeva sul suo volto il riflesso di Dio, e ancora era uomo, mentre ora è spirito beato e acceso di Dio, e Elia… Misericordia divina! Ho creduto essere giunto al mio ultimo momento, e tutti i peccati della mia vita, da quando rubavo le frutta nella dispensa da piccino, all’ultimo di averti mal consigliato giorni sono, mi sono venuti alla mente. Con che tremore me ne sono pentito!

Poi mi parve che mi amassero quei due giusti… e ho osato parlare. Ma anche il loro amore mi faceva paura, perché io non merito l’amore di simili spiriti. E dopo… e dopo!… La paura delle paure! La voce di Dio!…Geovè che ha parlato! A noi! Ci ha detto: “Ascoltatelo!”. Tu. E ti ha proclamato “suo Figlio diletto nel quale Egli si compiace”. Che paura! Geovè!… a noi!…

Certo solo la tua forza ci ha tenuti in vita!… Quando Tu ci hai toccato, le tue dita ardevano come punte di fuoco, io ho avuto l’ultimo spavento. Ho creduto che fosse l’ora di essere giudicato e che l’Angelo mi toccasse per prendermi l’anima e portarla all’Altissimo… Ma come ha fatto tua Madre a vedere… a sentire… a vivere, insomma, quell’ora che Tu hai detto ieri, senza morire, Lei che era sola, giovanetta, senza di Te?».

«Maria, la Senza Macchia, non poteva avere paura di Dio. Eva non ne aveva paura finché fu innocente.  Ed Io c’ero. Io, il Padre e lo Spirito, Noi, che siamo in Cielo e in Terra e in ogni luogo, e che avevamo il nostro Tabernacolo nel cuore di Maria» dice dolcemente Gesù.

«Che cosa! Che cosa!… Ma dopo Tu hai parlato di morte… E ogni gioia è finita… Ma perché proprio a noi tre tutto questo? Non era bene darla a tutti questa visione della tua gloria?».

«Appunto perché tramortite udendo parlare di morte, e morte per supplizio, del Figlio dell’Uomo, l’Uomo-Dio vi ha voluto fortificare per quell’ora e per sempre con la precognizione di ciò che Io sarò dopo la Morte. Ricordatevi tutto questo, per dirlo a suo tempo… Avete capito?».

«Oh! sì, Signore. Non è possibile dimenticare. E sarebbe inutile raccontare. Ci direbbero “ebbri”».


Dice Gesù:

«E ora qui P.M. può mettere il commento alla visione del 5 agosto 1944 (quaderno A 930) cominciando dalle parole: “Non ti eleggo soltanto a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi sa stare meco nel dolore deve avere parte meco nella gloria”. E tu riposa, fedele, piccolo Giovanni, ché il tuo riposo è ben meritato. La mia pace sia gioia in te».

Dice Gesù:

«Ti ho preparata a meditare la mia Gloria. Domani la Chiesa la celebra. Ma Io voglio che il mio piccolo Giovanni la veda nella sua verità per comprenderla meglio. Non ti eleggo soltanto a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi sa stare meco nel dolore deve aver parte meco nella gioia.

Voglio che tu, davanti al tuo Gesù che ti si mostra, abbia gli stessi sentimenti di umiltà e pentimento dei miei apostoli.

Mai superbia. Saresti punita perdendomi.

Continuo ricordo di Chi sono Io e di chi sei tu.

Continuo pensiero alle tue manchevolezze e alla mia perfezione per avere un cuore lavato dalla contrizione. Ma insieme anche tanta fiducia in Me.

Io ho detto: “Non temete. Alzatevi. Andiamo. Andiamo fra gli uomini perché sono venuto per stare con essi. Siate santi, forti e fedeli per ricordo di quest’ora”. Lo dico anche a te e a  tutti i miei prediletti fra gli uomini, a quelli che mi hanno in maniera speciale.

Non temete di Me. Mi mostro per elevarvi, non per incenerirvi.

Alzatevi: la gioia del dono vi dia vigoria e non vi ottunda nel sapore del quietismo, credendovi già salvi perché vi ho mostrato il Cielo.

Andiamo insieme fra gli uomini. Vi ho invitati a sovrumane opere con sovrumane visioni e lezioni perché possiate essermi di maggiore aiuto. Vi associo alla mia opera. Ma Io non ho conosciuto e non conosco riposo. Perché il Male non riposa mai e il Bene deve essere sempre attivo per annullare il più che si può l’opera del Nemico. Riposeremo quando il Tempo sarà compiuto.

Ora occorre andare instancabilmente, operare continuamente, consumarsi indefessamente per la messe di Dio. Il mio contatto continuo vi santifichi, la mia lezione continua vi fortifichi, il mio amore di predilezione vi faccia fedeli contro ogni insidia.

Non siate come gli antichi rabbini che insegnavano la Rivelazione e poi non le credevano al punto da non riconoscere i segni dei tempi e i messi di Dio. Riconoscete i precursori del Cristo nel suo secondo avvento, poiché le forze dell’Anticristo sono in marcia, e, facendo eccezione alla misura che mi sono imposta, perché conosco che bevete a certe verità non per spirito soprannaturale ma per sete di curiosità umana, vi dico in verità che quello che molti crederanno vittoria sull’Anticristo, la pace ormai prossima, non sarà che sosta per dare tempo al nemico del Cristo di ritemprarsi, medicarsi le ferite, riunire il suo esercito per una più crudele lotta.

Riconoscete, voi che siete le “voci” di questo vostro Gesù, del Re dei Re, del Fedele e Verace che giudica e combatte con giustizia e sarà il Vincitore della Bestia e dei suoi servi e profeti, riconoscete il vostro Bene e seguitelo sempre.

Nessun bugiardo aspetto vi seduca e nessuna persecuzione vi atterri. La vostra “voce” dica le mie parole. La vostra vita sia per quest’opera. E se avrete sorte, sulla terra, comune al Cristo, al suo Precursore e ad Elia, sorte cruenta o sorte tormentata da sevizie morali, sorridete alla vostra sorte futura e sicura che avrete comune con Cristo, con il suo Precursore, col suo Profeta.

Pari nel lavoro, nel dolore e nella gloria. Qui Io Maestro ed Esempio. Là Io Premio e Re. Avermi sarà la vostra beatitudine. Sarà dimenticare il dolore. Sarà quanto ogni rivelazione è ancora insufficiente a farvi  capire, perché troppo superiore è la gioia della vita futura alla possibilità di immaginare della creatura ancora unita alla carne».


Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

 
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Commenti al Post:
tanmik
tanmik il 07/08/17 alle 07:35 via WEB
“L'amore, come la poesia, è un sentimento che trova il suo fulcro di notte, rispecchiando la vita vissuta di giorno.” E con il buon giorno ti auguro questa nuova settimana di divertimento e di amore. Mik
(Rispondi)
tanmik
tanmik il 09/08/17 alle 05:23 via WEB
Il bacio ha tre vite: nasce nell'animo di chi dona, resta nel cuore di chi lo riceve e rimane nella memoria di chi ti ha voluto bene!-----https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcS4-5RhWNuGg1dtNVLGhl_efvJDVN2aeBMa1310MTwgEvtf2IPQ--------un mercoledì con abbraccio da MIK.
(Rispondi)
IMMAGINIRCFO
IMMAGINIRCFO il 26/10/17 alle 19:42 via WEB
Ciao. Un passaggio per augurarti sempre il meglio dalla vita. Il mio augurio per oggi e per ogni giorno che verrà. Che Dio vegli sempre su di noi e sulle nostre famiglie... Buona serata... L'amore dà senza misura, non pretende e non ricatta mai, perchè trova in se stesso la sua ricompensa e la sua felicità... http://image.blingee.com/images19/content/output/000/000/000/7c2/801318632_1360696.gif?4
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SEQUENZA

[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.
-Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.
-Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
-Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.
-Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.
-Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.
-È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.
-Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
-Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.
-Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.
-È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.
-Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
-È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.
-Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
-Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
-Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
-Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
-Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!
-Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.
-È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]
-Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.
-Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.
-Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
-Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

 
 

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