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« Trasfigurazione del SignoreXXII Domenica del Tempo ... »

XXI Domenica del Tempo Ordinario anno A

Post n°168 pubblicato il 27 Agosto 2017 da IMMAGINIRCFO

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 16,13-20

In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell’Uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che Io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei Cieli. E Io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di Essa. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei Cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei Cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che Egli era il Cristo.


Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta


Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

Volume 5 - Capitolo 343 - Pagina 309


(27 novembre 1945)

La pianura fiancheggia il Giordano prima che questo si getti nel lago di Merom. Una bella pianura su cui di giorno in giorno crescono più rigogliosi i cereali e s’infiorano gli alberi da frutto. I colli oltre i quali è Cédès sono ora alle spalle dei pellegrini, che infreddoliti camminano lesti nelle prime luci del giorno, guardando con desiderio il sole che ascende e cer­candolo non appena il suo raggio tocca i prati e carezza le fronde.

Devono avere dormito all’aperto, al massimo in un pa­gliaio, perché le vesti sono sgualcite e conservano festuche di paglia e foglie secche che essi si vanno levando man mano che le scoprono nella luce più forte. Il fiume si annuncia per il suo fruscio, che pare forte nel si­lenzio mattutino della campagna e per una folta riga di alberi dalle foglie novelle, che tremolano alla lieve brezza del matti­no. Ma ancora non si vede, sprofondato come è nella pianura piatta. Quando le sue acque azzurre, ingrossate da numerosi torrentelli che scendono dai colli occidentali, si vedono lucci­care fra il verde novello delle sponde, si è quasi sulla riva.

«Facciamo la riva fino al ponte, oppure passiamo il fiume qui?», chiedono a Gesù che era solo, meditabondo, e che si è fermato ad attenderli.

«Vedete se c’è barca per passare. É meglio andare di qui…».

«Sì. Al ponte che è proprio sulla via per Cesarea Paneade potremmo incontrare da capo qualcuno messo sulle tracce», osserva Bartolomeo accigliato, guardando Giuda.

«No. Non mi guardare male. Io non sapevo di venire qui e non ho detto nulla. Era facile capire che da Sefet Gesù sarebbe andato alle tombe dei rabbi e a Cédès. Ma mai avrei pensato volesse spingersi fino alla capitale di Filippo. Perciò essi lo ignorano. E non li troveremo per mia colpa né per loro volontà. A meno che non abbiano Belzebù che li conduce», dice calmo e umile l’Iscariota.

«Questo è bene. Perché con certa gente… Bisogna avere oc­chio e misurare le parole, non lasciare indizi dei nostri proget­ti. Stare attenti a tutto si deve. Altrimenti la nostra evangeliz­zazione si tramuterà in perpetua fuga», ribatte Bartolomeo.

Tornano Giovanni e Andrea.

Dicono: «Abbiamo trovato due barche. Ci passano per una dramma a barca. Scendiamo sull’argine».

E nelle due barchette, in due riprese, passano sull’altra sponda. La pianura piatta e fertile li accoglie anche qui. Una pianura fertile, ma poco popolata. Solo i contadini che la colti­vano hanno casa in essa.

«Umh! Come faremo per il pane? Io ho fame. E qui… non ci sono neppure le spighe filistee… Erba e foglie, foglie e fiori. Non sono una pecorella né un’ape», mormora Pietro ai compa­gni, che sorridono dell’osservazione.

Giuda Taddeo si volta -era un poco più avanti- e dice:

«Compreremo pane al primo paese».

«Sempre che non ci facciano fuggire», termina Giacomo di Zebedeo.

«Guardatevi, voi che dite di stare attenti a tutto, dal pren­dere il lievito dei farisei e dei sadducei. Mi sembra che lo stiate facendo, senza riflettere a ciò che fate di male. State attenti! Guardatevi!», dice Gesù.

Gli apostoli si guardano l’un l’altro e bisbigliano:

«Ma che dice? Il pane ce lo ha dato quella donna del sordomuto e l’oste di Cédès. E questo è ancora qui. L’unico che abbiamo. Né sap­piamo se potremo trovarne da prendere per la nostra fame. Co­me dunque dice che comperiamo da sadducei e farisei pane col loro lievito? Forse non vuole che si comperi in questi paesi…».

Gesù, che era di nuovo avanti tutto solo, torna a voltarsi.

«Perché avete paura di rimanere senza pane per la vostra fame? Anche se tutti qui fossero sadducei e farisei, non rimar­reste senza cibo per il mio consiglio. Non è di quel lievito che è nel pane che Io parlo. Perciò potrete comperare dove vi pare il pane per i vostri ventri. E se nessuno ve lo volesse vendere, non rimarreste senza pane lo stesso.

Non vi ricordate dei cinque pani con cui si sfamarono cinquemila persone? Non vi ricorda­te che ne raccoglieste dodici panieri colmi di avanzi? Potrei fa­re per voi, che siete dodici e avete un pane, ciò che feci per cin­quemila con cinque pani. Non capite a quale lievito alludo? A quello che gonfia nel cuore dei farisei, sadducei e dottori, con­tro di Me. É odio, quello. Ed è eresia.

Ora voi state andando verso l’odio come fosse entrato in voi parte del lievito farisai­co. Non si deve odiare neppure chi ci è nemico. Non aprite neppure uno spiraglio a ciò che non è Dio. Dietro al primo en­trerebbero altri elementi contrari a Dio. Talora, per troppo vo­lere combattere con armi uguali i nemici, si finisce a perire o a essere vinti. E, vinti che siate, potreste per contatto assorbire le loro dottrine. No. Abbiate carità e riservatezza.

Voi non ave­te in voi ancora tanto da poterle combattere, queste dottrine, senza esserne infettati. Perché alcuni elementi di esse li avete pure voi. E l’astio per loro ne è uno. Ancora vi dico che essi po­trebbero cambiare metodo per sedurvi e levarvi a Me, usandovi mille gentilezze, mostrandosi pentiti, desiderosi di fare pace. Non dovete sfuggirli. Ma quando essi cercheranno darvi le loro dottrine, sappiate non accoglierle. Ecco quale è il lievito di cui parlo. Il malanimo, che è contro l’amore, e le false dottrine. Vi dico: siate prudenti».

«Quel segno che i farisei chiedevano ieri era “lievito”, Mae­stro?», chiede Tommaso.

«Era lievito e veleno».

«Hai fatto bene a non darglielo».

«Ma glielo darò un giorno».

«Quando? Quando?», chiedono curiosi.

«Un giorno…».

«E che segno è? Non lo dici neppure a noi, i tuoi apostoli? Perché lo si possa riconoscere subito», chiede voglioso Pietro.

«Voi non dovreste avere bisogno di un segno».

«Oh! non per poter credere in Te! Non siamo la gente che ha molti pensieri, noi. Noi ne abbiamo uno solo: amare Te», di­ce veementemente Giacomo di Zebedeo.

«Ma la gente, voi che l’avvicinate, così alla buona, più di Me, e senza la soggezione che Io posso incutere, che dice che Io sia? E come definisce il Figlio dell’Uomo?».

«Chi dice che Tu sei Gesù, ossia il Cristo, e sono i migliori. Gli altri ti dicono Profeta, altri solo Rabbi, e altri, Tu lo sai, ti dicono pazzo e indemoniato».

«Qualcuno però usa per Te il nome stesso che Tu ti dai, e ti dice: “Figlio dell’Uomo”».

«E alcuni anche dicono che ciò non può essere, perché il Figlio dell’Uomo è ben altra cosa. Né è sempre negazione questa. Perché in fondo essi ammettono che Tu sei da più del Figlio dell’Uomo: sei il Figlio di Dio.

Altri invece dicono che Tu non sei neppure il Figlio dell’Uomo, ma un povero uomo che satana agita o che sconvolge la demenza. Tu vedi che i pareri sono molti e tutti diversi», dice Bartolomeo.

«Ma per la gente chi è dunque il Figlio dell’Uomo?».  

«Un uomo nel quale siano tutte le virtù più belle dell’uo­mo, un uomo che raduni in sé tutti i requisiti di intelligenza, sapienza, grazia che pensiamo fossero in Adamo, e taluni a questi requisiti aggiungono quello del non morire. Tu sai che già circola la voce che Giovanni Battista non sia morto. Ma so­lo trasportato altrove dagli Angeli, e che Erode, per non dirsi vinto da Dio, e più ancora Erodiade, abbiano ucciso un servo e, sottratto il capo di lui, abbiano mostrato come cadavere del Battista il corpo mutilato del servo.

Tante ne dice la gente! Perciò pensano in molti che il Figlio dell’Uomo sia o Geremia, o Elia, o qualcuno dei Profeti e anche lo stesso Battista, nel quale era grazia e sapienza, e si diceva il Precursore del Cristo. Cristo: l’Unto di Dio. Il Figlio dell’Uomo: un grande Uomo nato dall’uomo. Non possono ammettere in molti, o non lo vogliono ammettere, che Dio abbia potuto mandare suo Figlio sulla Ter­ra. Tu lo hai detto ieri: “Crederanno solo coloro che sono con­vinti dell’infinita bontà di Dio”. Israele crede nel rigore di Dio più che nella sua bontà…», dice ancora Bartolomeo.

«Già. Si sentono infatti tanto indegni che giudicano impos­sibile che Dio sia tanto buono da mandare il suo Verbo per sal­varli. Fa ostacolo al loro credere in ciò lo stato degradato della loro anima», conferma lo Zelote.

E aggiunge: «Tu lo dici che sei il Figlio di Dio e dell’uomo. Infatti in Te è ogni grazia e sa­pienza come Uomo. Ed io credo che realmente chi fosse nato da un Adamo in grazia ti avrebbe somigliato per bellezza e intelli­genza ed ogni altra dote. E in Te brilla Dio per la potenza. Ma chi lo può credere fra coloro che si credono dèi e misurano Dio su se stessi, nella loro superbia infinita?

Essi, i crudeli, gli odia­tori, i rapaci, gli impuri, non possono certo pensare che Dio ab­bia spinto la sua dolcezza a dare Se stesso per redimerli, il suo amore a salvarli, la sua generosità a darsi in balia dell’uomo, la sua purezza a sacrificarsi fra noi. Non lo possono, no, essi che sono così inesorabili e cavillosi nel cercare e punire le colpe».

«E voi chi dite che Io sia? Ditelo proprio per vostro giudizio, senza tenere conto delle mie parole o di quelle altrui. Se foste obbligati a giudicarmi, che direste che Io sia?».

«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», grida Pietro in­ginocchiandosi a braccia tese verso l’alto, verso Gesù, che lo guarda con un volto tutto luce e che si curva a rialzarlo per ab­bracciarlo dicendo:

«Te beato, o Simone, figlio di Giona! Perché non la carne né il sangue te lo ha rivelato, ma il Padre mio che è nei Cieli. Dal primo giorno che venisti da Me ti sei fatto questa domanda, e poiché eri semplice e onesto hai saputo comprendere ed accet­tare la risposta che ti veniva dai Cieli. Tu non vedesti manifestazioni soprannaturali come tuo fratello e Giovanni e Giaco­mo. Tu non conoscevi la mia santità di Figlio, di operaio, di cit­tadino come Giuda e Giacomo, miei fratelli.

Tu non ricevesti miracolo né vedesti farne, né ti diedi segno di potenza come fe­ci e come videro Filippo, Natanaele, Simon Cananeo, Tomma­so, Giuda. Tu non fosti soggiogato dal mio volere come Levi il pubblicano. Eppure tu hai esclamato: “Egli è il Cristo!”. Dalla prima ora che mi hai visto, hai creduto, né mai la tua Fede fu scossa.

Per questo Io ti ho chiamato Cefa. E per questo su te, Pietra, Io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di Essa. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli. E qualunque cosa avrai legata sulla Terra sarà legata an­che nei Cieli. E qualunque cosa avrai sciolta sulla Terra sarà sciolta anche nei Cieli, o uomo fedele e prudente di cui ho po­tuto provare il cuore. E qui, da questo momento, tu sei il capo,  al quale va data ubbidienza e rispetto come ad un altro Me stesso. E tale lo proclamo davanti a tutti voi».

Se Gesù avesse schiacciato Pietro sotto una grandine di  rimproveri, il pianto di Pietro non sarebbe stato così alto. Piange tutto scosso dai singhiozzi, col volto sul petto di Gesù. Un pianto che avrà solo riscontro in quello infrenabile del suo dolore di rinnegatore di Gesù. Ora è pianto fatto di mille senti­menti umili e buoni…

Un altro poco dell’antico Simone -il pescatore di Betsaida che al primo annuncio del fratello aveva riso dicendo: «Il Messia appare a te!… Proprio!», incredulo e ridanciano- un poco tanto dell’antico Simone si sgretola sot­to quel pianto per far apparire, sotto la crosta assottigliata della sua umanità, sempre più nettamente il Pietro, pontefice della Chiesa di Cristo.

Quando alza il viso, timido, confuso, non sa che fare un atto per dire tutto, per promettere tutto, per rinforzarsi tutto al nuovo ministero: quello di gettare le sue braccia corte e mu­scolose al collo di Gesù e obbligarlo a chinarsi per baciarlo, mescolando i suoi capelli, la sua barba, un poco ispidi e briz­zolati, ai capelli e alla barba morbidi e dorati di Gesù, guar­dandolo poi con uno sguardo adorante, amoroso, supplichevo­le, degli occhi un poco bovini, lucidi e rossi delle lacrime spar­se, tenendo nelle sue mani callose, larghe, tozze, il viso ascetico del Maestro curvo sul suo, come fosse un vaso da cui fluisse li­quore vitale… e beve, beve, beve dolcezza e grazia, sicurezza e forza, da quel viso, da quegli occhi, da quel sorriso…

Si sciolgono infine, tornando ad andare verso Cesarea di Filippo, e Gesù dice a tutti:

«Pietro ha detto la verità. Molti intuiscono, voi la sapete. Ma voi, per ora, non dite ad alcuno ciò che è il Cristo nella verità completa di ciò che sapete. La­sciate che Dio parli nei cuori come parla nel vostro. In verità vi dico che quelli che alle mie asserzioni o alle vostre aggiungono la Fede perfetta e il perfetto amore, giungono a sapere il vero significato delle parole “Gesù, il Cristo, il Verbo, il Figlio dell’Uomo e di Dio”».


Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

 
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SEQUENZA

[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.
-Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.
-Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
-Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.
-Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.
-Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.
-È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.
-Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
-Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.
-Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.
-È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.
-Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
-È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.
-Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
-Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
-Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
-Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
-Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!
-Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.
-È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]
-Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.
-Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.
-Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
-Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

 
 

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