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XVI Domenica del Tempo Ordinario anno A

Post n°163 pubblicato il 22 Luglio 2017 da IMMAGINIRCFO
 

Allora i giusti splenderanno come il sole
nel regno del Padre loro.
Chi ha orecchi, intenda!

https://3.bp.blogspot.com/-_7WeUTECj60/WLQAeMx_HkI/AAAAAAAAAxI/NIR2TJ1Jljcgd5arPscS0OUhOReRmv6UQCLcB/s320/masa%2Bpenuain.jpg

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 13,24-43

Un’altra parabola espose loro così: «Il Regno dei Cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio». Un’altra parabola espose loro: «Il Regno dei Cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami». Un’altra parabola disse loro: «Il Regno dei Cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti». Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo. Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed Egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’Uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del Regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’Uomo manderà i suoi Angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!

Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta

Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

Volume 3 - Capitolo 181 - pagina 17

(8 giugno 1945)

Un’alba chiara imperla il lago e fascia i colli di una nebbia leggera come velo di mussola da cui appaiono, ingentiliti, ulivi e noci, e case e dossi dei paesi del lago. Le barche scivolano quiete e silenziose, dirette verso Cafarnao. Ma ad un certo punto Pietro piega la barra del timone così rudemente che la barca si inchina da un lato.

«Che fai?» chiede Andrea.

«C’è la barca di un gufo. Esce ora da Cafarnao. Ho buoni occhi e, da ieri sera, fiuto di segugio. Non voglio che ci vedano. Torno al fiume. Andremo a piedi».

Anche l’altra barca ha seguito la manovra, ma Giacomo, che regge il timone, chiede a Pietro: «Perché fai questo?».

«Te lo dirò. Vienimi dietro».

Gesù, che è seduto a poppa, si riscuote quando è quasi all’altezza del Giordano.

«Ma che fai, Simone?» chiede.

«Si scende qui. C’è uno sciacallo in giro. Non si può andare a Cafarnao oggi. Prima vado io a sentire un poco. Io con Simone e Natanaele. Tre degne persone contro tre indegne persone… se pure le indegne non saranno di più».

«Non vedere insidie da tutte le parti, ora! Quella non è la barca di Simone il fariseo?».

«È proprio quella».

«Non c’era alla cattura di Giovanni».

«Non so niente io».

«È sempre rispettoso verso di Me».

«Non so niente io».

«Mi fai parere vile».

«Non so niente io».

Per quanto Gesù non abbia voglia di ridere, deve sorridere per la santa cocciutaggine di Pietro. «Ma a Cafarnao dovremo pure andare. Se non oggi, più tardi…»

«Ti ho detto che vado prima io e sento e… all’occorrenza… farò anche questa… sarà una grossa spina da inghiottire… ma lo farò per amore di Te… Andrò… andrò dal centurione a chiedere protezione…»

«Ma no! Non occorre!».

La barca si arresta sulla spiaggetta deserta, opposta a Betsaida. Scendono tutti.

«Venite voi due. Vieni anche te, Filippo. Voi giovani state qui. Faremo presto».

Il neo discepolo Elia prega: «Vieni in casa mia, Maestro. Ne sarei tanto felice di ospitarti…»

«Vengo. Simone, mi raggiungerai alla casa di Elia. Addio, Simone. Va’. Ma sii buono, prudente e misericordioso. Vieni, che ti baci e benedica».

Pietro non assicura di essere né buono, né paziente, né misericordioso. Tace e scambia il bacio col suo Maestro. Anche lo Zelote, Bartolomeo e Filippo scambiano il bacio di addio e le due comitive si separano andando in opposta direzione.

Entrano in Corozim che l’aurora è già finita in giorno pie­no. Non vi è stelo che non brilli per gemme di rugiada. Gli uc­celli cantano per ogni dove. Vi è un’aria pura, fresca, che pare sappia persino di latte, di un latte più vegetale che animale. L’odore dei grani che si formano nelle spighe, dei mandorleti carichi di frutti… un odore che ho sentito nelle fresche mattine nei campi opimi della pianura padana.

La casa di Elia è presto raggiunta. Ma già molti in Corozim sanno che è giunto il Maestro e, mentre Gesù sta per porre pie­de sulla soglia, una madre accorre gridando: «Gesù, Figlio di Davide, pietà della mia creatura!». Ha sulle braccia una fan­ciulla di un dieci anni circa, cerea e magrissima. Più che cerea, giallastra.

«Che ha tua figlia?».

«Le febbri. Le ha prese alla pastura lungo il Giordano. Per­ché siamo i pastori di un ricco. Io sono stata chiamata dal pa­dre presso la bambina ammalata. Egli ora è tornato ai monti. Ma Tu sai che con questo male non si può passare in luoghi al­ti. Come posso stare qui? Il padrone mi ha lasciata fino ad ora. Ma io sono alle lane e alle figliate. Viene il tempo del lavoro per noi pastori. Saremo licenziati o divisi se io resto. Vedrò morire la figlia se vado all’Hermon».

«Hai fede che Io possa?».

«Ho parlato con Daniele pastore di Eliseo. Mi ha detto: “Il nostro Bambino guarisce ogni male. Vai dal Messia”. Da oltre Meron sono venuta con questa fra le braccia cercando Te. Avrei sempre camminato fino a trovarti…».

«Non camminare più altro che per tornare a casa, al lavoro sereno. Tua figlia è guarita perché Io lo voglio. Va’ in pace».

La donna guarda la figlia e guarda Gesù. Forse spera di ve­dere tornare grassa e colorita la fanciulla all’istante. Anche la fanciulla sgrana i suoi occhi stanchi, che prima teneva chiusi, in volto a Gesù e sorride.

«Non temere, donna. Non ti inganno. La febbre è sparita per sempre. Di giorno in giorno ella tornerà fiorente. Lasciala andare. Non barcollerà più e non sentirà stanchezza».

La madre posa al suolo la fanciulla, che sta ben ritta e sor­ride sempre più giuliva. Infine trilla con la sua voce argentina: «Benedici il Signore, mamma! Sono ben guarita! Lo sento», e nella sua semplicit� di pastorella e di fanciulla si lancia al col­lo di Gesù e Lo bacia. La madre, riservata come l’età insegna, si prostra e bacia la veste benedicendo il Signore.

«Andate. Ricordatevi del beneficio avuto da Dio e siate buo­ne. La pace sia con voi».

Ma la gente si affolla già nell’orticello della casa di Elia e reclama la parola del Maestro. E per quanto Gesù non abbia molta voglia di farlo, addolorato come è per la cattura, e per il modo come è avvenuta, del Battista, pure si arrende e all’om­bra degli alberi inizia a parlare.

«Ancora in questo bel tempo di grani che spigano, Io vi vo­glio proporre una parabola presa dai grani. Udite.

Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo che seminò buon se­me nel suo campo. Ma, mentre l’uomo e i suoi servi dormivano, venne un suo nemico e sparse seme di loglio sui solchi e poi se ne andò. Nessuno sul principio si accorse di nulla. Venne l’in­verno con le piogge e le brine, venne la fine di tebet e germogliò il grano. Un verde tenero di foglioline appena spuntate. Parevano tutte uguali nella loro infanzia innocente. Venne sce­bat e poi adar e si formarono le piante e poi granirono le spi­ghe. Si vide allora che il verde non era tutto grano ma anche loglio, ben avviticchiato coi suoi vilucchi sottili e tenaci agli steli del grano.

I servi del padrone andarono alla sua casa e dissero: “Si­gnore, che seme hai seminato? Non era seme eletto, mondo da ogni altro seme che grano non fosse?”.

“Certo che lo era. Io ne ho scelto i chicchi tutti uguali di formazione. E avrei visto se vi fossero stati altri semi”. “E come allora è nato tanto loglio fra il tuo grano?”.

Il padrone pensò, poi disse: “Qualche nemico mio mi ha fat­to questo per farmi danno”.

I servi chiesero allora: “Vuoi che andiamo fra i solchi e con pazienza liberiamo le spighe dal loglio, strappando quest’ulti­mo? Ordina e lo faremo”.

Ma il padrone rispose: “No. Potreste nel farlo estirpare an­che il grano e quasi sicuramente offendere le spighe ancora te­nerelle. Lasciate che l’uno e l’altro stiano insieme fino alla mietitura. Allora io dirò ai mietitori: ‘Falciate tutto insieme; poi, avanti di legare i covoni, ora che il seccume ha fatto fria­bili i vilucchi del loglio mentre più robuste e dure sono le ser­rate spighe, scegliete il loglio dal grano e fatene fasci a parte. Li brucerete poi e faranno concime al suolo. Mentre il buon grano lo porterete nei granai e servirà ad ottimo pane con scorno del nemico, che avrà guadagnato solo di esser abbietto a Dio col suo livore”‘.

Ora riflettete fra voi quanto sovente avvenga e numerosa sia la semina del Nemico nei vostri cuori. E comprendete come occorra vigilare con pazienza e costanza per fare sì che poco loglio si mescoli al grano eletto. La sorte del loglio è di ardere. Volete voi ardere o divenire cittadini del Regno? Voi dite che volete essere cittadini del Regno. Ebbene, sappiatelo essere. Il buon Dio vi dà la Parola. Il Nemico vigila per renderla nociva, poiché farina di grano mescolata a farina di loglio dà pane amaro e nocivo al ventre. Sappiate col buon volere, se loglio è nell’anima vostra, sceglierlo per gettarlo onde non essere inde­gni di Dio.

Andate, figli. La pace sia con voi».

La gente sfolla lentamente. Nell’orto restano gli otto apostoli più Elia, suo fratello, la madre e il vecchio Isacco, che si pasce l’anima nel guardarsi il suo Salvatore.

«Venitemi intorno e udite. Vi spiego il senso completo della parabola, che ha due aspetti ancora, oltre quello detto alla folla.

Nel senso universale la parabola ha questa applicazione: il campo è il mondo. Il buon seme sono i figli del Regno di Dio, seminati da Dio sul mondo in attesa di giungere al loro limite ed essere recisi dalla Falciatrice e portati al Padrone del mon­do, perché li riponga nei suoi granai.

Il loglio sono i figli del Maligno, sparsi a loro volta sul campo di Dio nell’intento di dare pena al Padrone del mondo e di nuocere anche alle spighe di Dio.

Il Nemico di Dio li ha, per un sortilegio, seminati apposta, perché veramente il diavolo snatura l’uomo fino a farne una sua creatura, e questa semina, per traviare altri che non ha potuto asservire altrimenti.

La mietitura, anzi la formazio­ne dei covoni e il trasporto degli stessi ai granai, è la fine del mondo, e coloro che la compiono sono gli Angeli. A loro è ordi­nato di radunare le falciate creature e separare il grano dal lo­glio e, come nella parabola questo si brucia, così verranno bru­ciati nel fuoco eterno i dannati, all’Ultimo Giudizio.

Il Figlio dell’Uomo manderà a togliere dal suo Regno tutti gli operatori di scandali e di iniquità. Perché allora il Regno sarà e in Terra e in Cielo, e fra i cittadini del Regno sulla Terra saranno mescolati molti figli del Nemico. Questi raggiungeranno, come è detto anche dai Profeti, la perfezione dello scan­dalo e dell’abominio in ogni ministero della Terra, e daranno fiera noia ai figli dello spirito.

Nel Regno di Dio, nei Cieli, già saranno stati espulsi i corrotti, perché corruzione non entra in Cielo. Ora dunque gli Angeli del Signore, menando la falce fra le schiere dell’ultimo raccolto, falceranno e separeranno il gra­no dal loglio e getteranno questo nella fornace ardente dove è pianto e stridor di denti, portando invece i giusti, l’eletto gra­no, nella Gerusalemme eterna dove essi splenderanno come so­li nel Regno del Padre mio e vostro.

Questo nel senso universale. Ma per voi ve ne è un altro an­cora, che risponde alle domande che più volte, e specie da ieri sera, vi fate. Voi vi chiedete: “Ma dunque fra la massa dei di­scepoli possono essere dei traditori?”, e fremete in cuor vostro di orrore e di paura. Ve ne possono essere. Ve ne sono certo.

Il seminatore sparge il buon seme. In questo caso, più che spargere, si potrebbe dire: “coglie”. Perché il Maestro, sia che sia Io o sia che fosse il Battista, aveva scelto i suoi discepoli. Come allora si sono traviati? No, anzi. Male ho detto dicendo “seme” i discepoli. Voi potreste capire male. Dirò allora “cam­po”.

Tanti discepoli tanti campi, scelti dal maestro per costi­tuire l’area del Regno di Dio, i beni di Dio. Su essi il maestro si affatica per coltivarli, acciò diano il cento per cento. Tutte le cure. Tutte. Con pazienza. Con amore. Con sapienza. Con fati­ca. Con costanza. Vede anche le loro tendenze malvagie. Le lo­ro aridità e le loro avidità. Vede le loro testardaggini e le loro debolezze. Ma spera, spera sempre e corrobora la sua speranza con la preghiera e la penitenza, perché li vuole portare alla perfezione.

Ma i campi sono aperti. Non sono un chiuso giardino cinto da mura di fortezza, di cui sia padrone solo il maestro e in cui solo lui possa penetrare. Sono aperti. Messi al centro del mon­do, fra il mondo, tutti li possono avvicinare, tutti vi possono penetrare. Tutti e tutto. Oh! non è il loglio solo il mal seme se­minato! Il loglio potrebbe essere simbolo della leggerezza ama­ra dello spirito del mondo. Ma vi nascono, gettati dal Nemico, tutti gli altri semi. Ecco le ortiche. Ecco le gramigne. Ecco le cuscute. Ecco i vilucchi. Ecco infine le cicute e i tossici. Per­ché? Perché? Che sono?

Le ortiche: gli spiriti pungenti, indomabili, che feriscono per sovrabbondanza di veleni e danno tanto disagio.

Le grami­gne: i parassiti che sfiniscono il maestro senza saper fare altro che strisciare e succhiare, godendo del lavoro di lui e nuocendo ai volonterosi, che veramente trarrebbero maggior frutto se il maestro fosse non turbato e distratto dalle cure che esigono le gramigne.

I vilucchi inerti che non si alzano da terra che fruen­do degli altri.

Le cuscute: tormento sulla via già penosa del maestro e tormento ai discepoli fedeli che lo seguono. Si unci­nano, si conficcano, lacerano, graffiano, mettono diffidenza e sofferenza.

 
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tanmik
tanmik il 27/07/17 alle 07:25 via WEB
Quando si vuol bene a una persona le si vuol bene com'è e non come si vorrebbe che fosse. Uno splendente giovedì con un sorriso da MIK/^^
 
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SEQUENZA

[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.
-Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.
-Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
-Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.
-Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.
-Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.
-È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.
-Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
-Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.
-Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.
-È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.
-Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
-È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.
-Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
-Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
-Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
-Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
-Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!
-Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.
-È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]
-Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.
-Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.
-Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
-Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

 
 

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