Blog
Un blog creato da piccola.nuvola1 il 10/04/2009

LE SQUAW

STORIA E LEGGENDA

 
 

CANTI INDIANI D'AMERICA

 

 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Settembre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30            
 
 

FACEBOOK

 
 

I MIEI BLOG AMICI

Citazioni nei Blog Amici: 6
 

 

SAGGEZZA PELLEROSSA

“La terra non appartiene all'uomo,
e' l'uomo che appartiene alla terra.”

----------------------------------------

 

Quando l'ultimo albero sarà stato abbattuto,
l'ultimo fiume avvelenato, l'ultimo pesce pescato,
vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.

 -------------------------------------------

La nostra Madre Terra,
gli alberi e tutta la natura sono i testimoni
dei nostri pensieri e delle nostre azioni.”

---------------------------------------- 

“Il Grande Spirito ha fatto il mondo così com'è,
e come lo voleva,
e ci ha fatto parte di esso perchè vi vivessimo.
Non vedo dove troviate l'autorità per dire
che non dobbiamo vivere dove ci ha messo lui. ”

 

 

 

SAGGEZZA PELLEROSSA

“Allorché la terra fu creata con tutti gli esseri viventi,
l'intenzione del Creatore non fu di renderla vivibile solo agli uomini.
Siamo stati mesi al mondo
assieme ai nostri fratelli e sorelle,
con quelli che hanno quattro zampe,
con quelli che volano e con quelli che nuotano.
Tutte queste forme di vita, anche il più piccolo filo d'erba,
formano con noi una grande famiglia.
Tutti siamo fratelli e tutti siamo ugualmente importanti su questa terra. ”

-------------------------

 L'alternanza della vita e della morte è accettata in tutta la sua naturalità,
anzi a volte viene accolta come qualcosa di positivo.
Certo agli "inizi dei tempi" la morte non esisteva,
ciascuno viveva per sempre.
In ogni caso il rimpianto per ciò che si lascia, quando c'è,
non è mai riferito alla propria situazione individuale
ma alle sorti del proprio popolo.

 -------------------------

“Così come ogni giorno finisce,
anche gli uomini trascorrono la loro vita,
diventano vecchi e deboli e muoiono.
Se un uomo muore,
si dice che abbia cominciato
un viaggio verso ovest
e sia scomparso come il sole
sull'orlo del mondo. ”

-----------------------------

“Quando ero giovane attraversai tutto questo territorio,
da oriente a occidente,
e non vidi nessun altro popolo di un'altra razza
che era giunto per impadronirsene.
Come mai?
Il mio popolo aspetta di morire. Non si aggira più
sulle colline e sulle pianure
e desidera che il cielo cada su di lui.
Un tempo eravamo una grande nazione;
ora siamo pochi ed è per questo che vogliamo morire. ”

-----------------------

“Gli uomini bianchi non scotennano le teste.
Fanno cose peggiori.
Avvelenano il cuore. Non è puro, il loro cuore.
I miei uomini non saranno scotennati.
Ma nel giro di pochi anni diventeranno peggiori.
Diventeranno come gli uomini bianchi,
non ci si potrà più fidare di loro. ”

 

 

 

 

IL LUPO - LEGGENDA

Post n°34 pubblicato il 08 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Il lupo appare in molti racconti della Creazione: per il popolo dei Piedineri è lui che, ai tempi dei tempi, fermandosi ogni tanto sulla Terra, creò le valli e tutte le altre zone non toccate dalle sue zampe si innalzarono formando le montagne. Sono molte le cerimonie che hanno per protagonisti i lupi: le popolazioni della Costa Nordovest celebrano un rituale invernale che, secondo la leggenda, veniva presieduto da lupi soprannaturali. Parecchi, inoltre, sono i racconti di lupi, che come nel caso di Romolo e Remo, adottano neonati o ragazzi.

Un racconto narrato dai Kiowa parla di un giovane che viveva con il fratello maggiore e la cognata, la quale approfittava dell'assenza del marito per importunare il giovane con profferte d'amore ma inutilmente. Un giorno, stanca di essere rifiutata, riuscì con l'inganno a far cadere il ragazzo in un pozzo e lì lo lasciò a morire di fame. Il giovane fu salvato da un lupo che lo adottò e lo portò nel branco.
La gente del villaggio si accorse che fra i lupi di quel territorio viveva un ragazzo e riuscì a catturarlo. La famiglia e il fratello furono felici di riavere il ragazzo che ormai avevano pianto come morto ma i lupi si aggiravano intorno al villaggio, ululando minacciosi.
Il ragazzo parlò con loro e riferì che gli animali volevano qualcuno al suo posto: saputo dal giovane come si era comportata la cognata, nessuno, neppure quelli della sua famiglia, si oppose allo scambio.
Così il ragazzo l'accompagnò fra i lupi, si mise a ululare e la lasciò lì.
I lupi la fecero a pezzi.

 
 
 

L'ANNUNCIO DELLE API

Post n°33 pubblicato il 08 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Secondo una leggenda, gli antichi uomini di medicina avevano previsto che un giorno una razza bianca avrebbe attraversato le Grandi Acque e sarebbe venuta a distruggere gli Indiani, e profetizzavano che sarebbero state le api, rarissime nei loro territori,a dare l'annuncio dell'arrivo dell'uomo bianco.

Un giorno, mentre un gruppo di figli della natura stava seduto o disteso qua e là all'ombra degli alberi sulla riva di un fiume, uno degli anziani ad un tratto esclamò: "Hun haw (espressione di rammarico) "Guardate! fece poi additando uno strano insetto che ronzava intorno a certi fiori selvatici a poca distanza da loro. "L'uomo bianco non è lontano da qui, e quella strana cosa che vedete volare qui intorno è stata portata in questa terra , che viene dall'altra sponda delle Grandi Acque e che, fra non molto, verrà e s'impadronirà dell'intero paese.
Quest'insetto è simile all'uomo bianco perché rappresenta la tribù in rapido aumento e sempre affaccendata cui appartiene.

L'insetto che aveva attratto la loro attenzione era un ape.

"Ecco, Vedete", concluse il Wyandott, ciò che era stato profetizzato dai nostri padri, ora sta per accadere. Allora l'ape venne a ronzare intorno a loro e poi volò via in direzione della foresta.

Peter D. Clarke, Wyandott

 
 
 

LA LEGGENDA DEL TARLO (TLINGIT)

Post n°32 pubblicato il 08 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Si racconta che la figlia di un capo-tribù, in segreto, aveva cresciuto presso di sè un tarlo, che aveva nutrito con dell'olio fino a fargli raggiungere le dimensioni di un braccio umano.
La ragazza si teneva nascosta e usciva di casa solo per mangiare, per poi rientrarvi subito dopo.
Di notte la si sentiva cantare.
Quando un giorno sua madre si mise segratamente ad osservarla, vide una strana grossa cosa tra le casse di provviste che le sembrò orribile, ma una volta capito che sua figlia amava quello strano animale, decise di non disturbarla.
La gente del villaggio cominciò a notare che l'oilio scarseggiava, poiche il tarlo ne consumava in grosse quantità, e un giorno decise che era necessario uccidere il tarlo.
Pregarono quindi la ragazza di uscire dalla sua stanza; questa dapprima rifiutò ma alla fine uscì.
Quando più tardi gli abitanti del villaggio le dissero che il suo "figliolo" era morto, ella cominciò a cantare.
Da quel giorno in poi i canti della figlia del capo-tribù vennero recitati regolarmente nel Clan Ganatédi e il tarlo divenne l'emblema ufficiale.

Storie come questa sul tarlo sono abbastanza comuni lungo la costa del Pacifico. Per esempio nella storia degli Achomavi, nel Nord della California, si racconta che il tarlo sarebbe un giovane e timido uomo dalle sembianze molto belle.
Presso gli indiani Coos, nell'Oregon, si racconta invece di una giovane donna che si prese cura di una larva di maggiolino, dalla quale si sviluppò poi un orribile serpente.
Questo animale però si procurò poi una tale quantità di cibo, che la famiglia divenne ricca.

 
 
 

SEGNALAZIONI CON LE COPERTE

Post n°31 pubblicato il 08 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Presso gli Indiani delle Praterie, la coperta veniva usata comunemente come mezzo di comunicazione, soprattutto per le conversazioni a distanza, come quelle fra un villaggio e l'altro o da una collina alla pianura.
Quando l'esploratore giungeva in vista del villaggio ed aveva fatto il suo segnale di richiamo, annunciava l'avvicinarsi del nemico o il prossimo arrivo di una mandria di bufali arrotolando e gettando per aria più volte, con rapido gesto, la coperta, e acchiappandola come fosse una palla. Questo segnale significava " CORRETE".
I cacciatori e i guerrieri davano allora mano alle armi, preparandosi alla caccia o al combattimento.
Se l'esploratore sventolava la coperta su e giù adagio molte volte, e poi la stendeva per terra e vi saltava sopra, ciò significava, per coloro che stavano di sentinella, che si avvicinava un gran numero di bufali.
Allora i cacciatori aspettavano che l'esploratore dicesse loro quanti erano i bufali che stavano arrivando. Se faceva, diciamo, quattrocento metri in una direzione, poi tornava verso la coperta, voleva dire che si avvicinava una mandria sterminata. Ma se faceva solo pochi metri nelle due direzioni, per poi tornare al punto di partenza, voleva dire che aveva avvistato una mandria non troppo numerosa.
In ambedue i casi, venivano fatti preparativi - i cacciatori riempivano di frecce le faretre, affilavano i coltelli, raccoglievano legna per il fuoco, in una parola tutti si mettevano in moto.
Si usava la coperta anche per dare il segnale di adunata.
La si sventolava con un movimento che l'allontanava dal corpo e poi la riavvicinava. L'uomo usava il braccio destro, la donna il sinistro.
Si usava il fumo per comunicare a distanza, e nel villaggio c'era sempre qualcuno che stava di sentinella, se si attendevano cacciatori, guerrieri o esploratori.
Questa specie di segnalazione, di solito la si cominciava ad usare a due giorni di viaggio da casa.
Il fumo significava vittoria, e se una spedizione tornava senza fare segnali di fumo, voleva dire che non c'erano vittorie da annunciare.
Dei diversi mezzi di comunicazione, il più spettacolare era costituito dalle pantomime danzate dai campioni della tribù - cacciatori, esploratori, o guerrieri - e dalle danze delle donne, sempre eseguite in omaggio al maschio.
Il Lakota era attore nato, e in certi casi dimostrava una meravigliosa abilità nelle rappresentazioni davanti alla tribù.
Attento osservatore della vita animale, le sue imitazioni del passo, del modo di procedere e di comportarsi degli animali, risultavano perfette.
Mediante movimenti del corpo, espressioni del volto, passi complicati, ornamenti simbolici, e perfino contrazione dei muscoli, le caratteristiche di quel dato animale venivano rappresentate con la massima fedeltà.
Quando si imitavano animali come la tartaruga occorrevano, naturalmente, un perfetto controllo dei muscoli ed una sottile forza di suggestione.
Ogniqualvolta i campioni delle tribù si riunivano per eseguire le loro danze, era un'occasione per fare gran festa e per rinsaldare i legami sociali. Con la danza, il guerriero rappresentava le sue imprese, l'esploratore le sue avventure, il cacciatore le sue peripezie, e l'uomo di medicina le sue esperienze; perché i racconti, non importa come sono fatti, non mancano mai di deliziare la gente.
Inoltre, così si mantenevano vive le memorie tradizionali.
Il popolo delle Praterie si è sempre distinto dagli altri popoli indigeni per la maniera espressiva con cui muoveva le mani nel cosiddetto" linguaggio a segni", vale a dire quei gesti usati per comunicare, che hanno tanto spesso incuriosito gli europei.

Capo Orso In Piedi, Sioux

 
 
 

GUERRA BATTERIOLOGICA CONTRO GLI INDIANI

Post n°30 pubblicato il 08 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Gli Ottawa erano molto diminuiti di numero a causa del vaiolo che avevano portato da Montreal durante la guerra fra francesi e inglesi. Questo vaiolo veniva loro venduto in una scatoletta, dietro severa raccomandazione di non aprirla per via, mentre tornavano a casa, ma soltanto quando fossero arrivati nella loro terra; e dicevano che la scatoletta conteneva qualcosa che avrebbe arrecato un gran bene a loro e alla loro gente! E quei pazzi credevano davvero che nella scatoletta ci fosse qualcosa di soprannaturale che avrebbe fatto loro un gran bene.
Arrivati a casa, secondo le istruzioni ricevute, aprivano la scatola, ma s'avvedevano che dentro ce ne era un'altra più piccola. Di questo passo,arrivavano a una scatoletta piccolissima, non più lunga di due-tre centimetri; e quando aprivano l'ultima, non vi trovavan altro che un po' di roba ammuffita!
Si chiedevano, stupitissimi, cosa poteva essere, e molta gente veniva a ficcare il naso nella scatoletta per capirne qualcosa. Ma ahimè, ahimè! ben presto, tra di loro scoppiava una terribile malattia. Perfino i grandi dottori indiani s'ammalavano e morivano.
I racconti dell'epoca ne parlano come di una cosa spaventosa. Chiunque ne fosse colpito, era sicuro di morire.
Una dopo l'altra, le case venivano completamente svuotate, nelle capanne non restavano che cadaveri sparsi qua e là, intere famiglie venivano spazzate via da quel terribile flagello.
L'intera costa di Arbor Croche [albero storto] cioè in indiano waw-gaw-naw-ke-zee, dove si trovava il maggiore dei villaggi Ottawa, sulla sponda occidentale della penisola presso gli stretti, che si dice fosse tutto un villaggio che si stendeva per venti o venticinque chilometri da quello che ora è chiamato Cross Village alla Punta delle Sette Miglia [perché si trova a sette miglia da Little Traverse, oggi Harbor Spring] fu totalmente spopolato e distrutto.
Per lo più, gli indiani di Arbor Croche credettero che questo assassinio su vasta scala degli Ottawa mediante quella terribile malattia mandata dagli inglesi, fosse stato compiuto per odio, e apposta per accoppare gli Ottawa e i Chippewa, perché erano amici dei francesi e del Re di Francia, che loro chiamavano il "Grande Padre".
Il motivo per cui oggi non sorgono grossi alberi lungo tutta la costa di Arbor Croche, fino a due chilometri all'interno, va ricercata nel fatto che tutti gli alberi erano stati abbattuti per far posto al famoso villaggio che esisteva prima che il vaiolo facesse strage tra gli Ottawa.

Capo Andrew I. Uccello nero, Ottawa

 
 
 

L'UCCISIONE DI UN ORSO

Post n°29 pubblicato il 08 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

L'orso è, fra tutti gli animali, il più pericoloso da cacciare. Avevo sentito raccontare tante storie sulla sua astuzia, che tremavo all'idea d'incontrarne uno. Un giorno, alcuni di noi si recarono a cacciare l'orso.
Dopo aver preparato un accampamento provvisorio che ci sarebbe servito per diversi giorni, partimmo marciando in fila. Dopo un pò ci fermammo, e ciascuno di noi prese una direzione diversa. Disse mio padre:
Figlio mio, era meglio se restavi indietro. Non allontanarti troppo, perchè corri il rischio di perderti.
Ci dividemmo, dunque, e ognuno prese la sua strada.
Io tremavo di paura all'idea di incontrare la mia preda! Andai nella direzione dove mi pareva fosse meno probabile incontrare un orso, e a ogni rumore che sentivo nel bosco, pensavo subito che ce ne fosse uno. Salii su un vecchio tronco caduto, e in quella intesi un tale frastuono proveniente dal dosso della collina, che il cuore cominciò a saltarmi in petto.
Mi volto e ti vedo un enorme orso che sta correndo verso di me! Mi nascondo dietro un albero, ma quello continua a correre; non lo perdevo d'occhio: l'orso veniva giù come una grossa botte che rotolasse lungo il fianco della collina, e non accennava affatto a fermarsi; quando fu a pochi passi da me, saltai di fianco e gridai :
"Yah!"
[Esclamazione di paura].
Scaricai il mio fucile senza prendere la mira; l'orso scartò di fianco, e così facendo fece volare in aria terra e foglie; per un attimo, fui portato a credere che l'orso mi fosse addosso.
Il fucile mi sfuggì di mano, e caddì all'indietro, mentre l'orso si abbatteva lungo disteso a pochi passi da me. Quando mi ripresi raccolsi il fucile e mossi pochi passi dal punto dove ero caduto, ricaricando in fretta e furia l'arma, dopo di che, trovata una lunga pertica, mi misi con questa a punzecchiare l'orso sul fianco, per vedere se era proprio morto. Non si mosse, segno che era spacciato; ma anche così, non avevo il coraggio di andare a toccarlo con le mani.
Più tardi, dopo che tutto fu passato ed ebbi detto a mio padre che avevo ucciso un orso, non stavo più nella pelle per la gioia. Esaminando la belva, scoprii che la pallottola le si era piantata proprio nel cuore.

Capo Kah-ge-ga-gah-bown, Ojibway

 
 
 

LA NARRAZIONE DELLE LEGGENDE

Post n°28 pubblicato il 08 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Nelle lunghe sere d'inverno, i cacciatori indiani si riunivano attorno al fuoco da campo per ascoltare racconti storici, leggende di guerra e di caccia, e fiabe, che erano state tramandate dai padri e dai nonni, per secoli e secoli, senza alcun cambiamaneto o quasi, eccitando l'entusiasmo del guerriero e ispirando al bambino il desiderio di realizzare un giorno quei sogni e tramandare il suo nome ai posteri, come aveva fatto l'autore di quelle gesta.
I cacciatori hanno una paura superstiziosa di narrare favole in tempo d'estate; non parleranno di serpenti finchè la neve non sia caduta, per paura che s'infilino nei loro letti, e neppure del genio del male, per paura che in un modo o nell'altro possa vendicarsi.
Per uno straniero, è difficilissimo afferrare la morale delle loro storie, benchè si sia detto, da parte di coloro li conoscono perfettamente, che per essi un racconto è sempre l'illustrazione di un principio morale.
Agli stranieri, essi offrono piena ospitalità, ma non aprono il loro cuore. Se glielo chiedete, vi racconteranno una storia ma non sarà una storia come quelle che raccontano quando sono fra loro. Avranno paura che voi vi burliate di loro ed elimineranno umorismo e commozione; hanno imparato così bene a diffidare dei visi pallidi, che anche quando vengono a sapere che il bianco presente è un amico, ancor oggi si rifiuteranno di aprirgli le porte segrete del loro cuore.
E quando avrete imparato tutto ciò che si può dire a parole, ci saranno ancora centinaia di immagini, sottintesi e accenni, abituali all'indiano, ma che non faranno vibrare alcuna corda del vostro cuore. Le infinite voci della natura per voi sono mute; ma per loro sono colme di vita e di suggestione.

Capo Elias Johnson, Tuscarora

 
 
 

SQUAW E VITA FAMIGLIARE

Post n°27 pubblicato il 08 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

A lungo missionari e coloni hanno pensato che la donna indiana era solo un bene che si scambiava o vendeva, che i rapporti sessuali erano a livello di bestie e che la vita familiare non esisteva.
Molti bianchi giudicavano lo stato della donna indiana paragonandolo allo stato della madre o della moglie nella società americana o europea.
Gli antropologi contemporanei hanno dimostrato che si è molto esagerato sull'ineguaglianza tra uomo e donna in America`'.
R. H. Lowie fu uno dei primi a spiegare la condizione femminile presso gli indiani al di fuori di qualsiasi etnocentrismo: "La donna non é affatto un bene mobile, sono poche le proibizioni religiose che la riguardano, socialmente si giova d'una notevole libertà, la donna crow beneficia sia di una situazione stabile nella vita tribale, sia di buona parte dei vantaggi che essa offre-`.

Sulla donna incombeva la pesante fatica dell'agricoltura e del raccolto.
Spesso l'uomo era assente, in guerra o a caccia; la donna doveva sorvegliare i figli e l'accampamento.
Presto le ragazze seguendo le madri imparavano tutti i principi dell'economia domestica.
Trattare le pelli e farne degli abiti morbidi e resistenti fabbricare il mobilio e tutti gli utensili di cucina, tessere per fare corde e fili, imparare a conoscere le piante per tingere e per medicamenti.
Infilare collane e decorazioni in perle, dipingere tende e abiti; infine raccogliere legna per accendere il fuoco.
Oltre a questi lavori quotidiani, talvolta la donna accompagnava lo sposo nella caccia, portandogli armi e bagaglio, e poi tornava con la selvaggina che squartava e preparava sul posto.
Nelle tribù del Sud-ovest, l'uomo era agricoltore, e la donna si dedicava alla fabbricazione di vasellame e tessuti.
Nella maggioranza delle tribù, la ragazza godeva della libertà sessuale.
In Canada, i francesi furono sorpresi per la "soverchia libertà" delle giovani indiane; a detta di Champlain: "un innamorato mostrerà alla ragazza qualche collana e se la ragazza trova piacente questo cavaliere la accetta; fatto ciò l'innamorato dormirà tre o quattro notti nella sua tenda".
D'altronde i bianchi approfitteranno piacevolmente di tale licenza! Ma la ragazza non deve rimanere incinta altrimenti le sue possibilità di sposarsi diminuiscono.
Perciò beve a profusione tisane estratte da erbe tramandate da madre in figlia.
Poche ragazze restano nubili.
Nonostante una considerevole mortalità maschile, dovuta alla caccia e alla guerra, tutte trovano uno sposo.
Presso alcuni popoli, la poligamia compensa la scarsezza di uomini.
Ogni tribù seguiva precise abitudini riguardo al matrimonio, poiché il grado di parentela era spesso molto diversa da una tribù all'altra.
La scelta della ragazza era limitata nella misura, laddove la pratica del matrimonio per acquisto dotale era abbastanza diffuso; in effetti "I'acquisto" si limitava il più delle volte a uno scambio di doni che da parte del fidanzato erano di minor valore di quelli della ragazza.
La ragazza poteva sempre rifiutare un pretendente, ma doveva conformarsi alle proibizioni della tribù.
Così, numerose tribù delle Pianure e delle Montagne Rocciose disapprovavano il matrimonio tra cugini e le unioni all'interno del gruppo locale.
Invece, tra le tribù dell'Est la ragazza doveva scegliere un congiunto nella tribù.
Per essere accettato il giovane doveva avere una reputazione d'abile cacciatore e di guerriero coraggioso, così da assicurare il nutrimento alla futura famiglia e ai parenti.
In effetti, in non poche tribù, come tra gli Zuni e gli Hopi, essendo il sistema di parentela per linea materna e matrilocale, il giovane sposo era obbligato a vivere con la famiglia della moglie.
La famiglia comprendeva perciò: la nonna, le figlie non sposate, le figlie sposate con i rispettivi mariti e i figli e i fratelli e i figli ancora celibi.
II giovane cacciatore doveva quindi contribuire con i cognati a procurare il cibo per venti-trenta persone.
In questo sistema di parentela, l'uomo divorziato veniva sempre ben accolto nella sua vecchia dimora, dove la madre o le sorelle potevano contare sulla sua fatica di cacciatore.
Il marito si preoccupava molto delle faccende della madre o delle sorelle, seguiva l'educazione dei nipoti e spesso tornava a prender parte a cerimonie nella vecchia dimora.
Nell'Est, si praticava una specie di "sposalizio di prova".
Il giovane o la ragazza si recava ad abitare per qualche mese in seno ai futuri congiunti, e i giovani coabitavano come se fossero sposati.
Quanto ai matrimoni per ratto, erano molto meno diffusi di quanto non dicessero i coloni; il rapimento d'una giovane donna trascinava le tribù in una serie di vendette o di guerre.
I1 divorzio poteva essere ottenuto su semplice consenso dei due congiunti, il più delle volte i figli restavano alla madre.
Ma la presenza o l'assenza di figli esercita una forte influenza sulla stabilità del matrimonio.
Ovunque, la sterilità era un motivo sufficiente per ripudiare la sposa.
In caso di morte, molte tribù applicavano la legge del levirato: la vedova doveva sposare un fratello del marito o quest'ultimo una sorella della moglie.Nalin, ragazza Apache di quattordici anni. Foto E.A. Curtis
II congiunto osservava una vedovanza di qualche mese; il cognato era tenuto a dare protezione e appoggio alla vedova e ai figli.
La vedova poteva anche adottare un prigioniero di guerra o un bianco, e così salvargli la vita.
Questi si trovava subito a essere integrato nella famiglia e con la tribù della moglie.
Quanto all'infedeltà coniugale essa, a seconda delle tribù, era più o meno ben tollerata; molti mariti non manifestavano nessun risentimento o si contentavano di cacciar via la moglie e prenderne un'altra.
Più raramente mutilavano l'infedele tagliandole il naso!
Appena sposata la giovane coppia s'impegnava per avere figli.
I genitori d'una famiglia numerosa godevano di grande prestigio nella tribù; i figli contribuivano al mantenimento della casa e rappresentavano una sicurezza per la vecchiaia.
Le pratiche d'infanticidio erano normali in caso di carestia o di epidemie.
Era la madre che se ne occupava subito dopo la nascita, a meno di un'ora: gli indiani credevano che in qualsiasi momento l'anima d'un neonato poteva passare aun altro neonato.
Spesso, finché non diventava madre, la giovane sposa era poco considerata dallo sposo.
Gli europei erano sorpresi per la scarsa natalità degli indiani: "Le donne indiane sono abbastanza sterili, sia perché il gran lavoro a cui sono sottoposte ritarda la loro gestazione, sia perché allattano troppo a lungo i loro figli", nota l'intendente Talon nel Canada Non è solo l'allattamento a turbare la maternità, ma anche la precocità del matrimonio sembra essere un motivo importante, raggiungendo gli ovuli la loro completa maturazione circa due anni dopo la normalizzazione delle mestruazioni.
Presso alcune tribù delle Pianure, gli Irochesi e gli Huroni, quando la donna restava incinta non abitava più con il marito.
Un paio di settimane prima del parto la giovane si ritirava in una capanna o in una tenda e aspettava da sola di partorire.
Appena nato, il bambino veniva lavato, frizionato e fasciato, poi la madre lo sdraiava su una piccola asse coperta con pellicce.
La donna trasportava sulla schiena quest'asse legandola con una cordicella alla fronte.
Una piccola apertura sul davanti permetteva al bambino di non sporcare il suo lettino.
La testa, parte del torace e le braccia penzolavano all'esterno e assicuravano elasticità ai muscoli.
In tal modo il bambino era in costante contatto fisico con la madre, cosa che era di grande importanza per il suo futuro sviluppo.
Questa culla serviva fino al momento in cui il bambino cominciava a camminare.
La madre gli dava il latte fino a tre quattro anni, a causa della mancanza di latte animale.
Dopo la gravidanza, la donna osservava una purificazione d'una trentina di giorni.
Appena cominciava a muovere i primi passi, il bambino veniva lasciato nell'accampamento dove trovava i suoi compagni di gioco.
li bambino chiamava "padre", "madre", "fratello" o "sorella" le numerose persone con cui era a contatto quotidiano.
Così i sentimenti e gli interessi familiari si allargavano verso un'ampia cerchia di persone.
L'indiano non considerava la famiglia come un fatto esclusivo: la tribù o il gruppo rappresentavano per lui un'estensione dei rapporti familiari.
Ogni focolare si riversava sull'altro amalgamandosi in una vita comune nella quale l'intimità nel senso in cui noi l'intendiamo, era molto ridotta.
In caso di morte, i bambini passavano a un'altra famiglia.
Il ragazzino, nel corso delle feste e delle prove, imparava ad apprezzare il valore della forza tribale.
Osservando gli adulti, seguendoli nei loro lavori, scopriva le tecniche.
Infine, l'educazione familiare era completata da un'educazione sociale: i giovani che assicureranno l'avvenire del gruppo devono superare prove che formeranno il loro carattere;
così si spiegano í tatuaggi, i digiuni, le mutilazioni e le torture.
"Un poveretto con un cranio di alce uncinato a una gamba veniva inutilmente trascinato in cerchio, ma il peso non voleva cadere né la carne strapparsi.
II povero ragazzo correva un tale pericolo che clamori di pietà si levaronodalla folla.
Ma la ronda continuava, e continuò fin quando il capo in persona non diede l'ordine di fermarsi.
Questa prova d'iniziazione presso i Mandan, riferita da G. Catlin, era una delle pratiche che scandalizzava i bianchi.
In queste iniziazioni, non solo il giovane guerriero dimostrava la sua resistenza al dolore, ma si piegava anche alla legge della comunità e diventava pari agli altri iniziati e guerrieri.
Infine, il ragazzo imparava le tradizioni, le abitudini religiose e morali della tribù.
In seno alla tribù o al clan, la donna partecipava alle attività sociali, era rispettata e, come presso gli Irochesi, aveva talvolta un importante ruolo politico.Una donna Hopi con la caratteristica acconciatura
Le donne irochesi si riunivano in un "grande consiglio" per dare un suggerimento, sempre seguito, sui più importanti avvenimenti della tribù; essa poteva impedire l'elezione di un capo.
E anche tra le donne si sceglievano tre su dieci officianti rituali di ciascun clan.
Durante le feste e le cerimonie le donne si occupavano del cibo e partecipavano alla festa.
Prendevano parte ai funerali e scavavano la tomba.
Negli spostamenti, era la donna a trasportare i pesi maggiori, mentre l'uomo vegliava sulla sicurezza della famiglia contro un eventuale attacco.
Le donne si riunivano spesso tra di loro per affrontare i numerosi problemi sulla vita della tribù, e poter poi far pressione sul Consiglio o sui guerrieri.
Infine, alcune donne indiane avranno un ruolo politico importante durante i contatti con i bianchi.
Così Pocahontas (1595-1617) aiutò i primi coloni installatisi a Jamestown; rapita, servirà come ostaggio per una pace tra gli indiani e i coloni; si convertirà alla religione cristiana e sposerà un virginiano.
Ancora più celebre fu Sacajawea, giovane Shoshone, vissuta alla fine del XVIII secolo; fu comperata da un cacciatore, un certo Toussaint Charbonneau.
Durante la spedizione di Lewis e Clark, Sacajawea e il marito accompagnarono i due bianchi in funzione di interpreti.
La giovane indiana guidò la spedizione fino all'oceano Pacifico attraverso il Montana, suo paese d'origine.
La donna non fu ricordata dopo il successo della spedizione di Lewis e Clark, ma senza il suo aiuto essi probabilmente non sarebbero riusciti ad attraversare quei territori.

 
 
 

DONNE INDIANE E LA STERILIZZAZIONE FORZATA - PRIMA PARTE

Post n°26 pubblicato il 08 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Prima parte: Squaw, una parola che chiede verità

"Squaw" è uno dei termini più mistificati, a uso e consumo della storia e della cultura occidentale. La donna indiana ha sempre ricoperto un ruolo importante e ben determinato, non subordinato alle necessità dell'uomo: non è mai stata, quindi, la "subalterna senza voce" che partorisce figli e tesse vesti, che coltiva la terra e prepara il cibo.
Le donne creano e mantengono la vita, e come tali detengono posizioni di potere - in molte culture arrivano a essere capi spirituali e politici delle comunità . "E' nelle società occidentali", afferma Barbara Moore, lakota, "che le donne sono tradizionalmente sfruttate, e non solo dall'uomo, anche dalla società . Il nostro popolo tradizionale non ha fiducia nel movimento di liberazione delle donne, nel tipo di lotta praticato dalle donne bianche, pur cercando continui contatti e rapporti con esse, perchè noi donne indiane siamo sempre state emancipate".
Le donne native non sono "femministe" che lottano per scrollarsi di dosso l'oppressione dell'uomo: sono coloro che assicurano la continuità dell'esistenza; nella struttura sociale indiana non vi sono ragioni economiche e classiste che determinino il loro ruolo e che decidano della loro maternità . Tuttavia ancora oggi "squaw" è sinonimo di "schiava" e di "focoso animale d'amore", e questi pregiudizi sono stati concepiti dal mondo capitalista e cattolico occidentale - la donna "custode del focolare", lavoratrice sottomessa all'uomo...
Dice Roberta Hill, indiana oneida: "I pregiudizi nei miei confronti in quanto donna e in quanto indiana si scatenarono contro di me al di fuori della casa - nelle scuole, nelle strade della città , nei negozi, nei posti di lavoro... I bisogni e le opportunità sociali dei bianchi mi stavano facendo seguire una strada sbagliata per raggiungere ciò che altri, spesso insegnanti bianchi, si aspettavano da me. Fortunatamente gli Indiani non credono più¹ a ciò che viene loro raccontato e offerto dal mondo dei bianchi. Attraverso la riappropriazione della mia cultura ho imparato che sono una poetessa, una donna oneida, e che i canti, ciò che parla per mezzo mio, mi difenderanno dai futuri pregiudizi, mi terranno legata alla vita come hanno tenuto legati alla vita altri, le cui esperienze sono anche miei punti di riferimento, la mia storia futura".
"Oggi la posizione delle donne winnebago", sostiene Don Whitewing Vandall, scrittrice e insegnante della tribù Winnebago, Nebraska, "è mutata rispetto a una volta: sono le donne che mantengono la famiglia con gli assegni familiari dell'Assistenza sociale. Si ritrovano a lavorare fuori della Riserva, e in una atmosfera di indipendenza che deriva da questa situazione".
Ma le donne indiane d'America sono oggetto di continue violenze: sterilizzazioni forzate, stupri, pregiudizi razziali, psichiatrizzazione. Per questo nel settembre del 1978, dieci anni dopo la nascita dell'"American Indian Movement", è stato
costituito il WARN ("Women of All Red Nations", "Donne di tutte le Nazioni Rosse".
"La formazione di un'organizzazione nazionale di donne native", dice Barbara Moore, "va vista come un passo importante nella continua crescita del movimento. Le donne hanno discusso per anni sul bisogno di una organizzazione femminile, non come supplemento a una maschile, e neppure come organizzazione donna contro uomo, ma come struttura nazionale nella quale le donne possano organizzarsi per combattere".
Non un movimento di "liberazione femminile" da un giogo maschile per loro storicamente inesistente, ma un movimento di lotta e difesa femminile accanto agli uomini. Il WARN lotta sul fronte politico denunciando medici e strutture responsabili di sterilizzazioni e aborti, tutelando e difendendo legalmente con
propri avvocati donne native arrestate. Lotta sul fronte culturale per la riappropriazione dei valori indiani originali insegna alle donne come partorire in casa, attua un capillare lavoro di controinformazione e di denuncia.
Un coordinamento legale di donne native in contatto con il WARN è l'"Indian Women United for Social Justice", che si occupa della difesa delle donne sterilizzate senza il loro consenso.

 
 
 

DONNE INDIANE E LA STERILIZZAZIONE FORZATA - SECONDA PARTE

Post n°25 pubblicato il 08 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Seconda Parte: Sterilizzazione: sterminio undergroud

La spada, il fucile, il bisturi. Perchè accomunare uno strumento chirurgico che "salva", con delle armi che tolgono la vita? Perchè tale strumento rappresenta l'ultimo brevetto "made in USA" per un'efficace soppressione e senza molti clamori. Le prove contro i medici bianchi americani sono inoppugnabili: le donne indiane e gli altri gruppi etnici non-bianchi cominciano ad accusare, ad andare in tribunale. La struttura di potere ha coinvolto la classe medica relegando la scienza al puro servizio del profitto, programmando su scala industriale la sterilizzazione, legittimata attraverso le strutture di salute pubblica indiana ("Indian Health Service" finanziate dal governo e gestite da bianchi. Moltissimi medici provengono dall'esercito USA e svolgono in questi ospedali il loro "praticantato" sulle "cavie" indiane.
Lee Brightman, presidente dei "Nativi Americani Uniti", stima che su una popolazione nativa di 800 mila persone, il 42 per cento delle donne in età fertile e il 10 per cento degli uomini siano già stati sterilizzati.
Barbara Moore, della Riserva di Rosebud, South Dakota, rappresentante della Delegazione panindiana, in un'intervista alla rivista tedesca "Pogrom" ha dichiarato: "Quattro anni fa ero incinta e andai a un servizio di salute pubblica per far nascere il mio bambino. Non era necessario, ma fecero ugualmente nascere
mio figlio con un parto cesareo; è tutto ciò che ricordo. Quando mi svegliai dall'anestesia mi dissero che mio figlio era nato morto. Feci effettuare l'autopsia, ma non fu trovata nessuna causa tale da provocarne la morte. Inoltre mi dissero che non avrei potuto avere altri bambini perchè avevano dovuto sterilizzarmi durante l'operazione, e quindi senza il mio consenso. In quel
momento non potevo dire o fare nulla, ma appena uscita ho cominciato un lavoro di informazione sui pericoli per i nostri bambini, il nostro futuro, e insieme alle altre donne indiane abbiamo cercato il sostegno di tutte le organizzazioni. Molti casi vengono portati in tribunale, ma gli avvocati sono costosi e sono tutti bianchi... Dire queste cose rende tutto più difficile, perchè per rappresaglia intensificheranno le pressioni sulle nostre Riserve. Sono il lavoro sotterraneo di controinformazione, l'unità , la riappropriazione degli antichi metodi (parto in casa), che ci assicurano il rispetto per i nostri corpi e per i nostri figli".
Molte donne indiane facevano visite di controllo all'IHS, e i medici prescrivevano loro vitamine quali ricostituenti: ma si è poi scoperto che la più parte di tali ricostituenti erano in realtà antifecondativi...
Una giovane indiana con una ciste ovarica fu convinta a farsi praticare un'isterectomia (completa rimozione degli organi riproduttivi), sebbene la pratica medica comune limiti, in molti casi, l' intervento alla sola rimozione della ciste... La madre di una puerpera fece sterilizzare sua figlia ancora sotto anestesia subito dopo il parto: era stata convinta dal medico che se sua figlia avesse cercato di avere altri bambini sarebbe morta la figlia, venne poi accertato, non correva affatto tale pericolo, e quanto alla madre... era stata lei stessa a sua volta persuasa a lasciarsi sterilizzare con un pretesto simile! Una ricerca fatta a Claremore, ospedale dell'Oklahoma, fornì dati interessanti: nel
1973 ben 132 donne erano state sterilizzate, e 52 nel solo luglio 1974.
La prima inchiesta ufficiale sulla sterilizzazione dei popoli nativi condotta nel 1975 dalla dottoressa Connie Uri, medico choctaw, per l'allora senatore James Abourezk, documentò che 3406 donne indiane erano state sterilizzate nelle strutture per la "Sanità indiana" di Oklahoma City, Phoenix, Aberdeen . Tali
atrocità erano state commesse in violazione alla legge del 1974 (le regolamentazioni sul consenso) che indica severe linee di condotta: "Nessuna donna può essere sterilizzata prima di 72 ore dal parto, alla paziente vanno fornite dettagliate spiegazioni sull'operazione, sui suoi effetti e pericoli; inoltre, alla donna va dichiarato che nessun sussidio o altri benefici possono essere negati quale sanzione per il rifiuto della sterilizzazione, il cui formulario di consenso va eventualmente firmato in presenza di un testimone scelto dalla paziente, che può cambiare idea (indipendentemente dal fatto che abbia o meno già firmato il formulario) in qualsiasi momento".
Queste leggi sono rimaste lettera morta nei confronti dei popoli nativi; l'"Indian Health Service" è presente in tutti gli USA con strutture che regolano e pianificano la vita e la morte indiana: da recenti studi si calcola che ogni struttura pratica circa 3000 sterilizzazioni l'anno. Nel contempo i fondi stanziati per la salute sono stati limitati, al contrario di quelli per il controllo delle nascite. L'HEW ("Ministero della Sanità , Pubblica istruzione e Assistenza sociale" ha aumentato il suo bilancio per la pianificazione delle nascite da 51 a oltre 250 milioni di dollari nel solo periodo 1969-1974.
Gli altri gruppi etnici non sono certo risparmiati. Una ricerca del 1970 ha stabilito che il 20 per cento delle donne nere sposate è stato sterilizzato. Nel 1972-1973, negli ospedali municipali di New York City, che curano quasi esclusivamente portoricani, le sterilizzazioni aumentarono del 180 per cento, e ormai il 35 per cento delle donne portoricane non può più avere figli. In
Colombia, in soli due anni la "Federazione Internazionale per le Nascite Pianificate" (finanziata dalla "Fondazione Rockefeller" ha sterilizzato 40 mila donne; in sei anni, in Brasile, oltre un milione. Gli Stati Uniti hanno aumentato nell'ultimo decennio gli stanziamenti per il controllo demografico di oltre il 700 per cento, portando a oltre il 60 per cento la propria partecipazione ai contributi mondiali relativi alla pianificazione delle nascite.
Il disegno americano (così sapientemente articolato e di così difficile individuazione) per il "contenimento" delle minoranze etniche per motivi economico-culturali, diventa realtà . La dottrina malthusiana fa scuola.
Circa 200 mila donne di ceto popolare sterilizzate negli USA nel solo 1973 danno una prova evidente di tale disegno.
Il potere economico non concede tregua: "Il controllo demografico è necessario per mantenere la normale attività degli interessi commerciali americani nel mondo. Cento milioni di donne dovrebbero essere sterilizzate affinchè gli Stati Uniti raggiungano le mete prefissate" - sono parole del dottor R.T. Ravenholt, direttore
dell'Ufficio controllo demografico dell'"Agenzia governativa USA per lo Sviluppo Internazionale" (AID), registrate in un'intervista al "St. Louis Post Dispatch". Parole di genocidio che gli Stati Uniti hanno ripetuto, amplificandole, in Vietnam, in Cambogia, e che ripetono da anni in America Latina e in tutta l'Africa.

 
 
 

DONNA DEL BISONTE BIANCO

Post n°24 pubblicato il 06 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

DONNA BISONTE BIANCO

E

Wakinyan, il popolo alato del cielo

 Questo racconto della mitologia dei Sioux è certamente una delle più suggestive leggende degli indiani d'America e, soprattutto, è quello che meglio fa comprendere la religiosità, le tradizioni e la cultura in genere di un popolo che, pur così eterogeneo, condivide una visione animistica del mondo che lo circonda (e lo contiene), mondo di cui ha la profonda consapevolezza di essere parte integrante. Una parte nè più importante nè fondamentale: non esiste, presso gli indiani, l'arroganza di riconoscere all'uomo un ruolo preminente del creato.

L'uomo non è altro che un filo all'interno della rete della Vita

A due guide Lakota mandate in cerca di selvaggina apparve una donna bellissima vestita di pelle di daino bianca che disse loro:

"Vengo dalla Gente Bella e sono stata mandata sulla Terra per parlare con il vostro popolo"

 "Andate dal vostro capo e ditegli di preparare il grande tipì del consiglio. Esso dovrà essere piantato al centro del cerchio del villaggio con l'entrata rivolta ad oriente. Ho cose di grande importanza da dire al vostro popolo. Sarò al villaggio all'alba".
Riferito l'accaduto al capo tribù, fu approntato tutto così come richiesto. Paura ed eccitazione si impadronirono di ogni abitante del villaggio per l'imminente visita della donna misteriosa.
Quando il giorno spuntò ella apparve, vestita come la guida aveva raccontato: recava nella mano destra il cannello di una pipa e nella sinistra il suo fornello.
Entrata nella tenda, si sedette al posto d'onore e disse che il Grande Spirito era contento della fedeltà, della reverenza e dell'onestà della Nazione Sioux.
I Sioux vivevano nel bene contro il male, nell'armonia contro la discordia e perciò erano degni di ricevere la pipa che ella custodiva per l'umanità. Essa era il simbolo della pace tra gli uomini. Fumare la pipa significava comunicare con il Grande Spirito.
Quindi si rivolse alle donne dicendo loro che il Grande Padre aveva stabilito che esse mettessero al mondo i figli, che li nutrissero e li vestissero, rimanendo spose fedeli. Esse, inoltre, avrebbero sopportato in vita grandi sofferenze, ma per la loro natura gentile sarebbero state di conforto agli altri nel tempo del dolore.
Poi parlò ai bambini dicendo loro di rispettare i genitori che li amano e fanno molti sacrifici, per cui ad essi deve venire soltanto del bene.

Agli uomini disse che tutte le cose dalle quali essi dipendono vengono dalla Terra, dal Cielo e dai Quattro Venti e che per questa ragione era necessario ringraziare il Grande Spirito per il dono della vita fumando la pipa quotidianamente.
Raccomandò ancora loro di essere sempre gentili e amorevoli con le donne e con i bambini, per rispetto al loro essere creature deboli.

Infine, insegnò al capo la maniera di custodire la pipa, dal momento che era suo dovere rispettarla e proteggerla, in quanto da essa dipendeva la vita della Nazione Sioux. Come sacro strumento della conservazione doveva essere usata in tempo di guerra, di carestia, di malattia o in caso di grandi necessità.
A questo punto si dice che la donna promise ai Sioux che sette sacre cerimonie sarebbero state in seguito rivelate loro affinchè le praticassero. Esse erano: la Custodia dell'Anima, la Purificazione, la Ricerca della Visione, la Danza del Sole, Come diventare Fratelli (il rito dell'apparentamento), Come diventare Donna Bisonte (la preparazione della fanciulla ai doveri di donna), il Lancio della Palla.

La donna rimase con i Sioux ancora per quattro giorni poi, al quinto, dopo aver acceso la pipa che offrì prima al Cielo, quindi alla Terra, infine ai Quattro Venti, annunciò che la sua missione era finita e partì.

Fece il giro della tenda secondo il cammino del sole, poi lentamente si allontanò dall'accampamento.
A breve distanza si voltò e, sotto gli sguardi di tutta la tribù, si trasformò in un bianco vitello di bisonte.

Gli indiani d'America non operano una netta divisione fra il mondo degli uomini e quello degli spiriti i quali entrano in contatto con gli esseri umani e, in alcuni momenti sacri, se ne impossessano.
Uno di questi momenti è quello delle danze con le maschere che indicano la manifestazione sulla terra degli esseri rappresentati dalle maschere stesse.

Un uomo che indossa una maschera sacra durante un rituale non assume solo l'aspetto di quell'animale, ma anche lo spirito.

Ci sono molti KACHINA (KA=rispetto CHINA=spirito): essi non sono solo gli spiriti degli antenati, ma anche quelli di animali, piante, minerali, stelle e forze naturali.

Il 20 agosto del 1994 -nel Wisconsin- nacque 'Miracle', un bufalo femmina bianco.
Molti indiani lo credettero simbolo di un nuovo cammino dell'umanità verso la purezza del cuore, della mente e dello spirito.

 
 
 

BIOGRAFIA DI GIACCA BLU

Post n°23 pubblicato il 06 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Nome Originale:

Wey-yah-pih-ehr-sehn-wah

Nato nel 1754 a Richwood
Morto 26.06.1810 a Blue Jacket Town
Tribu': Shawnee

Giacca Blu si chiamava, all'inizio, Marmadukevan Swearingen ed era uno dei figli di un colono che si era stabilito con la sua famiglia in una fattoria isolata nella Virginia occidentale, nei pressi dell'odierna Richmond. Fin da ragazzo Marmaduke era entusiasta del modo di vivere degli indiani che aveva conosciuto in incontri occasionali. I suoi fratelli più grandi lo prendevano in giro spesso, solo il fratello più giovane, Charley, gli dimostrava comprensione. Marmaduke cercò di vestirsi alla foggia indiana e si esercitava abitualmente nell'uso delle armi indiane. Intorno al 1767, si slabili vicino a loro un vecchio cacciatore e commerciante a cui la gotta impediva di continuare il suo lavoro. La conoscenza fu determinante nel trasformare una fantasticheria giovanile in autentico interesse. Trascorreva ogni minuto libero da quel vecchio che aveva viaggiato molto e ascoltava attentamente i suoi racconti sulla sua vita nei luoghi selvaggi, sugli usi e costumi degli Indiani e imparò persino alcune frasi in lingua indiana. Il desiderio di vivere tra gli Indiani diveniva sempre più forte. Il 5 giugno 1771, Marmaduke e Charley si imbatterono in un gruppo di guerrieri Shawnee. Avendo osservato da tempo con benevolenza come il giovane bianco sapesse usare bene l'arco e poiché, con i suoi lunghi capelli neri, appariva molto "indiano", il capo del drappello, Black Tooth, non ebbe nulla in contrario a che si unisse a loro. Poiché portava una giacca blu, Black Tooth lo chiamava Weh-yah-pih-ehr--sehn-wah (Giacca Blu).Questo fu il suo nome fino alla fine della sua vita. Black Tooth e il suo gruppo portarono Marmnaduke a Kispoko Town, un insediamento indiano sul fiume Scioto. Come sì usava a quel tempo presso gli Shawnee, Giacca Blu dovette superare una serie di difficili prove fisiche, prima di essere ammesso nella tribù. Giacca Blu divenne membro della sezione dei Kispokotha. Gli tocco anche l'onore di essere inserito nella famiglia del capo guerriero Pucksinwah, uomo che godeva della massima consideraione e di principi molto nobili. Pucksinwah aveva sei figli. Tra cui Tecumseh e Lalawethika. che alcuni anni dopo avrebbero reso immortale la fama della loro tribù nella storia della lotta indiana per la libertà. Il figlio maggiore di Pucksinwah era Chicksika, che aveva due anni meno di Giacca Blu, e con cui ben presto strinse una sincera amicizia.Lo stesso Pucksinwah fu suo maestro, colui che fece familiarizzare il suo "figlio adottivo" con il modo di pensare e con la religione - al più alto livello - degli Shawnee che si avvicinò, in molte occasioni, al Cristianesimo. Non trascorse molto tempo, prima che potesse partecipare alla riunione delle tribù che si teneva a Chillicothe. Come già detto si giunse, poco dopo, alla battaglia di Point Pleasant che Giacca Blu combatté fianco a fianco con Pucksinwah e Chicksika. Pucksinwah rimase sul campo di battaglia. La sua famiglia e naturalmente anche Giacca Blu furono profondamente colpiti dalla morte di quel nobiluomo. Come sempre accadeva nelle famiglie di un capo scomparso, la tribù ne sceglieva un altro e quindi gli eredi di Pucksinwah si trasferirono a Chillicothe, presso la famiglia del pacifico capo Pesce Nero. Giacca Blu rimase però nel suo villaggio, che ora aveva preso il nome di Black Snake's Town. Quando Cornstalk si diresse a Fort Randolph per informare il comandante dello scoppio di una nuova guerra, Giacca Blu si rifiutò di andare con lui. Questo rifiuto gli salvò la vita. Constalk e i suoi accompagnatori, infatti, non tornarono più. L'8 febbraio 1778, a Giacca Blu riuscì un colpo che lo avrebbe reso un eroe per la sua tribù: prese prigioniero Daniel Boone, la famosa guida. Mentre gli altri prigionieri furono consegnati agli inglesi, gli Shawnee accolsero nella loro tribù il prigioniero più importante, a cui fu dato il nome di Sheltowee (Big Turtle). Boone sembrò inserirsi bene nel nuovo ambiente, ma alcuni mesi dopo fuggì per avvertire i coloni del Kentucky di una nuova spedizione militare degli Shawnee, con cui volevano vendicare l'uccisione di Cornstalk. La spedizione congiunta di inglesi e Shawnee non approdò però a nulla. Quest'impresa determinò la divisione degli Shawnee. Più di due terzi dell'intera tribù, circa quarantamila persone, si spostarono a ovest nel marzo 1779, oltre il Mississippi, dove Peter Loramie - un commerciante francese - aveva comprato per loro dagli Spagnoli un terreno di venticinque miglia quadrate, nei pressi di Cape Girardeau nella contea del Missouri. Giacca Blu rimase nella vecchia patria degli Shawnee. La sua fama di guerriero crebbe ancora quando, durante un tentativo di fuga, riuscì ad uccidere con il suo tomahawk Simon Kenton che era caduto nelle mani dei Maykujay, una sezione degli Shawnee. Questo gli valse una grande considerazione da parte di Molunthas, capo dei Maykujay e capo più anziano degli Shawnee. Durante il suo soggiorno presso questa tribù, Giacca Blu si innamorò di Wabethe (Schwan), nipote di Molunthas, che poco dopo divenne sua moglie. La divisione della tribù ebbe come conseguenza il sorgere di grandi cambiamenti nell'organizzazione della stessa. Serpente Nero aveva rinunciato alla guida dei Kispokotha e Giacca Blu costruì un proprio insediamento, vicino alla terra di sua moglie: Blue Jacket's Town. Chillicothe, che prima contava parecchie migliaia di abitanti, era stata quasi completamente abbandonata e ora non aveva più di un centinaio di guerrieri. Ma gli Shawnee rimasti erano ben decisi a vendere al prezzo più caro possibile il loro paese agli Americani che penetravano in modo sempre più sfacciato. Alla morte di Pesce Nero, che era stato ferito gravemente durante un attacco di soldati bianchi a Chillicothe, Serpente Nero e Giacca Blu si trovarono ai vertici della tribù e quest'ultimo si distinse ripetutamente. L'ardita impresa di un certo William Rodger, che discese l'Ohio con settantacinque uomini ben armati e parecchie barche, si concluse con un agguato perfetto da parte di Giacca Blu e solo pochi uomini riuscirono a salvarsi nei fitti boschi. Ciononostante il flusso di coloni bianchi crebbe incessantemente. Gli Shawnee sapevano per certo che il Kentucky era perso per sempre, ma con le altre tribù dell'Ohio si opposero eroicamente all'avanzata della marea bianca. Nel giugno del 1780, centodieci guerrieri Shawnee, Delaware, Potawatomi, Miami, Wyandot, Ottawa e Mingoe, con l'appoggio di un centinaio di soldati britannici e di settanta rangers canadesi al comando del capitano Henry Bord, attaccarono gli insediamenti americani nel Kentucky, uccisero molti coloni e distrussero le stazioni di Ruddel e di Marin. Tornarono con un ricco bottino, ma gli Shawnee, per la posizione geografica dei loro villaggi, rappresentavano il primo obiettivo delle spedizioni punitive degli Americani. Un esercito di circa mille uomini del Kentucky, al comando di George Rogers Clark, distrusse Chillicothe e Piqua Town e devastò tutti i campi di mais per un raggio di molti chilometri. Gli Shawnee, per superare l'inverno, furono quindi costretti a procurarsi altrimenti le provviste: intercettarono un centinaio di barche che percorrevano l'Ohio e, con gli inglesi, fecero una nuova e vincente spedizione nel Kentucky. In un agguato nei pressi di Blue Jacket's Town furono uccisi settanta bianchi tra i quali vi era Israel Boone, figlio di Daniel Boone. Clark decise perciò di vendicarsi e quindi attaccò nuovamente Chillicothe. Giacca Blu lo venne però a sapere e Clark trovò solo capanne vuote, che distrusse per rappresaglia e questo fu il suo unico "successo". La situazione si fece però critica quando gli stati della Virginia e del Connecticut pretesero per i loro coloni, nel 1785, il territorio dell'Ohio, fino al lago Eire. In questa situazione di emergenza, gli Shawnee nominarono Giacca Blu loro nuovo capo militare. Sostituiva il vecchio Serpente Nero, che ben sapeva di lasciare il suo incarico in mani migliori. Nel 1786, Giacca Blu avviò trattative che portarono a un trattato che garantiva che il fiume Ohio fungesse da confine tra gli Shawnee e i bianchi e, inoltre, evitando che venissero costruiti due forti avrebbero sul territorio degli Shawnee, Fort Harman e Fort Finney - per "proteggere" gli Shawnee dai coloni bianchi! (come assicuravano ipocritamente gli Americani). Giacca Blu firmò il trattato con il suo nome di nascita, il che riempì di meraviglia gli altri firmatori, che del resto avevano già ammirato la sua conoscenza della lingua inglese. Entrambe le parti erano consapevoli della mancanza di valore del trattato; poco prima che Giacca Blu decidesse di attaccare Fort Finney, i soldati lasciarono il forte, lo distrussero e se ne andarono. Nel settembre 1786, Giacca Blu venne a conoscenza di un attacco di Clark alla Confederazione dei Miami, di cui era capo Piccola Tartaruga, e si precipitò in loro soccorso. Piccola Tartaruga però avviò trattative di pace e Clark si ritirò. Nel frattempo il generale Benjamin Logan attaccò con il suo esercito gli Shawnee, i cui villaggi erano rimasti senza difesa: ben tredici insediamenti, tra cui Blue Jacket's Town, furono ridotti in cenere. Molunthas, capo dei Maykujay, visto che la situazione era senza via d'uscita, si arrese e, nonostante Logan gli avesse assicurato protezione, un ufficiale spaccò il cranio del vecchio capo con un tomahawk. Molte donne e bambini furono uccisi o fatti prigionieri. Quando Giacca Blu tornò, sua moglie e i suoi figli erano spariti, senza lasciare traccia. Fu assalito da un'indicibile rabbia, ma la preoccupazione per il bene della sua tribù lo spinse a restare e a dirigere la ricostruzione dell'insediamento e si occupò anche di far mettere al riparo il raccolto dei campi che non erano stati distrutti. Ancora una volta gli Shawnee dovettero fare spedizioni punitive sull'Ohio e intercettare barche per procurarsi il necessario per sopravvivere. A Detroit, gli scalpi americani erano pagati tanto bene dagli inglesi che gli Shawnee potevano comperare armi e munizioni in abbondanza. All'inizio del 1787, cominciarono le trattative per lo scambio dei prigionieri. Giacca Blu era al colmo della felicità quando scoprì che tra loro vi erano sua moglie, suo figlio Little Blue Jacket ed entrambe le sue figlie. Gli Americani riconfermarono il loro atteggiamento pacifico e amichevole ma, poche ore più tardi, durante una festa in occasione dello scambio, assalirono le sentinelle indiane e rubarono quattordici cavalli. Durante un'altra spedizione nel Kentucky, Giacca Blu cadde nelle mani dei suoi nemici che lo trascinarono trionfalmente per molti villaggi e lo richiusero nella stazione di Strode. Di notte, però, riuscì a fuggire e, nonostante fosse ferito e inseguito, riuscì a raggiungere la sua terra. Negli anni seguenti la maggior parte degli Shawnee si trasferì nella zona di Auglaize e di Maumee, nel nordovest dell'Ohio, dove ritenevano di essere, per il momento, al sicuro degli Americani. Poi però iniziò la colonizzazione in grande stile dell'Ohio e ne fu nominato governatore Arthur Saint Clair. Per iniziativa di George Washington, il generale Harmar cominciò la sua campagna militare contro gli Shawnee, che si concluse con una nuova grave sconfìtta degli Americani. A quel tempo i capi degli indiani erano Giacca Blu e Piccola Tartaruga. Nel corso di quella battaglia morì anche il capitano Charles van Swearingen, fratello di Giacca Blu. I due fratelli devono essersi trovati faccia a faccia in battaglia, ma quando si riconobbero era troppo tardi. La morte di suo fratello colpì profondamente Giacca Blu, come del resto la morte del suo amico Chicksika due anni prima, che era caduto in un combattimento nel corso di un viaggio verso sud in cui aveva accompagnato Tecumseh. Per le sue eccellenti prestazioni in battaglia. Giacca Blu fu nominato generale di brigata dell'esercito britannico. George Washington, che aveva scatenato la guerra, inviò nuove offerte di pace. Gli indiani conoscevano da tempo la doppiezza dei negoziatori e non solo non accettarono le offerte degli Americani, ma si lasciarono trasportare dal loro odio fino ad uccidere alcuni negoziatori, per cui il generale Wayne ricevette l'incarico di preparare una nuova campagna militare che portò alla sconfìtta degli indiani nella battaglia alle cascate Timbers, dove a Giacca Blu era stato affidato il comando supremo, ma che era stato lasciato nei guai dalla defezione degli inglesi. In quell'occasione, Piccola Tartaruga si era rifiutato di assumere il comando. Dopo la sconfitta, Giacca Blu prese parte alle trattative di pace di Greenville. Nell'agosto del 1795 firmò il trattato con il quale gli Indiani dovettero cedere un esteso territorio agli Americani. Giacca Blu trascorse gli anni seguenti in pace e tranquillità nel suo villaggio. Si parlò ancora di lui una sola volta, quando, il 4 luglio 1805, sottoscrisse il trattato di Fort Industry. Il 26 giugno 1810, Giacca Blu, il capo bianco degli Shawnee, morì.

 
 
 

TRIBU' NAVAJO - NOSTALGIA DI CASA

Post n°22 pubblicato il 06 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Un ora di crepuscolo
avvolta dal fuoco sacro
e in Te entrerò, Spirito delle Sabbie.
La tua notte rinfreschi il desiderio
di stare tra la mia gente, adesso.

 
 
 

TRIBU' APACHE - BENEDIZIONE DEL NEONATO

Post n°21 pubblicato il 06 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Hai dato inizio alla tua vita
in una terra fortunata,
hai dato inizio alla tua vita
indossando dei buoni mocassini,
dalle stringhe d' arcobaleno,
cuciti con raggi di sole.
Hai dato inizio alla tua vita
in mezzo all' abbondanza.

 
 
 

TRIBU' APACHE - DIVINITA'

Post n°20 pubblicato il 06 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Mi avvicino
alla Donna Dipinta di Bianco,
a lei mi avvicino
benedetto di vita,
a lei mi avvicino
colmo di buona sorte,
a lei mi avvicino
in virtù dei suoi frutti,
a lei mi avvicino
e alla sua Verità
che si propagherà su tutto il mondo.

 
 
 

TRIBU' APACHE - PREGHIERA RITUALE

Post n°19 pubblicato il 06 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Grande Spirito Blu della montagna,
nella casa di nubi blu,
presso la croce di miraggio azzurro,
sei nato, un giorno.
Là c'è solo bontà,
e di tanta bontà io sono grato.
Grande Spirito Giallo
che vivi a Sud, sulle montagne,
di gialle nubi è il Tuo corpo immenso.
Sovrano degli spiriti dei monti,
Sacra Divinità,
anche Tu di bontà Ti nutri e vivi.
Grande Spirito Bianco d' Occidente,
il Tuo corpo è di candido miraggio.
Sovrano degli spiriti dei monti,
Sacra Divinità,
ch' io sia felice delle Tue parole,
e che Tu possa godere delle mie.
Grande Spirito Nero a Settentrione,
di nere nubi è il Tuo corpo immenso.
Ed è per questo, Grande Spirito Nero,
che la Tua voce mi fa felice.
Possa farTi felice anche la mia.
E tutto ora è bontà.

 
 
 

TRIBU' CHEYENNE - SOLITUDINE E PIANTO

Post n°18 pubblicato il 06 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

Ora che tu non mi vuoi più.
e dopo aver tanto da solo camminato,
mi siedo a riposare sotto un albero
in una terra che non è la mia,
lontano da casa.
Ora so
che dentro mi nasce
un canto triste
di solitudine.
Piango su di me,
sulla mia sorte.

 
 
 

TRIBU' APACHE - ATTRAZIONI

Post n°17 pubblicato il 06 Maggio 2009 da piccola.nuvola1

 Ragazza,
tu mi parli con tale gentilezza
che io di certo non me ne scorderò.
Conserverò le tue parole nella mente
mentre sarò lontano e solo
nella notte.

 
 
 

FIABA DEGLI INDIANI D'AMERICA

Post n°16 pubblicato il 30 Aprile 2009 da piccola.nuvola1

Le frecce magiche

C'era una volta un giovane che volle partire per fare un lungo viaggio. Sua madre gli diede dei sacchi di carne secca e alcune paia di mocassini, mentre suo padre gli disse: “Figlio mio, ti do queste quattro frecce magiche. Quando avrai bisogno, lanciane una!”.  Il giovane andò nella foresta e riuscì per diversi giorni a procurarsi cibo. Ma un giorno non riuscì a prendere niente.Allora lanciò la freccia magica e riuscì a prendere un grosso orso. Un altro giorno, fu di nuovo in difficoltà: rilanciò un'altra freccia magica e riuscì a prendere un'alce. La terza volta che si trovò in difficoltà riuscì a catturare, grazie alla terza freccia magica, una renna e la quarta volta catturò un bufalo. Dopo aver utilizzato anche l'ultima freccia, il giovane uscì dalla foresta ed arrivò in un villaggio. In un angolo c'era una povera tenda dove viveva un'anziana coppia. Il giovane lasciò i suoi vestiti vicino ad un albero, si toccò la testa e si trasformò in un bambino e poi andò a bussare alla tenda. La donna disse: “Marito mio, lascia che teniamo con noi questo bambino!”.  Il marito borbottò, ma la donna lasciò entrare il finto bambino. Ad un tratto, il nuovo arrivato disse: “Non c'è un nonno che possa farmi delle frecce?”.  Il vecchio borbottò, ma poi le fece, e,  nel giro di poco tempo, il finto bambino catturò diversi animali e diede una grande mano ai due vecchi, tant'è che anche l'uomo gli si affezionò.Un giorno venne a bussare alla porta della tenda una ragazza del paese, per chiedere un po' di carne in cambio di una mano a fare le faccende domestiche. Il finto bambino si innamorò immediatamente di lei. Qualche tempo dopo sentì che nel villaggio molti erano preoccupati: c'era una cattivissima Aquila Rossa che depredava il bestiame nei campi. Il capo del villaggio promise che avrebbe dato sua figlia in sposa a chi avrebbe ucciso l'Aquila. La figlia era proprio la ragazza di cui si era innamorato il nostro eroe. Lui prese nottetempo una delle nuove frecce magiche fatte dal nonno adottivo e la scagliò contro l'Aquila rossa, riuscendo a sconfiggerla. Poi andò a cercare i vestiti che aveva lasciato nella foresta, li indossò e ridiventò grande. Il capo concesse al giovane straniero sua figlia, e lui non dimenticò comunque né i suoi genitori che vivevano al di là della foresta, né i suoi nonni adottivi che l'avevano tanto aiutato.

 
 
 

I 10 COMANDAMENTI DEGLI INDIANI D'AMERICA

Post n°15 pubblicato il 30 Aprile 2009 da piccola.nuvola1

1.    La Terra è la nostra Madre, abbi cura di Lei.
2.    Onora (rispetta) tutti i tuoi parenti.
3.    Apri il tuo cuore ed il tuo
Spirito al Grande Spirito.
4.    Tutta la vita è sacra, tratta tutti gli esseri con rispetto.
5.    Prendi dalla Terra solo ciò che è necessario e niente di più.
6.    Fai ciò che bisogna fare per il bene di tutti.
7.    Ringrazia costantemente il Grande Spirito per ogni giorno nuovo.
8.    Devi dire sempre la verità, ma soltanto per il bene degli altri.
9.    Segui i ritmi della natura, alzati e ritirati con il sole.
10.  Gioisci nel viaggio della vita senza lasciare orme.

 
 
 
 

Red tailed Hawk Pictures, Images and Photos

 

 
 

BAMBINA INDIANA

 

ULTIME VISITE AL BLOG

Triiavirginia.diraimondorossigiulianoAxz88Shion1380lucabottazzitequnse1961enzo.re2005zebmakeyantonionapolitano65fauno04ACCOGLIEREjoedevastoVirginiaG65lonati.m
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

CHI PUŅ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

 

 

SAGGEZZA PELLEROSSA

“Preghiamo per la persona che è la più importante
fra tutti noi, la Madre Terra. E' lei che ci ha dato la vita:
ci ha tenuto nel suo grembo, ci ha nutriti,
ha dato agli uomini, agli animali, alle piante
la possibilita' di esistere.”

 --------------------------------------

La comunicazione tra il mondo degli uomini e il mondo degli animali
è costante e ininterrotta. Gli uomini sono "fratelli maggiori" degli animali
ed essi hanno il compito di vigilare sul benessere dei loro "fratelli minori".

-----------------------------------

“Tutte le creature viventi, tutte le piante
sono parimenti essenziali alla vita e ognuna ha un suo posto.
Ogni animale dimostra la sua ragione d'essere con atti precisi.
I corvi, le poiane e le mosche, anche i serpenti,
pur diversi tra loro hanno qualcosa in comune,
hanno un'utilità e una ragion d'essere.
In origine probabilmente gli animali
hanno vagato sopra molti estesi paesi
prima di trovare il luogo più adatto per vivere.
E questo perché ogni essere vivente
dipende dalle condizioni naturali che lo circondano.
E dunque gli animali e tutti gli esseri
hanno riflettuto a lungo prima di scegliere il posto dove vivere. ”

----------------------------------

Il potere dello Spirito pervade qualsiasi manifestazione del Creato,
tutto ha un'anima, tutto può essere ricondotto a un principio unitario.
Il potere del Grande Spirito, del Grande Mistero,
è dunque riconoscibile in tutte le manifestazioni della natura,
è tutt'uno con la natura poichè il Grande Spirito è in tutte le cose.

 ----------------------------------

“Dividere ciò che si possiede, essere generosi
è la nostra prima legge, il valore più grande in cui crediamo.
Per poterci far dimenticare questi valori,
ma soprattutto per allontanarci
dal grande attaccamento e rispetto
che avevamo per la Madre Terra,
era necessario distruggere
ciò che ci dava forza di credere in tutto questo:
la nostra spiritualità. ”

 

   

 

SAGGEZZA PELLEROSSA

Ci sono cose che avete detto che a me non piacciono.
Non sono dolci come lo zucchero, ma amare come le zucche.
Avete detto che volete metterci in una riserva,
costruirci case e darci capanne per gli sciamani e scuole.
Io non voglio queste cose.
Sono nato nella prateria, dove il vento soffia libero
e non vi è nulla che spezzi i raggi del sole.
Sono nato dove non ci sono recinti
e dove ogni cosa respira liberamente.
Voglio morire lì e non fra i muri. ”

 ---------------------------

“Lasciatemi essere un uomo libero,
libero di viaggiare, libero di fermarmi,
libero di lavorare, libero di commerciare dove mi pare,
libero di scegliermi i miei maestri,
libero di seguire la religione dei miei padri,
libero di pensare e di parlare e di agire. ”

 --------------------------

La nostra terra vale più del vostro denaro. E durerà per sempre.
Non verrà distrutta neppure dalle fiamme del fuoco.
Finchè il sole splenderà e l'acqua scorrerà, darà vita a uomini e animali.
Non si può vendere la vita degli uomini e degli animali;
è stato il Grande Spirito a porre qui la terra
e non possiamo venderla perchè non ci appartiene.
Potete contare il vostro denaro e potete bruciarlo nel tempo
in cui un bisonte piega la testa, ma soltanto il Grande Spirito
sa contare i granelli di sabbia e i fili d'erba della nostra terra.
Come dono per voi vi diamo tutto quello che abbiamo
e che potete portare con voi,
ma la terra mai.

 

    

 

       

 

   

 

      

 

   

 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963