Creato da johnnylesaux il 20/10/2006

IO E CICERONE

la vita, l'arte, il sesso e l'insuccesso di

 

 

TUTTI I CAPITOLI

Post n°8 pubblicato il 06 Novembre 2006 da johnnylesaux

SONO NEI LINK!  o nel sito

IO E CICERONE 

 
 
 

Capitolo 4

Post n°7 pubblicato il 27 Ottobre 2006 da johnnylesaux

Florence. Una brillante mente tardo femminista in un corpo da pin-up. La conobbi al liceo e subito diventammo amici. Avevamo molti interessi in comune; l’arte innanzitutto, la cucina italiana, la musica e le passeggiate. La sera che provai a metterle il braccio sulle spalle scoprii che avevamo anche un altro interesse che ci univa: le donne. “Non ti picchio perché ti voglio bene” mi disse con aria delusa “ma la prossima volta ti rifilo una ginocchiata in mezzo alle gambe…” Aveva solo quindici anni e le idee fin troppo chiare allora. Ma anche dopo non cambiò molto atteggiamento nei confronti degli uomini. Se qualcuno in metropolitana si azzardava a cederle il posto a sedere, lo apostrofava duramente ad alta voce quasi come se l’avesse molestata tra la folla; talvolta il malcapitato, preso da vergogna, era costretto a scendere dal treno prima della sua fermata. Un’altra volta, su un autobus affollato, aveva due grosse sporte della spesa e un signore di mezza età non solo provò a offrirle il suo sediolino ma con voce melliflua propose: “Una bella ragazza come lei non dovrebbe portare certi pesi, scendiamo e la accompagno in taxi?” Florence scatenò un tale putiferio che sul mezzo pubblico si accese una  rissa così furibonda che l’autista fu costretto a fermare l’autobus ed a chiamare la polizia. Trentadue dei cinquanta passeggeri furono portati alla centrale ed identificati. L’improvvido galantuomo, già segnato da un diretto all’occhio sinistro, fu interrogato per due ore e mezzo ed alla fine congedato con calde scuse del commissario, mentre l’autista, in preda ad una crisi di nervi, aveva preso a gridare “Revocatele l’abbonamento! Revocatele l’abbonamento!”

Ma aldilà di questi eccessi giovanili, Florence era una cara ragazza, persino nobile e misurata quando non le facevano notare il suo essere femmina (e che femmina).

“Come va…” le chiesi per rompere il ghiaccio

“Bene Johnny, va proprio bene” disse con una dolcezza un po’ inusuale

“e con la tua amica Martha?”

“viviamo insieme da un anno ormai e siamo molto felici”

“…mm…”

“Martha non ti piace, non è vero?”

“no, no per carità…”

“dì la verità, in oltre dieci anni nessuna delle mie compagne ti è andata a genio…”

di solito Florence non ammetteva giudizi sulla sua vita privata, ma stavolta pareva estremamente conciliante. Così provai ad esserlo anch’io.

“noo… anzi c’era quella nera… come si chiamava…”

“Betty”

“già, Betty… quando vi siete lasciate ci avrei voluto provare anch’io…”

partì la ramanzina, ma senza la consueta severità

“eh già, perché secondo te, per una donna omosessuale, la sua scelta non è mai definitiva… può sempre essere redenta da un bel maschio disponibile… in fondo perché  una donna diventa lesbica… per un amore impossibile o sbagliato, perché non riesce a trovare un uomo…”

la seconda filippica femminista dopo quella di Margot

“ma dai, era solo una battuta. Per dirti che, per esempio, Betty mi era simpatica”

“mentre invece Martha ti è antipatica”

“no è che… forse non la conosco bene… e poi… lo sai, una donna che fuma in mezzo alla strada… - mi corressi subito – una donna o anche un uomo…”

lei inaspettatamente glissò e cambiò argomento, andò vicino ai miei lavori

“fammi vedere un po’ cos’hai creato in questi ultimi tempi…”

solo allora mi accorsi che era vestita in maniera particolarmente sexy, e che dagli indumenti attillati traspariva biancheria intima che non le avevo mai notato prima. Non solo; quando camminava ondeggiava un po’, non in maniera esagerata, ma non l’aveva mai fatto; parlava dolcemente e mi guardava spesso.

“ecco… queste sono le ultime…” balbettai mostrando le sculture nella stanza

“uau… ma che sono, fiche? e quelli… sederi?”

“beh… più o meno”

mi sfiorò lentamente passando

“ma sei proprio fissato…” rise

ma cosa diavolo succede? se Florence si fosse accorta che Cicerone cominciava ad irrigidirsi, poteva fare la macedonia delle mie sculture. Ma non successe. Continuò a gironzolare per la stanza dicendo cose molto semplici e carine, a muoversi sinuosamente e, ogni tanto, a sfiorarmi. Io rispondevo a monosillabi, avevo la terza guerra mondiale in testa. Da una parte Cicerone mi suggeriva di saltarle subito addosso a quella maialona, di farle capire cosa si fosse persa in tutti questi anni, dall’altra la mia esperienza mi spingeva a meditare sulla distanza che avrei percorso prima dell’impatto col suolo una volta scaraventato dalla finestra del sesto piano, insieme alle onde del mare o vulve che fossero.

“ma che caldo qui…” si tolse la già piccola giacca, e le spalle videro la luce

“mi offri da bere?”

ci conosciamo da quasi vent’anni, cavolo! non posso sentirmi così impacciato e imbarazzato con Florence

“sì… vieni in cucina…”

tutto troppo banale, non può essere: Sicuramente tra poco lei avrebbe bevuto, si sarebbe rinfilata la piccola giacca e con molto garbo mi avrebbe salutato lasciandomi solo con Cicerone. Versai la cosa meno  indecente che avevamo in frigo, del succo di carote (accidenti a Margot), ma Florence mostrò di apprezzare.

“sei un tesoro…”

questa poi!

Ero all’angolo, non avrei mai potuto prendere l’iniziativa… Cicerone doveva farsene una ragione. Ma non ce ne fu bisogno. Mi spinse delicatamente contro il tavolo, mi aprì la camicia e cominciò a baciarmi sul tronco. Beh, forse potevo rischiare.

“Florence…”

“zitto…”

provai a ricambiare i baci ma lei si abbassò, mi slacciò la cintura (proprio come le donne dovrebbero fare, a noi uomini piace molto) aprì la lampo e Cicerone fu libero. Oh cavolo! oh cavolo! ma chi era quella persona? lo sapevo! lo sapevo! nessuna donna può davvero rinunciarci per sempre! pure Florence che un tempo li avrebbe tagliati  - per un attimo un brivido gelido mi corse lungo la schiena -  adesso si godeva la gioia di una bella verga. Rimandai ogni altra considerazione a dopo l’orgasmo, che, in un tempo non facilmente misurabile - fu in questa situazione che Einstein concepì la relatività? - arrivò. La mia mente uscì dal corpo, volò sopra la stanza come nelle esperienze di pre-morte, ed infine, dolcemente rientrò nella sua sede terrestre. Quando riaprii gli occhi vidi solo la porta del bagno che si richiudeva.

Ma adesso si poneva un altro problema. Florence tra un minuto sarebbe uscita dal bagno e si sarebbe aspettata un pari trattamento! Che poteva saperne lei, che probabilmente non conosceva le dinamiche del maschio, del torpore che prende gli uomini appena soddisfatti? Dovevo agire meccanicamente fornendo un pari servizio… ma per quel tipo di servizio andava già benissimo Martha, supponevo; e quindi se lei avesse desiderato, com’era probabile, una bella penetrazione selvaggia che le facesse scordare decenni di inopportuna privazione, chi poteva mai dirle di aspettare almeno un quarto d’ora/venti minuti (beh, non sono più un ragazzo) prima che Cicerone si rimettesse in piedi? La prospettiva del salto dalla finestra si ripresentò minaccioso.

Potrei preparare il caffè decaffeinato, pensavo, per prendere tempo e riprendere forze… calcolai il tempo che ci sarebbe rimasto prima del ritorno di Margot… almeno venti minuti. Sì, potevo farcela. Me l’ero goduta ma adesso bisognava lavorare… Le donne non si trovano mai in queste situazioni, a loro basta stendersi e… vabbè, insomma avete capito. E invece…

E invece Florence uscì dal bagno completamente rassettata - non che prima fosse molto spogliata - masticando una chewing gum; infilò la sua piccola giacca, prese il soprabito, mi si avvicinò sorridendo e mi baciò sulla guancia.

“ciao Johnny, e grazie”

“grazie? e per che cosa?”

“per il succo di carota” rispose con una malizia che non afferrai immediatamente.

 

 
 
 

Capitolo 3

Post n°6 pubblicato il 26 Ottobre 2006 da johnnylesaux

“Johnny? sono tornata!”

“…mm…” risposi        

“Johnny ci sei?”

“see…” 

“Johnny!” gridò

“sono qui! sono qui! dove cavolo vuoi che stia…”

“ohh! calma, non solo esco, vado a fare la spesa, non ti chiedo di aiutarmi, ti lascio tranquillo e quando torno sei più nervoso di prima…”

“la spesa… hai fatto la spesa… con chi? non dirmelo… con Judy… cosa avete comprato? fa vedere…” guardai nelle buste  “dunque… caffè decaffeinato, zucchero di canna e dolcificante al fruttosio, tè deteinato, sapone non sapone, tisane all’ortica, allo zenzero, alla mandragola e al mirtillo…, radicchio, finocchi, cetrioli, carote… caspita! due panini! …non ci faranno male tutti questi carboidrati? Accidenti! hai scordato il propoli

“se vuoi proprio avvelenarti, allora vacci tu al supermercato e abboffati di pane, pastasciutta, pizza, vino, birra e, soprattutto, di zucchero bianco!”

“ma cosa cavolo avete contro lo zucchero…”

“lo zucchero è un vero veleno per il nostro organismo. Le popolazioni che non usano lo zucchero di barbabietola, quelle pochissime non ancora contaminate dal consumismo occidentale, non conoscono diabete, cirrosi, ed oltre il 70% delle malattie del sangue!”

“sì, e hanno una vita media di ventidue anni! ma chi te le mette in testa tutte queste scemenze? non dirmelo… la tua cara amica Judy!”

“la odi perché non la pensa come te… sei una specie di fascista…”

“fascista… ma se non sai neanche chi sono i fascisti. Piuttosto, non ti chiedi mai perché Judy, sempre così attenta alla salute, a non guastare i suoi equilibri lipidici, a non sgarrare di una caloria, poi fuma un pacchetto e mezzo di sigarette al giorno, non sorride mai e non riesce a mantenere un rapporto stabile con un uomo per più di nove minuti?”

“eccolo là! questo è il problema, no? non ha un maschio! e per questo la ritieni infelice… il fatto è che voi uomini vi ritenete indispensabili! chi non è sposata o fidanzata è una pazza o è una povera infelice! Questo maschilismo è roba superata caro mio, una donna può fare benissimo a meno di un uomo… tra poco potremo anche procreare da sole! Alcuni maschi saranno tenuti in case di tolleranza per chi avesse voglia dei divertimenti vecchio stile e poi sarà un mondo di sole donne!”

“sta’ certa che alle porte di quelle case ci sarà una fila da qui fino all’Alaska”

“tu non sai quante donne hanno rapporti omosessuali! e senza tutta quella carica di problemi, angosce e conflitti che affliggono i gay maschi…”

“ahhh! Capisco… tu e Judy… potevi scegliere un po’ meglio!”

la discussione aveva preso una piega comica

“stai peggiorando caro Johnny… sei frustrato e vedi sesso dappertutto”

“già, tranne che sul nostro letto…”

“guarda le tue opere per esempio, recentemente c’è stata la serie delle vulve”

“delle che?”

“vulve, fiche, tutte quelle di quel tipo…” indicò un paio di opere non ancora in cantina

“ma quali vulve… quelli sono gli studi sulle onde del mare!”

“e le ultime? tutti sederi!”

“sederi! quelle sono curvature armoniche del flusso spazio-tempo nella percezione sensibile!”

“per me sono tutti culi di donna!”

“con questi discorsi mi stai facendo eccitare… vieni qui…”

Margot si divincolò

“me ne devo andare!”

“nooo…”

“davvero! devo uscire…”

“uffà, dove vai adesso?”

“ma non ti ricordi mai? il martedì vado in palestra!”

“con Judy?… non dirmelo! ma che ci andate a fare! siete magrissime, vi muovete sempre ed al momento buono sei sempre stanca! vuoi vedere che avevo ragione su te e la tua amica?”

“non ti preoccupare troppo, quando ti tradirò, sarà con un uomo! e sai perché lo farò?”

“…mm?…”

“perché ce l’avrà più lungo di te!”

“allora sono proprio al sicuro!”

“ha, ha… stavolta ti sbagli…”

“no, non mi sbaglio… conosci qualcuno più lungo del mio Cicerone?”

“..il tuo Cicerone… tanto per cominciare, Bill”

“Bill? chi è Bill?”

“guarda con Bill non bastano due mani… e questo quando è a riposo!”

lei rimase con le due mani ferme nel gesto della presa e mi guardava fisso, io per un attimo interminabile restai immobile, credo con la bocca aperta. Poi emise una risata stridula:

“ahhh! ci sei cascato… quando si tratta di misure voi uomini andate in paranoia…”

effettivamente per un momento c’ero cascato

“ok, preferisco che tu mi tradisca con una lesbica!”

Bussarono alla porta.

“guarda chi è, anzi non dirmelo… sarà Judy”

con l’occhio nello spioncino Margot negò

“no, caro mio… parlando del diavolo… la tua amica Florence…”

aprì la porta

“Ciao Margot!”

“Florence! – baci abbracci e sorrisi di circostanza – come mai da queste parti!”

“passavo qui vicino e mi sono detta perché non salutare Margot e Johnny…”

“hai fatto benissimo… Johnny! c’è Florence!”

“ciao Johnny”

“ciao Florence…”

Margot prese la sua sacca da palestra

“io devo andare purtroppo…”

“ma come io arrivo e tu te ne vai?”

“mi dispiace stavo già uscendo”

baciò di nuovo Florence e mi guardò con la faccia furbetta

“ciao Johnny… vi lascio soli”

Margot chiuse la porta.

 

 
 
 

Capitolo 2 Parte II

Post n°5 pubblicato il 25 Ottobre 2006 da johnnylesaux

Entrai nella banca di buon mattino poco dopo l’apertura, tanto che negli uffici del piano superiore stavano ancora rassettando e portando via gli addobbi di una festicciola aziendale della sera prima. Entrai nell’anticamera dell’ufficio del sig. Farqwell per la settima volta in quattro mesi e mezzo. D’improvviso mi sentii fuori posto, disordinato e vestito male in quel luogo di tanta opulenza e raffinatezza. La segretaria non c’era e di questo fui contento dato che col sig. Farqwell avevo ormai un rapporto di buona confidenza e cordialità; gli avevo portato anche le bozze di alcune piccole modifiche ed aggiunte per chiedergli un parere; ogni tanto un artista deve pur dare qualche piccola soddisfazione al suo mecenate.

Bussai e la porta dell’ufficio si aprì dato che era solo accostata.

“Sig. Farqwell?”

 “Chi è?” mi rispose un omone sudaticcio che insieme ad una impiegata biondina con i capelli a caschetto stava svuotando delle scatole sulla scrivania del direttore.

“ah salve – dissi – sono Johnny Le Saux, lo scultore, avevo un appuntamento con il signor Farqwell”

“mi scusi, un appuntamento personale o di lavoro?” 

“di lavoro, per la statua”

“la statua? signorina, prego, vuole controllare sugli appunti che ci ha lasciato Farqwell…”

“Subito, direttore…”

l’impiegata diede uno sguardo veloce su alcuni fogli (“direttore”?)

“no sig. direttore, qui non c’è nulla… come si scrive Lasoox?”

“L-e S-a-u-x, signorina, ma se chiamate il sig. Farqwell vi spiegherà tutto” (“direttore”?)

“guardi sig. Lescaut – disse l’omone – Farqwell adesso è in pensione”

Non ebbi la forza di dire ancora il mio cognome.

“in pensione… e da quando?”

“da ieri… gli abbiamo fatto anche una bella festa d’addio”

“ma io devo parlargli… lo trovo a casa?”

“temo che non sarà possibile, è tornato al suo paese”

“quale paese?”

stavolta intervenne la ragazza con un sorriso che le fece rischiare lo strangolamento con mani di scultore: “Londra! a quest’ora è già in volo sull’Atlantico!”

l’impiegata era partita in contropiede e approfittò dei silenzi dell’omone per snocciolare tutta la verità, o meglio, quella che lei credeva fosse la verità

“ah! ma certo! lei è lo scultore di Farqwell! così giovane! ho capito!  complimenti… l’abbiamo inaugurata proprio ieri la sua meraviglia! – l’omone faceva impercettibili segni con la mano, ma la segretaria era inarrestabile – m’è piaciuta subito sa? questa è arte ho detto subito a tutti, non quella robaccia che non si capisce che vuol dire… e che idea! la Via Lattea! Giunone che allatta il piccolo Ercole… e il latte che forma la galassia… un capolavoro… l’ho detto subito”

l’omone mi guardava come se qualsiasi compito al mondo fosse stato meno grave di quello che toccava a lui in quel momento

“signorina, quello della fontana… è un altro…”

“fontana? ma che fontana?” chiesi allarmato

Mentre la malnata comprese, sbiancò e  tentò di nascondersi dietro un portapenne, l’omone provò a darsi un tono:

“ma allora Farqwell non l’ha informata… ma da quanto non viene qui?”

“l’ultima volta è stato circa un mese e mezzo fa… poi ci siamo sentiti per telefono un paio di volte… e mi ha detto che oggi avremmo definito tutto!”

“beh, ultimamente Farqwell era un po’ distratto… ma voleva andarsene lasciando un ricordo”

mi fece cenno di affacciarmi alla finestra. Nella piazzetta che avrebbe dovuto ospitare il mio Totem c’era qualcos’altro. Nel tempo record di otto secondi e ventun centesimi lasciai l’ufficio, l’omone e la malnata e mi trovai di fronte alla cosa, la Via Lattea, come l’aveva chiamata la demente.

Avevo gli occhi lucidi e la vista annebbiata, poi la cosa prese forma. Una fontana in simil-marmo stile Las Vegas, ma più misero, con una serie di statue del tipo di quelle che si vendono vicino ai camposanti, il tutto dominato da una presunta Giunone che sprizzava acqua dalle tette. Mentre guardavo il mostro, nella mia mente associavo a Farqwell i giochini suggeriti dal concessionario d’auto, quello della supposta uncinata. In più ne avevo aggiunti un  paio di miei: un Totem-missile che viaggiava a tutta velocità verso l’aereo dove si trovava il fuggitivo o, meglio ancora, il latitante giunto nella sua città ed impalato sulla cima del Big Ben che per l’occasione era arricchito da decine e decine di becchi d’aquila.

Alcune voci mi distolsero da quei pensieri sadici.

“Ecco la fontana, bella vero?” disse un signore anziano in maniche di camicia

“Un amore!” rispose una scema che probabilmente era la moglie.

“Jenny ha detto che l’hanno montata in meno di dieci giorni, e l’hanno scelta in mezzo a una decina di progetti diversi… sai tutte quelle palle, ruote, c’era persino un totem!” risero “figurati che Jenny ha detto che questa era la più economica! hai capito! non solo ti vogliono propinare certi sgorbi, se li fanno pagare pure una cifra!” risero ancora “nel Consiglio, quando hanno deciso, hanno chiesto anche il parere di Jenny, per sentire cosa ne pensava il personale… e Jenny ha detto che non c’era proprio paragone…”

Qualcosa nel viso di quell’essere… ma certo! ebbi un’improvvisa illuminazione: “mi scusi signore, ma lei conosce Jenny? una segretaria che lavora qui, con i capelli biondi a caschetto…”

“sì, certo!” il viso del barbagianni si illuminò

“una bassina, vestita da deficiente, con l’espressione da demente che dice sempre cazzate?”

“ma come si permette cretino? Jenny è nostra figlia!”

“e l’avevo capito!” gridai, ma prima che potessi finire la frase la signora mi si avventò addosso e con una testata mi scaraventò nell’acqua della Via Lattea e fu il barbagianni a trattenerla altrimenti, si sarebbe tuffata per annegarmi in tutta quella meraviglia. Si formò un parapiglia con la gente che passava per la piazzetta, arrivarono quelli della vigilanza e fu un bene; perché si era già sparsa la notizia della mia identità… “E' quello del totem!” aveva gridato qualcuno e gli agenti dovettero sottrarmi ad un tentativo di linciaggio da parte dei fans della fontana. Mi tirarono dei panini e qualche moneta “Via!” “Vattene, non ti vogliamo!” “Ficcatelo nel…etc. etc.” gridavano.

Quando tornai a casa Margot mi chiese com’era andata. “Insomma…” risposi.

 

Ma anche questo accadde prima che cominciasse la storia che voglio raccontarvi. Come vi dicevo, stavo lavorando quando tornò Margot. 

 
 
 

capitolo 2  parte I

Post n°4 pubblicato il 24 Ottobre 2006 da johnnylesaux

         Erano circa le cinque del pomeriggio, e io stavo lavorando ad una nuova scultura che sarebbe andata ad ingolfare il già ingolfatissimo scantinato di opere invendute. Per fortuna prediligevo le piccole dimensioni, altrimenti avrei avuto bisogno dell’hangar dello Shuttle. Solo una volta avevo ideato un totem alto quindici metri con diametro di quattro, con otto file di becchi d’aquila sporgenti per circa sessanta centimetri. Il progetto era su carta, ma ne avevo realizzato un modellino in scala di un metro di altezza. Lo proposi ad alcuni centri commerciali e ad alcune banche.  La maggior parte degli interessati mi congedarono col classico “le faremo sapere” o “la chiamiamo noi” e non si erano mai fatti più trovare neanche se chiamavo io. Un concessionario di automobili si prese la briga di darmi, per iscritto, alcuni suggerimenti coloriti sul come utilizzare la supposta uncinata, così definiva il modello. Ma il direttore di una piccola banca si interessò realmente alla cosa, identificò anche una piazza-cortile dove collocare il totem e mi assicurò che convincere il consiglio di amministrazione a stanziare i soldi necessari era solo una questione di tempo. Andai a parlare con lui sei volte, ed ogni volta sembravamo più vicini all’approvazione del progetto, tanto che volevo cominciare subito i lavori per avvantaggiarmi. Contattai il proprietario di un’area con un capannone nei pressi della banca per discutere i termini dell’affitto, presi accordi con un gruista, un camionista e mi recai con fare da artista affermato alla scuola d’arte per cercare tre o quattro studenti che avessero avuto voglia di collaborare dietro piccolo rimborso spese. Stavo anche per concludere l’acquisto di sei tonnellate di materiali ferrosi (per cominciare), di venti bombole per fiamma ossidrica e persino di una cucina da campo. Quando andavo nelle fonderie, nelle discariche o nei cimiteri d’auto per scegliere il ferro da comprare mi sentivo come Michelangelo Buonarroti che cercava il cuore del suo David dentro i blocchi di marmo delle cave di Carrara. Ma quella rompiscatole di Margot mi ripeteva dieci volte al giorno di non spendere soldi che non avevo ancora in tasca. E così quando un martedì mattina mi recai dal signor Farqwell, così si chiamava il direttore, a firmare il contratto d’impegno ed a ricevere  –finalmente!- la prima tranche dei soldi per anticipo sulle spese, ero piuttosto arrabbiato perché non avevo già pronto tutto il necessario per cominciare. Avevo solo versato, come caparra, mille dollari al proprietario del capannone ed avevo comprato e fatto trasportare dal camionista qualche carico di materiale; il tutto per altri mille dollari, ma di questo avevo tenuto Margot all’oscuro: le donne certe cose proprio non le capiscono.        (continua...)

 
 
 

capitolo 1, parte II

Post n°3 pubblicato il 23 Ottobre 2006 da johnnylesaux

Allora… io facevo lo scultore, ma, in fondo, sarebbe potuto accadere a chiunque, ad un garagista, a un avvocato, ad un ladro, ad un medico. Anzi, a un medico no, e ormai sapete perché.

Sì lo so, sono cinico, ma vi assicuro che una volta non ero così. Dov’ero rimasto, ah ecco… faccio lo scultore, o meglio, lo facevo, anzi per la verità lo faccio ancora, ma all’epoca dei fatti cercavo di fare solo lo scultore, provando a tirar fuori dall’arte almeno l’indispensabile per vivere.

Accertata l’evidenza dell’impossibile (in tre anni ho venduto solo quattro statuette – piccole –, di cui due a metà prezzo ad un  maldestro cugino di mia madre che durante una mostra le disintegrò facendole cadere dal piedistallo), ho spesso fatto anche altri lavori, vedi tabella:       

lavoro

esito del lavoro

causa dell’esito del lavoro

 

barman

licenziato

per aver shakerato un Cuba Libre (rum e coca cola) che è esploso sul vestito griffato di un ginecologo

 

commesso in un supermercato

(in prova)

non riconfermato

per aver accumulato ritardi nei turni mattutini pari ad un terzo della distanza tra la terra e la luna; questo calcolo non l’ho mai capito, me l’ha riferito con aria soddisfatta un vecchio caporeparto che probabilmente mi odiava

 

 

segretario di una cartomante

cacciato

perché sorpreso a pronunciare frasi del tipo “ma come si fa a credere a scemenze del genere?” ad alcuni clienti in attesa;

 

guardiano allo Zoo

pestato e portato via di peso su ordine del direttore

beh, se proprio vi interessa potete leggere qui sotto; ma in fondo, che ve ne importa?

  

Ok, ok,  scherzavo… ho deciso di raccontarvi tutto e quindi anche questa storia – per quanto irrilevante – ve l’accennerò.

Cominciamo col dire che il direttore non era una persona molto elastica e neanche dotata di grosso senso dell’umorismo. Lavoravo lì da quasi un mese ed andava tutto bene se si esclude l’episodio dell’Anaconda (ma per fortuna il direttore non seppe mai come fece il povero Capibara dal ciuffo, animale rarissimo, a finire nel suo stomaco). Insomma, il mio turno di servizio era terminato, e decisi di trattenermi per raccogliere qualche disegno delle teste dei rinoceronti. Ne volevo trarre una scultura; non pensate anche voi che sarebbe stato un soggetto splendido? Ero lì, in mezzo ai normali visitatori, che effettuavo i primi schizzi quando mi si accostò quella ragazza canadese. 

“Che belli!”

“Ah, grazie – risposi – sono bestie bellissime…”

“anche i tuoi disegni…”

“sono schizzi preparatori…”

“per un quadro?”

“no, per una scultura”

“sei uno scultore… è fantastico…”

sapete com’è… quando una bella ragazza, sola, comincia a solleticare la vostra vanità, si rischia di lasciarsi un po’ andare. Recitando la mia parte tirai fuori la frase più accattivante che seppi concepire

“ma dovrei essere ancora più vicino per cogliere l’energia delle loro linee…”

“sarebbe bello poter entrare e avvicinarsi a loro… sono animali così pacifici”

“beh, lo sembrano, ma in realtà sarebbe molto pericoloso”

“io adoro il pericolo… mi eccita – mi si avvicinò sensibilmente – io faccio parapendio e adoro il bungee jumping

“quella cosa che ci si lancia da un ponte attaccati ad una fune?”

“sì, è fantastico… hai mai provato?”

a me fa impressione anche salire sull’ultimo gradino di uno scaletto, ma certo non potevo dirglielo

“non ne ho mai avuta l’occasione…”

ci furono venti/trenta secondi di silenzio… dovevo recuperare

“…ma davvero ti piacerebbe entrare lì dentro?”

“da matti…”

ci pensai… ci ripensai… meditai per un tempo complessivo di un secondo e tre decimi, e alla fine… lo dissi

“ho le chiavi!”

“nooo, davvero… splendido!”

Com’era bella quando rideva… ma come potevo resistere? Vaglielo un po’ a spiegare al direttore…

Quella porticina anonima non pareva affatto la soglia di un abisso, così, quando la varcammo, nessuno fece caso a noi. Eravamo in quella specie di stalla dove gli animali rientrano la sera e che dava direttamente sul recinto dove scorrazzavano i pachidermi.

“che puzza!”

“già…”

“apri la porta del recinto”

“ma non possiamo uscire lì fuori…”

“hai paura?”

“non è questo, è che lì ci vedrebbe anche il pubblico”

“ok, non usciamo, li guardiamo da questa finestrella… ma apri lo stesso”

anche stavolta mi fermai a riflettere e siccome lei mi vedeva incerto sul da farsi ed erano passati quasi cinque secondi, usò altri argomenti. Mi infilò una mano sotto la maglietta.  E così la porta si aprì… In fondo le bestie mi conoscono e sono abituate a me ed al mio odore, pensai, una volta le ho anche accarezzate.

La ragazza aveva ragione… c’era una strana sensazione che acuiva tutti i sensi, tranne forse l’udito. Lo facemmo lì contro un muro. Ragazzi… fu bellissimo.

Richiusi le porte e uscimmo,  la luce del sole ci accecò e mi sentii vivo. Tornammo al punto dove c’eravamo incontrati per salutare i nostri amici rinoceronti. Quello più piccolino ci guardava, gli altri due…

“dove sono gli altri due?”

ci accorgemmo di essere soli… tutta la gente era lontanissima, se ne sentivano le grida.

“porca miseria!” 

“sono usciti!”

“ma quando cavolo… forse quando… quel rumore… certo, dev’essere stato così… e ora?”

La battaglia durò quattro ore. Intervennero la polizia, i vigili del fuoco, la protezione civile, la forestale ed un numero imprecisato di guardie zoofile e veterinari. Due miei colleghi si ritrovarono all’ospedale con qualche osso rotto, il direttore, che si era rifugiato nel recinto degli uccelli acquatici, fu beccato e inseguito da due Oche Giganti di Terranova fin dentro il laghetto, i rinoceronti furono narcotizzati e la canadese mi confessò di aver avuto due orgasmi nella stalla ed altri due fuori, nell’eccitazione della caccia.

“sono stata anche a Pamplona – mi disse – ma questa è tutta un’altra cosa!”   

“noi americani facciamo le cose in grande…” risposi

Quando Joshua e Daisy, così chiamavamo le due bestiole, furono riportate al fresco, qualcuno dei guardiani trovò i disegni (la mia solita distrazione) e li consegnò al direttore. Dopo una breve inchiesta ed un processo sommario, mi incolpò di tutto e mi consegnò ai gorilla, cioè ai suoi scagnozzi sopravvissuti alle attenzioni di Daisy. Quella strana ragazza, però non si è scordata di me; un mese fa m’è arrivata una foto in cui sta faccia a faccia con uno squalo bianco “Quando lo rifacciamo?” c’era scritto.

 

Ma questo è stato prima. All’epoca dei fatti non avevo un lavoro fisso e vivevo in una specie di appartamento con Margot, la mia fidanzata, (a proposito, io mi chiamo John). Oddìo, non è che vivessimo proprio insieme, lei dormiva da me quando litigava coi genitori e dormiva dai genitori quando litigava con me. Ma tutto sommato andavamo abbastanza d’accordo, soprattutto se stavamo zitti.

Eravamo insieme quel pomeriggio di gennaio quando tutto incominciò.

 
 
 

capitolo 1 - parte I

Post n°2 pubblicato il 20 Ottobre 2006 da johnnylesaux

 

              Avrei dovuto fare il medico.

Le donne stravedono per i medici; sarà per il prestigio, la posizione sociale, ma io credo che una delle ragioni fondamentali consista nel fatto di poter essere toccate con pubblica autorizzazione. Cosa pensa una signora se un impiegato statale, nel suo ufficio, la invita a spogliarsi? Nove volte su dieci lei non è andata lì per quello! Personalmente ho sempre diffidato del millantato distacco professionale dei dottori e soprattutto della precaria salute delle signore, in primis quelle sposate. Un vecchio compagno di liceo, oggi medico di base, una volta me l’ha confessato: è maledettamente vero! confermando tutte le mie più terribili supposizioni per le quali vengo tuttora sbeffeggiato dai miei amici maschi più illuminati e più ingenui.

Ma ragionate, perché mai una persona dovrebbe iscriversi a medicina, affrontare una quarantina di noiosissimi esami, sostenere spese non indifferenti (in passato molti genitori dovevano emigrare o vendere una coppia di buoi per far studiare i figli), sezionare cadaveri, indagare nell’espettorato altrui, sottoporsi a estenuanti periodi di tirocinio solo per poter alla fine inchiodare una targhetta di plastica sulla porta di uno studio? Ve lo dico io. Quella targhetta è l’afrodisiaco per femmine più potente che sia mai stato inventato sulla faccia della terra. Lo so, voi direte che lo fanno anche per i soldi; ma anche i soldi occupano un ottimo posto nella classifica degli afrodisiaci, per questo i dottori ne guadagnano tanti! Guardate le sale d’aspetto e fate le percentuali: donne 80% uomini 20. E di questo 20% la metà è composto da mariti o fidanzati più avveduti - gli altri li considerano antiquati - che preferiscono “essere vicini” alle loro compagne mentre un individuo con le dita indipendenti dagli occhi sussurra fa male se tocco qui? accarezzando il pube della loro amata. I più degni di compassione, però, sono gli uomini del restante 10%: di tutte le persone che si trovano nella sala d’attesa, quelli sono gli unici ad essere lì perché stanno davvero male!

E poi ci sono le mogli. Le mogli dei medici, intendo. E’ incredibile; in un mondo in cui la vita del maschio è ormai completamente assoggettata al volere della femmina, esse sono rimaste l’unica e ultima categoria di donne remissive e sottomesse al marito! Sarà che pensano: ho sposato un dottore, il più ambito dei trofei, non starò mica a sottilizzare e ad indagare sulla sua fedeltà? in fondo l’adulterio è, per il medico, una specie di “rischio professionale” e le consorti lo sanno.

Non che tutta questa premessa c’entri un granché con la mia storia, o magari sì.

E’ che oggi tutto è possibile e la realtà supera sempre la fantasia. Quando poi ci sono di mezzo le donne… sapete com’è, no? Badate che non ho detto che la mia storia è impossibile, solo che è incredibile, nel senso che neanche adesso so a cosa credere di tutto quello che mi hanno raccontato, di quante frottole mi hanno fatto correre come un criceto in una minigiostra.                                                  (continua...)

 
 
 

PREMESSA

Post n°1 pubblicato il 20 Ottobre 2006 da johnnylesaux

I personaggi di questa storia ed i fatti narrati sono assolutamente inventati; nessun rapporto esiste tra la personalità del protagonista e quella dell'autore. Checché ne dica mia moglie.       

 
 
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

I MIEI BLOG AMICI

ULTIME VISITE AL BLOG

ilCielodiCaprisisicocoilcielodel.sudpeppaljohnnylesauxilcielodelsudfadotoscana
 

ULTIMI COMMENTI

Grande! e poi?
Inviato da: ilcielodelsud
il 03/11/2006 alle 14:05
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963