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FONDAMENTI DI DIFETTOLOGIA

Progetto: Alessandro Fantechi – Elena Turchi
liberamente tratto dall'omonimo trattato di L.S.Vygotskij
Regia: Alessandro Fantechi
Dir.Artistica: Elena Turchi
Attori: Angela Bargigli - Silvia Bonanno - Laura Bucciarelli - Max De Biase
Pierluigi Lanini - Andrea Pagnes - Giovanni Pandolfini - Francesca Spisto
Voce: Andrea Pagnes
Luci: Filippo Mancini
Dir.Tecnica: Paolo Marcucci
Sound project: Max De Biase - Alessandro Fantechi
Make up: Verena Stenke
co-produzione: No Limits 2007 Theaterfestival Berlin (D) - Regione Toscana - Progetto Risvegli - Isole Comprese Teatro



Fondamenti di Difettologia

“Sai cos’è l’esistenza?”
“No. Non me lo ricordo.”


La diversità è il tempo dell’arte. L’arte è il tempo della diversità. Ma tutto si annulla e, diversamente, tutto torna ad essere uguale. Inutile.
Il palcoscenico come spazio informe, rarefatto, sin troppo definito. Una scatola nera che ne contiene altre a cui dare il nome durante la ricerca, la creazione di un’opera d’arte.
Qui non è il solo gesto a prendere forma, corpo, ma le azioni tutte, poiché sono queste a nutrirsi della fatica di esistere.
Uno spazio inteso quindi come un non-luogo, una stazione sperimentale dove il vuoto percepito si trasforma in laboratorio per la mente. Il pensiero fluisce nello sforzo, per sviscerarsi dai costrittivi canoni della razionalità, dai consolidati precetti della storia, della filosofia applicata, della scienza.
Gli oggetti presenti in scena – e così gli stessi corpi - vengono privati della loro funzione originaria, decontestualizzati dalla loro destinazione d’uso comunemente intesa: una vecchia sedia per elettroshock diventa chezlong per pensatori, un abbeveratoio in alluminio un fonte per abluzioni battesimali, uno strumento di verifica fisica per la teoria dei vasi comunicanti; una gabbia per animali diventa camera iperbarica, podio per oracoli, rifugio domestico dove al suo interno si attua la poesia dell’assurdo, dove i disabili con la loro ingenuità naturale e gli apparentemente normodotati (o così definiti), con il loro sentimento estetico, raccolgono frammenti di una felicità che è pura utopia dell’essere.
Gli attori allenano, alimentano, esauriscono le loro passioni attraverso puri esercizi di vuoto. Normalità e diversità sono investigate tramite performances del pensiero astratto. Tutto è allora dimenticanza quando è il solo uso della tecnologia a punteggiare il percorso degli attori sulla scena: voci fuori campo sfilacciano assiomi matematici con assunti filosofici – anche estremi; immagini sintetiche e virtuali rimestano stati dello spirito all’esplorazione scientifica. Il caleidoscopio drammaturgico mette a fuoco l’inutilità dell’esistenza e quindi anche dell’arte stessa.
Movimenti e rituali sono reiterati: vestizioni, spoliazioni, trasformazioni che tardano ad avvenire. La volontà – come principio – cade. Diversità e normalità sono esse stesse causa d’utopia. Io sono perfettamente, assolutamente normale: ogni cosa, ogni corpo che in scena compare non è che simbolo e analogia, di più, metafora dell’essere astratto, metafora della caducità della carne.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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NECROLOGI e GNOCCHI 4 FORMAGGI

Post n°15 pubblicato il 31 Gennaio 2008 da alefan2008

Cosa significa tutto questo ?Niente a quanto pare.Teatro integrato o disintegrato ?Integrato da chi?Un Teatro a immagine e somiglianza degli operatori.Una attivita' tra le altre.O come dice Orioli l' Arte ha bisogno della Arte Terapia.Semmai è vero il contrario caro Walter.Se usciamo dal significato cosmico,mitico,rituale e ancestrale delle manifestazioni umane (chiamamole danza,canto,gesto,cerimonia e..Teatro )cosa rimane ?Adesso terapeutico,integrato,diversamente abile,pazienti psichiatrici mi fanno rivoltare le budella.Due ore la settimana fanno impallidire anche i maniaci del Training.Ci rivoltiamo nelle tombe e andiamo avanti con insofferenza dopo aver costruito (insieme a altri fuori di senno ) i decaloghi per il teatro delle differenze.Quello che non si deve fare risultò piu' interessante e prezioso del regolamento.Ma non lo facemmo perche' nessuno l' avrebbe mai fatto.Ma perche' sparare sulla Crocerossa ? Perdonatemi l' arroganza.Viva il volontariato.Il laboratorio,antro di orrori e misfatti.Il percorso,una palla.La vita una recita infinita.L' istituzione una truffa ben organizzata.I teatranti una falsa famiglia che organizza ogni sera il mercante in fiera senza premi per nessuno.La cura un miraggio che non ci appartiene.L' aspirina il miglior rimedio per il raffreddore.L' automobile il migliore amico dell' uomo. A chi decanta guarigioni miracolose e prese di coscienza rivoluzionarie con il Teatro dell' Oppresso diciamo che ne' esso ne' gli U2 o i Rolling hanno evitato la guerra in Bosnia.Nemmeno il Teatro Sociale ha evitato la caduta del Governo.Una volta un matto dopo aver fatto  un laboratorio di 3 mesi e la parte dell' Amleto e' guarito si e' sposato e ha comprato un bilocale alla periferia di una citta' qualsiasi.E allora ?Cosa significa tutto questo ?Vi scrivo un pezzo della Laura preso da Parmiggiani ( visto che essa non mi invia scritti per nutrire questo Blog )Certo parlo troppo ma come diceva Osho Rajneesh parlo per riempire questo silenzio tragico e poi se parlo io almeno voi state zitti e così ci risparmiamo il brainstorming,la discussione,il feedback e inutili parlamenti del nulla e mille altre cazzate.Vi saluto e buonanotte da Marigliano un tempo compromessa dai riti pagani di Leo de Berardinis e Perla Peragallo ora discussa discarica e da Manzoni Piero :non c'e' piu' nulla da dire.C'e' solo da vivere.Da esistere.

IN SILENZIO A VOCE ALTA

 

 (…)
Quando parlo di silenzio non intendo il silenzio della mia voce, un silenzio rinunciatario, ma un silenzio dentro la forma della mia opera. Parlo del silenzio come di una materia.
Considero il silenzio una presenza ed un gesto oggi necessari all’interno di un discorso sull’arte e, anche se potrà sembrare un paradosso, un modo di assumere una posizione. Il rifiuto e una reazione a quel linguaggio inaccettabile che fa del clamore, del gratuito e della superficialità il suo principale obbiettivo artistico.
Considero quindi il silenzio un modo di rendere imprendibile il pensiero, un segno di fermezza, poiché silenzio non significa solo silenzio ma significa anche non concedersi e non concedere nulla.
C’è l’esigenza che l’arte di oggi, in gran parte asservita alla moda, esca da molti compromessi e ambiguità, così come, invece di attardarci attorno ad obsolete e stanche formule stilistiche, dovremmo prendere innanzitutto coscienza di una nostra globale condizione tragica e sentirci piuttosto come condannati al rogo che chiamano attraverso le fiamme.
Questo asservimento credo sia principalmente alla base della demoralizzazione attuale e riguarda, appunto, una forma di cultura che si sottrae al preciso dovere di essere tale.
Mai come ora si è parlato tanto di cultura ma di una cultura che non coincide con la vita e che è fatta per dettare legge alla vita. Invece di identificarci con disinvoltura in quella che si potrebbe definire ‘cultura dell’ottimismo’, dovremmo forse riflettere e osservare, ad esempio, che il mondo ha fame e che non si preoccupa di questa sedicente cultura. La cosa più urgente non mi sembra l’ubriacarsi in una cultura dell’effimero la cui esistenza, per usare le parole di Antonin Artaud, non ha mai salvato nessuno dall’ansia di vivere meglio o dall’angoscia della fame, ma estrarre da ciò che crediamo sia davvero e profondamente la cultura o l’arte, idee la cui intensità e forza siano pari a quella della fame.
(…)

CLAUDIO PARMIGGIANI

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Anonimo il 07/02/08 alle 21:43 via WEB
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VITA IMMAGINARIA DI G.P.ATTORE

                                        

DVD ITALIA 2006 30 minuti
Regia ALESSANDRO FANTECHI
Testi da " FAUST " di Fernando Pessoa letti da Andrea Pagnes
Con Giovanni Pandolfini,Maria Plicato,Eleonora Cordovani,Laura Bucciarelli,Andrea Pagnes.
Montaggio STUDIO FANALE FIRENZE
Produzione Isole Comprese Teatro 2006


Una vita parallela e immaginaria permette a Giovanni, ragazzo down di 37 anni di diventare attore e protagonista di spettacoli teatrali e esperienze extra-quotidiane. I giorni scorrono tutti uguali ma nel sogno, Giovanni si innamora, si sposa e vive una realtà più intensa. Vita Immaginaria di Giovanni Pandolfini Attore nasce da un progetto di laboratorio teatrale destinato a diversamente abili del Centro Diurno Albero Vivo di Firenze ed è il racconto reale dell' incontro di Giovanni con il Teatro. Attualmente Giovanni Pandolfini collabora come attore professionista alle Produzioni di Isole Comprese Teatro .Lo spettacolo CORPO 1 PROLOGO di cui è protagonista è invitato a rappresentare l' ITALIA al Festival Internazionale NO-LIMITS che si e' tenuto a Berlino nell' ottobre 2006.

Attualmente Giovanni come attore alle produzioni di Isole Comprese Teatro.

 
 
 
 
 
 
 

XXL THE XTENDED PEEP SHOW

Il performer entra.
Entro. Sto per morire. Faccio accadere quello che accade. Sesso e morte condividono lo stesso spazio intimo. Spazio tanto più intimo quanto più universale. Buco nero.

Ho paura.
12.
«Guardalo questo corpo: ti appartiene.» Non ho occhio che pesa e che misura e per vedere veramente bene mi serve il buco della serratura.
(Cento quartine – Patrizia Valduga)

Mi mescolo nell’intimità per separarmi.
Per vedere bene, è necessaria una violazione.

Lo spettatore entra.
Sta per morire. Assiste a un esito, un momento finale, l’ultima immagine, l’ultima parola.
Entra, penetra, viola un luogo ultimo.
Il performer entra.
Sta per morire. Violato, si appresta a violare. Come tu entri in me, io entro in te.

Note tecniche
Uno spettatore alla volta per performance della durata di tre minuti.
Durata massima totale della performance: tre ore.
Numero previsto degli spettatori: quindici spettatori per ogni ora.
Tre attrici.
Progetto:
tramite un interfono o un telefono lo spettatore chiama un’attrice a esibirsi in uno spazio chiuso da una lastra di plexiglass che separa la performer dallo spettatore seduto su una poltrona. Viene eseguita una performance di tre minuti dopo la quale lo spettatore esce e ne entra un altro. Gloryhole theatre per le persone in attesa – libero.
Gloryhole consiste in un foro praticato sul retro del box, dal quale si può vedere.

 
 
 
 
 
 
 

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