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GIOCO NARRATIVO DEL BLOG WRITER - ALTRE LATITUDINI

Post n°14 pubblicato il 12 Febbraio 2009 da biking
 

Ascolta gli Alberi che parlano.

Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate  e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto ‘rovinarsi’ in quel modo la sera prima della sua partenza, sta pensando Carla.

Arrivati in stazione con leggero anticipo, alle 6;34 di sera.

Luca.: “Ecco il treno sta per arrivare, ed è pure in orario: incredibile vero? Visto che ce l’abbiamo fatta?! Allora ragazzi, ci dobbiamo salutare, dai. Dai! che poi ci torniamo su ‘ste montagne. Cosa sono questi musi lunghi? Daiiii!!! Mica è per sempre!” E poi la fronte corrugata di compassione per i suoi amici si distese al di sopra uno dei suoi soliti sorrisi.

Quei sorrisi che hanno sempre infuso sicurezza a tutti loro. Soprattutto per Lavinia, i sorrisi di suo fratello sono sempre stati come gli ormeggi di un bastimento, anche durante la più grossa delle mareggiate; la corda che ne assicura l’imbragatura quando è in parete. Da sempre ma ancor più da quando loro padre li lasciò, quando lei era ancora ragazzina.

Il suo sorriso disarmante, con quella fossetta. Da matematica qual è, Lavinia ama paragonare la fossetta al lato destro delle sue labbra, come una parentesi aperta sull’allegria profusa dal suo sorriso, una parentesi aperta che non c’è mai verso, mai e poi mai si riesce a trovare quella di chiusura a sinistra.

Luca:”Buk! Allora cosa facciamo, eh?”

E Buk con affettuosa consuetudine gli si fa sotto e poggia il musone sulla coscia di Luca, annusando il suo amato padrone: capisce subito che si devono separare.

”Ah Buk, Buk! Come vorrei portarti con me! Vecchia canaglia!” gli dice Luca serrando i denti e stringendo nel pugno il pelo del collo di Buk.

Il treno intanto arriva sul binario numero due, la direzione è quella verso valle, pochi istanti, Duilio ed Ettore si congedano da Luca con la solita stretta di mano vigorosa da montanari e un doppio bacio da amici sinceri e salgono in carrozza con gli zaini. Non vi raccoto la commozione della sorella. Un balzo di Buk e sono tutti in carrozza. Le porte si chiudono, la locomotiva inizia a tirare, con progressione il convoglio si muove, la voce di Buk che abbaia con cadenza svizzera.

Luca resta dritto in piedi sul marciapiede, saluta con la mano. Nel momento in cui non riesce più a scorgere i visi dei suoi compagni, piega il collo verso sinistra con una smorfia delle labbra nascoste nel bavero, il che annuncia già l’insofferenza alla noia e rivela il profondo dispiacere della partenza.

Poi in auto, verso casa. La solita strada, ormai al buio. Anzi no, non proprio. Questa sera il cielo è sereno ed è una notte di Luna piena. Luca si sente ispirato, sta riflettendo, ma in verità ha già deciso. Arriva a casa, apre il box e invece di infilarci dentro l’auto, prende nuovamente le sue racchette da neve e lo zaino che poco prima aveva riposto insieme alla lampada frontale e la torcia. E pensa: ‘Bene. Manca dieci alle sette. Dieci minuti e arrivo al parcheggio fuori del paese. Salto giù e se attacco subito, in un ora poco più arrivo al rifugio Savelli, mangio, due chiacchiere con Rodolfo e Carla e per le 11.00 sono sotto le coperte! Dai si può fare! Un ultimo saluto al pizzo e a ‘sta Luna.’

Tutto si svolge come previsto. Al rifugio, Rodolfo e Carla lo accolgono sorpresi e prima di loro il vecchio Rospo. Qualche minuto prima di uscire dall’ultima curva, lo aveva fiutato e in silenzio gli era andato incontro, sicuro di beccarsi anche questa volta il solito pezzetto di carne secca, Luca non se ne scordava mai. Rospo è il padre di Buk. Il nome non troppo simpatico, lo scelse Carla quando, ancora cucciolotto passava le nottate di Luna al margine del Lago Tondo, sulla sponda del quale è stato costruito il rifugio, nella sua tipica posizione da rospo appunto. Quella posizione che anche Buk ha imparato o si è ritrovato nel dna.

La cena come sempre gustosa e il vino del contadino schietto. Il tempo vola. Un caloroso arrivederci con Rodolfo e sua sorella Carla, poi fuori e giù.

‘Mah…!!! Che strano? ”Rospo! Rooospo! Rospoooo!” Dov’è andato? Il cielo è ancora limpido e la Luna si nasconderà dietro il crestone del Lavagna tra non meno d’un paio d’ore. Strano.’ Ma Luca inizia a sentire la stanchezza e il vino ora la esalta. Allora sussurra: “Ciao Rospo! A presto!” e inizia la discesa.

Luca giunge al limitar del bosco e Rospo è proprio là, sembra aspettarlo. Luca sente che qualcosa sta per succedere. E succede. Io conosco la storia perchè l’ho “ascoltata” in quel bosco c’è un piccolo albero, un abete, sul tronco ha un sorriso con una e una sola fossetta.

L’indomani era una magnifica giornata. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate  e sembravano così vicine da poterle toccare allungando…il ramo più lungo.

 
Rispondi al commento:
asia_doro
asia_doro il 12/02/09 alle 22:58 via WEB
bello il tuo racconto, peccato finisca male.... è rimasto solo quel piccolo albero a ricordo di quel sorriso... ciao buona serata :)
 
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