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Proviamoci...

(note sparse scritte tra parentesi :-) )

 

 

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(Quelli che "Gli amici veri...")

Post n°3 pubblicato il 19 Settembre 2011 da IlCondottiere

 

Pazzesco. Megagalattico. Mostruoso. Bestiale. Megadirettore. Prima di Fantozzi questi termini o non esistevano (megagalattico e megadirettore), o erano usati principalmente per indicare proprietà del regno animale (bestiale) o qualcosa di spaventoso (mostruoso). Con Villaggio sono entrati nell'uso della lingua italiana per indicare qualcosa di talmente grande da essere fuori dalla norma. E si è giunti alla consacrazione dell'idea stessa che Fantozzi rappresentava, che ha dato origine al temine "fantozziano", che racchiude in sé un intero mondo di cose, di concetti, di rappresentazione della vita. E poi, il più famoso termine tra tutti quelli resi popolari in quel libro, citato non a caso per primo nell'elenco: "pazzesco".

Un'icona per quelli della mia generazione (io una volta riuscii al liceo a convincere un prof di italiano a fare una lezione leggendo capitoli del libro :-) ).

Capita poi qui che, parlando una sera con una ragazza che è nata dopo quel film e quel libro, lei ti citi le battute come se le avesse vissute come te quando eri ragazzo. E ti suggerisce il valore di quei "cult" generazionali che riescono a passare attraverso epoche diverse per ragioni che è difficilissimo capire.

Difficile capire per quale ragione Marylin o il "Che" diventino culti che oltrepassano le generazioni e altri no.

Una spiegazione comune in genere è la morte prematura, che scatena questo senso della "perdita" di un talento o di un'icona e che fa vivere questi personaggi all'interno di un'aura leggendaria. Da Marylin al Che, da James Dean a Janis Joplin, da Jim Morrison a Jimi Hendrix, per finire con gli ultimi in ordine di tempo, Heath Ledger e Amy Winehouse.

Capita così che ti venga in mente, chiacchierando con questa amica senza un volto, uno che è scomparso prematuramente, che era ritenuto un genio nel suo lavoro e che molti ancora ricordano, ma che non è diventato un'icona. Era una persona divertente e colta, ma non cantava. E non aveva il "physique du rôle" dell'icona.

Si chiamava Beppe Viola, era un giornalista RAI scomparso all'età di 43 nel 1982, famoso per chi ha visto i mondiali dell'82 (l'esperienza di gioia collettiva più indimenticabile della nostra vita, sicuramente) per le telecronache surreali che oggi, per chi è cresciuto con la Gialappa, suonerebbero come normali, ma che all'epoca erano una rottura con lo stile televisivo quotidiano della stessa forza dell'impatto fantozziano nelle nostre vite.

Per intenderci, in un'epoca in cui i calciatori nelle interviste parlavano dicendo "il signor arbitro", lui, durante una partita del mondiale in cui una squadra sudamericana era ormai eliminata e all'ultima partita, disse: "i difensori ripartono verso l'attacco per cercare il gol, ma ripartiranno ancora meglio domani con l'aereo che li riporterà a casa per mettere fine a questo disastro".

Come tutte le persone di grande talento, Beppe Viola era poliedrico. Ha scritto testi per i più grandi cabarettisti dell'epoca e per film come "Romanzo popolare" e scriveva su Linus. Era poliedrico come lo è sempre stato Villaggio. La stanza che frequento spesso, "4 amici al bar", ha il nome di una canzone di Gino Paoli che parla di 4 amici genovesi che si trovavano davvero in un autentico bar, che esiste ancora. Quei 4 amici erano: Gino Paoli, Luigi Tenco, Fabrizio De Andrè e Paolo Villaggio, appunto (alcuni sostengono che fossero Bindi e Lauzi al posto di Villaggio e De Andrè). Erano 4 amici che sarebbero diventati tutti famosi, ma che allora sognavano di poter vivere del proprio talento. E Paolo Villaggio, tra le altre cose, scrisse il testo di una canzone di De Andrè, la più surreale di tutte ovviamente, "Carlo Martello".

Così anche Beppe Viola scrisse per un suo amico, Enzo Jannacci, il testo di una canzone destinata a rimanere nel tempo: "Quelli che...".

Non mi è tornata in mente a caso "quelli che" vista la batosta dei cugini rossoneri col Napoli di ieri sera e vista la frase della canzone che dice "Quelli che quando perde l'Inter o il Milan dicono che in fondo e' una partita di calcio e poi vanno a casa e picchiano i figli, oh yes!". I miei amici milanisti non picchiano i figli sicuramente, ma ieri sera non ho ricevuto nessun messaggio (stranamente :-) ) da loro.

Ma non perdiamo il filo.

"Quelli che", insieme a questa ridda di pensieri confusi che ogni tanto si affastellano nelle serate di chat, mi ha portato a passare dalle strane amicizie di chat alle amicizie della vita di ogni giorno. Definisco strane le amicizie di chat non perché brutte o anomale, ma perché spesso nascono tra persone che nella vita non si incontrerebbero, vuoi per ragioni generazionali, vuoi per motivi legati al tipo di lavoro e altro ancora.

Così il mix di Fantozzi, Beppe Viola, canzoni sugli amici e il ricordo di "quelli che" questa mattina, andando a lavorare, mi ha fatto pensare a "quelli che" sono, o possiamo considerare, veri amici.

E così, in fila, sono venuti fuori i miei pensieri, parafrasando Beppe Viola...

 

"Quelli che" sono amici un solo giorno nella vita.

"Quelli che" sono amici ogni volta che serve.

"Quelli che" sono amici solo quando li incontri. 

"Quelli che" sono amici su Facebook. Poi manco ti salutano per strada.

"Quelli che" sono amici in silenzio, ma sono amici.

"Quelli che" sono amici perché può essere utile essere tuo amico.

"Quelli che" sono amici perché gli piace la tua donna.

"Quelli che" sono amici perché sono amici di chiunque.

"Quelli che" sono amici perché te lo hanno dimostrato.

"Quelli che" sono amici nel momento in cui è importante essere amici.

"Quelli che" sono amici perché "fa gruppo".

"Quelli che" sono amici perché senza amici la vita è triste.

"Quelli che" sono amici perché così dividiamo le spese.

"Quelli che" sono amici perché ti vogliono bene.

"Quelli che" sono amici perché non li vedi da vent'anni ma quando li incontri hanno gli occhi lucidi.

"Quelli che" sono amici perché quando ti stringono le mani non le lascerebbero più.

"Quelli che" sono amici perché chi trova un amico trova un tesoro.

"Quelli che" sono amici perché vogliono qualcosa da te.

"Quelli che" sono amici che hanno sempre dato e mai chiesto, e ti fanno sentire colpevolmente in debito.

"Quelli che" sono amici perché riescono a regalarti un sorriso ogni volta che li vedi o li senti.

"Quelli che" sono amici perché con una telefonata ogni tanto li senti più vicini di tante persone che vedi ogni giorno.

"Quelli che" sono amici. E stop.

 

In tutto questo bailamme notturno e mattutino di pensieri sugli amici, mi sono sforzato di trovare il mio "quelli che", quello che rappresenta per me, fra tante frasi possibili, il concetto di un vero amico.

E ve lo lascio, invitando chi legge, se ha voglia, a lasciare il suo "quelli che" dedicato agli amici nei commenti...

Ecco il mio.

 

"Quelli che... un vero amico è quello che non tradisce mai la tua fiducia".

 

 P.S: prima che ricapiti una cosa già successa, non c'è nessun riferimento a persone o storie di chat se non quelli espressamente indicati nei miei post :-)

 

 
 
 
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