Creato da jeffb0 il 13/03/2008

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RITRATTO DELLA CITTA' DA GIOVANE

Post n°23 pubblicato il 19 Maggio 2008 da jeffb0
Foto di jeffb0

Sarà perché non riesco più a dormire con la facilità di un tempo, ma ultimamente è anche troppo facile ritrovarmi per le strade della città ad orari insoliti. Le quattro, le cinque della mattina. Spesso vado a piedi, la zona dove abito è abbastanza tranquilla da consentirmelo, ma ancora più spesso, quando ho bisogno di sensazioni dimenticate, procedo per le vie secondarie con la mia vecchia macchina. Inevitabilmente mi fa sentire più giovane, un irresponsabile adolescente. Una decina di anni or sono, pochi mesi dopo avere superato l’esame di guida, trascorrevo molte serate sgommando come un disperato per le strade del mio paese, strade asfaltate male, sterrate, tipiche della provincia dimenticata da Dio nella quale sono cresciuto. In città, invece, soltanto qualche buca qua e là, di quelle che fanno regolarmente inveire contro l’amministrazione comunale, asfalto nuovo e insegne al neon. Cinema sconosciuti, bar minuscoli e molti ragazzi, spesso studenti universitari di via Zamboni, che rientrano nei loro appartamenti multipli lontani dal centro. Fatto sta che, volente o nolente, faccio parte anch’io di questa comunità notturna. Non so, ho sempre avuto la sensazione che soprattutto in una città come la nostra il sapore più vero, più aspro della convivenza venisse fuori quando la maggior parte della gente è a letto, avvolta nelle lenzuola, magari a sfogliare le pagine del Libro del Mese, oppure, più facilmente, ad addormentarsi come sassi in piena pace con sé stessi. Magari sbaglierò, ma credo che la notte liberi, schiarisca, faccia luce, anziché immergere tutto nell’oscurità. Faccia affiorare la parte più vera della vita delle persone, le lasci a contatto con la propria metà oscura, quella che durante la giornata laboriosa e operosa si è soffocata. E soprattutto qui, qui da noi.

Bologna. Non so a che età le strade di questa strana, bizzarra accozzaglia di antico e moderno, di intimismo e di vitalità, abbiano iniziato a parlarmi la lingua della magia notturna, quella che soltanto qui, forse, è possibile apprezzare per intero. Ma so che non hanno ancora smesso. Probabilmente sarà stato durante una delle mie prime serate in discoteca, sui sedici o diciassette anni, ma è comunque un fatto che quello che è possibile attingere qui, in queste ore, anche procedendo in terza con il motore imballato per i semafori lampeggianti dei viali, è qualcosa di inestimabile. Per me, poi, cresciuto a cavallo di due provincie così diverse come Bologna e Ferrara, i sentimenti sono, se possibile, ancora più intensi.
Certe città hanno la caratteristica di accoglierti a braccia aperte, e non tanto per la gente o per qualcosa in particolare, ma per il clima che ci si respira. Bologna fra queste è forse la più disposta a cederti la sua fiducia incondizionata. E il beneficio, strano a dirsi, dura per sempre.

In alcune giornate, con il sole ancora alto, mi capita di pensare che forse non ho nessuna voglia di imbucarmi un’altra volta in una cena e in un dopocena al pub con i miei amici, ma poi va a finire che esco ugualmente, e non certo perché abbia paura della solitudine, perché la tema, è soltanto che questa città ha la caratteristica di attirarti fuori, per le strade, con la potenza di un magnete. A volte la guardo, dalla finestra del mio appartamento, e ho sempre l’impressione di perdere qualcosa di considerevolmente interessante, e anche se magari la maggior parte delle serate le trascorri fissando la solita lente della solita birra media in locali fumosi, interrogandoti fuori orario sulle questioni esistenziali più profonde, non hai mai la sensazione di sprecare il tuo tempo.
A Ferrara, ad esempio, è molto diverso. Quando sei in un pub della città estense non hai mai l’impressione di trovarti al centro della funzione normale e imprescindibile della serata, sembra sempre il passatempo elevato di un ceto scelto cresciuto a forza di Country Club e partite di golf. Non dico che a Bologna tutti si presentino nei locali con pantaloncini corti e magliette dalle stampe improponibili, è soltanto l’approccio a essere differente.

Si imparano molte cose nel tempo che si trascorre sulle strade. È quel tipo di scuola che noi, in fondo cittadini di paese, non abbiamo mai frequentato direttamente, quella scuola che impartisce le sue lezioni in maniera pratica e spietata. Si accumula consapevolezza, ad esempio, cosa che purtroppo fa approdare al cinismo costitutivo tipico dell’età adulta. Ma ti insegna anche ad apprezzare le emozioni più vere, quelle che per forza di cose non ti riesci a spiegare completamente, ti impone il contatto diretto con gli altri, che a volte può essere frustrante, ma spesso illuminante. Inoltre, qui da noi, puoi avere l’inestimabile opportunità di affezionarti ad uno dei 150 (o poco più) tipici pub bolognesi, tanto da trasformarlo in una seconda casa, sullo scenario dei discorsi più oziosi o più condizionati dall’alcol che tu abbia mai sostenuto. C’è una grazia scabra, in questa città alla notte, che si stia passeggiando sotto i portici in via Indipendenza o che ci si ritrovi nei quartieri più lontani dal centro, quelli che assomigliano a piccoli paesi, una grazia che sorprende chi arriva qui per la prima volta. “Sai che Bologna è davvero una bella città? Non credevo” ti dicono, sinceramente sorpresi. E noi, che lo sappiamo benissimo, cerchiamo di dissimulare, di sminuire in ogni modo. Ma non ci riesce molte bene.
Comunque, anche per questa sera la città non delude, regala esattamente quello che ci si aspetta da lei. E non è poco. Lo confesso, ho visto decine e decine di città nella loro versione notturna, per un certo periodo della mia vita addirittura sceglievo una meta a caso nella mattinata o nel tardo pomeriggio e poi mi mettevo in strada, macchina in spalla, ma della confidenza, della familiarità che si prova nella Città delle Due Torri non ho ancora trovato l’uguale. Sarà per il clima, che ne so io, sarà per le vicine colline. Fatto sta che la città sogghigna rumorosamente di questa sua patina di mistero, come una bella donna; Soprattutto perché sa che per quanto potremo interrogarci – a volte anche disperatamente – non riusciremo mai a scoprirne il motivo. Forse perché i motivi sono tanti. Ma soprattutto a causa della nostra infinita modestia, credo, come esseri umani.

Una delle cose più piacevoli dell’abitare in città è la possibilità di mediare tra la voglia di autonomia, la necessità dei propri spazi di solitudine, e lo scambio con gli altri, l’esigenza del confronto, di opinioni, di brandelli di vita, con l’illusione della crescita…Poi magari ci si guarda indietro e si capisce che ci si lega agli altri anche per questo, e che forse ne è valsa la pena, che è servito a qualcosa. Quello che voglio dire è che la città, come noi, dopo tutti questi anni si è smembrata e ci è entrata dentro, si è mescolata ai nostri giorni migliori e ci ha accompagnato, ci ha scortato fino a qui. Fino a queste strade, sempre le stesse ma sempre diverse, fino ai discorsi di sempre su autobus ultramoderni ma comunque traboccanti d’inverno, a queste stelle che si indovinano comunque, fuori dal lastricato dei tetti. Tutto cambia e tutto resta fermo, insomma, anche se ognuno di noi conserva la memoria di un’età diversa, più libera. Che è esistita, è sicuro, ma esclusivamente dentro di noi, nei nostri orari più elastici, nel nostro tempo libero più pieno, nelle nostre grida più corpose. Lo sappiamo tutti, anche se è un fatto, ci sono momenti che si sono scolpiti non nella nostra memoria ma sulle retine degli occhi, e anche adesso, ora che sta per sorgere di nuovo il sole, è sufficiente chiudere le palpebre per avere di nuovo sedici anni e sognare tutto diverso. E la città con noi, la città che ci ha assecondato e nello stesso tempo ci è cresciuta attorno.

Io, però, lo ammetto, preferisco sempre ricordarla per come era. Da giovane.

 
 
 
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