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LA FELICITA' INAFFERRABILE - SUL GRANDE AMICO DI ALAIN-FOURNIER

Post n°42 pubblicato il 17 Aprile 2009 da jeffb0

Oggi fa dannatamente caldo. Un caldo che mi fa pentire di non avere assecondato i miei desideri quando ne ho avuto la possibilità emigrando verso il nord. Ma non fa niente. Vorrà dire che mi consolerò leggendo e cercando di tirare le ore piccole, quando magari il clima si renderà più sopportabile. 

Lo so, qualcuno potrebbe farvelo credere ma sarebbe ingiusto e anche poco realistico sostenere che lo sviluppo della nostra vita sia costituito di fatti lineari e perfettamente consequenziali. In effetti tutti noi, a pensarci bene, conserviamo memoria di eventi straodinari o perfettamente ordinari che per chissà quali alchimie hanno avuto un'influenza decisiva sulle nostre vite. Per esempio io, nonostante gli anni trascorsi, che cominciano a diventare tanti, farò sempre fatica a dimenticare la prima volta in cui mi è capitato tra le mani il Grande Meaulnes (titolo originale Le Grand Meaulnes) di Alain-Fournier. Per due motivi, uno perché è legato ad un periodo biograficamente ed emotivamente intenso come quello delle scuole medie, due perché si è trattato di uno di quegli eventi capaci di modificare il corso della vita. Già, potrei tranquillamente affermare, senza paura di esagerare, che senza questo libro non sarei esattamente in questa stanza, seduto a questa scrivania, tentando di resistere al caldo. E la cosa mi stupisce, un po' perché sono assolutamente convinto della fondatezza dell'assioma che ha dato il la a questo paragrafo, un altro po' perché nelle vicende di Agostino (nell'originale Augustin) Meaulnes e del Narratore Seurel, prima compagni di banco al corso di studi superiori poi legati a doppia mandata da un segreto e da una speranza, quella cioè di rientrare nel sogno da cui sono stati sfrattati, che è insieme infanzia, felicità, illuminazione, quello che volete, c'è un po' tutto il senso, oltre che della storia, della giovinezza e della nostra vita. Il libro poi ha la forza arcana dei grandi capolavori, quella freschezza che sottende una complessità abissale, comune alle storie che sembrano essersi scritte da sole, come ad esempio il Don Quijote di Cervantes. La trama è esile, impalpabile, Agostino, fuggito da scuola quasi per scherzo, si smarrisce lungo la strada e capita al centro di una bizzarra festa di matrimonio, dove paiono regnare sovrani i desideri e i vezzi dei bambini. Il luogo della celebrazione è il Dominio, sorta di paradiso perduto dove tutte le fantasie sembrano avverarsi. Durante la festa Agostino conosce Yvonne, ragazza sognata e ambita forse ancora prima di esistere. La storia del libro sta tutta nella ricerca affannosa (che i francesi medievali chiamerebbero queste, quelli moderni quête) della Donna e del Dominio, il paradiso da cui il giovane è stato sfrattato, e nella concretizzazione (o meglio sarebbe dire non-concretizzazione) di questo sogno nella realtà. Il linguaggio è uno dei primi esempi di prosa impressionista, capace di rendere con poche pennellate un’epoca della vita, l’adolescenza, e uno scenario, quello della Francia centrale, in particolare il bacino dello Cher, mitici come raramente è successo di leggere. La congiuntura storica del libro, invece, uscito nel 1913 e destinato originariamente, forse è il caso di dirlo, ad un pubblico adolescente, è quello tipico degli anni che precedettero lo scoppio della prima Guerra Mondiale, fertile come pochi altri di capolavori immortali che accomunarono tutte le arti. Proprio Alain-Fournier fu uno dei caduti sul fronte, nel 1915, pochi mesi dopo l’inizio delle ostilità, e nella mia vita forse non ho maledetto abbastanza la stupidità di una generazione ricca di talento che andò al massacro traboccante di ideali e di voglia di cambiare il mondo, non ottenendo altro effetto, con la propria prematura uscita di scena, che di peggiorarlo. Di Agostino, Seurel, Yvonne, invece, e di tutti gli altri personaggi figli di una penna felicissima, che purtroppo non fece in tempo a completare altri romanzi, ho fatto amici di un cammino iniziato diversi lustri fa, che a volte sento il bisogno di salutare, quando hanno la compiacenza di venirmi a scovare qui, nel mio covo di dannato. 

A voi, invece, miei diletti, appuntamento alla prossima. 

R.

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