Creato da: enrico.passani il 26/05/2010
Racconti tra le Apuane e il Mare Tosco-Ligure

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vigilia di pasqua

Post n°158 pubblicato il 12 Novembre 2013 da enrico.passani

- Il reverendo scoperchiò un'altra pentola di ricordi. A Milano
l'avevo dimenticata, ma qui nel paese, era facile ricordarsela intatta. Una bellezza che a guardarla toglieva il fiato. Tutti i giovani della zona montana n'erano innamorati, me compreso. S'incontrava nel paese il sabato pomeriggio e parte della domenica, fino all'ora in cui riprendeva la corriera per rientrare al pensionato delle suore in pianura, vicino all'istituto medico dove frequentava il corso d'infermiera. M'aveva fatto dimenticare la finlandese.
Il suo fascino non era passato inosservato pure in città: Di frequente qualche giovane forestiero, incravattato e impomatato, giungeva in macchina o in moto in perlustrazione al borgo con la speranza d'abbordarla.
Avevo escogitato un .piano per starle vicino. Fingendo una fede attiva, che in verità non sentivo. Durante le vacanze pasquali presi a frequentare la chiesa per incocciarla lontano da occhi indiscreti, senza provocare chiacchiere. Il parroco, sapendomi del liceo artistico, m'aveva rifilato l'incarico di ritoccare con il colore la veste scrostata di un santo di gesso.
Un piccolo restauro, prolungato ad arte fino ai riti della settimana santa, per gustarmi la Giovanna con gli occhi, mentre in un angolo della chiesa, non lontano dalla nicchia dove mi fingevo simile a Raffaello, pazientemente insegnava catechismo ad un gruppo di svogliati ragazzini.
Si rinfrescò tra noi un'amicizia, con l'abitudine di passeggiare insieme all'imbrunire, oltre il cimitero, dove iniziavano i prati con i ruderi degli ovili abbandonati. Fuori dalla vista del paese, appoggiati ad un muro di sassi, il venerdì prima della processione ci confessammo a vicenda paure, progetti di vita, gioie, aspirazioni.
La sua bocca morbida, da vicino era una calamita terribile. Pensai, se non la bacio muoio. Lei non si sottrasse ad un bacio interminabile ad occhi chiusi. I suoi capelli mi frusciavano sulla guancia, per l'impeto di un vento aromatizzato da primavere già sbocciate in mare..
Sotto il cappotto, il suo corpo era un'attrazione terribile, un'anatomia sontuosa, che non lasciava zone di stoffa da riempire.
Il suo ventre sembrava dolcemente arrendersi alla pressione del mio membro che ingrossava col desiderio. Ma la finlandese m'aveva insegnato a non bruciare i tempi della passione, a prolungarne il suo godimento centellinando ogni sensazione, senza fretta.
Continuai a baciarla sugli occhi, sotto il mento senza risucchio, per non lasciarle segni sul collo. La mia delicatezza la rassicurava, facilmente si lasciò alzare il maglione perché le accarezzassi il rigoglio dei seni liberi dal reggipetto: S'abbandonò dolcemente fiduciosa tra le mie braccia. .
Credevo di sentire i battiti del suo cuore sul torace. Anch'io m'ero tirato su il maglione per assaporare il contatto col suo petto, liberando le mani per seguire il contorno interno delle sue cosce. Un percorso senza ostacoli dalle ginocchia, dove iniziavano i calzettoni di lana grossa verso l'alto. Un viaggio nel velluto dolce della sua carne stupendamente accogliente. M'arrivava la sua fragranza intima, che m'illudevo avrebbe impregnato, d'ora in poi e per sempre, il mio corpo e i miei vestiti, cancellando l'odore di canniccio del paese.
Ringraziavo Iddio per il donno di quella sera.. Quel volto, quegli occhi, quel corpo di donna, l'amore appassionato che nutrivo per lei, avrebbero cancellato l'assedio della solitudine, aiutandomi ad accettare di continuare a vivere nel paese.
.S'apriva nei giorni avvenire, per lei e per me, la prospettiva eccitante di mille giochi erotici da inventare, mille desideri da soddisfare, liberi di lasciare disperdere dal vento i nostri gemiti di piacere , come un canto sospirato nell'intreccio arboreo del nostro futuro Eden. Un inno alla nostra nudità sull'erba.
Conoscevo un rifugio nel bosco, l'ultimo verde, prima d'ascendere alle pareti bianche di marmo della cima che svettava sopra i tetti. Quella minuscola radura, celata nell'intrico di rami e fogliame, sarebbe diventata la nostra alcova clandestina. Di notte la frequentavano le creature del bosco, ma nella luce cangiante di giorni dedicati ad una struggente passione, là ci saremo segretamente sfiniti, sperimentando ogni posizione sessuale, perduti in una febbrile, reciproca, contaminazione di corpi.
Avrei goduto dell'intimo tempo di risalire con le labbra la linea interna delle sue cosce, fino ad immergere la lingua nel suo sesso, succhiando con la bocca la sua linfa, per sentirla smarrirsi nella gioia di una profonda carezza.
Ci avrebbero protetti dall'invidia umana gli spiriti silvani e gli dei della montagna, sicuramente indulgenti verso noi, giovami amanti.


Appena scorsi in lontananza i lumini rossi della processione, accelerai i tempi. Feci scendere la cerniera dei calzoni, il mio sesso scattò fuori, libero e aggressivo, per farsi spazio nel solco del suo inguine da me non violato, ancora protetto dalle mutandine.
Si ritrasse.. Aspetta -, sussurrò. Non volle lasciarmi insoddisfatto e deluso. Si chinò a baciarlo con naturalezza, accogliendolo tra le sue labbra, spostando la testa prima che le spruzzassi la faccia.
I lumini rossi si muovevano nella notte quaresimale. Corse via per partecipare alla processione.

 

 

 

 
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