ILTEATROSTELLATO

Ferragosto blues


Ferragosto blues. Sei uscito poco dopo l'alba. Sei vestito leggero leggero, porti occhiali scuri con montatura verde e capelli a spazzolotto. Il vestito leggero è un calzone corto a quadri amaranto, sandali in pelle, una maglietta senza maniche con su scritto " La mia vita è  una partita che finisce zero a zero" La tua compagna Lulù, bellissima, superabbronzata, dentro un vestito cortissimo, sulle scarpe altissime. Gli occhi belli che ha. Non c'è bisogno di spiegare, ci siamo capiti. Ferragosto benzina e cambio di marcia, per i canali di alberi scuri e freschissimi che attraversano la cima del monte Lassù e poi sboccano a mare. Improvvisamente. Superi una galleria che sembra una delle tante ed invece, senza preavviso, ti conduce in una cocente luce d'oceano. Cammini cammini cammini. E vedi il mare. Come se fosse ogni volta una sorpresa trovarlo lì ed invece lo sai bene che a quel punto, dopo quella galleria, lo vedrai. Tu indaffarato, carico, simpatico, piccolo esserino. Con le tue teglie di alluminio colme di pasta cotta. Le tue bottiglie piene di vino bianco, di vino rosso, di vino rosè. I tuoi termos che conservano caffè freddo ghiacciato. Il tuo Ferragosto vicino alla gente che vuole sorridere, anzi no, ridere, ridere, ridere. Sganasciarsi dalle risate fino a scoppiare. Poi sbavare.  Ferragosto perché e percome. Ferragosto delirio e cocomero.   Scendete il precipizio del monte Lassù che cade a picco sulla spiaggia e sedete esausti sulla riva. Guardate lontano, dove non arrivano gli sguardi. Senza mai incrociare la vostra disperazione, la vostra stanchezza di formichine sature, la vostra immagine riflessa nella luce del sole che rimbalza sul pelo dell'acqua. Alle vostre spalle le vostre leccornie in attesa di essere consumati e voi già consumati, sulla riva.