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Post n°136 pubblicato il 16 Febbraio 2010 da Lucien.Chardon
Mentre i faccioni variopinti in cartapesta dei personaggi politici sfilano lungo le strade affollate tra frizzi, lazzi, coriandoli, stelle filanti, le note di “Brigitte Bardot Bardot” deformate dagli altoparlanti, metafora perfetta e riuscita del giuoco politico italiano, mi preparo a cambiare lavoro e città, fuggendo i trenini ancheggianti e le maschere carnascialesche. E non vedo l’ora! La mia mente vacilla tra la visione di un carnevale felliniano e la realtà spicciola delle bollette, degli orari e delle scadenze. Insomma, sono diviso tra eros e thanatos direbbe il mio amico Freud. Certo a quarant’anni bisognerebbe avere una certa stabilità, ma i nostri rappresentanti politici e i loro sodali, i sindacati, ritengono che questa non sia una priorità e che anzi la flessibilità sia un valore al cui altare è bene sacrificare una vita comoda e stanziale. Per un verso sono grato sia ai politici sia ai sindacati per l’impostazione da loro voluta che fa rimanere noi lavoratori giovani anche a settanta anni. E’ infatti risaputo che qualche piccolo stress rende la vita meno noiosa, agevola le sinapsi, mantiene attivo ed efficiente il nostro sistema nervoso, allunga la vita e dicono faccia bene anche al sesso. Di converso, pare che la stabilità abbia effetti deleteri sul nostro organismo e riflessi negativi sull’economia tutta, poiché i lavoratori stabilizzati rendono meno, non sperimentano il cambiamento (alla base dell’innovazione, del know how e dello sviluppo), non maturano quella cosa là… come la chiamano quelli delle commissioni parlamentari, gli esperti che analizzano i fenomeni sociali (come l’immigrazione) con acume e sensibilità , gli esperti che conoscono le lingue … ah sì la resilienza! Sono buoni e sapienti quegli esperti parlamentari anche se, sovente, hanno il vezzo di proclamare gli obiettivi e tacere sugli strumenti, sull’applicazione pratica: teorici fini, ma ignari della realtà. A volte mi chiedo: e se andassero a lavorare anche loro invece di pensare tutto il giorno a noi lavoratori migranti?; e se evitassero di parlare di integrazione, dialogo e provassero a praticare l’integrazione e il dialogo? A parte questa considerazione banale, i miei pensieri ed i miei progetti si muovono come la neve trasportata da turbinanti mulinelli o come ampie volute di fumo portate via da un bizzoso zefiro… speriamo bene, va!
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