Creato da ariadnex il 27/04/2010
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Coccobello, “sciambelle” e… acqua di mare

Post n°9 pubblicato il 02 Settembre 2010 da ariadnex
 

 

Dopo dieci anni di latitanza da questi lidi, qualche mattina fa mi son convinta ad andare al mare in località Mondello e dopo esserci stata mi sono immediatamente ricordata del perché la evitassi da così tanto tempo.

Orario previsto per l’arrivo 11.00 a.m. Masochismo allo stato puro.

Dopo aver girato quasi mezz’ora, finalmente trovo parcheggio miracolosamente sulla strada che costeggia il lungo mare, cosa che erroneamente mi ha fatto pensare e sperare che forse di martedì dopo il ferragosto la spiaggia non sarebbe stata il solito zoo.

Mondello, grazie alla società Italo Belga che gestisce poco trasparentemente la baracca, gode di ben due dico DUE ingressi liberi, quindi gratuiti, posti agli antipodi del litoraleGli altri 50 ingressi frapposti sono tutti a pagamento o per chi è titolare in affitto delle graziose e regolarissime cabine color viagra che si ergono come dei grande puffo sulla sabbia complete di berretto frigio.

Ovviamente, dal momento che sono la vittima preferita delle leggi di Murphy, avevo posteggiato il mio fornetto a ruote, perché senza aria condizionata, esattamente a metà tra i due ingressi, insomma si trattava di scegliere di che morte morire con vista Charleston o vista Baretto.

Preso il mio asciugamano e guardata con rassegnazione la mia auto mentre i raggi del sole permeavano la lamiera, mi dirigo verso l’ingresso dal lato del baretto, sperando di non essere colpita da qualche allucinazione tipica del Sahara.

Oltrepassato il corridoio che porta dalla strada alla battigia, comincio a sospettare dal vocio ovattato dei bagnanti e dal senegalese di turno che mi travolge con la sua bancarella prêt-à-porter, che forse Mondello non è stata una scelta intelligente.

Come volevasi dimostrare, messo piede sulla sabbia rovente, uno sguardo a destra ed uno a sinistra ed ho creduto di essere finita a Bogotà. Un carnaio. Una baraonda umana con asciugamani strategicamente stesi.

Tende da campeggio, ombrelloni, teglie di pasta al forno, bambini invasati, sdraio e altri ingombri da spiaggia.

Addirittura mi è capitato di vedere proprio un gazebo, uno di quelli che si montano per gli stand alle fiere, con sotto una tavola imbandita tipo pranzo di Pasqua nel bel mezzo del bagnasciuga. Un bell’accampamento romano sulla riva. Mancava solo Giulio Cesare.

Camminando sulla battigia al limite dell’onda, cerco di trovarmi uno spazietto giusto per mettermi con la mia tovaglia e fare la salamandra al sole. È stato più dificile del 12° livello di Tetris.

Ma alla fine ho trovato mezzo metro quadro tra una famiglia di napoletani riprodotti fino alla quarta generazione e un plotone di emobimbominchia cultori del lancio del supersantos sul telo del vicino mentre dorme (sport molto praticato in estate nelle migliori spiagge del mondo).

A nulla servono le occhiatacce e gli anatemi telepatici, loro continuano a giocare a palla avvelenata con il balneante d’uopo, salvo poi chiedere ripetutamente scusa.

Ogni tanto si sente ergersi qualche urlo da qualche accampamento più in là con la classica e molto retorica intimazione ad adempiere: “chiffà u tagghiamu stu palluni?” .

A completare il quadretto gli ambulanti di cibarie che fanno avanti e indietro per la spiaggia come se i 50 gradi al sole non li tangessero proprio. Per di più con la maglietta mezza manica e i bermuda rossi letteralmente corrosi, scoloriti dal sole e dalla salsedine. Sempre lo stesso copione da che io ho memoria.

Ogni venditore ha la sua cantilena, l’abbanniata, che risuona con un’eco in 5.1 Dolby Sorround in tutto il litorale. Il venditore di pannocchie dice qualcosa come “Pullànche Pullànche quant’è bella la pullanca” ; il venditore di cocco “Coòcco, cooòcco bello,cocco ghiacciato”.

Per altro sempre quel giorno il coccovendolo della zona (si perché mi sa che si dividono il territorio) doveva avere un po’ di raucedine, sembrava riposseduto da un sordomuto, tanto che emetteva una serie di suoni sincopati del tipo: ohh..cco , ohh..occo, bè, tanto che il bambino napoletano vicino chiedeva alla giovanissima madre: “mammà ma noi anNàpoli cel’abbiamo l’occobè?”.

Poi ancora quello di ciambelle “Sciambelle, chi suu’ belle sti sciambelle calldeee” , e ci credo con 50 gradi…

Ma quello che in assoluto vince il premio abbanniatore del secolo è quello delle bibite che fa un elenco con voce nasale di tutto quello che ha nella valigiafrigo a tracolla: “aranciata, birra, Coca-cola, acqua, acqua di mare”.

Basta alzare la mano e subito si avvicina meticoloso al cliente. Così, sempre la stessa recita da sempre uguale, da quando ero bambina. Ed ora anche io presa dalla sete faccio un cenno ed eccolo avvicinarsi diligentemente e a bassa voce ancora come una serenata: “Cosa gradisce, acqua, birra, acqua di mare.. ?

E resistendo all’irrefrenabile voglia di dire: acqua di mare, pago, prendo la mia bottiglietta e ridacchio dalla trincea osservando l’orizzonte, sempre uguale anche quello.

 

 

pubblicato anche su http://palermo.blogsicilia.it/2010/09/coccobello-sciambelle-e…-acqua-di-mare/

 
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Maestra nell'altissima arte del brontolio, regina dei rimuginamenti, paladina del nichilismo da retrobottega...mia madre voleva darmi in affidamento a Satana.

Il mio secondo lavoro di casa preferito è cucinare. Il primo è sbattere la testa sulla sponda del letto fino a svenire.

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