Io, Me e Aurora
Oscar Wilde in un'opera teatrale scrisse: "Sono fin troppo cosciente del fatto ke siamo nati in un'epoca in cui soltanto gli sciocchi sono presi sul serio, e vivo nel terrore di essere frainteso."« tratto da "Il Gabbiano J... | La Forza Di Persuasione ... » |
«Niente è più singolare, più imbarazzante che il rapporto tra due persone che si conoscono solo attraverso gli occhi, che si vedono tutti i giorni a tutte le ore, si osservano e nello stesso tempo sono costretti dall'educazione o dalla bizzarria a fingere indifferenza e a passarsi accanto come estranei, senza saluto né parola. Fra di loro c'è inquietudine ed esasperata curiosità, l'isteria di un bisogno insoddisfatto, innaturale e represso di conoscersi e di comunicare e soprattutto una sorta di ansiosa attenzione. Infatti l'uomo ama e onora l'uomo fino a che non è in grado di giudicarlo, e il desiderio è il frutto di una conoscenza incompleta.» Thomas Mann - premio Nobel per la letteratura (1929) - Seduto al solito posto sul tram, contava le fermate che ancora mancavano perché la vedesse salire. Ormai era diventata un chiodo fisso, tanto che se prima aspettava il venerdì che rappresentava l’inizio del weekend ora lo temeva. Perché? Perché dopo venerdì veniva il sabato, il sabato la scuola era chiusa (la sua, almeno), se la scuola era chiusa non doveva svegliarsi presto, se non doveva svegliarsi presto non doveva prendere il bus e se non doveva prendere il bus… non la vedeva. E così restava in uno stato apatico fino a lunedì, quando sapeva che di lì a poco l’avrebbe incontrata. A volte si diceva da solo che tutta quella storia fosse un’assurdità. Anche oggi, ripensandoci, vide il lato ironico della cosa e si mise a ridacchiare da solo, guadagnandosi lo sguardo indagatore di una signora seduta poco più in là, ma non poteva farci niente. Se lo sapessero i suoi amici lo prenderebbero in giro a vita! Già si immaginava la scena. “Ehi, ragazzi, indovinate un po’!” “Cosa? Cosa?” “Mi sono innamorato” Primo scoppio di ilarità, e già così avrebbero avuto abbastanza materiale per le battute dei mesi successivi… sapeva anche cosa avrebbe detto ognuno di loro, li conosceva da una vita e non era difficile: “Innamorato? Tu?” avrebbe sgranato gli occhi JP “Ma fammi il piacere!” “Questa volta l’hai sparata grossa, Lucky! È più probabile che Gesù Cristo ci compaia davanti con la croce sulle spalle, chiedendoci di aiutarlo a portarla!” avrebbe bestemmiato Schizzo, che non credeva. Toni, il suo migliore amico, se lo sarebbe preso sotto braccio con una sua tipica risata da maialino e allontanandosi leggermente dagli altri avrebbe cercato di capire… forse… “Dai, sii serio, vuoi che ti reggiamo il gioco come con le altre, vero?” avrebbe chiesto, con un sorriso furbesco da canaglia “Sì, insomma… quando ce la presenti, una volta che usciamo tutti insieme, tu vai ad ordinare e noi facendo finta di niente partiamo con i soliti complimenti e frasi tipo ‘Non fa che parlare di te, non ne possiamo più’ ‘Sei proprio come ti aveva descritto’ ‘Guarda che a te ci tiene, me lo ha detto che sei diversa dalle altre’…così che te la facciamo un po’ addolcire e poi, tu… (gesto con la mano e strizzata d’occhio) insomma, hai capito!” Dopo una risata, lui, Massimo detto Lucky perché era nato con la camicia, sarebbe ridiventato serio e gli avrebbe fatto la grande rivelazione: “A dire la verità, non le ho mai rivolto la parola!” E a quel punto sarebbe diventato il loro zimbello preferito per i successivi dieci anni! A pensarci, anche lui a loro posto si sganascerebbe dalle risate. Perché, forse non lo sapete, ma Massimo era un gran bel ragazzo con uno stuolo di ragazze ai suoi piedi e una fama di latin lover da far invidia a Giordan Giannotti di Uomini e Donne – trasmissione che considerava penosa e inutile, che però era assiduamente seguita da sua sorella e che quindi conosceva bene… suo malgrado! – Fin dal primo anno di superiori, Massimo aveva “collezionato” un gran numero di “conquiste”: era un tipo simpatico, ti metteva a tuo agio con un paio di battute e, dopo poco tempo, non riuscivi più a togliertelo dalla testa. Non era cattivo, non voleva far soffrire nessuno anche se a volte capitava, però gli piaceva divertirsi. Era fatto così e pensava di non poterci fare niente, perché non riusciva ad avere un semplice rapporto di amicizia con una ragazza… almeno, non per molto tempo… Solo Carola faceva eccezione, ma lei era anche una stangona con un naso aquilino da far spavento, talmente appuntito che Massimo le prime volte che le dava i soliti baci sulle guancie aveva paura di ritrovarsi con un occhio cavato! Carola, naturalmente, gli moriva dietro e lui cercava di non pensarci troppo altrimenti si sarebbe ritrovato con i sensi di colpa a parlarle ignorando le sue allusioni e le frecciatine, scherzando con lei e baciandola e abbracciandola come con Elisa, sua sorella minore. E poi, diciamolo, a Massimo non interessavano le storie serie! Aveva 18 anni, voleva divertirsi almeno ancora per 10 e poi, forse, avrebbe messo la testa a posto e… chissà… magari avrebbe cercato una ragazza seria con la quale provare a costruire una storia che superasse i fatidici 3 mesi! Ma da qualche tempo non era più sicuro di questa sua filosofia. Chissà! Forse avrebbe continuato a vivere in pace passando dalla bionda Francesca alla Camilla dagli occhi blu o dalla bruna Valentina a quel peperino di Alice, se una mattina non fosse uscito di casa più tardi del solito per colpa dell’orologio guasto che andava indietro di un quarto ora. Se non fosse salito sul 35 delle 7.40, non avrebbe trovato così facilmente posto a sedere e alla Stazione Principe non avrebbe fatto l’incontro che avrebbe sconvolto il suo modo di vivere le relazioni con l’altro sesso fino a 15 minuti prima… Massimo sorrise, ma i suoi pensieri furono interrotti come sentì uno scossone più forte e una frenata. Riconobbe il buco di piazza Acquaverde e mentre le porte si aprivano, un sospiro gli salì alle labbra mentre l’emozione che lo faceva tremare era la stessa di quel lontano giorno di inizio marzo… I capelli legati in una morbida coda laterale, la gonna larga che danzava ad ogni passo, i libri stretti al petto e la borsa a tracolla lasciata aperta, gli occhi bassi per vedere dove metteva i piedi e non inciampare mentre saliva i gradini… poi le palpebre si sollevavano senza preavviso e i loro sguardi si incrociavano. Lui si schiariva la gola, sorrideva e le faceva un cenno col capo. Lei rispondeva con un leggerissimo sorriso, poi si sedeva al solito posto - sedile sopra la ruota posteriore destra rivolta verso di lui - e apriva un libro, sempre lo stesso in verità. La copertina era logora, segno che si trattava di una prima edizione molto antica, di un marrone intenso e a tratti scolorito, col titolo in corsivo a caratteri d’oro: Orgoglio e Pregiudizio. Massimo aveva provato a leggerlo più volte ma gli risultava noioso, anche se saltando da una parte all’altra aveva trovato interessanti certi dialoghi tra la giovane Elisabeth e il tenebroso Signor Darcy: la scaltrezza di quella ragazza di fronte a quell’uomo che le incuteva timore e l’attirava a tempo stesso lo aveva sorpreso, soprattutto vista l’epoca in cui era ambientato il romanzo. Si chiedeva cosa ci trovasse di così interessante in quel libro da leggerlo così tante volte. Un osservatore occasionale, come tanti in quel bus, avrebbe detto che non riusciva a finirlo perché le risultava noioso; invece, Massimo l’aveva vista a poche pagine dalla fine un giorno e il seguente a poco più che all’inizio del romanzo. Ma non era solo questo ad attirarlo, era solo l’ultimo degli innumerevoli fili che componevano la ragnatela in cui era caduto. Forse come uno sciocco, sì! S’era lasciato abbindolare da quel viso pulito, sempre acqua e sapone, che ormai conosceva a memoria ogni piccola lentiggine sul piccolo naso dritto… da quello sguardo fugace che lei gli lanciava da sopra il libro e che lui sempre ricambiava… da quel sorriso innocente che seguiva e a cui rispondeva… da quella bellezza sottile, antica per così dire, che al giorno d’oggi è difficile trovare e che ancora attira… Come la candela per la falena, fatale eppure inevitabile. Ma oggi il destino aveva qualcos’altro in serbo: si divertì infatti a far superare la ragazza da un’anziana e scorbutica vecchia signora che occupò il suo posto. La giovane, rimase per qualche secondo incerta su che fare, il che le costò caro poiché anche i restanti posti vennero occupati, così afferrò una maniglia e cercò di mantenere l’equilibrio. Massimo non poteva sperare in un’occasione migliore! Sporgendosi, riuscì a prendere tra le punte dell’indice e del medio l’estremità della sua camicetta e la tirò leggermente un paio di volte. Lei si volse, gli occhi castani simili ad un mare di cioccolato, caldi e felici di scoprire che si trattasse di lui o forse era soltanto un’impressione. Senza una parola si alzò e con un cenno del capo l’invitò a sedersi. La ragazza sorrise, poi abbassò lo sguardo, si sedette e aprì come suo solito Orgoglio e Pregiudizio. Massimo studiò per qualche secondo cosa dire, secondi che diventarono minuti, mentre sentiva pesare sempre più il silenzio che li separava. Perché mai era così difficile? Non era sempre stato bravo con le parole? Perché questa ragazza lo metteva in difficoltà, mentre con alcune sue compagne di scuola molto più belle riusciva a parlare di tutto e di più? Stava giusto dandosi dello stupido, quando una voce femminile che veniva dal basso lo interruppe. -Sei un’inguaribile stupido! – Massimo fissò la ragazza, che sorrideva senza mai staccare gli occhi dalle pagine del romanzo che teneva dritto a pochi centimetri dal viso. -Come, scusa? –riuscì a domandare solo dopo qualche istante, il tempo necessario per accertarsi che non fosse stata la sua immaginazione. Lei sorrise, sollevò lo sguardo dal libro e lo fissò, dal basso verso l’alto, con le sopracciglia leggermente sollevate a formare una ruga d’espressione davvero adorabile sulla sua fronte. -Hai sentito bene. Sei un’inguaribile stupido! –chiuse il libro con un tonfo –Hai finalmente l’occasione di rivolgermi la parola, dopo quasi un mese che ci scambiamo sguardi intensi e sorrisi, e non riesci nemmeno a… – -A cosa, sentiamo? –l’incalzò lui, ritrovando un po’ di scaltrezza. Lei sbattè le ciglia, per nulla intimidita. -Non lo so, magari a chiedere il mio nome, ma forse non ti interessa… devo essermi sbagliata. –riaprì il libro e s’immerse di nuovo in quel mondo cartaceo. Massimo sorrise, notando una certa somiglianza con Elisabeth e supponendo che quello fosse il motivo della sua costante lettura di quel romanzo. -Mi interessa, invece. –ammise, chinandosi e mettendosi alla sua altezza –Qual è il tuo nome? – La vide sorridere mordendosi le labbra, un gesto di imbarazzo e insieme di vittoria che gli piacque scoprire, poi alzò lo sguardo e mosse lentamente le labbra nel pronunciare le poche sillabe che sarebbero diventate il suo vangelo. -Clara. –sussurrò, eppure lui lo udì chiaro e pulito anche nel caos di quell’autobus. Le sorrise ancora, porgendole la mano libera. -Io sono Massimo. – Clara mise la mano nella sua, ma lui la girò e arrivò quasi a baciarne il dorso, fermandosi con le labbra a pochi centimetri dalla pelle di lei. Sollevò lo sguardo, cercando il suo, senza muoversi di un millimetro. -A una signorina non si fa mai il baciamano. – Lei rise e la sua risata fu musica per le sue orecchie. -Conosci il galateo. – -Mia madre è fissata su certe cose, mi ha educato come un perfetto gentiluomo. –confessò, sollevandosi e lasciando andare la presa. -Direi che ha fatto un ottimo lavoro! – Massimo notò che mancava poco a piazza De Ferrari e lì Clara sarebbe scesa, così decise di giocarsi il tutto per tutto. -Sì, ma adesso vorrei parlarti francamente… è quasi un mese, come hai detto tu, che non faccio che osservarti. Sei diventata un’ossessione! –anche Clara si accorse che mancava poco alla sua fermata e si alzò, avviandosi all’uscita, mentre Massimo la seguiva e continuava a parlare –Sono arrivato ad odiare i weekend e ad anelare questo breve tragitto in bus che facciamo insieme durante la settimana, solo per poterti vedere… – Clara suonò per prenotare la fermata e si fermò in prossimità dell’uscita, con Massimo dietro che non sapeva dove volesse arrivare con quel discorso. Cosa voleva da Clara? -Cosa vuoi da me, Massimo? – Ancora una volta, la ragazza lo guardò e gli pose la stessa domanda a cui lui stesso non trovava risposta. In quell’istante, però, la risposta gli balenò davanti come una piuma svolazza leggera davanti agli occhi attenti di un gatto. -Conoscerti. –disse semplicemente –Mi incuriosisci! Mi stordisci! Mi attiri! – Clara fece uno sbuffo e sollevò di nuovo le sopracciglia. -Come devo interpretare quest’ultima parte? – -Non nel modo sbagliato. – -Ho come la sensazione… non so, che forse ci stai provando? – -Forse o forse no. –fu la risposta ironica e sincera insieme che sorprese la ragazza –Non lo so nemmeno io… Per il momento non voglio dare un motivo a questo… bisogno, perché è un bisogno, che ho di vederti… Non so dove ci condurrà, però… però, vorrei passare un po’ di tempo con te… un tempo più lungo di un tragitto in autobus di circa 10 minuti! – Clara sembrò riflettere qualche istante su quello che le aveva appena detto e mentre le porte si aprivano gli rivolse queste veloci parole: -Ci penserò, Massimo. Nel frattempo, accontentati di tenermi un posto vicino a te domattina… parleremo meglio, non credi? – Poi scese velocemente i gradini, lasciandosi dietro uno dei suoi sorrisi appena accennati e uno sguardo più intenso dei precedenti. Massimo cercò di non perderla di vista mentre si allontanava, nel disperato tentativo di catturarla dentro ai suoi occhi prima che sparisse ancora una volta, ma Clara era ormai distante e la perse tra la folla che si accalcava alla fermata del centro. Tuttavia, nel ripensare all’ultimo sguardo che gli aveva riservato, si ricordò una frase che aveva sentito citare molte volte dal professore di Italiano: “Quando gli occhi dicono una cosa e la bocca un'altra, l'uomo avveduto si fida del linguaggio dei primi.” Sorrise e mentre le porte si richiudevano, Massimo sentiva che la Dea Bendata l’avrebbe assistito come sempre e che l’indomani la risposta di Clara non avrebbe deluso le parole del suo vecchio insegnate.
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Si vive per anni accanto a un essere umano, senza vederlo. Un giorno ecco che uno alza gli occhi e lo vede. In un attimo non si sa perché, non si sa come, qualcosa si rompe: una diga tra due acque. E due sorti si mescolano, si confondono e precipitano.
Gabriele D'Annunzio
Inviato da: farfallina230
il 30/03/2009 alle 23:01
Inviato da: farfallina230
il 23/03/2009 alle 22:18
Inviato da: d4ny3L4
il 13/03/2009 alle 21:25
Inviato da: occhidifanciulla
il 12/03/2009 alle 18:16
Inviato da: fatinaines
il 12/03/2009 alle 09:19
La fotografia è probabilmente fra tutte le forme d'arte la più accessibile e la più gratificante. Può registrare volti o avvenimenti oppure narrare una storia. Può sorprendere, divertire ed educare. Può cogliere, e comunicare, emozioni e documentare qualsiasi dettaglio con rapidità e precisione.
I moti rapidi ed inquieti
degli occhi,
uniti alle lagrime
involontarie e taciturne,
sono i più sicuri attestati
della sensibilità
e della compassione.
Gli occhi dietro alle lacrime
come due pesciolini
in un mare troppo stretto
"Ogni tuo pensiero
che arriva fin qui
lo trasformo
in un bacio
che vola delicatamente
sulle tue labbra."
"... e ogni volta che
le mie labbra
sfiorano le tue
il mio cuore gioisce
di un amore galattico!"