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Janus Reloaded

Sulla via di Damasco

 

 

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3° Capitolo : QUASI PERFETTO 4° Parte

Post n°13 pubblicato il 30 Gennaio 2007 da Janus_13
 

Scendo di tutta fretta dall’autobus e cammino velocemente verso l’entrata della scuola. Sotto la porta mi fermo, un solo istante. Guardo l’orologio : sono in anticipo di cinque minuti. Incredibile! Sì oggi è decisamente un giorno da ricordare.
Uno di quegli eventi che, come le eclissi solari o il passaggio delle comete, sono destinati ad essere ricordati nella storia dell’uomo.
Magari ci faranno anche un articolo sul giornalino della scuola “Alice oggi non è in ritardo”, magari con anche un sottotitolo “Il preside Collins in ospedale per un principio di infarto causato dalla sorpresa”. Non è carino augurare il male alle persone, ma quell’uomo mi ha sparato tanta di quella merda addosso che non riesco ad essere molto commiserevole. E poi se morisse per quell’infarto mi sentirei colpevole per tutta la vita.
Dopo qualche secondo, opto per un compromesso :”Il preside Collins in ospedale per un attacco di emorroidi”. Non letale, ma efficace e moooolto doloroso. Perfetto.
Sorrido. Sono diabolica a volte.

Pochi secondi e sono in classe. Mi siedo nel banco. Iz non c’è. A dire la verità non è l’unico. Mi guardo intorno. Manca circa metà classe.
Probabilmente arriveranno tutti al suono della campana.
Ma ad ogni secondo che passa, uno strano senso di inquietudine comincia a crescere. E dire che non sono una persona che si preoccupa molto.
Magari è solamente in ritardo, magari ha preso un raffreddore, magari non è riuscito a svegliarsi.
Aspetto ancora un minuto.
Basta, lo chiamo.
Una voce registrata dall’altra parte mi dice “Siamo spiacenti, l’utente da lei chiamato non è raggiungibile”. Cazzo.
Dove diavolo ti sei cacciato ? Ok Alice, adesso respira. Va tutto fottutamente bene. Sei in classe, sei in orario e per di più non devi neppure sorbirti la ramanzina di Collins stamattina.
E ‘ tutto perfetto. Continuo a ripetermelo. Finirà anche che ci crederò… almeno spero.
Eppure non riesco a togliermi quella sensazione.
Sento ancora quegli occhi addosso, che entrano in, scavano e divorano tutto ciò che si trovano davanti.
Al suono della campana Iz appare sulla porta. Tiro un sospiro di sollievo. Quasi lo abbraccerei. QUASI ho detto.
Poi lo guardo, ancora. Qualcosa in lui non mi convince.
E’ pallido, più pallido del solito, le occhiaie marcate e profonde, gli occhi gonfi e rossi come se non avesse dormito.
Si siede di fianco a me. Non dice nulla, ma c’è qualcosa nel suo sguardo. Come un grido di aiuto, silenzioso, che si confonde con il ronzio dei neon e del riscaldamento acceso.
Lo tiro per un braccio “Iz?”. Mi guarda, inebetito. Poi un debolissimo sorriso appare agli angoli della bocca. “Ciao Al” dice. E’ debole, quasi provato a sussurrare quelle parole.
“Qualcosa non va ?” Gli chiedo. Cazzo, con questa frase potrei vincere la medaglia d’oro delle domande retoriche “Niente di importante. Incubi…” “Non hai una gran bella cera…” ecco, fantastico. Certo che sai come tirare su il morale alle persone Alice. Iz sta male e l’unica cosa che sai dire è che fa schifo ? Bella amica che sei.
Mi guarda, fissandomi dritto negli occhi per qualche lunghissimo, interminabile secondo.
Poi apre lo zaino, di scatto, tirando fuori il suo quaderno dei disegni. “Guarda” mi dice aprendo l’ultima pagina.
Guardo le righe di graffite sul foglio bianco: convulse, agitate, sconvolte. Come se fossero state disegnate in preda all’ira. Un uomo esile, pallido, vestito di scuro con lunghi capelli neri. E’ accovacciato sopra al corpo di un secondo uomo, sdraiato, vestito male. Il ventre dell’uomo sdraiato è completamente squarciato e pezzi di interiora sbucano fuori dall’apertura come un macabro vaso di fiori morti. Dalla bocca, dalle mani dell’uomo pallido sta colando copioso del liquido scuro, sangue forse.
Come se stesse divorando le interiora dell’altro.

Poi l’inquietudine diventa terrore.
Terrore cieco, che blocca il respiro.
Cerco di dire qualcosa, ma riesco solamente a balbettare qualcosa di incomprensibile.
Quegli occhi. In un istante riconosco entrambi… il ragazzo del vicolo e il barbone che mi ha urtato.
Iz torna a guardarmi. “Il problema è che non mi ricordo di averlo disegnato”. E’ spaventato, terrorizzato, confuso, almeno quanto lo sono io.

Ok, fermi tutti. Cerchiamo di mettere in campo la famosa razionalità Alice.

E’ la mia suggestione che mi fa vedere nel disegno di Iz i volti di quei due. Ho avuto una paura fottuta e adesso mi sembra di vederli dappertutto.
Shock post-traumatico da manuale, forse condito da lieve mania di persecuzione.
Naturale. Sì deve essere così. Rimane solamente da spiegare perché “Robin” non si ricorda di aver disegnato questo orrore.
Forse era stanco ed era in dormiveglia. Magari è sonnambulo e stava facendo un incubo, complice magari un doppio chili-burger. Lo dico sempre io che quella roba ti ammazza.
Sì magari si è addormentato mentre guardava uno di quei film supersplatter che gli piacciono tanto. E’ plausibile. Sì, deve essere andata così.
Inspiro. Espiro. E sento che la paura scende. Gli sorrido.
“Che hai mangiato ieri sera Iz ?” “Tacos con Chili”. Lo sapevo. Comincio a riacquistare un po’ di sicurezza.
“Stavi guardando un film per caso ?” “No, ho visto un documentario… parlavano dei nuovi sconvolgimenti climatici sul pianeta”. Beh, ci sono andata vicino.
Effettivamente adesso fanno molta più paura i documentari filo-ambientalisti che i film dell’orrore. Non fanno altro che preannunciare la fina del mondo a causa di imminenti disastri, cataclismi, pestilenze.
Al loro confronto, Cassandra era un’inguaribile ottimista.
“Caso chiuso, allora. Il colpevole è la digestione, Iz. L’avrai disegnato mentre i tuoi succhi gastrici erano impegnati a cercare di scomporre quella merda che hai mangiato”.
Lo vedo. Non è molto convinto, ma si fida troppo di me per mettere in discussione la mia conclusione.
Sorride. “Però era buono. Dovresti provarlo”  Replica con tono solenne.
Rido. Di gusto.
Me ne frego se gli altri mi guardano male.
Fanculo a tutti.
Sì, Rido. E non per quello che ha detto Iz. Mi accorgo che sto ridendo di me stessa, per quanto sia stata sciocca ad avere paura.
Un barbone alcolizzato mi ha fatta cadere, nel vicolo c’era un drogato e Iz ha avuto un incubo.
Sì deve essere andata così. Per forza.
Vorrei non guardare più quel dannato quaderno, ma è più forte di me. Eppure, giurerei che siano proprio loro due in quello strafottuto disegno.

Ma non è possibile. Decisamente.
Non in questo mondo, almeno.

-Continua-

 
 
 
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