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Post N° 293

Post n°293 pubblicato il 18 Gennaio 2009 da gc.5frondi

Unità per fermare la guerra


di Dino Greco


su Liberazione del 18/01/2009



Quelle di oggi sono state ciò
che dovevano essere: grandi, pacifiche manifestazioni di massa. Una
folla straripante, composita, ha percorso le vie di Roma e di Assisi,
unita da un'intensa emozione, atterrita dallo sdegno per la strage
continuata che ci propone quotidianamente le immagini strazianti di
corpi dilaniati, la disperazione inconsolabile di persone di ogni età
in lotta disperata per la sopravvivenza. Una folla unita anche
nell'obiettivo condiviso di porre fine, qui e subito, ad un dramma che
si rovescia su tutta la comunità internazionale e rischia di scavare un
solco incolmabile, una vera e propria regressione della civiltà. Il
popolo della pace, da troppo tempo inerte, ha ritrovato la parola e la
forza per rientrare in campo, con spirito unitario, con l'istinto
politico che avevamo auspicato, superando contrasti e divisioni che ne
avrebbero fatalmente indebolito la richiesta - perentoriamente salita,
da Assisi a Roma - di fermare l'aggressione israeliana, di mettere fine
all'ecatombe umanitaria che sta infliggendo al popolo palestinese
inaudite sofferenze. La barra deve ora essere tenuta ben ferma, senza
tentennamenti. Sarebbe imperdonabile offrire al governo israeliano
pretesti per continuare l'escalation militare. Vanno isolati
atteggiamenti - fortunatamente marginali - che inneggiano allo scontro
frontale. Si sa che di questo si nutrono - in una perfetta specularità
- fondamentalismi di opposta natura, irriducibili nemici del dialogo e
di qualsiasi prospettiva di pace. E' di vitale importanza trasformare
l'indignazione in una efficace azione politica, nella costruzione di un
consenso talmente ampio da non poter più essere ignorato. E, nello
stesso tempo, promuovere il più ampio confronto fra le diverse
posizioni, bandendo anatemi e pregiudizi. E' questo un impegno al quale
questo giornale non verrà meno.
Bisogna allora intensificare la
mobilitazione per imporre ai tessitori della politica mondiale di
uscire dalla vergognosa latitanza che si traduce in un implicito
lasciapassare all'aggressione. Che tacciano tutti i cannoni, che si
ritiri da Gaza l'esercito di Tel Aviv. Non per tornare semplicemente
all'insopportabile status quo ante , fatto di segregazione, privazioni,
umiliazioni del popolo di Palestina. Ma per intraprendere la fatica di
un vero negoziato, quale Israele non ha mai voluto intraprendere, per
la costruzione di un libero stato palestinese, capace di convivere a
fianco dello stato di Israele. Tra breve, archiviata l'era Bush,
vedremo il nuovo presidente americano alla prova su questo nodo
cruciale. Anche l'Europa, sino ad oggi tristemente impotente, deve
battere un colpo.

 
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