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Post N° 5


IN PRINCIPIO ERA SOLTANTO MUSICAIl suono: da presagio a incontro col divino Autore «…Nel buio accadde qualcosa. Si sentì un canto provenire da lontano…e il cielo nero si fece trapunto di stelle…Lontano, sulla linea dell’orizzonte, l’aria cominciò ad assumere un colore grigiastro, mentre si levava un venticello fresco....La voce, intanto, continuò a cantare….Il cielo bianco dell’est si colorò di rosa, poi divenne dorato. La voce era sempre più alta…l’aria cominciò a vibrare. Quando la melodia arrivò al culmine della potenza e della gloria, il sole spuntò[…]La terra era ricca di colori brillanti…e i nostri amici ne furono affascinati, almeno fino a quando videro colui che cantava, allora dimenticarono tutto il resto. Era un leone. Immenso, irsuto e luminoso, stava di fronte al sole appena sorto e aveva la bocca aperta nel canto» (C.S.LEWIS, Il nipote del mago, in Le Cronache di Narnia (1955), Mondatori, 2006) 
Sembrava quanto mai doveroso, al termine del centenario mozartiano, dare il via ai nostri contributi da quella che secondo il pensiero dantesco era la ‘somma’ delle arti: la mousikè, la musica. Sarà ascoltando l’anelito alla bellezza nascosta nel suono qual presagio del divino, che giungeremo, con occhio religioso e cristiano, a scorgere in esso la più travolgente e – se ci è permesso – più alta espressione dell’agostiniano desiderium videndi deum dell’uomo, che, nel volto incarnato di Gesù Cristo, svela tutto il suo significato.L’arte fa intuire, manifesta il bello, è epifania della creazione e redenzione del cosmo: a tal proposito Giovanni Paolo II la definì cifra del mistero e richiamo al trascendente. Le sue origini – così il santo padre si rivolgeva agli artisti[1] – erano da ricercare nello sguardo con-piaciuto di Dio di fronte alla sua creazione: era ‘bella’. Nell’ambito di questa epifania del bello nell’arte, la musica si mostra intuito primordiale e vertice assoluto, tanto da far esclamare ad Einstein, al termine di una magistrale esecuzione del geniale violinista Y.Menhuin: «Adesso io so che c’è un Dio in cielo!», oppure ad inchiodare il pessimismo cosmico dello scrittore rumeno Cioran nella sublime e fuggevole certezza che la musica sia nata dal rimpianto del paradiso, e che essa tolga qualsiasi dubbio allo scettico: è l’unica, assoluta prova dell’esistenza di Dio[2]. Se il suono da sempre è stato per l’uomo ‘incanto’ del divino e la vibrazione dei corpi la trasmissione magica della potenza vitale del ‘sacro’[3], è invece l’antichità classica ad averci abituati, più che a corpi vibranti, alla musica come alla misura, all’armonia e alla scienza presente nel cosmo: non soltanto pulsione, ma regola, ragione, verità nascosta nel cosmo. Ovvero, Logos[4]. Nella musica così intesa fu aperta all’uomo la strada per criptare, mediante le tracce del suono, le invisibili misure presenti nella struttura del mondo. È l’uomo greco a collegare la composizione musicale con l’architettura del mondo ma è nell’avvento del cristianesimo che l’arte musicale assume un nuovo significato: l’Autore biblico, il Principio dell’armonia/musica del cosmo, il Logos stesso, s’insedia nella sua opera, assume in sé il cosmo facendosi uomo. Il cosmo armonico si rivela allora pensato, ‘architettato’ a ‘misura’ d’arte dallo stesso Autore! Nel Verbo incarnato la musica sensibile, dunque, assume i caratteri dell’incontro tra l’estro della razionalità umana e l’armonia eterna di Dio, il prototipo da Lui pensato nell’atto creativo: ciò fu reso possibile nelle nozze tra l’umano e il divino, sancite dall’incontro amoroso tra il Logos incarnato e l’umanità. Il cristianesimo apporta quindi alla musica un mutato senso della spiritualità, e, senza dubbio, insieme a un nuovo sguardo sul sensibile ‘divinizzato’, inserisce una tensione mistica nella composizione che, come affermò A.Beguin[5], si fa, prima che creazione, ascolto, imitazione del bello incarnato: un’evocazione, per così dire, della divina armonia che era in principio nello specchiarsi di Dio in Adamo; un annuncio, tinto d’irresistibile, orante attesa, della grande orchestrale sinfonia che attende i redenti: specchi lucenti in Cristo, risorti in un mondo risorto. Come non citare qui quell’immortale Et incarnatus est della Messa in do minore di W.A.Mozart? Quella vocalizzazione di soprano, appoggiata dai fiati, che travalica il tempo, gli spazi, lo stesso silenzio da cui è nata…e nel quale con sé inabissa la fragile parola umana? Un arabesco d’incredibile espressione Niente di più eloquente per donare il segreto svelato: l’Incarnazione del Figlio, Verbo uscito dal silenzio che assume in sé la sua opera d’arte.  È in Lui l’esecuzione promessa dallo stesso cosmico spartito: la musica a cui fu dato il la, in attesa del divino Direttore d’orchestra, suo Autore, sotto la cui direzione, attirati a se gl’innumerevoli strumenti, s’eseguisse la sinfonia dell’amore[6].    Amedeo Francesco RICCO, OFM[1] GIOVANNI PAOLO II, Lettera agli artisti, Città del Vaticano, 1999[2] Cfr. S. JAUDEAU, Conversazioni con Cioran, Parma, Ugo Guanda Editore,1993[3] Si pensi al legame tra suono e la forza oscura del sacro presente nel legame primitivo tra la civiltà umana e la natura: le vibrazioni da sempre risultano legate al potere tremendo del ‘sacro’, come arcana eccitazione o impulso all’azione. La stessa vita si annuncia nella vibrazione dei corpi![4] Fu Atena a donare, secondo il mito, la mousikè come ‘sapienza interiore’ alla psyche umana.[5] Scrisse: «un’anima musicale è prima di tutto un’anima che ascolta, e poi anche uno spirito che compone».[6] Cfr. H. URS VON BALTHASAR, La verità è sinfonica, Jaca Book