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Post N° 8


Un laicato maturo, per vivere e testimoniare la Bellezza che salva  
                                                                                                 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli (Mt 5,16). Nella sua prolusione tenuta il 30 novembre scorso per l’inaugurazione dell’Anno Accademico, Mons. Forte, citando un teologo russo, osservava che in questo passo evangelico, l’espressione “atti buoni” non va intesa in senso filantropico e moralistico; al contrario la traduzione fedele dal greco suonerebbe come “atti belli”, ossia “rivelazioni luminose e armoniose della personalità spirituale, … d’una bellezza per cui si espande all’esterno l’interna luce dell’uomo e allora, vinti dall’irresistibilità di questa luce, gli uomini lodano il Padre celeste, la cui immagine sulla terra così sfolgora”. Ma da dove proviene all’uomo questa luce, che egli è chiamato a far risplendere con la sua vita? Essa è prima di tutto un dono, anzi il dono che Dio ci offre mediante il sacramento del Battesimo prima, dell’Eucaristia e della Confermazione poi; può essere considerata come simbolo dello Spirito Santo stesso, il quale trasfigura interiormente il discepolo di Cristo, lo inserisce in Cristo come membro vivo del suo corpo, che è la Chiesa, per rendere lode al Padre celeste, che è Amore e Bellezza infinita. Attenzione, però: anche se, come battezzati e cresimati abbiamo già ricevuto il sigillo che è caparra della nostra eredità, bisogna tuttavia ricordare che esso è un dono che dobbiamo continuamente ed umilmente chiedere al Signore nella preghiera, ricordando la parola di Cristo stesso: Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono! (Lc 11,13).  Non a caso, celebrando l’Eucaristia l’8 dicembre 2005, in occasione del 40° anniversario dalla conclusione del Concilio Vaticano II, Papa Benedetto XVI ha esortato ad invocare, per intercessione della Vergine Immacolata, il dono della bellezza interiore.   Ed è proprio in questa radice battesimale e cristologica che il Concilio Vaticano II colloca la vocazione e la missione dei laici nella Chiesa: “I laici, inseriti nel Corpo Mistico di Cristo per mezzo del Battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo per mezzo della Cresima, sono deputati dal Signore stesso all’apostolato” (Apostolicam actuositatem, n.3). Per quanto riguarda i campi concreti di tale apostolato e con stretto riferimento all’attuale situazione ecclesiale, possiamo limitarci a citare - a mo’ di esempio - solo due ambiti. Il primo è quello che Paolo VI chiamava apostolato intellettuale, nel quale oggi Benedetto XVI ci invita ad “allargare gli spazi della nostra razionalità”, per “superare il limite auto-decretato dalla ragione a ciò che è verificabile mediante l’esperimento” (cfr. discorso di Ratisbona). C’è infatti un concetto, che sta diventando uno dei cardini nel suo Magistero: la fede cristiana non toglie nulla nell’uomo di ciò che è autenticamente umano, e quindi autenticamente razionale, al contrario la fede cristiana purifica la ragione… e l’aiuta ad essere meglio se stessa (cfr. discorso al Convegno di Verona).   Il secondo ambito è quello socio-politico, infatti il compito di agire in ambito politico è dei fedeli laici, che operano come cittadini sotto propria responsabilità, illuminati dalla fede e dal Magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo. Ci piace concludere questa breve riflessione con le parole pronunciate dal cardinal Ruini, il quale proprio concludendo il Convegno di Verona ha invitato i laici a realizzare “la saldatura tra fede e vita”, ossia ad “esplicitare la propria fede” traducendola in comportamenti “effettivi e visibili”, aggiungendo che tuttavia non sarà possibile far questo prescindendo da un’autentica formazione cristiana, da una profonda vita di preghiera e da un sincero spirito di comunione ecclesiale.Giovanni Antonacci