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Post N° 11


“FAMIGLIA: DIVENTA E CREDI IN CIO’ CHE SEI!” (1)  
   Oggi più che mai l’appello di Giovanni Paolo II, di venerata memoria, ci porta a considerare come sia urgente riflettere in profondità sull’ essenza e, quindi, sui valori della famiglia, messi in discussione, anzi snaturati, da tendenze socio-culturali che gettano sospetti su di essa, esprimendo una cultura fortemente riduttiva nei suoi riguardi, talmente riduttiva da “disistituzionalizzarla” (basti pensare alle pretese avanzate dai sostenitori del “PACS” o del disegno di legge avanzato dall’attuale nostro governo a favore delle coppie di fatto, il “DICO”, ossia i diritti dei conviventi).     Cerchiamo di inquadrare il problema cogliendo l’ impossibilità nell’ equiparare alla famiglia le due alternative.    Ad occhi più attenti il PACS, e quindi anche la soluzione “italiana” del “DICO”, si modella proprio sull’ istituto matrimoniale svuotandolo della parte più essenziale che è la fedeltà, l’ assistenza, la generazione della prole, il mutuo rispetto: componenti che solo la dimensione familiare può garantire.    La stessa natura della famiglia e di ciò che è suo fondamento, il matrimonio, ci porta a comprendere come la vera matrice ispiratrice e fondante sia del Pacs sia del Dico si rivela, al contempo, l’argomento per il loro abbattimento: la visione prettamente parziale (estremamente privatistica da un lato, economica dall’ altro) dell’ amore e delle relazioni inevitabilmente stride con quella totale espressa dalla famiglia e dal matrimonio: il Magistero della Chiesa ci insegna che “le unioni di fatto si basano su una falsa concezione della libertà di scelta degli individui…Il matrimonio non è un semplice patto di convivenza, bensì un rapporto con una dimensione sociale unica rispetto a tutte le altre…”[2]    Partendo da una sana antropologia, il Magistero sostiene, inoltre, “quanto sia incongrua la pretesa di attribuire una realtà ‹coniugale› all’ unione fra persone della stesso sesso…per l’oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita…e per l’ assenza dei presupposti di complementarità interpersonale voluta dal Creatore tra maschio e femmina…”[3]    Da ciò comprendiamo come sia necessaria una lettura in profondità per comprendere i limiti di tali tendenze e, soprattutto, per riportare in superficie il valore familiare in tutta la sua bellezza e verità.    Ci lasciamo guidare, in questa necessaria riscoperta, dalla saggezza del Magistero stesso, il quale sostiene che vi può essere famiglia solo grazie “al patto tra uomo e donna, fondato su una reciproca e libera scelta che implica la piena comunione coniugale orientata verso la procreazione”.    La posizione della Chiesa è in piena sintonia con l’ art. 29 della nostra Costituzione, nel quale è stabilito che il matrimonio è il fondamento della famiglia!    Forse oggi più di ieri urge interrogarci sul significato del matrimonio, da alcuni considerato come la “tomba dell’ amore”, e, quindi, sul significato dell’ amore stesso!    Ma che cos’ è l’ amore se non un “puro donarsi”, mediante il quale chi è amato si sente “qualcuno”, esce dall’ anonimato, la sua vita è importante se merita il dono della vita di qualcun altro; e viceversa egli, donando la propria vita, fa capire il valore della vita dell’ altro.    E’ proprio in questa logica che ha senso il matrimonio, quale atto umano con il quale ci si impegna a giocare insieme fino in fondo l’ avventura della vita, qualunque cosa accada… Ed è importante rammentare che tale logica non segue gli schemi di una certa cultura, pregna di “transitorietà e relativismo”, bensì fa della fedeltà, del “per sempre”, uno dei criteri più importanti della sua veridicità.       Occorre ricostruire un’ immagine adeguata del valore “famiglia”, in grado di mostrarne l’ effettiva originalità, in quanto forma unica, e sotto molti aspetti esemplare, di società dotata di progetto, di un senso, di finalità proprie e insostituibili: la famiglia è il luogo primario di relazioni interpersonali, prima e vitale cellula della società.[4]     In virtù dell’ istituto familiare ogni uomo non nasce, né vive e neanche muore solo: nella famiglia l’ uomo è iniziato al bene e alla verità, apprende cosa significa amare ed essere amati e quindi, in ultima analisi, fa esperienza del suo essere persona.    Amore-Vita-Educazione è il tripode sul quale poggia la soggettività sociale della famiglia     Essa trova il suo fondamento nel matrimonio, il quale non dipende dall’ uomo, ma da Dio stesso; il testo di Genesi ne è garante: Dio ha creato l’ uomo e la donna perché si amassero, facessero figli e popolassero la terra. In quanto sacramento il matrimonio è un’ alleanza di un uomo e una donna nell’ amore…, riflesso della comunione d’ amore tra Dio e gli uomini.    Tratti peculiari di questa alleanza d’ amore sono: la totalità, ossia il donarsi reciproco nella integrità personale; l’ unità, che rende i coniugi “una sola carne”; l’ indissolubilità e la fedeltà che la donazione reciproca comporta; la fecondità, a cui tale donazione naturalmente si apre.    Il matrimonio è ordinato sia alla procreazione sia all’ educazione dei figli: non è senza motivo che il magistero definisce la famiglia “santuario della vita, luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui essa è esposta”.[5]    Ma la famiglia è anche “scuola di umanizzazione e di virtù sociali”, grazie alla quale la persona, come già citavo sopra, è accolta come tale, cresce e si sviluppa in tutte le sue dimensioni ed è accompagnata nel suo “farsi uomo” e nel suo “farsi prossimo”.    Essa è realtà educativa per antonomasia di quei valori fondamentali del vivere sociale: socialità e socializzazione; accoglienza, ospitalità, apertura verso l’ altro; comunicazione, dialogo, confronto; gratuità, servizio, disinteresse; condivisione, solidarietà…[6]    Bastano queste poche righe per carpire tutta la ricchezza, profondità e bellezza della famiglia, nella quale ogni uomo si riscopre quale essere fatto per amare e senza amore non può vivere!     “l’ amore, quando si manifesta nel dono totale di due persone nella loro complementarità, non può essere ridotto alle emozioni e ai sentimenti, né, tanto meno, alla sua sola espressione sessuale. Una società che tende sempre più a relativizzare e a banalizzare l’ esperienza dell’ amore e della sessualità esalta gli aspetti effimeri della vita e ne oscura i valori fondamentali: diventa quanto mai urgente annunciare e testimoniare che la verità dell’ amore e della sessualità coniugale esiste là dove si realizza un dono pieno e totale delle persone con le caratteristiche dell’ unità e della fedeltà. Tale verità, fonte di gioia, di speranza e di vita, rimane impenetrabile e irraggiungibile fintanto che si rimane chiusi nel relativismo e nella scetticismo”.[7]                    [1] GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica “Familiaris Consortio”, Ed. Paoline, 1981, n.17[2] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 227[3] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,228[4] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,211 [5] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,231  [6] GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica “Familiaris Consortio”, Ed. Paoline, 1981, n.43-44 [7] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,223