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« Foglie e violeTest a Mento »

... qualcosa da leggere …

Post n°18 pubblicato il 25 Febbraio 2008 da polilitio
 

   

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Tutti siamo stati uno straccio, almeno una volta, e con questo ... ?

Adesso siamo splendidi libri, più o meno papiracei o ecologici ... magari solo ... logici ...

§§§

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Del resto, mi sembra appropriato.

Diciamo che dalla lirica alessandrina intimista siamo passati all’intimo fatto cartaccia.

E così, fra zucchine e cavoli, CD e cassette, frutta e buon pane, caciocavalli e bufale, nei super e ipermercati conpriamo anche i boxer da leggere, altro che il libro gonfiabile, da scrittori pallini gonfiati.

Contaminiamo la natura avvelenando la genuitità della verdura.

Ma la natura deve aver previsto un antidoto per il figlio che la sta avvelenando, e quando meno lui ci penserà scatterà l’operazione boccia il bocciatore e ripulisci il sito.

Insomma, viene in mente una favola, che si rarrava in ambiente editoriale, ma anche in vecchie librerie polverose di periferie, dove un vecchio libraio poteva rifilarti anche un libro stregato.

Un orbil, che si legge alla rovescia e si può fare a meno di finire, perché si sa già come va a finire, appunto.

La storia diceva che esisteva un tempo una famiglia benestante.

Così da esserlo ovunque si trovasse.

Questa famiglia intraprese la consuetudine di scrivere a turno, la sera, su un ampio brogliaccio, quel che paresse a ciascuno dei componenti.

Alla fine si dovette dare un taglio al volumone, e così fu spaccato con un fendente da un lato all’altro.

Si notò allora che una parte del libro era gialla, scadente, porosa mentre l’altra era bianca come ostia di Natale.

La parte bianca era di pura e fine cellulosa, fatta con gli alberi più teneri, pioppi, betulle, acacie, e l’altra invece si scoprì costituita da stracci reimpastati e trasformati in una carta molle e grezza.

Ecco, dissero gli appartenenti alla famiglia del brogliaccio bipolare, il libro fine e bianco è il libro di Qualità, mentre l’altro è invece da ritenersi confezionato con materia sempre valida e dignitosa, ma con il sospetto che possa essere costituita da indumenti troppo vicini a certe parti molto personali appartenenti anche a persone profondamente antipatiche.

Con la parte dichiarata così più scadente del librone fu fatto un libridinoso agglomerato che, trasformato in satura intimista, venne venduto con forti sconti in certi ipermercati, accanto al pane integralee ai sedani, alla verdura e alla frutta, ma senza fretta, perchè il buon libro, di qualità o di stracci, vuole tempo, pazienza, poca fretta e pretende una dedizione radicale, se deriva da poveri alberi che si sono sacrificati per lui, oppure una aderenza da boxer, se deriva da carta di stracci definita ecologica veramente un pò a sproposito.



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In questo modo dal linguaggio ìsono, duttile e strepitoso dei neonati si passava a quello rigido, complesso e semantico degli adulti.

E qui nascevano le specialzzazioni in diverse funzioni del linguaggio, in registri, si separavano i fattori e più in generale si distinguevano più o meno chiaramente le famiglie linguistiche.

***

*

Ora, non che io voglia che siano affidati agli stilisti i libri, o i loro eredi, CD megabitici e pennine gigabitike, altrimenti avremmo vestitu stracciati e logori come un tempo si portavano per necessità, e non per sfregio alla povertà o per possibile difesa dagli scippatori.

Tutti, da giovani, abbiamo avuto jeans sfilacciati e strappati, ma per mancanza di nuovi.
Adesso, se compri un paio di vestiti nuovi, se non sono strappati e bucati sei un morto di fame smodato, fuori moda.

Ma ormai dal fango dell’argilla mesopotamica siamo alla mota dell’esibizionismo sfrenato.
Esibizionismo del disprezzo della fame e della miseria, l’ultimo gradino della scalinata della torre di Babele.

***
*

La Mesopotamia.

In nessuna parte del mondo il cielo è blu cobalto come lì.
Lì hanno trovato le fonti d’ogni scienza.


Astronomia, geometria, quella che chiamiamo matematica e che prima voleva dire ogni sapere, l’economia, la legge della Casa, e po, nei grandi magazzini di Ninive o d’una altra città turrita, con giardini pensili e canali d’acqua intorno, si sono ingegnati, quei mercanti, quei bottegai, ed escogitare un sistema per proderre lunghi elenchi di mercanzie, inventari.

Probabilmente, pochi lo ricordano perché è meglio forse separare la poesia dalla bottega, tutto quello che ora è letteratura, narrativa, storiografia, poesia e così dicendo, nasce dall’inventario delle merci d’un bottegaio.

E poi ci si va a confondere con discorsi su libri di qualità e sulla mercificazione dell’arte.

Quando nella mesopotamia scrivevano, lo facevano su tavolette di fango.

L’uomo, la donna e il libro, almeno come sono i loro nipotini attuali, sono nati oggettivamente dal fango.

Eppure gli homines igienicamente disinfettati, riescono a chiedersi cosa voglia significare ‘libro spazzatura’.

Avete mai visto, e qualcuno lo fabbricherà, un libro con aspirapolvere?

Con su scritto ‘sicut ubra et pulvis vita hominis super terram …?

Ebbene, quello è un libro per spazzare, tanto per dire, no?

No.

Non è così semplice.

Eppure, quando il libri divennero di papiro, si quadagnò tanto di quello spazio da riuscire ad ospitare un numero enormemente più grande di opere in uno spazio davvero molto più piccolo.

Ma il presso pagato fu altissimo, per questo vantaggio.
L’immensa biblioteca di Alessandria, l’esempio probabilmente unico e irripetibile di tempio della cultura e della memoria, di museo e di laboratorio ove i bibliotecari erano lettori, autori e modellatori di collocazione e tipi di papiro, andò distrutta da un incendio catastrofico causato dalle eterne risse economico religiose fra europa e asia.

***

L’argilla non sarebbe bruciata.

Ma le sue tavolette, oggettivamente, occupano troppo spazio.

Così la civiltà del papiro, insieme alla maggior parte della letteratura greca, possiamo dire proprio che andò a rotoli.

La perdita fu immensa, ma si possono consolare tutti i nemici del bel tempo passato, tutti i nemici della classicità, della cultura greca e dei faticosi studi letterari.
Una parte vastissima dei testi in lingua greca andò bruciata, e questo fu il guadagno dei devastatori di quell’immenso deposito di sapere.

La qualità dell’argilla?

La qualità del papiro.

La qualità dell’argilla può essere squisita.

Quasi tutto quello che sappiamo sulla civiltà sulla terra lo docciamo alla ceramica, all’ostrakon, a quella pasta finissima e sapientemente dipinta e intarsiata che rappresenta l’arte ceramica presso tutti i popoli.

Il periodo geometri greco ne è un esempio altissimo.

Plasmare la creta aiuta ad esprimersi, solleva l’animo, insegna a ciascuno di noi che può imparare ogni momento dagli altri e dalle proprie azioni intelligenti.

Ma la creta può anche essere pessima, può essere fango, metafora di intelligenza perversa, di falsità e di calunnia.

Possiamo noi scrivere un verso sublime sul fango?
Si.

Il fango sarà sublimato, pur rimanendo fango.

Possiamo scrivere fesserie sul più fine papiro?

Certo.

Sarà come servire sale sopra fine porcellana.

La qualità materiale non corrompe il portato, e la stupidaggine scritta sulla migliore carta, resta corbelleria.

La qualità è data da qualcosa di sublime sulla materia adatta.

E del resto si sa che la letteratura è nata nelle botteghe mesopotamiche, come lunghissime liste di mercanzie.

La mercificazione dell’Arte?
L’arte è nata al servizio della bottega, non sempre dell’economia, che vuol dire ‘legge della Casa’.

Avete fatto caso come nelle Scuole nostre, nei Licei, nei Commerciali, nei Professionali vengano ignoreti i significati primigeni delle parole, e come vengano invece adottai quei tracciati semantici che sono per ultimi suggeriti e imposti da scrittori ‘alla moda’, siti web, televisione?

In genere i giovani non sanno che fax è una parola latina, che significa: scopiazza.

Fac simile!

Economia per loro non vuol dire ‘legge della Casa’, ma contabilità o tircieria.

Web e computer, non sanno cos vogliano dire.

Lanciano, accendono, cliccano, passano notti e pomeriggi a computer magari per giocare al solitario, con le macchine, con i mostri, ma non conoscono che l’ultimo significato delle cose che fanno.

Passami una cartuccia …

Fra cacciatori, potrebbe essere una frase fatale.
E’ stata avvistata una povera volpe, una lepre.

Invece è finito l’inchiostro.

***

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Occorrerebbe dedicare un po’ di tempo alla semantica, ma la cosa probabilmente non piace a chi concepisce il linguaggio più come ‘bella menzogna’ che come attività cauta e precisa.

Del resto, del bel tacer, non fu mai scritto …

***

Ma in un paese dove per selezionare i significati delle parole si fa ricorso all’operato quasi invisibile d’una hdèmia che prende il nome quasi dalla pùla, c’è poco da aspettarsi di interessante.

Ma ad ogni modo il sistema linguaggio va avanti così da tanto.

Ad esso, strumento di ‘comunicazione’ , è affidata ogni attività umana, eppure solo da poco esistono deigli speciali codici grammaticali e lessicali, che in genere chiamiamo grammatiche, sintassi e vocabolari.

Ogni sistema linguistico, fissato in una determinata epoca sincronicamente, la le sue grammasintassi e lessici.

Ne deriva un sistema di una complessità persino grottesca, se pensate poi a quanti dialetti, spesso disprezzati, e a quanti gerghi convivano con le aristocatiche lingue parlate e letterarie.

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Opera naturale è ch’uom favella
ma così o così, natura lascia
poi fare a voi, secondo che l’abbella …

Paradiso, XXVI, 130\132

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