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Da un'opera pubblicata nel luglio 1945 a Padova e concernente la dottrina sociale della Chiesa a confronto con l'ideologia marxistica traiamo il seguente passaggio: "Che lungo il corso dei secoli l'appropriazione individuale delle ricchezze abbia causato dolori senza nome e spremuto lagrime e sangue dagli occhi e dalle vene della povera umanità, è un fatto patente e tragico, il quale però non va imputato all'istituto della proprietà privata, ma all'uomo vecchio, a questo relitto squilibrato e delinquente, senza luce e senza amore; il male non sta nelle cose, ma nell'uomo; la diagnostica marxista attribuisce invece alle cose il male di cui l'uomo è affetto e nelle cose vede la causa dei dolori dell'uomo e delle sventure della società. Siamo di fronte ad una diagnostica miope. L'uomo vecchio, il senza luce e senza amore, vuol essere ricco, ricco ad ogni costo e crede di diventarlo accaparrando e serbando gelosamente per sé i beni di cui si appropria; egli non vede, non capisce, che per questa via finirà col precipitare nell'orrido squallore della più misera miseria; egli non capisce, non può capire, che l'uomo è ricco e s'arricchisce solo in funzione di ciò che dà agli altri, non di ciò che serba per sé [...]". La riforma sociale è così lasciata ed affidata ad una individuale "conversione del cuore", prescidendosi in definitiva dall'azione politica, ed infatti nella stessa opera si dice che il Cristianesimo non ha "come fine diretto la riforma della struttura giuridico-economica della società"; purtroppo, poi, "i grandi ed essenziali rivolgimenti giuridico-economici, anche sotto l'influsso di efficaci idee morali, sono lenti e la loro attuazione cozza di continuo contro le accanite resistenze che l'uomo vecchio oppone".
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