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Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto i post vi sono pubblicati senza alcuna periodicità e in mera casuale relazione alla disponibilità di tempo di chi li scrive e non può, pertanto, essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7 marzo 2001.

I post del presente blog non possono neppure considerarsi alla stregua di un "aggiornamento", dal momento che non può sussumersi sotto tale concetto l'esporre in sequenza opinioni pubblicamente formulate e dibattute da secoli, con riferimento ad alcuni dei testi nei quali esse potevano e possono leggersi.

 
Creato da: Ledantec il 20/07/2008
sulle pretese veritative della religione

 

 

A PROPOSITO DI PARRUCCHIERI PER DONNE

Post n°884 pubblicato il 18 Marzo 2012 da Ledantec
 

Scrive in un manuale per confessori un moralista settecentesco che, ove al sacramento della Penitenza si presenti un barbiere o un parrucchiere, il confessore deve, tra le altre cose, chiedergli "se fa la testa alle donne, secondo l'uso maledetto oggidì introdotto dal Demonio. Io tengo che (comunemente parlando) ciò sia a' giovani occasione prossima di peccare mortalmente con compiacenze sensuali, o almeno con cattivi desiderj; onde dico non potersi permettere ad alcuno che non ne avesse una lunga esperienza in contrario. Che se mai alcuno avesse sperimentato per qualche tempo notabile di non esservi caduto, questi non può condannarsi di peccato mortale: ma con tutto ciò procuri il Confessore di rimoverlo quanto può da un tal mestiere, che in se certamente è pericoloso. Non entro qui poi a discifrare il punto, se le donne che si fanno far la testa dagli uomini, possano stare o no  in buona coscienza [...] Almeno il mio Lettore (cioè il sacerdote che confessa) loro imponga, che facciano diligenza di trovarsi qualche donna che sappia fare lo stesso officio; e non trovandola, almeno non si servano de' giovani, e specialmente di taluno del quale siansi avvedute da' portamenti che non operi con semplicità. Del resto certamente credo che le donne di più delicata coscienza non si serviranno degli uomini per adornarsi la testa, ma si contenteranno delle donne al miglior modo che lo sanno fare". 

 
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SUL CARATTERE DELLA PREDICAZIONE CRISTIANA PRIMITIVA

Post n°883 pubblicato il 18 Marzo 2012 da Ledantec
 

Nota ancora lo stesso autore italiano novecentesco, che per il cristianesimo dei primi secoli "imminente era ormai la catastrofe finale. Gesù lo aveva annunziato: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intiero, se poi perde l'anima sua? Poiché il Figliuol dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo il suo operato. In verità io vi dico, che alcuni di quelli che sono qui non moriranno prima d'aver veduto il Figliuolo dell'uomo venire nel suo regno" (Mt., XVI, 26; Mc., IX, 1). "Vi saranno - dipinge Luca - portenti nel sole e nella luna e nelle stelle, e sulla terra sgomento di popoli, smarriti, per il rimbombo del mare e dei flutti, tramortendo gli uomini dallo spavento e dal presentimento dei mali imminenti alla terra; poiché le potenze dei cieli saranno scosse. E allora vedranno il Figlio dell'uomo venire in una nuvola con potenza e maestà grande. Ora, quando tali cose cominceranno ad avverarsi, guardate in su e levate la testa, perché vicina è la vostra liberazione" (XXI, 25 sgg.). In un'età piena di visioni, di profezie, di apocalissi, di esaltazioni e rapimenti d'ogni genere non è meraviglia fossero credute tali fantasticherie, le quali, naturalmente, grave documento contro la postuma divinizzazione del Figlio dell'uomo, non si avverarono. Però il fanatico autore delle lettere ai Tessalonicesi (IV, 15 sgg.) aggiunge nel suo delirio: "Vi diciamo dunque sulla parola del Signore che noi, i viventi, i rimasti alla venuta del Signore, non precederemo i trapassati, poiché il Signore, lui stesso, al segnale dato, alla voce dell'arcangelo, allo squillo della tromba divina, discenderà dal cielo; e da prima i morti in Cristo risusciteranno; poi noi, i viventi, i rimasti, saremo insieme con essi rapiti sulle nubi in aria incontro al Signore; e così saremo sempre col Signore". Similmente il seminaparole, deliro che catechizza turbe d'insensati, scrive (I Cor., XV, 51 sg.): "Ecco un mistero, che io vi rivelo: non tutti noi morremo, ma tutti saremo trasformati, in un attimo, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; poiché squillerà la tromba, e i morti risorgeranno incorruttibili, e noi, noi saremo trasformati". E' il cieco che guida altri ciechi. Così, tra invasati, idioti e furbi si costruiscono le religioni".

Questi aspetti della predicazione cristiana primitiva sono oggi, e da lunghissimo tempo, passati per lo più sotto stretto silenzio, ponendosi l'accento su altri aspetti della stessa religione, per la genesi della quale fu tuttavia fondamentale la credenza in una prossima "fine del mondo", ossia nell'avvento di un incombente "Regno di Dio", che fu poi reinterpretato come "Chiesa", sicché le profezie sul Regno di Dio furono, con chiara forzatura, applicate alla Chiesa Cattolica.

 
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L'EVOLUZIONE DI UN DOGMA PROPRIO DELLA RELIGIONE CRISTIANA CATTOLICA

Post n°882 pubblicato il 18 Marzo 2012 da Ledantec
 

Quanto alla madre di Gesù, alla quale i Vangeli attribuiscono il nome di Maria, "solo dopo 19 secoli, nel 1854, la Chiesa di Roma si pronunciò asserendone il concepimento immacolato e la verginità prima, durante e dopo il parto dell'unico figlio" come nota un autore italiano novecentesco, ma la verginità perpetua della madre di Gesù non fu, sin dall'inizio, credenza da tutti condivisa: "La credenza al parto verginale appare per la prima volta verso il 160 nel Protevangelo di Giacomo (17-20) e riuscirà a diffondersi universalmente solo dopo Agostino, dal V secolo. Miracolo, cui non crede Paolo (Lettera ai Galati, I, 19), non Origene, non Clemente alessandrino, non Eusebio (II, 1), non il Crisostomo (Omelie su s. Gio. Evangelista, XXI), non Epifanio, che crede a un precedente matrimonio di Giuseppe", e neppure Tertulliano, "il quale afferma che, dopo la nascita di Gesù, la madre ebbe regolari rapporti coniugali, così come sentono Apollinare, s. Cirillo (ep. I) e altri molti".   

 
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NON C'E' SOLO L'INFERNO

Post n°881 pubblicato il 01 Marzo 2012 da Ledantec
 

Scrive un Autore (il Vescovo D. Mannajoli, "L'atto eroico di carità in suffragio delle anime del Purgatorio", Tipografia Poliglotta Vaticana, 1932), a proposito dello "stato intermedio" che la dottrina cattolica pone tra inferno e paradiso, che "non v'ha dubbio che le pene del Purgatorio, ancorché temporanee, per l'atrocità trascendono la più aspra sofferenza della vita terrena, e però (s'intenda "e perciò") s'impongono senz'altro alla più seria considerazione di un'anima fedele"; prosegue lo stesso Autore, con riguardo all'intensità delle pena riservata all'anima purgante, che "siccome (s'intenda "come") nel fuoco è punito il reprobo nell'Inferno, così del pari nel medesimo fuoco sarà purgata l'anima eletta, e precisamente con acerbità tanto maggiore, quanto più grande fu il numero e la gravità delle colpe mortali che commise durante il terreno pellegrinaggio". Ancora, aggiunge egli, richiamando un altro Autore (il Segneri), che "può darsi il caso che qualcuna delle anime del Purgatorio, toltane la disperazione (propria della pena infernale, perché non remissibile e quindi eterna), patisca più, secondo lo stato presente, di quel che patisca qualche anima nell'Inferno: il che di leggieri può avvenire, quando un'anima nell'Inferno patisca per un sol peccato mortale, non detestato dinanzi all'estremo passo: e un'altra nel Purgatorio patisca per mille e mille peccati, detestati bensì ma non soddisfatti".   

Quindi, può, secondo la dottrina cattolica, accadere che un'anima nel Purgatorio soffra più intensamente di qualche anima nell'Inferno, con la fondamentale differenza, di ordine temporale, che la pena nell'Inferno è eterna, mentre quella nel Purgatorio è temporanea; ciò in ragione del fatto che si può finire all'Inferno anche con un solo peccato mortale, purché prima della morte per esso non vi sia stato pentimento, mentre se sono commessi molti peccati mortali, ma per essi vi è pentimento prima della morte, si va al Purgatorio, soffrendovi temporaneamente, ma più intensamente dell'anima che è finita all'Inferno per un solo peccato mortale, la quale tuttavia è destinata a soffrire tale pena meno intensa (un fuoco che brucia di meno) in eterno.

Si è spesso sottolineata l'inumanità della dottrina dell'Inferno, ma non si è adeguatamente focalizzato che anche il Purgatorio, con le sue pene che l'Autore testé citato non esita a qualificare atroci, non scherza.

 
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SACRE CIRCOLARITA'

Post n°880 pubblicato il 31 Dicembre 2010 da Ledantec
 

Secondo un autore cattolico (E. Florit, "Ispirazione e inerranza biblica", Roma 1943, pag. 5 e seguenti), per stabilire se un libro è divinamente ispirato o no, cioè per stabilire quali libri facciano parte delle Sacre Scritture e contengano la rivelazione divina, occorrerebbe, scartati altri criteri, come il criterio storico, quello dell'esperienza personale, ecc., riconoscere come unico criterio valido quello della "testimonianza formale di Dio stesso, che ci proviene dalla Tradizione apostolico-ecclesiastica".

E' facile notare la circolarità dell'argomento: un'opera potrebbe considerarsi "sacra scrittura" se tale la ritiene la Chiesa, che a sua volta, però, può ritenersi depositaria del potere magisteriale d'individuare le sacre scritture, di rettamente interpretarle, ecc., perché il conferimento di tale potere si deduce da alcuni passaggi scritturali.

Circolare è anche l'argomento quando chiama in causa la "testimonianza formale di Dio stesso", identificata con la "Tradizione apostolico-ecclesiastica": tale identificazione si fonda anch'essa, in ultima analisi, su passaggi scritturistici, la cui "sacertà" e la cui infallibilità dovrebbe a sua volta provarsi a partire da quella medesima Tradizione...

Il serpente che si mangia la coda.

 
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