POESIA, Anima mia...

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Creato da mizomarea il 08/10/2009

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Racconto inedito...2. Ovviamente va la letta prima la 1.

Post n°34 pubblicato il 27 Ottobre 2009 da mizomarea

 

C’ era molta agitazione giù al ponte, la gente si ammassava e perfino le foto dovevano farsi spazio. Lo stesso spazio che c’era tra i due corpi distesi a terra… sporchi , ma ancora vestiti…pallidi…morti. Non avevo la più pallida idea di come intitolare l’articolo o cosa potesse essere successo a due ragazzi come loro, sulla 25ina… e perché poi? Comunque erano facce note ai miei ricordi… alla mia pelle… ma nulla tornava alla memoria forse solo una musica… una musica. La polizia, comunque, mi tolse ogni dubbio: SUICIDIO!!

Restai immobile… immobile per almeno 2 ore… suicidio… ad immaginare, cosa in cui ero bravo soprattutto la notte, ma niente di quel che era successo mi si mostrò…non che dovesse apparire per forza, non ero certo un medium. Mi ripresi, erano le 13.00 e finii di scattare le ultime foto ( anche se non riuscivo a capire come mai i corpi di quei due ragazzi fossero ancora li… non fossero stati portati via… ) e non troppo pensieroso tornai allo studio. Quando arrivai convenni tra me e me che di suicidio non si trattava ed era per questo, probabilmente, che i corpi erano ancora là, dopo tutto quel tempo trascorso, pensai che il mio lavoro era fare soldi attraverso gli altri e se sofferenti o traditori o morti come in questo caso, a me non poteva che andare bene così. C’ era una cosa però che ancora mi arrovellava, la familiarità di quei volti, ancor di più di quella pelle… forse un odore e… la musica. Ero quasi in trance quando qualcuno mi passò di fronte, mi prese per il colletto della camicia e mi trascinò via, quando capì dov’ ero la sua bocca già scivolava su e giù e le mie mani inconsapevoli già le massaggiavano il seno piano… premendo il capezzolo più forte fino a farla gemere e prendere fiato.

Venni. Erano le 15.00 ed andai a mangiare qualcosa.

Non avevo combinato un gran che fino a quel momento, pioveva, faceva un po’ freddo anche dentro al bar dove mi trovavo e decisi di prendermi una tazza di thè caldo… ma ci ripensai…dopo un hamburger con patate…ci ripensai ed optai per una ceres fredda, mentre in lontananza vidi nascere un arcobaleno.

La trance era di nuovo vicine, quando un uomo, scuro in volto, con tanto di cappotto nero anti pioggia, si sedette vicino a me. “Buona sera”. Esordì, ed io ricambiai il saluto un po’ perplesso.

L’ho vista arrivare, prima, e mi è parso che qualcosa la turbasse.”

Piacere, sono Frau e credo di poterla aiutare.” Io non riuscivo ancora a parlare, alchè lui continuò: “Ero al fiume stamani, poveri ragazzi, frequentavano spesso questo bar, si sedevano proprio qua dove adesso ci troviamo, ma da qualche giorno non si vedevano. Sa io lavoro qua di fronte, faccio le consegne per il fioraio e vengo spesso in questo luogo.”

Mi ripresi.”Buona sera.” Dissi nuovamente. “Perché crede che sia turbato per questa storia, non è la prima volta che mi capitano situazioni del genere, anche se a dire il vero preferisco cose meno drammatiche.” “Mi scusi, mi chiamo Faost e mi sembra di averla già vista da queste parti!?” Mi fissò incredulo, ma feci in tempo a riprendermi: “Beh, l’avrò vista qui in giro, visto che lavora proprio qui di fronte.” Ma questo non mi bastava, c’era altro, ma cosa? Riprese a parola. “Qualche giorno fa, proprio qui, i due ragazzi vennero avvicinati da una donna, molto elegante, femminile, bella. Parlarono per un po’ e poi se ne andarono tutti e tre assieme con un auto, una Mercedes blu notte.” Era la seconda volta da quando ero sveglio che pensai alla notte. “Ecco vede… è quella, parcheggiata là, accanto al banco del fruttivendolo.” Parlai io: “Lei mi sta dicendo che da quel giorno i due ragazzi non sono più venuti in questo posto? Mi sta dicendo che scomparvero, in un certo senso, fino a stamane, all’ alba, quando sono stati ritrovati? E quella donna?” Frau si alzò e parlò piano: “Si, questo le ho detto, credo che ci sia qualcosa che collega gli eventi, credo che lei sappia più di quanto appare, e che tutta questa vicenda oltrepassi ciò che appare per conoscere ciò che accade.” Se ne andò, senza darmi il tempo di poter capire meglio. “Arrivederci!”

Le 16.30… fugge il tempo.

Decisi di tornare un po’ in studio per dare un’ occhiata alle foto, per scrivere qualcosa al riguardo e pensare al perché, perché questa vicenda aveva assunto caratteristiche così importanti per me. I miei colleghi erano a lavoro, il capo era fuori… mi fermai un attimo da Mayu, una collega carina e sempre disponibile per un consiglio o due chiacchere. Le chiesi se avesse saputo della vicenda accorsa nella cittadina, la mattina stessa. Con il suo fare dolce si mostrò dispiaciuta e guarda caso, tranne me, anche lei li aveva visti spesso al bar e nel parco qua vicino, pur non conoscendoli di persona avevano anche un amico in comune. “Stasera vado a trovare Seko, è da stamani che piange e non sa darsi pace per quello che è successo, cercherò di tirargli un po’ su il morale, so che lui farebbe lo stesso per me.” Disse.

A quel punto pensai che era bello avere degli amici veri, che sanno quando è il momento di starti vicino e non lo fanno solo quando c’è da divertirsi.

Lei non mi invitò ed a me non sembrava corretto che per avere delle informazioni al riguardo avessi dovuto disturbare il loro incontro, quindi la baciai sulla guancia e mi diressi verso la mia scrivania. Una volta seduto la prima cosa che mi passò per la mente fu il pensiero di che cosa avrei fatto più tardi, a cena , dopo…, ma svanì subito pur ripromettendomi che non avrei trascorso la notte in casa… e neanche la cena… ed a pensarci bene non so quanto tempo fosse che non lo facevo. E pensai ancora: “Jenny… quando l’amore ci investì eravamo giovani, meravigliosi, sinceri… “Accarezzarti era come un ‘onda e baciarti come il mare… o come una montagna di panna…, Jenny abbracciati su quel divano distrutto, ma comodissimo, e la notte, Jenny, sempre sotto le coperte a guardar le stelle attraverso il soffitto che non era trasparente, ma per noi tutto era possibile… adesso Jenny non ci sei… ma io non ricordo perché uscisti e poi mai più facesti ritorno… ti amo piccola.” Ecco quanto tempo era… 5 anni… soltanto 5 anni, abitavo ancora in Francia a quell’ epoca, dopo qualche tempo dopo aver cercato invano il mio amore decisi di andarmene ed arrivai fino a qua in Inghilterra.

Con la testa tra le mani cercavo di avere un’ intuizione, qualcosa che potesse chiarirmi ciò che fino a quel momento era successo. L’uomo scuro, la donna, la macchina parcheggiata vicino, i due ragazzi morti…( il mio capo, mayu, … ) ed io che in qualche modo sapevo di essere coinvolto, ma non sapevo se, soltanto per lavoro, o per qualcos’ altro, di più profondo, di misterioso e Jenny? L’ avevo lasciata andar via, forse, in fondo, credevo che potesse meritare qualcosa di migliore, qualcosa di più di un sogno… chissà, Jenny.

Respirai profondamente…meditando un OM… ed un’altra… un’altra ancora… e vidi il mio cuore battere e questo, ancora una volta, mi rallegrò.

Cazzo! La macchina!” Non avevo rinnovato il ticket del parcheggio, come d’abitudine e ciò che mi aspettava era l’ennesima multa da impilare tra le altre in attesa che… un giorno, venisse l’esattore per pignorarmi, presumibilmente, l’oggetto in questione. Mi riproposi di meditare più spesso, se fosse servito ad evitarmi questo tipo di guai, “cazzo!”. Ma forse in questo momento era l’ultimo dei miei problemi visto “l’ andazzo” della situazione in atto.

 

Sentii una voce: “… non dimenticarmi, portami sempre nel cuore…”.

Era molto tempo, che durante la giornata non veniva a farmi visita… di solito soltanto la notte si manifestava. Perché?

“…apri gli occhi dolce amore e guardati le spalle…”. Continuò. Jenny?

Diversamente dal solito non le diedi peso… avevo altro a cui pensare e non avevo ben chiaro neanche a cosa. Si fecero le 18.30, mancava poco alla fine della giornata lavorativa, che in fondo non era stata un gran che. Tranne che per gli incontri con il capo, che vidi arrivare dalla vetrata del mio ufficio con quella camminata decisa sicura di chi sa cosa vuole e come lo vuole. Sapevo cosa mi aspettava , o quasi… , ma “… guardati le spalle…”, sussurrò al mio orecchio. Entrò senza bussare, mi fece intendere che eravamo soli, si voltò, mi guardò, si alzò piano la gonna e piegò sinuosa la schiena, accarezzandosi lenta il filo del tanga appena accennato; la voce che mi stava suggerendo qualcosa sparì e come lei tutto il resto. Mi avvicinai, già forte ed audace, presi in mano i suoi fianchi ed appoggiai il mio ventre…, ma non era quello che voleva, mi morse una guancia e… “ baciami, uccidi, sazia la tua sete…”, disse dolce. Con la mano spinse la spalla mia verso il basso, la bocca mia scivolò giù mordendo le piccole morbidezze che incontrava… arrivata alle natiche, impaziente lasciò saliva cadere, ed avida scese ancor più… giù, ormai era lì, con la mano aiutai il suo tragitto, lei già, ansimava e fremeva… “…uccidimi…”. Il suo buco morbido si dilatò d’incanto e sentori primitivi mi accolsero e pervasero… le sue labbra poi, schiusero ogni desiderio e come un’ orchidea fiorirono fino all’ ultimo dei suoi gemiti. Venni anch’ io, al solo pensiero di essere stato lei in quel momento, in quell’occasione.

Le 7.30, uscimmo assieme, dopo essersi lasciati qualche impressione sugli eventi della giornata, mi disse che avrei dovuto consegnarle l’articolo per giovedì pomeriggio, al massimo. Avevo ancora due giorni, oltre a quello trascorso. Una volta fuori, ognuno andò per la sua strada… lei sembrò svanire tutt’ un tratto.

Feci 300 m verso il parcheggio, pensando alla multa, il sole piano stava tramontando e pensai, in più, a quanto dolce fosse Marta, o il suo sapore… il mio capo. Mi passai le dita sulla bocca, ancora sue e mi vidi debole di fronte a lei… ma anche questo pensiero svanì presto. Ero quasi giunto alla macchina quando vidi l’uomo del bar appoggiato ad un mercedes nero che mi osservava. Non so perché, ma mi avvicinai. “Salve!” Dissi. Lui alzò gli occhi e mi poggiò una mano sulla spalla, poi disse: “Prendi la macchina e seguimi, devo mostrarti una cosa”. La sera stava giungendo e la notte era vicina…

 

 
 
 

Racconto... inedito. 1.

Post n°33 pubblicato il 27 Ottobre 2009 da mizomarea

 

Capitolo UNO: il giorno…

 

 

Erano le 7.00, di un giorno qualunque, un qualunque giorno ed in quel momento la sveglia suonò.

Alzarsi, al solito, non fu facile: annebbiato, annerito… incomprensibilmente presente, comunque, dopo un’ altra notte spesa, appesa tra ciò che si è… e ciò che si appare.

Il caffè venne, come al solito puntuale, ed in quel periodo almeno lui ci riusciva, dopo essere stato preparato con cura… non troppo pressato, ma molto profumato. Attesi che non più bollente potesse essere sorseggiato, ma non troppo lentamente, due sorsi per riprendersi dal coma apparente… fino al bagno. Davanti allo specchio, spettinato mi piacevo… mi piacevo al mattino e non mi dedicavo mai molto tempo… tanto ero bello.

Erano le 7.20 e mi infilai i pantaloni, sentii il mio cuore battere e questo mi rallegrò… dopo la maglia toccò alle scarpe… ma non quelle della notte, come niente della notte avevo indosso, tranne i tatuaggi…la mia pelle.

 

OM…OM…OM…respiravo profondamente ogni mattina ed inseguivo sempre, fin da ragazzo, quel suono, quel perfetto accostamento di lettere così profonde da ricordarmi il blu il mio colore preferito. Lo inseguivo perché anch’ io, anche se, nessuno lo capiva avevo bisogno di credere in qualcosa… qualcosa che c’ era e poi fuggiva via, respiravo comunque.

Guardai per un attimo quella montagna , che ormai vicina al soffitto, mi impediva di vederne al di là, pensai che l’avrei scalata, ma visto che di vestiti si trattava, convenni con me stesso che avrei sistemato tutto al più presto… .

Una nuova giornata stava prendendo vita… ero pronto. Finalmente uscìì di casa ed erano appena le 7.40. Appena fuori, solo allora, mi resi conto di quanto il sole fosse già alto e di quanta luce, già, illuminava tutto quel brulicare di persone, che chi per un verso, chi per un altro si accingeva agli impegni di giornata. Era la prima volta da quando ero sveglio che…pensai alla notte. Salutai il giornalaio, dal quale non acquistavo mai niente, e lui ricambiò, facendomi intendere, però, che ne avrebbe fatto volentieri a meno.

Accesi lo stereo, volume medio e sperando che il traffico fosse solo un miraggio mi trovai a lavoro in un attimo ed un attimo dopo già nudo mi ritrovavo disteso sulla scrivania del mio capo ( una donna, tanto per intenderci subito… ), che da un po’ di tempo a questa parte mi aveva anticipato l’entrata in servizio per far si che potessimo organizzare al meglio il lavoro quotidiano non privo di avversità… e così facevamo.

Avida la sua bocca finì per allontanarmi così tanto da dove mi trovavo che ripresi consapevolezza del fatto solo quando decise che voleva lei godere… a me passò il compito e la sua avidità di cui andavo pazzo! Il tempo fuggiva in quei casi di violenta dolcezza. L’ora degli altri arrivò puntuale. Pronti, ben vestiti, preparati… un breefing ( dopo il mio privato… ), un caffè e via fuori a cacciar notizie…a scattare foto a cercare celebrità o atti criminali… via!!

Succedeva spesso che il capo, una donna di 35 anni con l’indole di un’ adolescente inquieta e dalla pelle del color della luna, mi richiamasse per un approfondimento del caso ( … la battuta è scontata… ), appena l’ultimo collega fosse uscito dall’ ufficio. Come è facile immaginare, non potendomi tirare indietro per una questione di ruoli e competenze sul campo mi mostravo sempre ben disposto e lieto di imparare. Quel giorno imparai quanto è importante donare per divenire ricchi… d’emozione s’ intende.

Le piaceva tenermi stretto, mentre i nostri corpi ondeggiavano ed il pensiero che li, a quell’ ora qualcuno potesse vederci neanche ci sfiorava… tutto si dilatava… si perdeva… anche se a qualcuno piaceva vederci. Un amico suo tramite un videofonino, a me non poteva che piacere questa cosa visto che lei impazziva ancor più… e mi trascinava dove più le piaceva e si lasciava trascinare dove più desideravo… con il corpo e con la mente.

Erano le 10.00 e finalmente riuscii ad uscire per il mio articolo; non lavai nessuna parte di me che avevo, da poco, condiviso con lei, questo mi piaceva, mi eccitava, mi faceva sentire forte… immortale, senza limiti alcuni e nel mio lavoro era molto importante non indugiare mai.

Si trattava di cronaca nera mista a rosa ( forse )… forse fuxia: qualcuno era morto, qualcun altro… lo sapeva già.

 

 
 
 

POESIE:

Post n°32 pubblicato il 26 Ottobre 2009 da mizomarea
Foto di mizomarea

Follia...

 

""E' in quegli occhi che cogli VIOLENZA...uguale sofferenza...

in un attimo poi la gioia più grande infinita...pura...

un sorriso unico che squarcia l'orrore, che dal cuore profondo giunge

per un attimo vicino al PARADISO...

PAZZI NON SI NASCE SI DIVENTA.""

 

 

Odori...

 

""Gli odori erano morbidi ed intensi...

liquefatto il piacere colava

assuefatto il mio essere desiderava...

quella notte ed altre notti come giorni ed altri giorni...

intenso l'ardore...

morbido il sapore...

eterno ilsuo PIACERE.""

 
 
 

I veri LITFIBA live-Cane.

Post n°30 pubblicato il 23 Ottobre 2009 da mizomarea

 
 
 

Litfiba - Paname-musica

Post n°29 pubblicato il 23 Ottobre 2009 da mizomarea

 
 
 

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