VIPERA AEMME

di Alga Madìa

Da piccola papà mi ha raccontato del mare. Mi ci accompagnava insegnandomi tutto, ad amarlo e rispettarlo come una sposa. Con lui le mie prime immersioni, ore ed ore di snorkeling. Lui lo amava e per me non è stato difficile fare altrettanto fino a sentirmi parte integrante dei suoi movimenti, dei suoi umori, dei suoi andamenti, qualunque fossero. Il mare è parte della mia vita e non saprei vivere in un posto diverso, che non sappia offrirmi di vederlo giornalmente, di lasciare che il mio sguardo si perda fino a quella linea di infinito e fantasticare cosa c’è dietro. E’ estate, estate piena e del mare se ne ricordano tutti, pure quelli che lo amano meno. I miei pensieri si fanno largo e, come una sveglia che suona sempre alla stessa ora, arrivano ed è difficile mandarli via. Percorro lentamente la riva mentre l’acqua mi arriva alle caviglie, il mare è mosso oggi e il vento mi permette di non sentire il vociare, a volte fastidioso, dei bagnanti. Attorno a me – come dire - il mondo di quark,  un mondo variegato, fatto di persone talmente diverse che sembra si concentrino solo in spiaggia d’estate. Chilometri, forse due, tre, perdo il controllo e non so bene dove mi ritrovo. I miei pensieri si scostano dalla mia mente perchè una coppia di signori anziani passeggia tenendosi per mano che non si capisce chi dei due si appoggia all’altro. Un lieve sorriso mi fa immaginare la loro vita insieme, un vissuto ricco di esperienze, di cadute e di recuperi. Poi una bimba si prende la precedenza tagliandomi la strada con in mano un secchiello più grande di lei pieno d’acqua. La seguo con lo sguardo: è bellissima, come sarebbe stata Emma, con i capelli ricci e biondi e gli occhi chiari come quelli di papà. Rovescia il secchiello sul giornale del suo papà, e lui incredulo la prende come fingendo di punirla buttandola in mare. Lei ride soddisfatta. Un gruppo di ragazze dorme sotto il sole – neanche una, sveglia -. Signore di una certa età con un “due pezzi” demodé, che lascia scoperto un dito tra seno e pancia. Altre più giovani che ostentano bikini su fisici over size che visti da dietro si perdono nelle loro carni. Un tizio mi guarda ammiccando un sorriso e sentendosi un conquistatore irresistibile. Magari se prima di uscire di casa avesse dedicato 30 secondi della sua vita a darsi un’occhiata allo specchio, ora non avrebbe usato quello stesso sorriso ebete che lo rende, ai miei occhi, molto poco Casanova. Una ragazza su un lettino decide di intraprendere la sua nuova attività di estetista e cerca di impratichirsi accanendosi sui punti neri delle spalle del suo fidanzato. Non manca nessuno: fisso qualche idiota che fuma e butta la cicca della sigaretta in mare e qualche mamma che per non alzarsi grida dall’ombrellone al figlio che è in acqua che è tempo di uscire, che bisogna andare via. Tanto il vento è più forte e sento solo la risposta del figlio che dice “Vabbè” ma si gira e si rituffa in acqua. Poi i palestrati depilatissimi. E’ il mare dell’estate, mio in ogni stagione e pur così colorato strapieno di mille animali diversi, non finisce mai di affascinarmi. Il mare dentro. Fuori può succedere di tutto.

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