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LA VIPERA - FACCIAMO PACE COL MONDO?

Post n°146 pubblicato il 27 Ottobre 2010 da chevipera29
Foto di chevipera29

di Alga Madìa - -

“Buongiorno!” … e ti aspetti una risposta che non arriva. “10 euro.” le uniche parole che senti pronunciare. Accenni un “grazie, arrivederci”. Ancora niente, come se non avessi detto niente. In realtà questa al paese mio – và a capire qual’é!- si chiama maleducazione, ma vorrei provare a coglierne l’aspetto psicologico. Si può essere cresciuti privi del lavoro di coloro che dovrebbero essere i primi educatori, privi dell’abc di come si sta al mondo, ma poi si cresce e col mondo inevitabilmente ci si scontra, ci si rapporta, ci si sta dentro: che lo si voglia o no. Logica vorrebbe che “se gli esami non finiscono mai “(E. De Filippo), anche lo studio, come dire, l’apprendimento dovrebbe essere cosa che non ha età. Non tutto quello che non si impara da piccoli, non può essere più capito, letto, assimilato e adoperato. Guardo nel mondo in cui vivo persone scontente, che si portano dietro un’espressione di dura consapevolezza che il mondo non è stato benevolo con loro. Ma è vero? Guardo e mi stupisco perché intorno a me, oltre me e oltre loro, io vedo il sole, il mare, il sorriso di un amico, l’amore, la vita. Dove guardano queste persone? A cosa guardano se continuano a crogiolarsi in un malessere pervasivo della loro anima, del loro quotidiano che di giorno in giorno diventa futuro. Sorridi e il mondo ti sorriderà. Non so se è sempre vero, sicuramente vero è per quanti non avendo gravi e seri problemi, si permettono il lusso di una faccia dura, scura, da funerale. Un’espressione non circoscritta ad un naturale e normale periodo di vita – quando qualcosa si mette completamente di traverso e toglie lucidità, comunque serenità -, ma sempre, perennemente scontenti, perennemente arrabbiati col mondo che sanno guardare. Un mondo meraviglioso che, a costo zero offre, tutto il meglio di se chiedendo in cambio solo ed esclusivamente occhi che sappiano vedere, che sappiano abbandonare quel macigno di pesante scontentezza che non gli consente di aprirsi e guardare quanto sia bello con quella tavolozza ricca di colori, con i suoi cicli perfetti che ogni giorno emozionano e si ripetono, con sfumature impercettibili da cogliere, coi profumi dell’erba e il rumore delle onde che si infrangono. C’è: basta saper guardare, abbandonando l’arroganza imperante.  Se ne trarrà solo beneficio, non perché gli altri saranno contenti della risposta al saluto, ma perché si sarà colto il bello che c’è – sicuramente -pure dentro se stessi.

-          chevipera@libero.it

 

 
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