VIPERA AEMME

di Alga Madìa

Sipario giù. Si spengono le luci e lo spiazzo torna ad essere un parcheggio. Conclusa anche la festa del Partito Democratico. Una festa lunga un’intera settimana – come i matrimoni arabi! - un po’ festa e un po’ parole. Ho sentito parlare di tutto in questa lunga settimana di festeggiamenti – ma cosa si festeggiava poi? – di futuro, di scuola e precari, di sviluppo sostenibile e di ambiente, fino ad argomenti ancor più seri e preoccupanti in materia di economia e lavoro, nel giorno di chiusura. Oddio, hanno pure parlato di come vincere le elezioni …. E qui qualche perplessità mi è venuta. Ho visto gente, tanta gente, venire per stare insieme, per incontrarsi, per mangiare, per guardare la mostra fotografica, tra l’altro molto gradevole. Io ho ritrovato Emanuela, mia amica carissima di qualche anno fa, che se ne era andata a Firenze e da allora non avevamo più avuto modo di farci una lunga chiacchierata insieme. Ho visto gente venire per vedere gli spettacoli che ogni sera dopo cena venivano proposti, alcuni veramente interessanti: sound, musiche di tradizione africana, percussionisti, tango argentino e rock’n roll. Per tutti i gusti, pure il cinema per i bambini. Ma su tutto mi ha colpito la parte festaiola di questa settimana, la partecipazione, come dire,  poco politica delle persone. Ci sono tutti, pure quelli dichiaratamente opposti al Pd. Questo mi colpisce. Tavolate di politici dell’altro schieramento, gente notoriamente avversa ai “comunisti”che mangiava serenamente seduta ai tavoli. Pure quelli delle nuove liste civiche! Questa cosa mentre mi stupisce mi  fa immaginare una città dove tutti sono amici (?), dove si va ad una festa perché ci si conosce e in fondo, in fondo, ci si vuole tutti bene. Ognuno con le sue idee, ma tutti col rispetto di quelle degli altri. Sbaglio valutazione sicuramente, mi dicono. Ma mi piace pensare che la sinistra abbia capito che la destra è meno “fascista” di quello che crede. Mi piace pensare che la destra si sia sincerata che i “comunisti” non mangiano i bambini, ma si accontentano di una mensa all’aria aperta, con un nauseante odore di patatine fritte che accompagna gli ospiti per tutta la serata. Mi piace immaginare Latina insieme in un’occasione semplice ed aggregante, che a sua volta si domanda cosa sia meglio fare per se stessa. Un’utopia come quella descritta da Tommaso Moro nel suo famoso libro? Un luogo abitato da una società ideale non può esistere, insistono a dirmi. Ma in questi giorni di conviviale frequentazione di tutti con tutti a me è parso un sogno sicuramente con poche possibilità di realizzazione, ma bellissimo. In fondo  i sogni hanno costo zero. A me è sempre piaciuto sognare, qualche volte i miei sogni si sono infranti e la realtà mi si è violentemente sbattuta sul viso, altre volte, neanche troppo poche, si sono realizzati. E se questa volta davvero si lavorasse per il bene esclusivo della città? Non è utopia la nostra città, siamo semplicemente tutti noi che vorremmo viverci meglio.

Chevipera@libero.it