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Creato da chevipera29 il 07/04/2010
UN SEMAFORO ROSSO
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« RIVEDUTO E CORRETTO - UN... | ALGA MADIA - LOCH NESS: ... » |
.… E da loro cosa vogliamo, cosa ci aspettiamo, che diventino quello che non siamo stati capaci di diventare noi? I nostri giovani, i nostri ragazzi sono immaginati, definiti, considerati con la superficialità e l’arroganza tipica di ogni generazione rispetto a quella successiva. Li stiamo incolpando di tutto: non studiano, non parlano, bamboccioni, scansafatiche, parassiti delle famiglie in cui si rifugiano perché privi di capacità. Viziati dalla vita e dai genitori, senza sogni né ambizioni. Esattamente questo sarebbero: esattamente quello che eravamo noi per le generazioni che ci avevano preceduto. Incapaci, allora, perché i ragazzi portavano i capelli lunghi (che: “visti di spalle chi è la donna non si sa…”) e le minigonne, noi. Quelli che, come si dice, hanno fatto il ’68 e quelli che oggi sono scesi in piazza in tutta Italia a manifestare contro una riforma della scuola e dell’università che non condividono. Quelli che – ahimè, non mancano mai – hanno preso lo spunto per manifestare invece la loro voglia di violenza: allora e oggi. Se poi si considera che molti sessantottini, tra i più dediti all’uso della violenza, hanno ricoperto cariche politiche ed istituzionali importanti, bell’esempio che gli stiamo lasciando. Una storia infinita il conflitto generazionale pieno zeppo di adulti che si sentono arrivati, che hanno dato il massimo per riuscire nella vita, uomini – nessuno escluso – che si sono sudati la carriera e, il loro rigore morale non ha mai vacillato. Di chi è la colpa se oggi non potranno (per alcune generazioni) intraprendere la carriera di docenza universitaria (come papà) pagando singolarmente il nepotismo sfrenato in cui si crogiolavano i loro nonni, passando da raccomandati a discriminati per ereditarietà? Oggi vanno via di casa a trent’anni, ma forse, se sapessimo farci un serio esame di coscienza, è perché stiamo consegnando loro una società al 20% di disoccupazione, mentre “noi” l’avevamo ereditata al 4. Di chi è la colpa, quindi? Non serve svilire i ragazzi che mentre studiano fanno i camerieri al pub, adoperano il loro tempo libero nelle associazioni di volontariato. Che per pochi soldi, e neanche sicuri, provano a rendersi autonomi economicamente rallentando il percorso di studi o comunque che in qualche maniera pensano a costruirsi un percorso di vita. I vostri ragazzi non sono fra queste migliaia? Urge, allora un serio esame di coscienza e di autocritica. Possibilmente, se non sono troppo intenti ad autoincensarsi, ancora costruttiva. di Alga Madìa
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