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La pubblicità: luci e ombre nel sistema dei media


1. Premessa. La pubblicità tra luci e ombreLa pubblicità ha assunto una posizione di centralità nel sistema dei media, dovuta agli spazicrescenti che occupano i suoi messaggi, palesi e occulti, e (quindi) agli effetti particolari, diretti e indiretti, che ne derivano. Si tratta di un fenomeno controverso, oggetto di critiche, anche radicali, ma non privo di estimatori:"La pubblicità è il fiore della vita contemporanea; è un'affermazione di ottimismo e di gioia; distrae l'occhio e l'animo. E' la più calorosa manifestazione della vitalità degli uomini d'oggi,  della loro forza, della loro puerilità, della loro inventiva e della loro fantasia, è il più bel risultato della loro volontà di modernizzare il mondo in tutti i suoi aspetti e in tutti i campi...".E' una definizione di Voc Maximilien, definito "lirico delle arti grafiche". La frase è talvolta attribuita erroneamente al poeta Blaise Cendrars, al quale si deve, invece, quest'altra affermazione elogiativa: "Ciò che caratterizza l'insieme della pubblicità mondiale è il suo lirismo. E qui la pubblicità raggiunge la poesia".1 Si tratta, peraltro, di personaggi nati più di un secolo fa.Stranamente, un'altra ondata di luce proviene dalle parole di un noto studioso considerato ostile alla pubblicità, Vance Packard, autore del celebre "I persuasori occulti":"La pubblicità non soltanto dà un contributo vitale allo sviluppo della nostra economia, macostituisce un aspetto colorito, allegro della vita americana; e molte creazioni dei disegnatori e dei tecnici pubblicitari sono una prova del gusto e dell'onestà professionale dei loro autori" . E' naturalmente positiva, e senza riserve, la definizione che della pubblicità dà lo stesso mondo pubblicitario nell'indicare le finalità del proprio Codice di autodisciplina: "Il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria ha lo scopo di assicurare che la pubblicità, nello svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico, venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore".Se passiamo ai giudizi negativi ne troviamo la sintesi in questa affermazione di Ronald Berman (in Pubblicità e cambiamento sociale, Angeli, Milano 1995, p. 91), "La pubblicità è l'aspetto della cultura di massa più vituperato".A sua volta, un vecchio (e anonimo) art director ha definito la pubblicità "Un male assolutamente necessario". La citazione è tratta dal classico testo di Leo Bogart, eminente esperto statunitense di strategia pubblicitaria.1.1. La pubblicità. Definizione. Caratteristiche. Teorie o modelli. Efficacia. EffettiStiamo parlando della pubblicità commerciale, cioè di una forma particolare di comunicazione che tende a influire su atteggiamenti e comportamenti relativi all'acquisto e al consumo di beni e all'utilizzazione di servizi. Quindi tipicamente persuasiva.Essa costituisce uno strumento indispensabile per le imprese, alle quali consente di entrare in rapporto con i loro naturali interlocutori, i cosiddetti "consumatori". Si tratta di vedere in che modo venga gestito tale rapporto e di valutarne gli effetti, tutti gli effetti, non solo economici, sia voluti sia involontari, e considerando quindi tutti gli interessi in gioco.In realtà, la forte intensità persuasiva conferiscono alla pubblicità una radicale parzialità, un'alta competitività, una tendenziale aggressività, una naturale vocazione pervasiva e intrusiva. Avete già avuto modo di riflettere sul linguaggio della pubblicità, sui suoi aspetti retorici, cioè persuasivi in termini espressivi. Ma la pubblicità si caratterizza fortemente, oltre che per le forme e i contenuti dei suoi messaggi (brevità, parzialità, unilateralità, spettacolarità, sintesi, enfasi: tutto ciò che "si dice" e "come lo si dice"), anche per le loro modalità diffusive (ripetitività, pervasività, intrusività: "dove e quando lo si dice") che chiamano in causa in modo del tutto particolare i mass media, che della pubblicità sono i canali principali. Sul piano diffusivo, poi, si deve ammettere che oggi si tratta, quasi sempre, di una forma di comunicazione sostanzialmente imposta. Ciò vale, soprattutto, per la pubblicità televisiva e radiofonica, per quella esterna (affissioni e forme affini) e per quella informatica. Questo aspetto della pubblicità - la sua tendenza all'imposizione - costituisce u punto di riferimento fondamentale per ogni considerazione relativa alla sua presenza e ai suoi effetti, voluti e più o meno involontari. In altre parole, è importante distinguere tra messaggi ai quali si accede spontaneamente, liberamente, e messaggi che si ricevono mediante imposizione. Quando la pubblicità funziona, si parla di efficacia. A questo risultato la pubblicità tende con un naturale impeto persuasivo, che le deriva dall'essere strumento di concorrenza, che la porta a seguire prevalentemente la strada dell'emotività più che della razionalità. Il più noto pubblicitario oggi in circolazione, il francese Jacques Séguéla, ha addirittura formulato la teoria della "Star Strategy": il prodotto deve essere proposto come una star - sulla falsariga del meccanismo cinematografico dello "Star System" - e trattato quindi nella comunicazione in modo da far sognare il consumatore. E' una teoria che porta alle estreme conseguenze la constatazione che, di fronte ad un mercato di prodotti sempre più indifferenziati, anche nei prezzi, occorre puntare su "valori aggiunti", su "immagini" artificiosamente create per spingere il consumatore all'acquisto e al consumo.Si parla ormai di certi marchi come di "lovemark" perché creano legami emotivi destinati a "creare fedeltà" nel tempo. Ecco perché la parola amore è stata saccheggiata dalla pubblicità per un'infinità di prodotti: banalizzata, impoverita, resa ambigua. Del resto la pubblicità, deve fare ricorso, per farsi comprendere, a elementi di riconoscibilità e familiarità (contestualità culturale), mentre per conquistare attenzione e suscitare interesse tende a sfruttare elementi espressivi e tematiche sensibili (originalità, fino alla trasgressione, parassitarietà). Ma finisce per banalizzare e svilire il tutto - dalla lingua ai valori personali, sociali, culturali, alla stessa capacità informativa - con la ripetizione continua, pedissequa, spesso ossessiva dei messaggi.La via dell'emozione prevale, comunque, su quella della razionalità. Assecondata dalcondizionamento esercitato dalla ripetizione, a volte ossessiva. Spesso la pubblicità, che ostenta allegria, lusso, opulenza, viene collocata accanto a parole e immagini che raccontano sofferenze, miserie, tragedie individuali e collettive. Senza rispetto, senza pietà.Anche dall'interno dello stesso mondo professionale giungono giudizi critici. Ex pubblicitari, come Frédéric Beigbeder, hanno scritto parole durissime contro la pubblicità ed ex pubblicitari hanno dato vita, in Francia e in America, a movimenti di contestazione della pubblicità. In particolare, il Gruppo MARCUSE (acronimo per Movimento Autonomo di Riflessione Critica a Uso dei Sopravvissuti dell'Economia) esprime una condanna radicale e spietata degli aspetti deteriori della pubblicità, negandole sostanzialmente ogni spazio di legittimità. Al di là del quadro apocalittico disegnato dai contestatori radicali, il fenomeno pubblicitario richiede una considerazione attenta non solo delle forme e dei contenuti dei suoi messaggi, ma anche delle loro modalità diffusive e dei loro canali che chiamano in causa in modo del tutto particolare i mass media (e i new media).