Libera Università della Terza Età Carbonia (CI) - Notizie associative e varia umanità - Un contenitore culturale di iniziative, laboratori, incontri sulla letteratura, la narrativa, la poesia, il cinema, la storia,.
GALLERIA - SLIDESHOW
Da Mosca a San Pietroburgo (1) Da Mosca a San Pietroburgo (2)
Da Mosca a San Pietroburgo (3) Da Mosca a San Pietroburgo (4)
Ieri, 1° giugno 2011, si è solta la serata finale dell'anno accademico 2010-2011. Ha preso la parola il Presidente, signor Luciano Bianciardi, che ha fatto una breve sintesi di tutti i protagonisti delle conferenze che hanno brillantemente animato l'attività della LUTEC dal mese di novembre a queste ultime battute finali. La serata prevedeva la lettura di poesie da parte di alcuni soci e il primo ad esibirsi è stato proprio il Presidente, con "Le foglie morte", di J. Prévert.
Jacques Prévert - Le foglie morte Oh! Vorrei tanto che tu ricordassi i giorni felici quando eravamo amici. La vita era più bella. Il sole più bruciante. Le foglie morte cadono a mucchi... Vedi: non ho dimenticato. Le foglie morte cadono a mucchi come i ricordi e i rimpianti e il vento del nord le porta via nella fredda notte dell'oblio. Vedi: non ho dimenticato la canzone che mi cantavi. È una canzone che ci somiglia. Tu mi amavi io ti amavo. E vivevamo noi due insieme tu che mi amavi io che ti amavo. Ma la vita separa chi si ama piano piano senza far rumore e il mare cancella sulla sabbia i passi degli amanti divisi. Le foglie morte cadono a mucchi come i ricordi e i rimpianti. Ma il mio amore silenzioso e fedele sorride ancora e ringrazia la vita. Ti amavo tanto, eri così bella. Come potrei dimenticarti. La vita era più bella e il sole più bruciante. Eri la mia più dolce amica ... Ma non ho ormai che rimpianti. E la canzone che cantavi sempre, sempre la sentirò. È una canzone che ci somiglia. Tu mi amavi io ti amavo. E vivevamo noi due insieme tu che mi amavi io che ti amavo. Ma la vita separa chi si ama piano piano senza far rumore e il mare cancella sulla sabbia i passi degli amanti divisi.
Les Feuilles mortes Oh, je voudrais tant que tu te souviennes, Des jours heureux quand nous étions amis, Dans ce temps là, la vie était plus belle, Et le soleil plus brûlant qu'aujourd'hui. Les feuilles mortes se ramassent à la pelle, Tu vois je n'ai pas oublié. Les feuilles mortes se ramassent à la pelle, Les souvenirs et les regrets aussi, Et le vent du nord les emporte, Dans la nuit froide de l'oubli. Tu vois, je n'ai pas oublié, La chanson que tu me chantais... C'est une chanson, qui nous ressemble, Toi qui m'aimais, moi qui t'aimais. Nous vivions, tous les deux ensemble, Toi qui m'aimais, moi qui t'aimais. Et la vie sépare ceux qui s'aiment, Tout doucement, sans faire de bruit. Et la mer efface sur le sable, Les pas des amants désunis. Nous vivions, tous les deux ensemble, Toi qui m'aimais, moi qui t'aimais. Et la vie sépare ceux qui s'aiment, Tout doucement, sans faire de bruit. Et la mer efface sur le sable Les pas des amants désunis...
La signora Franca Gemma ha letto una piacevole poesia in dialetto veneto, molto apprezzata dai soci.
"LA VITA DE L'OMO (Di anonimo) In principio Dio crea el musso e el ghe dise: " Te sarè musso. Te lavorare sensa mai lamentarte, dall'alba al tramonto, portando pesi sua gropa, te megnerè erba, no te gaverè l'inteigensa e te vivarè fino a 50 ani. Te sarè musso." El musso ghe risponde: "Sarò musso, però rivare a 50 ani xe massa, damene 20 " El Signore dise "Va ben ! " E ora Dio crea el can el ghe dise: " Te sarè el can. Te difendarè a casa de l'omo e te sarè el so miliore amico, te magnerà queo che i te darà e te vivarè 25 ani. Te sarè can " El can ghe risponde: " Signore, vivare 25 ani xè massa par mi, dame 10 ani che me basta" El Signore o acontenta. E ora crea a simia. " Te sarè simia."dixe el Signore " Te saltarè de rama in rama fasendo a paissa te divertirè tutti e te vivarè 20 ani" " Signore vivare 20 a xè dura, damene sooo 10 de ani" " Concesso dise el Signore". Finalmente Dio crea l' omo el ghe dise: " Te sarà omo. L'unico essere bon de rasionare sua facia dea tera, te userè l'inteigensa par comadarghe ae bestie, te dominare el mondo intiero te vivarè 20 ani. Risponde l'omo: " Signore sarò omo ma vivare 20 ani me par pocheto, dame i 30 ani che el musso ga rifiutà, i 15 che el can no ga vissuto e i 10 ani che a simia no ga acetà" Cussi el signore ga fato. Da allora l' omo vive 20 ani da omo, el se sposa e passa 30 ani da musso, lavorando e portando tutto il peso dee fameia soe spae. Dopo quando i fioi va par conto suo el vive 15 ani da can, tendendo e magnando queo che ghe vien da par dopo rivare a essere vecio, 'ndare in pension e vivare 10 ani da simia saltando de casa in casa, de fiolo in fiolo e fasendo el papasso par far divertire i neodi."
Il signor Silvio Murru ha voluto anch'egli avere il piacere di partecipare, ma, colto da improvvisa emozione, ha preferito che la lettura di una poesia da lui composta fosse affidata alla voce del signor Luciano Bianciardi. La poesia è stata, comunque, molto applaudita. Ne riporto qualche verso perché non avendo a disposizione il relativo file digitare il testo per ntero mi avrebbe comportato qualche problema. "La siccità C'è nel cielo una nuvola oscura ma corre leggera leggera, il pastore con lo sguardo la segue e prega -fermati un po' e bagna questa terra- ma s'allontana piano piano e il cielo si rischiara...... ...Ogni giorno una delle sue bestie muore, -moriran tutte e morirò pure io dal dolore- continua a camminare sempre avanti, all'orizzonte il suo sguardo si perde... E implora ancora una preghiera... è un anno triste senza primavera."
La signora Romana Turacchi per la sua lettura ha fatto riferimento a un libro del 2010 scritto da Cesarina Vighy, dal titolo "Scendo. Buon proseguimento". Il libro è fondato su uno scambio di mail realmente avvenuto fra il 2007 e il 2010 tra l'autrice e diversi corrispondenti come la figlia, le amiche, l'editore. «Anche il linguaggio, soprattutto quand'è quello di una madre che scrive alla figlia, sa fare carezze e diventare affettuoso, talora così tenero da condurre alla commozione». Così Vito Mancuso introduce questo testo composto interamente da mail che descrive nei minimi particolari gli ultimi tre anni della vita dell'autrice, costretta in casa da una grave malattia degenerativa eppure vincitrice del Premio Campiello opera prima con "L'ultima estate", pubblicato nel 2009. Eccone alcuni stralci.
"Cara la mia Alicetta sempre più in salamoia, ti pare che ti lascio senza la buonanotte più affettuosa proprio stasera? Il guaio è che tu poni problemi esistenziali non ancora risolti bene da nessuno e che ti trovi a vivere in un periodo in cui davvero certi valori sono apprezzati solo da pochi (ma buoni). Ti assicuro che persone per bene, oneste e gentili ce ne sono ancora ma bisogna cercarle col lanternino (come già faceva Diogene, del resto). Comunque, sarebbe stato peggio nascere lavandaie nell'Ottocento o marchese durante la Rivoluzione francese! Questa tua sete di felicità, poi, è inquietante. Non per consolarsi "cattolicamente" coi mali altrui, ma lo sai che c'è gente che non la conosce mai? Sull'argomento non mancano certo le citazioni poetiche, da Al Bano a Montale. Mi fermo a mezza strada.
C'è un'Ape che se posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va... Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa. Buonanotte tesoro. Mamma (senza punto)
Da: Titti A: Letizia Data: 2 febbraio 2009 18:21 Oggetto: Da Scarpette rosse ai sagrestani Mia cara Letizia, qualche giorno fa, cercando un telegiornale, mi sono imbattuta nella trasmissione quotidiana e diurna di Augias, ormai verso la fine. Ho sentito però un simpatico giovanotto darci dentro sul Vaticano. Sai chi era? Era Vito Mancuso di cui mi hai parlato tu e che io credevo un vecchio barbogio. Ha parlato anche con molto affetto del cardinal Martini che perfino io apprezzo e rispetto. Avevano ragione a dire che non sarebbe mai diventato Papa e che piaceva solo alle sinistre! Intanto Scarpette rosse (è così che chiamo Benedetto XVI nell'intimità) ne infilava una dopo l'altra riuscendo a inimicarsi gli islamici e gli ebrei. Non si diceva ai tempi della SISAL che fare 0 era altrettanto difficile che conseguire il 13? Dimmi come stanno i tuoi sagrestani anzi, se ti va, mandameli in allegato perché quest'anno sono stata cattiva e non mi toccherà una copia della Strenna. E pensare che avevo trovato un argomento carino e possibile, cosa non facile per me che debbo escludere per le ricerche persino un riscontro in biblioteca o una semplice telefonata. Ho dovuto subordinare tutto al mio libro che spero venga almeno decente e di cui manca soltanto la fine-fine. Un abbraccio affettuoso. Titti
Da: Titti A: Mirella Data: 3 giugno 2009 15:16 Oggetto: Uomini e donne Mirellik, solo una donna avrebbe potuto scegliere dei fiori così belli. Solo a una donna sarebbe venuta in mente la scatoletta con le gardenie per far godere il mio senso preferito. Ma, allora, perché rincorriamo gli uomini? Ciao. Titti »
« DOPO Non ci sei più e il cielo appare vuoto il sole è stanco di far capriole la luna ha le sue cose e le maree impazzite ricoprono la terra. Le stelle hanno scoperto con terrore leggendo un libro di fantascienza che moriranno spente oppur bruciate. La festa del solstizio è rimandata, di quella prima nessuno più parla. Soltanto noi restiamo a ricordarla. » (Scendo. Buon proseguimento)
La signora Marisa Caddeo ha letto una bellissima poesia in lingua sarda logudorese, da lei composta e recitata con calda passione. Gli applausi dei presenti sono stati spontanei e calorosi. Purtroppo anche di questa poesia non possiedo il file e quindi ne trascrivo solo alcuni versi, anche perché il testo è abbastanza lungo.
"S'umana oghe. Che raju de sole lughente a manzanu naschiet sa vida dae nudda: unu ispantu de bisu vena de aqua po fagher fecundu de amore su mundu... ...Homines si ancora credides d'esser umanidade a oghe manna narade no a s'odiu no a sa violentzia no a sa guerra non torchides unu pelu non bettades una lacrima unu stiddiu de sambene. Non b'hat pius tempus s'iscuru ‘e sa notte podet non connoshere oius lughe d'albeschida."
Il professor Franco Ferro ci ha riservato una citazione da Abramo Lincoln, neppure tanto velatamente allusiva (come a lui piace) alla situazione politica italiana.“Si può ingannare tutti per un po’, si può ingannare qualcuno per sempre, ma non è possibile ingannare tutti per sempre.”
E per la conclusione di queste letture ha provveduto la signora Giovanna Mocci, con una sua composizione molto apprezzata dai presenti.
"Fine anno scolastico. Un altro anno volge al termine Tra giorni belli e brutti. Però stasera è festa ci ritroviamo tutti a dirci com'è bello Il farci compagnia Anche quando nell'anima Non c'è molta allegria. Ma alla fin di questo incontro C'è un'ultima emozione Il nostro Presidente il suo discorso Espone con voce assai tonante Rivolto a noi "studenti" Silenti e rispettosi Ascoltiamolo raccolti... ...sperando che si sbrighi poichè siam tutti ansiosi di salutarci ancora levando in alto i calici in un frizzante brindisi."
La serata ha trovato il suo dolce epilogo in un piacevole e fornito buffet, e si è quindi conclusa fra baci e abbracci. Con alcuni ci si ritroverà fra qualche giorno per un viaggio, speriamo felice, in Polonia. Con tutti gli altri l'arrivederci è per l'inizio del nuovo anno accademico, alla fine di una lunga estate. Naturalmente, come diciamo noi in Sardegna, si Deus cheret (e sos carabineris lu permittini). Un abbraccio affettuoso a tutti da parte di Nino Dejosso.