Creato da: LaChambreDesAmis il 15/07/2006
Riflessioni sull'amicizia e l'amore... e non più solo

Area personale

 

Tag

 

Ultime visite al Blog

LaChambreDesAmisAngeloSenzaVelimimmo.franchinitestipaolo40diana_89piccolastellina1986nicla.claoralsex.tarantoborin0chiarasanyLeParoleMancatepsicologiaforensephilrepsolRemifamidolami
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I messaggi sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

 
« Il dottor Slurp (parte II)Messaggio #30 »

L'apoteosi dell'ipocrisia

Post n°29 pubblicato il 01 Dicembre 2006 da LaChambreDesAmis

Amore mio,

mi sembra che i giorni stiano scorrendo velocemente e sarebbe meglio che potessi rivederti più tardi possibile, mentre dovrà accadere Venerdì: ancora una volta, il mio cuore è colmo di dolore, al punto da non riuscire nemmeno a sfogarlo col pianto, e mi rincresce che quanti m’attornino non riescano a rispettare neppure il mio bisogno di starmene solo, per provare a capire cosa potrà, e dovrà, esserne della mia vita nei prossimi mesi.

Fisicamente, lo sono, almeno per la gran parte del tempo, ma quanti m’abbiano sempre usato per perseguire i propri scopi, senza mai, assolutamente mai preoccuparsi di ciò che desiderassi, riescono tuttora a rendere angoscianti le proprie recriminazioni reciproche, senza che io possa concretamente aiutare nessuno, o, almeno, riuscire a salvare me stesso dai fantasmi che tornino ad aggredirmi ogni volta con maggiore ferocia.

Assisto impotente all’inesorabile disgregazione del mio nucleo familiare ed alla perdita d’una pur minima sicurezza economica e, devo essere sincero, me ne dolgo amaramente, non tanto a causa delle rinunce che si rendano indispensabili sul piano materiale, quanto per il fatto continui a pensare le condizioni in cui venga costretto a sopravvivere esprimano la completa mancanza di rispetto nei miei riguardi, da parte di coloro che dovrebbero tenere maggiormente alla mia serenità: sebbene sia difficilissimo, mi sforzo di non invidiare nessuno, anzi, l’unico antidoto alla disperazione continua a rivelarsi un’incrollabile determinazione nel realizzare gli obiettivi cui tenga e la fiducia che riponga in me stesso; ho bisogno di ripetermi non importi quante volte ancora cadrò e tornerò ad impolverarmi: voglio nutrire il mio spirito della speranza che, un giorno, riuscirò a mondarlo d’ogni lordura in cui ora si cerchi d’affogarmi. 

Nel frattempo, una delle pochissime consolazioni continua a rivelarsi la possibilità di scrivere: scrivo e leggo moltissimo, così da fissare sulla carta quei pensieri che sarebbe insopportabile reprimere completamente e, almeno temporaneamente, poter immaginare vite diverse dal mio inferno quotidiano; condivido appieno l’opinione nessuno possa rendere schiavo un altro uomo, finché questi conservi il proprio mondo interiore e riesca ad aggrapparsi a quelle pareti di roccia che divengano sempre più alte e ne feriscano a sangue le mani.

Stando così le cose, è inevitabile che continui a pensare molto anche a te e concluda non abbia importanza quando potrò rivederti: se anche accadesse oltre il fine settimana, rimarrebbe il fatto tu non possa rappresentare la soluzione ai miei problemi e non t’interessi come viva, pertanto, non mi resti che arrendermi all’idea che dovrò, ancora una volta, resistere alla tua indifferenza e sforzarmi di sembrare a tutti una persona che conduca un’esistenza normale, benché adesso non possa nemmeno concepirla.

Un anno fa, avevo ancora un disperato bisogno di sapere se non stessi commettendo un errore nell’amarti così tanto, mentre presumo che, tra pochi giorni, trarrò conferma dell’inesorabilità di quest’amore e che ci saranno sempre dei momenti in cui il pensiero della tua lontananza s’impadronirà improvvisamente di me, per testare la capacità di reagirvi: l’ultima volta, è accaduto Sabato notte, allorché mi sono svegliato immaginandoti ad una di ‘quelle’ cene di cui – con estrema delicatezza, ed ironia da parte mia! – mi raccontasti in una passata occasione, cui io non potrò mai prendere parte e, quand’anche avvenisse, per assistere al trionfo d’un’altra accanto a te!

Non ho potuto far altro ch’esortarmi alla calma e constatare, essendo ancora vivo, tanto bastasse per rallegrarsene: ho riacceso il lume e, per qualche minuto, mi sono nuovamente immerso nella lettura del libro che attualmente abiti il mio comodino. 

Ci sono, quindi, delle volte in cui è come se mi fermassi e mi chiedessi cosa farne di tutto l’amore che susciti in me e quelle in cui mi rassereni almeno il pensiero riesca a farlo non immaginandoti diverso dalla realtà e malgrado non possa giungere il momento in costruirei volentieri la casetta di marzapane nel boschetto incantato della mia fantasia: potresti ribattere conosca comunque poco di te, ma, a parte il fatto sia vero per entrambi, dunque, non sia detto debba necessariamente essere in grado tu di tratteggiare meglio la mia personalità, quel che so mi basta per affermare che volentieri farei di te il mio mondo.

Non è detto che le due ragioni che possano immediatamente balenarmi in mente, per le quali tu non possa esserlo, siano le più importanti; in fin dei conti, sei il primo uomo sposato di cui m’innamori – comunque, vivamente m’auguro anche l’ultimo! -  ma, in passato, le mie storie non hanno conosciuto l’esito che desiderassi, poiché erano gli uomini assisi nei miei pensieri a non desiderare di condividere con me un tratto del cammino: sotto questo punto di vista, che la realizzazione del mio anelito fosse impedita da una moglie, una mamma grande d’età ed ammalata, piuttosto che semplicemente mancanza di coraggio per dare una svolta alla propria vita, o qualsiasi altra motivazione, non faceva grande differenza.

E’ accaduto invariabilmente che dovessi accettare una decisione unilaterale ed accontentarmi dei pretesti più puerili che venissero utilizzati per congedarmi… ammesso poi che ci si congedasse da me: c’è stato chi, come Andrea, semplicemente s’è defilato e m’ha posto dinanzi al fatto compiuto, malgrado non riesca ad odiarlo, o provare indifferenza nemmeno nei suoi riguardi, anzi, talvolta, capiti ancora lo pensi  e desideri il suo bene.

So che in chiave psicopatologica potremmo denominare il mio modo d’essere in mille modi, cominciando, forse, col definirmi un nevrotico ossessivo, tuttavia, io preferisco pensare nella vita si diano due alternative: cedere all’odio, all’indifferenza od alla superficialità nei rapporti, oppure, ostinarsi, in maniera apparentemente irragionevole, ad amare coloro che siano stati amati, non fosse altro perché, malgrado le lacrime ed il dolore che procurino, che talvolta sembrino poter uccidere, contribuiscono, sia pure non necessariamente, alla nostra evoluzione: oggi, è anche grazie a loro, a tutti voi, se sono maturo, sensibile, innamorato della vita.

Sono solito ripetermi essa duri il tempo che basti ad una scintilla per illuminare il nostro cammino e nuovamente lasciarci avvolgere dalle tenebre: per quanto possibile, io desidero non aggiungere alle miserie cui quotidianamente siamo costretti ad assistere il peso d’un cuore arido e, talvolta, non più in grado di battere all’impazzata.

E’ capitato di chiedermi se ti sia mai accorto dell’effetto perturbante sortito su di me, al punto di procurarmi, certe volte, delle emozioni talmente forti da cagionare una sorta di stordimento e perfino l’impossibilità di rammentare il termine corretto per esprimere un concetto che volessi comunicarti; provai quest’effetto un pomeriggio che m’invitasti alla presentazione d’un libro in centro: camminavo avanti e indietro nell’attesa che arrivassi, poi svoltai l’angolo e t’incrociai… stavi osservando qualcosa in una delle vetrine e costituivi la personificazione delle mie immagini interne.

Mi sembravi più che bello, ma la cosa più eccitante era cogliere nei tuoi eterni tentativi di scherno il reciproco imbarazzo, manco fossimo adolescenti al primo appuntamento, anziché due psicologi adulti: dire mi sentissi paralizzato sarebbe riduttivo, ma avrei lasciato più che volentieri che mi stringessi tra le tue forti braccia e posato dolcemente il mio capo sul tuo.

Il punto è proprio questo: non voglio e posso accontentarmi delle fantasie…”io”, che a volte mi sento molto Julia Roberts, “voglio la favola” e se posso recitare la parte di Lilian, tu non puoi interpretare l’altro ruolo!

Per vivere la favola con te, avrei bisogno di trasportarti sull’isola che non c’è: a quel punto, potrei lasciare che una brezza soave carezzasse i nostri corpi quando rimanessimo abbracciati ad ammirare i tramonti, potrei baciare le tue labbra prima di correre a procurarmi i frutti più dolci per la tua colazione, costruirti il giaciglio più soffice d’erbe odorose e fiori multicolori per il tuo riposo, ma quell’isola non esiste ed anche in quel caso, ti snaturerei sottraendoti al tuo mondo.

Non posso far altro che amarti così come sei e rimanere in silenzio ad ascoltare un blues.

Ecco la verità: se penso che t’amo e non posso averti, mi sembra venga strappatomi il cuore ed umiliato ulteriormente dandolo in pasto a delle fiere selvatiche… è un dolore lacerante, sfinente, che prima m’impediva l’assopimento, se non per inerzia…

C’è stato, però, un dolore infinitamente più insopportabile ed è quello che provai allorché lessi una frase dell’ultima tua mail, successiva all’incontro settembrino, in cui m’accogliesti in modo nuovo nel tuo antro.

Mi scrivesti non ti fosse chiaro se m’avessi baciato perché n’avevi desiderio, piuttosto che per accontentare me: all’inizio, non risentii particolarmente di quell’affermazione, apoteosi dell’ipocrisia, forse perché avevo, ancora una volta, problemi molto gravi da risolvere e dovevo canalizzare in quella direzione tutta l’energia, ma, continuando a succedersi i giorni, la rabbia suscitata da quell’interrogativo aumentò a dismisura e, contemporaneamente, la ferita riprese a sanguinare copiosamente.

Considerai straordinariamente ipocrita un quesito come quello, poiché, sebbene non potessi sapere se quella sera volessi baciare me, o prevalesse, più in generale, il desiderio di baciare un uomo, sicuramente, io non avrei potuto costringerti a fare qualcosa contro la tua volontà, che poi era anche il motivo per cui avrei sempre evitato di chiederti di fare per me ciò che sapevo bene m’avresti rifiutato, si fosse trattato d’antepormi ad un tuo interesse familiare o professionale.

Mi tornavano in mente tutte le mie conoscenze psicologiche e diveniva possibile formulare ipotesi diverse riguardo al tuo comportamento, ma è anche vero il quadro si complicasse ulteriormente.

Mi sembrava chiaro che, se fossi stato una donna, ti saresti lasciato andare senza particolari remore, ma credevo pure che le cose sarebbero andate diversamente se fosse stato diverso il mio aspetto fisico: erano continui i tuoi – e non solo tuoi! – riferimenti ai miei capelli lunghi, come se per il solo fatto d’averli così dovessi essere identificabile come omosessuale… non l’ho mai reputato possibile, comunque, a me non importava e non costituiva un mio problema ch’avvenisse o meno, quanto di coloro ch’eventualmente incontrassero difficoltà nel relazionarsi con me.

Ammesso che questo fosse il problema, non credo che agli occhi altrui sarebbe sembrata più scontata, ad esempio, la presenza al tuo fianco d’un ragazzo palestrato, ch’indossasse la solita t-shirt due taglie più piccola del necessario, magari fiero d’esibire un paio di sopracciglia ad ali di gabbiano, che tanto s’usano adesso: per quanto mi riguarda, nulla fa più ‘checca’ d’un abbigliamento ed un aspetto simili, per quanto anch’esso sia un pregiudizio!

Ripensando ai tuoi comportamenti, onestamente, trovo siano stati sempre, o quasi sempre, molto ambigui; in parte, le mie impressioni potrebbero dipendere dal fatto sia diverso il modo in cui esprimiamo l’affetto nei riguardi altrui: tu sei molto più espansivo di me, ti piace abbracciare gli amici, dispensare i tuoi radiosi sorrisi, mentre io, ad esempio, non ho nemmeno l’abitudine di baciare sulle guance chicchessia, semplicemente, lo faccio con coloro che constato abbiano piacere che ciò avvenga; in privato, e con quanti abbia raggiunto un sufficiente grado d’intimità, è diverso, mi lascio andare più volentieri.

In gran parte, immagino questo dipenda dal modo in cui sia stato educato: a casa mia, non è mai esistita alcuna forma d’affettività e m’è stato insegnato rivelare i propri affetti sia una forma di debolezza; resta il fatto, alcune volte, tu abbia assunto degli atteggiamenti anomali.

A me capita di scherzare con qualcuno degli amici più carini, ma il fatto mi consenta delle battute riguardo alla loro avvenenza e loro sappiano di non dover temere che divenga insistente, anzi, gradiscano le mie esternazioni, non significa che a San Valentino ne riceva i messaggi augurali, o che m’accusino d’averne inviato “freddissimi”, solo perché possa aver risposto meno dolcemente del solito un Lunedì mattina mentre stessi recandomi al lavoro.

Una sera, m’inviasti un sms mentre eri, presumo col treno, in partenza per Roma: volevi essere rassicurato del fatto la tua conferenza di qualche giorno prima non fosse servita solo a raffreddarmi; naturalmente, sapevi già fossi innamorato di te, dunque, delle due, l’una: o stavi affezionandoti anche tu a me, oppure, sapere per me non fosse cambiato nulla nel frattempo, serviva quanto meno ad avere conferma della tua desiderabilità.

Ricordo d’averti risposto nella maniera solita: fui dolce, sebbene maggiore coraggio avrebbe potuto farmi onestamente confessare la sola cosa che desiderassi fosse poter salire anch’io in carrozza ed aver prenotato per lo stesso scompartimento, anche se un letto non sarebbe poi stato disfatto!

In realtà, fare un viaggio con te è ancora la cosa che più vorrei e sono altrettanto sincero nel dirti a prescindere da qualsiasi implicazione erotica; vorrei partire con te, perché sono sicuro che riuscirei a goderti come t’amo: spontaneo, spiritoso, ma anche ombroso, perché di te amo anche i momenti in cui ti rabbui, divieni malinconico, triste, purché autentico.

Mi rendo conto quello d’un viaggio insieme sia un sogno fin troppo romantico, ma, se potessi permettermelo, comincerei ad organizzarlo già adesso e troverei il modo d’averti solo per me per qualche giorno.

Continuo a credere io, la mia personalità ed il mio aspetto fisico non costituissero il vero problema e che se ti sentissi coinvolto emozionalmente nei riguardi d’un altro uomo, ugualmente te ne creeresti mille; allontanandomi, penso abbia voluto sopire le tue pulsioni omoerotiche e che una maggiore intimità tra noi, tornerebbe a procurarti ansia, come pure non t’aiuti l’essere psicanalista, considerate quante nefandezze continuiate a scrivere sul nostro conto!

Potrebbe anche darsi che il tuo agire dipendesse da una voglia di tenerezza, coccole, dolcezza, ma, se così fosse, non potrei che ripeterti non avessi bisogno di darmi qualcosa in cambio, tanto meno sesso!

Nell’ultima mail inviatami, scrivesti sappia io m’aspetti che gusti la pietanza che abbia da offrirti: permettimi di dire commetta un grosso errore.

Il solo fatto esigessi qualcosa da te, vorrebbe dire non essere in grado d’amarti disinteressatamente, mentre sono sicuro d’essere in grado di fare il contrario; non mi sono mai aspettato che facessimo sesso, per quanto lo desiderassi, ma la differenza è notevole! Inoltre, non si tratterebbe di far sesso insieme, semmai, l’amore ed anche in tal senso, la differenza sarebbe enorme!

Potrei solo pregarti d’una cosa: qualora dovessi tornare ad averne voglia, di continuare anche a voler vivere insieme a me quest’esperienza senza preoccuparti di dovermi dimostrare qualcosa, o sentirti costretto a farne qualunque; quando mi scrivesti non ti fosse chiaro se m’avessi baciato per voglia o per forza, mi veniva da risponderti: vuoi davvero farmi piacere? Allora, scopiamo!

Ma quella non è la risposta che, passata la rabbia, ti darei mai!

Considerato la sessualità gay, ancora oggi, venga spesso vissuta clandestinamente, mi viene da pensare la gran parte degli uomini ricerchi solo uno sfogo fisico contingente, senza che la persona che abbiano dinanzi rivesta importanza nella sua unicità; tempo addietro, un ragazzo mi scrisse una delle cose che più desideri sia fare sesso in un letto comodo: confesso d’aver provato molta tenerezza, poiché l’ho immaginato costretto a viverlo in auto, in un luogo pubblico, mentre io l’ho fatto dalla prima volta in un letto accogliente e sono sempre rimasto a lungo abbracciato al mio compagno.

Se, e sottolineo mille volte se, volessi che t’offrissi tenerezza, potresti chiedermelo francamente ed io non ti chiederei alcun compromesso, ma ti coccolerei quanto volessi.

Altrettanto onestamente, ti confesso che, piuttosto che sentirti, e sentirmi, porre quella famosa domanda, avrei preferito che m’avessi detto di volerti ‘scaricare’ una volta di più e di voler approfittare della mia disponibilità: così, in maniera rude, franca, ma meno mortificante ch’insinuare, in qualche modo, fossi riuscito a manipolarti!

Sarebbe stato meno doloroso che sentirsi usati, come purtroppo m’è capitato; per un anno, hai continuato a scherzarci su, anche quella mattina che m’accompagnasti in centro con l’auto: “quando vuoi”, rispondesti ad una mia battuta riguardo alla possibilità d’un incontro ad alta tensione erotica tra noi, però, dopo aver indugiato per tutto quel tempo, avutane l’occasione ti sei tirato indietro.

Da un lato, posso sinceramente dirti mi sembri un comportamento stupido e pavido: ti sei spinto fino a quel punto? Allora approfittane, deciditi ad assaggiare quel piatto, poiché solo dopo potrai valutare se ti sia piaciuto, o meno; dall’altro, mi fa infuriare che possa aver condotto un esperimento sulla mia pelle.

Questo non sarebbe dovuto accadere!

Un tale esperimento avresti potuto permettertelo affittando per un’ora il corpo di qualcuno, mentre, sostenendo di volermi bene, non avresti dovuto trascurare fossi innamorato di te e che vedermi rifiutare dovesse espormi ad una sofferenza atroce.

Formalmente, dichiarasti d’essere dispiaciuto questo potesse essere accaduto, ma io potrei ribattere che, se m’avessi rispettato fino in fondo, avresti evitato di giungere fino a quel punto, così come io, il Natale precedente, resomi conto d’amarti, t’offrii il mio piccolo dono, ti feci gli auguri e mi congedai senza nemmeno confessartelo e darti un mio recapito telefonico perché potessi rintracciarmi: semplicemente, avevo deciso che mi sarei eventualmente rimesso in contatto con te quando fossi stato in grado di considerarti soltanto un amico.

Vorrei sapessi non stia criticandoti e non me ne importi assolutamente nulla d’essere dalla parte della ragione, quand’anche fosse!

M’importerebbe, piuttosto, che divenissimo in grado di comunicare più francamente, senza inutili giri di parole che ci tenessero bloccati mesi interi e c’impedissero di godere della nostra amicizia e, soprattutto, ti rammenterei possa essere disponibile a rinunciare a te come uomo e ad accettare compromessi in tal senso, ma, come amico, esiga da te il massimo.

La mia voglia di riallacciare un dialogo, la mia disponibilità a dimenticare qualsiasi comportamento poco corretto abbia tenuto nei miei riguardi, d’altro canto, non rivelano una mia particolare grandezza d’animo, quanto l’essere ancora disposto ad investire moltissimo su di te, nella convinzione abbia da offrirmi altrettanto, nel contempo, impegnandomi a fare lo stesso.

Occorrerebbe altresì che il nostro rapporto divenisse paritario, poiché, anche rileggendo le vecchie lettere, non posso fare a meno di notare il fatto ti ponessi sempre in una condizione di superiorità rispetto a me: nell’ultima, ad esempio, mi scrivesti le tue parole non dovessero preoccuparmi, perché, il fatto non sapessi se sarebbe nuovamente accaduto qualcosa tra noi, non significava gettassi via il bambino con tutta l’acqua sporca.

Non nego l’intenzione potesse essere consolatoria, tuttavia, primo, posto io t’ami e non possa averti, non serve a nulla che mi dica possa accontentarmi di qualcos’altro, secondo, io non sono, né voglio essere il tuo bambino.

Potrei accettare quel ruolo, ma non ne sono nemmeno sicuro, solo qualora stessimo davvero insieme: le volte in cui non mi disperassi, riuscivi a farmi sentire protetto ed effettivamente, questo è uno degli aspetti più piacevoli di qualsiasi relazione, ma, se volessimo tornare ad essere amici, sarebbe necessario che riuscissimo ad essere entrambi un approdo sicuro per l’altro ed un referente privilegiato per raccoglierne le confidenze.

Eri solito ripetere non ami le sperequazioni, tuttavia, tra me e te esistono tante ed importanti differenze ed il  dolore che mi cogliesse talvolta, quelle crisi disperate di pianto, che perfino io giungevo a stupirmi durassero così a lungo, dipendevano dall’angoscia che fossero troppe, dunque, incolmabili.

Ti confesso una cosa: sarebbe meglio per te se fossi solo innamorato, perché, prima o poi, il sentimento s’estinguerebbe, invece, io ti voglio sconfinatamene ed inguaribilmente bene e ciò significa, in parte contraddicendo quanto abbia scritto prima, che, se questo è ciò che stai pensando, potrebbe ancora capitare che tornassi a comportarmi come un bambino… piangerei, farei i capricci, vorrei sentirti più presente nella mia vita e che, almeno per una sera, tu divenissi il mio principe e te ne stessi con me sulla terrazza a ballare un lento sotto le stelle; se può consolarti, significa anche che una parte del cuore di questo giovane uomo omosessuale t’apparterà sempre e potrai disporne a tuo piacimento, salvo che per maltrattarlo!

Una volta, ti feci ascoltare una canzone che amo molto: ”ho atteso a lungo che si verificasse un miracolo e chiunque continuava a ripetermi sia troppo difficile non rimanerne delusi, senza versare una lacrima”… per me, mantenere vivo il tuo ricordo equivale a difendere quel miracolo che è stato incontrarti  e, probabilmente, potrei farlo ancora esprimendo fragilità ed angoscia, quando pensassi volesse essermi negato, in compenso, ogniqualvolta la tua immagine, la tua voce, tutto quanto ami di te torneranno ad ‘esplodermi dentro’, ti dedicherò un nuovo pensiero d’amore e l’augurio d’ogni bene.

Nel frattempo, t’assolvo come qualsiasi altro uomo che provi a starmi vicino: sono consapevole di quanto abbia da offrire, ma anche del fatto la mia fragilità e complessità richiedano uno sforzo difficilmente sostenibile.

Sai una cosa? Mi piacerebbe che, durante la lettura di queste pagine, potessi tenerti stretto a me: realizzerei un mio grande desiderio e godrei d’un istante di pura felicità…

 

 

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963