La Donna Camel

Tutti i miei robot


Ti ricordi il robottino pulitore di cui avevo parlato qui? Bè, il mio desiderio sta per avverarsi! Ho finalmente raggiunto i cinquemilacinquecento punti fragola necessari per averlo in regalo dall'esselunga, pagando in soprappiù solo il modico contributo di centosessanta euri che comunque è meno della metà del suo prezzo sul mercato, l'ho ordinato ieri e mi hanno detto che in tre giorni sarà mio. Perché io detesto fare i mestieri. Cioè, non è che desto fare il falegname, il fabbro e l'arrotino, come mi diceva tanto tempo fa ridendo un mio amico di Firenze. Lo so che fare i mestieri è un modo di dire tipico di Milano e altrove questa locuzione fa ridere. A me mi fa più ridere faccende, come dicono i fiorentini per esempio. Prima mi fa venire in mente quelle signore che stavano disegnate sulle scatole dei detersivi in polvere, col fazzoletto legato in testa, le due cocche che svettano come cornini e la stella sul sorriso dentuto. Tide. Roba vecchia che tu non puoi sapere. Subito dopo invece penso a Follieri, Marini, Tarantino e quelli come loro, purtroppo certe parole vengono anche snaturate dall'uso. E allora mi immagino i loro bambini a scuola, la maestra che chiede a tutti che lavoro fa il tuo papà? E uno dice il falegname, l'altro l'arrotino, e il figlio di Follieri dice: il faccendiere, e il figlio del filippino dice: anche il mio. Niente, parola bruciata. Potrei dire che faccio le pulizie, ma pure questa mi da fastidio, mi viene in mente pulizia etnica e non ce la faccio, non ce la posso fare. Così continuo a fare i mestieri, sarà anacronistico, sarà dialettale, fino a che bossi non se ne impadronisce vado avanti così e poi vedremo. Ognimodo, dicevo che odio i mestieri ma tra tutti i mestieri odio più di tutti scopare. Eccolo lì, lo so che anche questo ti susciterà una risatina. Che colpa ne ho io se questa parola viene usata più metaforicamente che in senso proprio? Avevo una collaboratrice domestica, quando me lo potevo permettere, che ogni volta che le chiedevo ha scopato in camera mia? arrossiva. Era di Foggia. Va bene, lo so. Non odio scopare in senso figurato, al contrario, odio farlo solo in senso letterale. Ma spazzare a me mi porta subito all'idea di un tornado, una alluvione, un terremoto o una frana (ot: un pensiero di solidarietà per gli amici siciliani). E poi, scusa, ma l'attrezzo si chiama scopa, mica spazza. La spazzatura è quella che già sta nella pattumiera. Allora, io che detesto scopare, e più ancora passare l'aspirapolvere, ho sempre la casa sporca. Una volta non era così, una volta avevo la collaboratrice domestica, detta anche l'aiuto, che pure questo mi fa ridere, sentire le signore che si chiedono una all'altra, hai l'aiuto? Sì, un cardiochirurgo di prima nomina, era aiuto al policlinico ma gli ho offerto cinquanta centesimi in più all'ora e i biglietti del tram andata e ritorno. Vabbè, divago. Io l'aiuto non ce l'ho più e i pavimenti sono sporchi quasi sempre. Tanto non ho più bambini che gattonano in giro. Ho solo gatti che bambinano, ma questa è un'altra storia che non c'entra. Si tratta di aprire la porta con un ritmo regolare, ogni dieci minuti, quando sono fuori vogliono entrare e quando sono dentro vogliono uscire. Poi vogliono essere nutriti ogni tre ore circa, cioè, vorrebbero, ci provano: questa pappa non è buona, mi dai la pappa buona? Anche qui non è difficile, basta far finta di essere quello che si è, cioè solo stupidi umani che non capiscono. E sarà lo stesso pensiero che avrà il robottino, temo, quando cercherò di farlo funzionare senza aver prima letto il manualone di trecento pagine ventisei lingue stampato in times in corpo due.