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Post n°11 pubblicato il 12 Febbraio 2007 da Bgponcio1
Eugenio Noradino Torricella è un nome dimenticato. Un nome che compare soprattutto in lunghe liste di organizzazioni neo-fasciste, sotto la dicitura “Sacerdoti uccisi da partigiani comunisti”. Un nome addirittura storpiato, come si evince dai tanti siti web delle stesse (Nardino,Corradino, Norradino, al posto di Noradino). Un dato però porta con sé un grado indissolubile di verità: il 7 gennaio del 1944 ad Agen (Francia), monsignor Eugenio Noradino Torricella della diocesi di Bergamo è colpito a morte da due giovani partigiani comunisti. Ad un’attenta ricerca, un fatto appare “strano”: da sempre l’antifascismo militante di Torricella. Ecco l’equivoco, il paradosso politico. L’antifascista Torricella, già direttore del foglio sindacale “La squilla dei lavoratori” e membro della segreteria del Partito Popolare bergamasco, costretto nei primi anni venti a lasciare l’Italia con l’avvento del fascismo, che viene freddato da mano comunista. Nell’esilio, se così si può chiamare, l’attività pastorale, politica e giornalistica di don Noradino non viene mai meno. Anzi s’intensifica. Fonda per conto dell’Opera Bonomelli un segretariato corrispondente, destinato presto a diventare uno dei più importanti uffici per l’assistenza agli emigrati italiani della regione, e il suo giornale, “Il Corriere” (in lingua italiana), diviene l’organo di stampa delle missioni pro-emigranti in Europa. Don Torricella diventa un vero e proprio punto di riferimento della Colonia italiana di Agen, ma anche, con l’avanzare del processo di fascistizzazione dello Stato italiano, in un “osservato speciale”. Ecco fioccare numerosissimi i rapporti, che fanno da spola tra il Consolato generale di Tolosa, l’Ambasciata d’Italia di Parigi, i Fasci italiani all’estero, il Ministero degli Interni, quello degli Esteri, il Ministero della Cultura Popolare, il Vaticano. Rapporti che hanno nella maggior parte dei casi un solo argomento: l’organizzazione antifascista nel Sud-Ovest della Francia. Si parla soventemente di Torricella come maneggione, scaltro e infido politicante, delatore della polizia francese, e quasi mai del buon pastore. Poi le cose cambiano, intorno agl’anni trenta. Le sovvenzioni governative tendono ad affievolire lo spirito critico del settimanale. L’impresa etiopica e le “inique sanzioni” fanno il resto. Un popolo che si stringe quasi all’unanimità al suo Capo. Il direttore Torricella si mette a disposizione, svolgendo attività propagandistica per la causa comune, per l’italianità. Perché per dirla come Pavese: Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. Quel pezzo di Francia si trasforma ormai sempre più in un piccolo lembo di Patria e l’opera di assorbimento viene quasi del tutto portata a termine. . Ecco svelato l’arcano, l’uomo Torricella non è più inviso al fascismo – anche se come recitano i soliti documenti: “Non è però persona nella quale si possa riporre una fiducia illimitata Alla vigilia della guerra, una nota del Consolato generale di Tolosa segnala al Ministero degli Affari esteri un articolo del foglio comunista di Agen “Le travailleur”, nel quale monsignor Torricella viene attaccato molto violentemente e accusato di essere un agente fascista incaricato di fomentare attrito tra gli emigranti italiani e il popolo francese. E’ l’inizio della fine. Le priorità cambiano, e il vero nemico mortale sembra esser tornato il comunismo. La guerra fa il resto, e nel clima d’odio e di rivalsa di una Francia già occupata, spezzata e umiliata dal nazi-fascismo, si compie il delitto-simbolo, o forse una tragica fatalità. Don Noradino deve morire. Guarda l'intervento del Prof. Giorgio Bertazzoli all'Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo del 26 ottobre 2007 su "Monsignor Torricella". Clicca qui: http://it.youtube.com/watch?v=AMXIglh4fqY |
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