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La Pietraia Alghero

Storia del quartiere La Pietraia di Alghero

 

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La lavorazione del crine

Post n°3 pubblicato il 06 Gennaio 2011 da lapietraia_07
 

LA LAVORAZIONE DEL CRINE

Sentiamo la testimonianza di un abitante del quartiere con particolare riferimento agli stabilimenti del crine che, dalla seconda metà dell'800 lavoravano la palma nana.

 

"Anticamente la zona della Pietraia veniva chiamata Cuguttu dal nome della colonia penale di Maria Pia dove c'erano le stalle.
Partiva dalla chiesa di san Giovanni dove c'era il convento delle Clarisse ed arrivava alle stalle di Maria Pia. Con il passare del tempo il nome venne trasformato in "La Pedrera" a causa delle cave di pietra. Nel territorio erano situati un frantoio ora chiuso e un mulino per la farina, ancora attivo.
La fabbrica del crine (foglie di palma sfibrate) era alle spalle dell'attuale caserma dei Carabinieri; di fronte erano tutti orti. Le prime case costruite erano quelle di via Don Minzoni (di fronte alla farmacia) poi arrivarono quelle della "forestale" in via Edison, quelle dei coltivatori diretti in via Enrico Fermi, quelle popolari di via Amalfi, e così via.

Quando la Pietraia ha iniziato a popolarsi le strade non erano asfaltate, in via Don Minzoni c'era ancora un fortino in mezzo alla carreggiata, non c'era l'illuminazione e chi doveva andare in centro doveva spostarsi a piedi o in bicicletta.
Chi poteva permetterselo, andava in carrozza. L'unica chiesa era quella di S. Agostino vecchio. Di fianco c'era l'acquedotto che venne chiuso intorno al 1985.
Nel 1970 venne costruito il mercato che divenne operativo nel 1977-78 e la stazione di S.Agostino che si attivò nel 1988-89.
La stazione era, prima, solo un passaggio a livello e c'era una piccola casa cantoniera del casellante.
Quella che viene chiamata la vetreria era un distaccamento della caserma dell'Aeronautica Militare. Il capannone in seguito ospitò una scuola di ballo."

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LA PRODUZIONE DEL CRINE AD ALGHERO

Ricordo che il seguente testo è del 1999

 

La lavorazione del crine è stato un fatto importante per la città, perché ha coinvolto forze produttive, ha stimolato l'imprenditorialità degli algheresi, ha aperto i laboratori alla mano d'opera femminile, che veniva impiegata con un regolare contratto.

Il lavoro era duro, faticoso ed anche pericoloso per certi aspetti. Le ragazze diventavano operaie giovanissime e di solito lavoravano fino al matrimonio. Molte di loro, con il salario ricevuto compravano la biancheria che serviva come dote.

A distanza di quarant'anni dalla chiusura dell'ultimo stabilimento, è interessante ricostruire questo aspetto economico e sociale della città, così ben  organizzato, e definito.

Gli stabilimenti erano dei centri di produzione che assorbivano mano d'opera, davano paghe sindacali, avevano mercati in Sardegna e nella penisola, ed erano dunque fattori di sviluppo del territorio.

Nel 1960 chiudeva ad Alghero l'ultimo stabilimento del crine. La fine di tale attività era stata decretata dall'avvento delle fibre sintetiche. Nessuno rimpianse il crine, la sua fine fu accettata come ineluttabile da una società in pieno boom economico, che sognava la seicento e che aveva tante aspettative per un futuro migliore.

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Ora descriviamo la lavorazione della palma nana per produrre il crine.

 Il crine è una fibra vegetale che si ricava dalla palma nana che cresce spontanea in tutta la zona costiera, particolarmente a Porto Conte, dove un tempo si trovavano estesi campi di tale pianta.
Per la produzione del crine erano necessarie numerose operazioni.
1° - Per prima cosa le foglie venivano recise dagli uomini con una roncola, soprattutto in primavera ed in estate. Quindi venivano riunite in fasci (les càstigues, leggi: càstigas), caricate su carri trainati da cavalli e, attraverso la via Porto Conti, raggiungevano i vari stabilimenti di lavorazione.

Talvolta la pianta veniva asportata completamente ed allora si poteva gustare una prelibatezza, il margalló (leggi: malgagliò), cioè il tenero cuore della palma, dal caratteristico sapore aspro-dolce. I bambini mangiavano anche i gìnjol (leggi: gìngiul), i frutti rotondeggianti di colore arancione-marron chiaro, dal gusto asprigno che "lega" il palato.I gìnjol si potevano acquistare anche nei negozietti del centro storico dove la quantità veniva misurata a bicchieri.
2° - Negli stabilimenti le donne provvedevano a lavare le foglie e a farne mazzetti. I mazzetti confezionati con le palme migliori erano destinati a fare i pennelli per gli imbianchini. 
Le mazzettaie stavano sedute su uno sgabello ed appoggiavano sul grembo le foglie trattenendone il gambo spinoso con le mani. I mazzi così ottenuti venivano legati con le fibre lunghe della foglia che erano state preparate a casa la sera prima (los xobos, leggi: lus ciobus). C'erano mazzettaie particolarmente abili che riuscivano a confezionare dei mazzi perfetti, con le foglie ben sistemate, ed altre che trovavano difficoltà. Era un lavoro che rovinava le mani a causa delle spine dei gambi.

3° - Infine i mazzi si appoggiavano su una superficie piana e, col deciso colpo di una lama affilata, si recidevano tutti i gambi.
4° - Quindi si passava a lavorare le foglie con una macchina composta da due parti di legno, una concava e l'altra convessa, della misura di circa cm 100x50. Conficcate nel legno stavano delle punte d'acciaio acuminate. Con un movimento oscillatorio le donne facevano scorrere le due tavole l'una sull'altra affinché le foglie, inserite nella macchina, venissero sfibrate dal passaggio delle punte.
Un'altra macchina formata da un rullo a rotazione manuale, munita anch'essa di chiodi, dava un prodotto più fine.
5° - Nelle giornate di sole il crine veniva sparso nel cortile adiacente al laboratorio e messo ad essiccare.
6° - Quindi le filatrici prelevavano una certa quantità di crine (la balsaca), lo fissavano ad un chiodo inserito nella parete e lo "filavano". In pratica confezionavano delle corde, les cordetes (leggi: las culdetas) ed il crine era pronto per essere venduto.
Il prodotto veniva diviso tra più fino e più grosso.

Durante il lavoro le donne cantavano les cançons del crino (leggi: las canzonz del crino) che erano testi improvvisati su un tema musicale fisso. Raccontavano gli amori e i bisticci tra fidanzati, oppure contenevano messaggi destinati ai ragazzi che piacevano alle giovani operaie.
Qualche testo si ricorda ancora. Per fare un esempio si riportano due versi:

 "I ja ‘l veu que so petita
no so minyona de festejar..."

"Vede bene che sono piccola,
non son ragazza da fidanzare..."

Spesso i testi erano ironici e tendevano a sottolineare i difetti delle operaie, la loro scarsa abilità, o la scarsa voglia di lavorare.

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A che cosa serviva il crine?

 Il crine veniva usato soprattutto per imbottire i materassi, i divani (le ottomane) e le poltrone. Infatti la lana era destinata in gran parte alla filatura e tessitura, e non tutti potevano permettersi il materasso di lana. Inoltre il materasso di crine era preferito nella stagione estiva perché era più fresco.
Il crine algherese era commerciato in Sardegna ed anche fuori dall'Isola. Con i carri e con i treni il carico di cordetes raggiungeva Porto Torres e partiva per Genova, Napoli e Civitavecchia.
Ad Alghero, fino al 1878, la palma nana veniva venduta alle industrie di trasformazione. Ma in seguito ci si accorse che era possibile lavorarla in città ed iniziarono a sorgere i primi laboratori.

 Nella prima metà del 1900, sorse una decina di stabilimenti. Con la raccolta delle olive, la lavorazione del crine rappresentava un'importante fonte di reddito, soprattutto per le donne che così potevano comprare la dote, cioè la biancheria per il futuro matrimonio.
La crisi arrivò dopo il 1949 quando dalla Francia furono immesse sul mercato notevoli quantità di crine provenienti dall'Africa mediterranea.
Di questa crisi si parlò nel consiglio comunale di Alghero il 25 agosto 1949.
Nello stesso tempo finirono le forniture ai militari ed arrivarono le prime fibre sintetiche. L'ultimo stabilimento algherese chiuse intorno al 1960.

Riporto ora alcune delibere comunali che riguardano  le concessioni di terreni comunali a titolari di stabilimenti del crine, per il taglio delle palme nane.

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 Le delibere della Giunta Comunale

 La giunta comunale di Alghero ebbe modo di occuparsi più volte dell'attività del crine.

Infatti possedeva numerosi territori che affittava per il tagli delle palme nane ai proprietari degli stabilimenti cittadini.

Il 16/12/1946, nella delibera n° 287, si dice che B. G. ha tenuto in affitto fin dal 1942 i terreni di proprietà comunale siti a Porto Conte, Sant'Agostino e Calabona per complessivi 17 ha, 32 a e 28 ca.

L'affitto riguarda il solo taglio della palma nana.

La delibera aumenta il canone di affitto da £ 3.500 annue  a  20.000.

 Il 7/02/1951 la Giunta Municipale prese la seguente delibera.

 Delibera n° 30

"Oggetto - Provvedimenti per l'affitto e il taglio palme nane dei terreni comunali Sant'Agostino, Pietraia, Porto Conte, Calabona e Las Tronas per il solo taglio delle palme nane per l'industria del crine e per il biennio 1 ottobre 1950 - 30 settembre 1952.

Ritenuto che a tal fine sono state invitate le ditte: 1) Stoccoro Antonio 2) 'Crine Vegetale' di A. Masia - 3) Bigagli Giovanni - 4) Deperu Paolo - 5) Fratelli Goffi - 6) Avanzi Mario - 7) Ibba Alberto, a presentare regolari offerte..."

 Da questa delibera veniamo a sapere che nel 1950 operavano in città almeno sette stabilimenti del crine e che il comune intendeva concedere al miglior offerente il taglio delle palme.

Risposero all'invito tre imprenditori con le seguenti offerte:

£ 110.000, £ 86.000, e £ 70.560 sempre su base annua.

INCIDENTI

Per lavorare la palma nana las crineras utilizzavano alcuni strumenti molto pericolosi. In particolare la pantinarora poteva causare profonde ferite.

Ho trovato una relazione sanitaria che riporta un intervento medico-chirurgico in conseguenza appunto di un grave incidente. La riporto di seguito. Nel 1912 l'operaia Antonia Raffi Nuvoli di 18 anni si è presentata all'ospedale civile di Alghero in condizioni piuttosto gravi e il medico, prof. Nicola Federici-Larco,  è dovuto intervenire per cercare di rimediarvi nel modo migliore, cercando di non arrivare a soluzioni estreme. Sentiamo la relazione.

"Ferite multiple gravissime lacero contuse e da strappo, nel braccio sinistro da infortunio nel lavoro.

Il braccio e la mano restarono impigliati fra i denti del pettine di una macchina pettinatrice del crine vegetale.

Disinfezione. Sutura. Medicazione.

Vi era distacco ampio di lembi cutanei, strappo di muscoli e di tendini.

Si è ventilata l'amputazione. Ho preferito fare chirurgia conservativa, e con medicazioni frequenti e diligentissime son riuscito a salvare il braccio, che sembrava perduto.

Guarita.

 

Mi sono servita delle seguenti fonti:

Daniela Usai - I lavori femminili ad Alghero - 1999 - Dalla raccolta di testi e documenti del Sig. Pasqualino Mellai.
Dai ricordi di Franco Ceravola.
Testimonianza di Angelo Ceravola e di Quirico Meloni che da ragazzi hanno lavorato in una fabbrica di crine.
Documenti dell'Archivio Storico di Alghero.

Prof. Nicola Federici-Larco, Rendiconto Chirurgico e Medico (ospedale Civile di Alghero),  Tipografia Sociale "Libertà", Sassari, 1914
 

 

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