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Racconto_2: I Fantasmi del Passato

Post n°13 pubblicato il 20 Maggio 2008 da BloOdySaLaMaNdEr

Ecco il mio secondo racconto,già presente in www.ilportaledeltempo.it


Campagne di Provvidence(Annapolis-USA) 1769


Era inverno
inoltrato e il garzone della locanda “Al Cavaliere e La Morte” era
uscito a prendere al legna nel capanno attiguo al sudicio locale.
Faceva
molto freddo e il respiro di Kurt si condensava in minuscole goccioline
a contatto con l'aria gelida.Si coprì alla meglio ed entrò a prendere
delle fascine...all'improvviso sentì un rumore provenire da sotto la
catasta e spuntò un minuscolo topolino affamato e infreddolito.
Decisamente Kurt era molto impressionabile e trasaliva spesso al minimo rumore.
Il
topolino lo fissò per un pò, forse avrebbe rimediato qualche briciola o
un calcio, nel dubbio,sparì nell'oscurità così come era arrivato.
Il
garzone tornò dentro e prese come al solito a pulire il vomito degli
avventori ubriachi e i bicchieri sudici in un secchio dall'acqua ancora
più sudicia: l'igiene non era di certo il pezzo forte di quella
bettola, il posto abbondava di alcool di infima qualità, forte e
disgustoso, ma non importava molto neanche questo in fondo.
Verso le
21,30 entrò nel locale un forestiero, come mai se ne erano visti nei
dintorni.Si muoveva con estrema lentezza come per calibrare ogni suo
passo.
Chiese del whisky e si sedette ad un tavolo in disparte.
Kurt,conosciuto
da tutti come Malvento, guardò tutta la scena da dietro il bancone dove
era ancora intento a pulire i bicchieri quando finalmente si accorse
che nella distrazione,stava lavando lo stesso bicchiere da almeno 20
minuti.
Chi era quello straniero?
Il padrone della locanda “Al Cavaliere e La Morte” sudava più del solido.
Era
un uomo enorme, con dei gran baffi,come era di moda al tempo e
perennemente unto dagli effluvi della cucina dove preparava frugali
pasti per sé e per la sua clientela.
Un uomo unto e attaccato al denaro,come ce ne sono tanti.
Quella montagna umana tremava.
Era stato lui a dare quel nomignolo a Kurt:Malvento.
Era maledetto.
Portava sfortuna.
Lo
teneva in locanda solo perchè era suo figlio, se non fosse stato per
quel legame di sangue se ne sarebbe liberato all'istante.
Pensava solo ai soldi Lenny Grease.
Si
avvicinava l'ora della chiusura, era molto tardi e l'indomani sarebbe
passato di là un gruppo di circensi, bisognava far apparire migliore la
locanda, sicuramente avrebbero speso lì i loro soldi, ma lo Straniero
non accennava a volersene andare, nessuno apparte Kurt e suo padre
parvero accorgersi di lui,...eppure era un evento uno straniero così
bislacco nella loro locanda.
Ma quello che ne era più sconcertato ero il signor Grease.Chiese a Kurt di andare al capanno a prendere altra legna.
Lenny
Grease stava scrivendo qualcosa molto frettolosamente su un pezzo di
carta-paglia usato, con evidenti macchie d'olio, forse qualche conto
per la locanda.
«Padre,lascia che resti con te, non mi piace quell'uomo»
«Fai immediatamente come ti dico piccolo insolente»
«ma...padre!»
«Vattene Kurt!»
Il
garzone notò che il whisky ordinato ore fa dallo straniero era ancora
sul bancone della locanda.Non era mai stato preso.C'era qualcosa che
scuoteva profondamente l'animo del giovane, qualcosa che sfuggiva alla
sua semplice mente fatta di abitudinarietà e monotonia.
Uscì di
corsa ma non andò alla legnaia, fece il giro dell'edificio e si
arrampicò sulla scala che conduceva ai piani superiori dove si trovava
la sua camera, il suo piccolo mondo e cominciò a pulire il pavimento
per poter vedere tra le spesse assi di quercia.
Nella locanda “Al
Cavaliere e La Morte” non si era mai visto nulla di simile:l'oscuro
straniero era di fronte al viscido locandiere e apparentemente non
stava facendo nulla,muoveva solo le mani descrivendo figure nell'aria,
la cosa che fece gelare il sangue nelle vene a Kurt furono le azioni
del padre.
Dapprima prese una corda nel retrobottega,la lanciò a
cavallo del polveroso lampadario a candele e la legò stretta, fece un
altro nodo nell'estremità opposta,quella che aveva in mano, si
arrampicò con fatica sul bancone, infilò la testa nel cerchio che si
era venuto a formare con la spessa corda di juta e saltò giù.
Non sentì dolore.
Rimase sospeso ad un palmo dal pavimento.
Kurt lanciò un urlo, lo straniero lo guardò, lo indicò ed uscì dalla porta principale.Sparì nella notte.
Kurt
Grease, il giovane e spensierato Kurt Grease scese di corsa le scale ed
irruppe nella sala principale della locanda dove il padre penzolava
ancora dal lampadario con un evidente ematoma sotto la corda.Era
morto.Non poteva far altro che calarlo giù ed adagiarlo a terra tra le
lacrime.
Odiava e amava quell'uomo che lo aveva cresciuto ma che gli aveva impedito di vivere la propria vita.
Odiava il forestiero che lo aveva ucciso.Lo avrebbe trovato, lo giurò a suo padre.
Andò
dietro il bancone e si versò dell'alcool forte in preda al dolore, posò
il bicchiere sulla carta-paglia che il padre stava scarabocchiando
prima di spedirlo nel capanno per la seconda volta quella sera.

“Kurt,
ho un brutto presentimento, non so cosa potrà accadere, lascio a te la
locanda e l resto della proprietà di famiglia. Ci sono dei documenti e
delle lettere avvolti in un panno bianco e legati con un fiocco
rosso,non puoi sbagliare. Sono in camera mia, leggile e capirai.
   
                                                                       
                                                  Lenny”

Kurt
capiva sempre meno, ma con il dolore nel cuore andò in camera del padre
e cominciò a frugare tra le sue cose in cerca dell'involto.
Eccolo!

“Lenny
non può continuare così,mio marito ci scoprirà e ci ammazzerà, lo
conosco,è capace di tutto.Crede che il figlio sia suo ma non so quanto
riuscirò a mantenere questo segreto, non ce la faccio, sono troppo
debole (...)”

“Il medico dice che se Alan continua a picchiarmi forse perderò il bambino, auitami Lenny! (...)”

Decine e decine di lettere con il medesimo contenuto.

“Lenny,
il piccolo sta per nascere, lo chiameremo Kurt cm mio padre,
perdonami,ma per il suo bene Alan deve credere che sia suo figlio,è per
il suo bene,capisci? (...)”

Kurt...ma allora...il bambino in questione era lui e quella che scriveva...era sua madre, la donna che non ha mai conosciuto...
Il
garzone della locanda “Al Cavaliere e La Morte” annusò le lettere nella
speranza di percepire l'odore della madre,ma non sentì altro che
l'odore della muffa e dello sporco che regnava in quel luogo
dimenticato da dio.
Pianse.
Scese nella sala grande della
locanda,si diresse verso l'uscita e d entrò nella legnaia, deciso come
mai era stato in vita sua , estrasse l'accetta dal ciocco di legna che
stava spaccando solo qualche ora prima e la guardò con una strana luce
negli occhi, una luce omicida che mai i suoi occhi avevano avuto prima
d'ora.
Qualcosa era cambiato in lui.Aveva acquisito una nuova consapevolezza,sapeva cosa doveva fare.

Trovare
l'uomo che aveva ucciso suo padre o che...beh,a quanto pareva l'aveva
spinto al suicidio era una priorità.Cosa avrà mai detto per far
suicidare un uomo?
La risposta venne immediatamente, non aveva fatto
in tempo ad uscire che l'Uomo in Nero era in piedi sull'uscio del
capanno ed aveva qualcosa di strano che Kurt in preda alla sua sete di
sangue e vendetta non afferrò subito.
L'uomo parlò con voce metallica e rapida, innaturale,...decisamente innaturale.
«Ciao Kurt.
Sono qui per te.
Vieni da me.
Sono qui.
Ti aspetto.»
«Bastardo,hai ucciso mio padre!E anche tu stai per morire,sarò io ad ucciderti!»
L'Uomo
in Nero faceva una grande fatica a parlare, sembrava cercare la forza
nell'aria, ma soprattutto in Kurt che si sentiva sempre più debole.
«Ti sbagli.
Piccolo Kurt.
E' lui che ha ucciso me»

«Menti!»

«No Kurt.
Piccolo Kurt.
Innocente Kurt.
Morirai come tua madre.
Morirai come tuo padre.
Piccolo figlio della menzogna.
Io sarei stato un padre per te.
E' tutta colpa di Selma.
La mia Selma.»

Kurt
cominciò a perdere lucidità ma in lui era ancora vivo l'odio,ma stava
cambiando direzione, stava cambiando il soggetto verso cui rivolgersi.
Lo
Straniero lo fissò con uno sguardo penetrante,inumano,Kurt poteva
vedere attraverso i suoi occhi, vedeva i raggi della luna attraversare
il corpo del suo avversario che pian piano stava impossessandosi delle
sue energie,delle sue emozioni e, inesorabilmente, della sua mente.
Kurt
rivide in un lampo cose che aveva rimosso, le percosse di suo padre,
l'odore di sua madre,la notte in cui lei morì e vide nei suoi ricordi
la figura vivida dello Straniero, vide il momento in cui con la potenza
delle sue mani strangolò sua madre e quando egli stesso venne ucciso
con un colpo di fucile per mano di suo padre.
Sembrava tutto così reale.Era reale.Erano i suoi ricordi rimossi.
Riconobbe Alan nell'uomo che aveva davanti.
Riconobbe Alan nel Fantasma dell'uomo che era.
Sentì
le sue energie abbandonarlo e il rantolo cimiteriale di Alan farsi più
pesante e la sua presenza cominciò ad opprimere il suo essere e la sua
mente.
L'ascia gli cadde di mano contro il suo volere, ormai la sua
mente di ragazzo assetato di vendetta era completamente nelle mani di
Alan che lo manipolava a suo piacimento per assecondare il suo cieco ed
eterno desiderio di vendetta.
Kurt sentiva il flusso dei suoi
pensieri fondersi con quello di Alan in un'infinita spirale di odio e
tristezza, si diresse contro la sua volontà verso la carrucola che un
tempo serviva per spostare al piano superiore del capanno le balle di
fieno per gli animali, ma Kurt prese la corda, la attirò verso di sé
piangendo come un bambino e ne fece volare un capo al di là di una
trave e la fissò con un nodo eseguito con le mani malferme di qualcuno
che va incontro alla morte.
Si arrampicò su una catasta di legna e del capo opposto ne fece un cappio.
Ormai
il legame che Alan aveva instaurato era troppo forte e Kurt non poteva
far altro che sottomettersi completamente alla sua volontà.
Alla volontà di un Fantasma del suo passato.
Così cm aveva fatto suo padre.
Come, in qualche misura, anche sua madre aveva fatto prima di loro.
Saltò giù dalla catasta di legno e il collo si ruppe immediatamente.
Un unico, immenso dolore e un grido di paura.
Poi nulla.
Alan si fuse con i raggi della luna e tornò a vagare nella penombra come aveva fatto per anni.
Sono lì.
Sono tutti lì.
Ci osservano,ci aspettano.
Aspettano il loro momento nel buio del ricordo, tra le altre perlacee essenze che si muovono in pena su questa terra bruna.
Arriverà il loro momento,questo è certo.
Non chiamateli,verranno da soli, si muoveranno come un sospiro verso le nostre angosce al calar del sole.



Non
so se vi piacerà questo,era un'idea che covavo da un pò di tempo,ma
l'avrei ambientata in un'altra epoca,cmq "il racconto crebbe
narrandolo" cm disse il Sommo Maestro JRRT.
Questo è nato un pò di
tempo fa e forse un giorno lo trasformerò,lo rigirerò fino a farl
odiventare cm mi paicerebbe sul serio,intanto diciamo k qst è un
assaggino di quello che sarà in un futuro prossimo.
Ho
preso cm spunto una vicenda accaduta in Inghilterra mi pare,nn so in k
anno e nn sono tanto sicura neanke del posto,cmq fatto sta k a dire di
molti avvenne un suicidio in una stalla ad opera delle manipolazioni di
un fantasma...bah!
buona lettura viandanti !

 
 
 
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Data di creazione: 19/04/2008
 

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