Creato da giovannaferrari_1988 il 06/10/2014
 

La Scienza

La Scienza, questa sconosciuta

 

 

I neutrini solari mancanti

Post n°3 pubblicato il 26 Ottobre 2014 da giovannaferrari_1988

 

I neutrini di origine solare sono stati oggetto di rilevamento da diversi decenni: quelli finora osservati sono emessi da reazioni secondarie, ma hanno comunque consentito di studiare le proprietà di queste particelle, come ad esempio il fenomeno dell'oscillazione. Mancava il rilevamento di quelli prodotti dalla reazione di fusione termonucleare che rappresenta la principale fonte di energia solare.

Nelle stelle l'elemento prevalente è l'idrogeno: questo ha indotto a pensare che, assodate le alte temperature dei nuclei stellari, siano presenti le condizioni atte ad innescare le reazioni termonucleari di fusione dell'idrogeno in elio. Ovviamente l'idrogeno alle temperature di qualche milione di gradi Kelvin è presente come semplice protone. Questi protoni si urtano incessantemente: poiché sono carichi positivamente, a mano a mano che ridurranno le reciproche distanze, tenderanno a respingersi con forze di crescente intensità e quindi a diminuire la loro velocità. Fino a quando riusciranno ad avvicinarsi? L'avvicinamento è condizionato dall'energia cinetica con cui si urtano e dall'energia richiesta per accostarsi fino a un certo limite. Avendo i protoni carica positiva, tenderanno a respingersi con una forza la cui intensità è direttamente proporzionale alle loro cariche e inversamente proporzionale al quadrato della distanza (legge di Coulomb):

F = K0 Q1Q2/r2

Dove K0, per cariche poste nel vuoto, è uguale a 1/4pe0 (con e0 costante dielettrica del vuoto). La forza repulsiva crescerà pertanto al diminuire di r e, poiché per r che tende a 0 F tende all'nfinito, si potrebbe prevedere che i due protoni mai potranno venire a contatto anche nel caso in cui l'energia cinetica fosse particolarmente elevata. La situazione è però diversa in quanto la legge di Coulomb è corretta solo se la distanza tra le particelle è maggiore di un valore minimo al di là del quale la legge stessa perde di validità ed entra in gioco una forza attrattiva a breve raggio d'azione che permette l'unione delle particelle stesse (come vedremo tra poco il processo è più complesso in quanto uno dei due protoni andrà incontro al decadimento beta più e si trasformerà in neutrone).

In altre parole la cattura di un protone da parte di un altro protone tenderebbe a produrre He2 (2 rappresenta il numero di massa, cioè la somma dei protoni e neutroni presenti nel nucleo). Ricordiamo che un atomo è caratterizzato soprattutto dal numero atomico, cioè dal numero di protoni. Nel caso in questione numero di massa e atomico coincidono. I protoni, però, non interagiscono solo mediante la forza nucleare forte, ma anche attraverso la forza debole: questo è il modo nel quale due protoni possono produrre un nucleo stabile di deuterio. Il deuterio è un isotopo dell'idrogeno avente numero di massa 2 (1 protone + 1 neutrone) che prende origine dalla <<trasformazione>> di un protone in neutrone a seguito del cosiddetto decadimento beta più. In questo tipo di processo una forza, sconosciuta fino al 1933, fa sì che sia creata una coppia di particelle (un positrone e un neutrino) che non preesistono nel nucleo. In sintesi la reazione è la seguente:

      H1 + H1 dà origine a D2 + e+ + ne

oppure

      p  +  p  dà origine a  D2 + e+ + ne

dove H1 rappresenta il protone  (nucleo d'idrogeno), D2 il nucleo di deuterio, eil positrone, ne il neutrino. Questo insieme di reazioni è noto come catena p-p o reazione pp. I neutrini prodotti sono indicati spesso anch'essi come neutrini pp e, a causa della loro bassa energia, non era riuscito il loro rilevamento.

Attualmente, però, con l'esperimento Borexino effettuato nei laboratori nazionali del Gran Sasso, l'equipe internazionale guidata da Gianpaolo Bellini ha annunciato la loro "osservazione". Questo studio, pubblicato sulla rivista internazionale Nature, ha rivelato che circa il 99% della luminosità solare è generato dalla reazione sopra descritta.

Si può sostanzialmente dire che questo tipo d'osservazione ha consentito di studiare "in diretta" la produzione di energia solare. I neutrini, infatti, una volta prodotti nel nucleo del Sole, risalgono in un paio di secondi in superficie e in circa 8 minuti arrivano sulla Terra. Questo è dovuto al fatto che, non interagendo con la materia, riescono ad attraversarla pressoché impunemente. I raggi gamma prodotti nella stessa reazione, a causa dell'enorme densità delle parti interne del Sole, impiegano circa 100000 anni a giungere in superficie e ad uscire come luce visibile dalla fotosfera solare.

Il confronto fra energie dei neutrini pp e quella della radiazione elettromagnetica emessa oggi dal Sole ha consentito di confermare che la nostra stella produce da almeno 100000 anni la stessa quantità di energia.

É bene ricordare che la reazione nucleare sopra riportata va inquadrata nel cosiddetto Modello standard (MS). Si tratta di una teoria fisica che descrive tre delle quattro forze fondamentali note: l'interazione elettromagnetica, l'interazione debole (queste sono state unificate nell'interazione elettrodebole), l'interazione forte e tutte le particelle elementari ad esse collegate.

Il Modello standard è stato oggetto di buone verifiche sperimentali, ma non comprendendo l'interazione gravitazionale, non può essere considerato una teoria che tratti esaustivamente quelle che sono note come le interazioni fondamentali.

N.B. Faccio presente che il box di videoscrittura non supporta la necessaria simbologia, per cui il simbolo del neutrino (lettera greca ni) e della lettera pi greco non sono corretti. Anche la lettera greca beta non è supportata.

 

 

 

 
 
 

Un passo avanti nella spiegazione dell'origine della vita

Post n°1 pubblicato il 06 Ottobre 2014 da giovannaferrari_1988
Foto di giovannaferrari_1988

Una nuova ricostruzione dei classici esperimenti di Stanley Miller sull'origine della vita ha chiarito importanti passaggi dei processi che, miliardi di anni fa, portarono alla formazione di composti organici complessi a partire da semplici molecole inorganiche.

Lo studio è stato condotto da Antonino Marco Saitta, dell'Università Pierre e Marie Curie e Franz Saija, dell’Istituto per i processi chimico-fisici del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina (Ipcf-Cnr), che riferiscono sui "Proceedings of the Nayional Academy of Sciences" di aver identificato nell'intensità dei campi elettrici presenti nell'ambiente il fattore chiave che indirizza le reazioni chimiche a produrre particolari molecole complesse invece di altre.

Nel 1953, facendo scoccare alcune scintille in una miscela di metano, ammoniaca, vapore acqueo e idrogeno, Miller fornì il primo sostegno sperimentale alla teoria, formulata nel 1924 dal biochimico russo Aleksandr Oparin, secondo cui le molecole organiche fondamentali avrebbero potuto formarsi spontaneamente dal “brodo oceanico” presente sulla Terra primordiale.

All'epoca Miller riuscì a dimostrare la formazione di 14 amminoacidi, ma analisi di spettrografia di massa condotte nel 2008 sui suoi campioni originali hanno mostrato che in realtà gli amminoacidi che aveva ottenuto erano addirittura 22.

Nel 1961, in un esperimento con una soluzione acquosa di ammoniaca e acido cianidrico, lo spagnolo Joan Oró dimostrò che un apporto energetico dovuto a riscaldamento o a scariche elettriche portava alla formazione di adenina, una delle basi azotate che formano i nucleotidi degli acidi nucleici.

Tuttavia, gli esatti processi di sintesi che portano da molecole semplici (acqua, ammoniaca, metano, ossidi di carbonio) a molecole organiche semplici (formaldeide, cianuro d'idrogeno, acido formico) e infine a molecole complesse come amminoacidi, purine e pirimidine, non sono mai stati chiariti.

Per spiegarli, sono stati chiamati in causa l'irradiazione UV, l'energia termica delle fonti idrotermali marine, le reazioni di ossidoriduzione in un “mondo a ferro e zolfo”, la radioattività di fondo del pianeta e perfino le onde d'urto generate dagli impatti dei meteoriti.

Nel nuovo studio, basato su una serie di simulazioni al computer, Saitta e Saija hanno preso in esame il ruolo di un fattore finora non adeguatamente considerato: i campi elettrici. Applicando campi elettrici a miscele di acqua, ammoniaca e metano, variamente addizionate con atomi di monossido di carbonio e di azoto, hanno mostrato che, a seconda dell'intensità del campo elettrico presente, le molecole sintetizzate negli esperimenti di Miller, Oró e altri si possono formare spontaneamente e in tempi dell'ordine dei picosecondi.

Particolarmente significativa è la spiegazione della formazione di formammide, in quanto è stato recentemente dimostrato che questa molecola, sottoposta a irradiazione UV, permette la formazione di guanina. La guanina era l'unica delle quattro basi nucleotidiche che non si era riusciti a produrre solo fornendo calore al "brodo primordiale", tanto che gli studiosi dell'origine della vita avevano soprannominato la guanina "la G mancante". L'interesse della scoperta di Saitta e Saija è rafforzato dalla recente identificazione della formammide nell'ambiente di una protostella di tipo solare. La formammide potrebbe quindi essere considerata “l'impronta digitale” della presenza di amminoacidi di origine abiotica in un ambiente extraterrestre.

 
 
 
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