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Un blog creato da tomthumb il 20/08/2007

Le Labrene

Father was teaching us that all men are just accumulations dolls stuffed with sawdust swept up from the trash heaps where all previous dolls had been thrown away the sawdust flowing from what wound in what side that not for me died not

 
 

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Inviato da: fata_dibosco
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che palle
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Con rispetto..ti aspetto, Milena
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E dunque ci siamo... me ne dispiace ma capisco. Mi associo...
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La difesa della Vita

Post n°170 pubblicato il 11 Febbraio 2009 da tomthumb

L'onorevole Gasparri come molti del suo partito, ha nei giorni scorsi blaterato di difesa della Vita (e scriviamolo pure maiuscolo, perchè Gasparri, uomo minuscolo, preferisce le maiuscole, come molti personaggi infimi del Centro-destra che si riempiono la bocca appunto di parole gigantesche).
E' opportuno notare che anche quando l'argomento cambia, l'onorevole Gasparri è incapace di emettere frasi coerenti perchè il suo registro è appunto quello della ciarla incontrollata e sfacciata attraverso una triste telecamera compiacente.
Guardarlo, sentirlo, mi regala quasi un dolore fisico e la sua ossessionante presenza mediatica è la cruda dimostrazione dello stato dell'informazione anzi dello stato culturale di questo Stivale bucato.
Con quei suoi occhi distanziati e la bava alla bocca e il greve accento sembra che voglia parodiare Neri Marcorè (oramai non c'è più scarto tra politica e satira, credo che ve ne siate accorti, ormai quel gap e non solo quello è stato colmato).
Non è più il fatto che a governare ci sia un nano affarista e manipolatore che mi sconforta, non è il suo avanspettacolo da cummenda nè il suo harem di zoccole o ministre succhiacazzi, è invece piuttosto dovermi sorbire le bestie acefale e coglionissime della sua corte ciò che mi getta nella più nera disperazione.
Guardare i volti, ascoltare le voci dei suoi leccapiedi, dei suoi gorilla che sarebbero volgari anche nella descrizione di una rosa, è una tortura degna di Torquemada e in questo branco di mentecatti rifulge appunto l'onorevole Gasparri che da mesi, a reti unificate si potrebbe dire, pontifica su ogni possibile argomento non esclusa come si è
purtroppo visto, la difesa della Vita, parola roboante che nella sua bocca bavosa risulta oltretutto incongrua, perchè l'onorevole Gasparri è in realtà un morto che cammina, uno zombie che certo genera inquinamento acustico e visivo, ma resta appunto qualcosa di morto pur nel disturbo che riesce a provocare.
Così risulta un buffo paradosso che uno zombie parli della Vita se questa è appunto qualcosa che non gli appartiene o al massimo, volendo proprio essere generosi, gli appartiene ma ad uno stadio larvale, come d'altronde capita a molti guitti del Teatro Italia.
Così per liberare chi è costretto a sentirlo o a vederlo, per liberare lui stesso dal curioso stato in cui si trova, propongo come nei vecchi film di Romero o nelle tavole di Dylan Dog, di sparargli il classico colpo alla testa: non credo che il benemerito cecchino dovrà preoccuparsi di aver commesso un assassinio, perchè assassino, caro cardinal Ruini, è chi uccide un uomo.

 
 
 

Impacchettare la tristezza

Post n°169 pubblicato il 09 Febbraio 2009 da tomthumb

E così se penso troppo, allora inevitabilmente cedo, e quindi contro le mie
stesse vecchie abitudini, ladies & gents, contro quelle care e vecchie
abitudini, mi toccherà davvero impacchettare la tristezza
e metterla da parte,andare avanti e tirar di destro.
E' un peccato mortale l'esser tristi, questo lo so, ed io
sono peccatore, ma per una sola volta nella vita, metto da parte
 la tristezza e vado avanti, ladies & gents, vado avanti.
Probabilmente fallirò nei miei sogni e cadrò alla fine nella polvere
per restarci, però avrei vergogna, tanta vergogna 
ad aspettare qui in lacrime la Falce.

Immagine: Michael Caine


 
 
 

Le bave del diavolo

Post n°168 pubblicato il 04 Febbraio 2009 da tomthumb

Pare che in spagnolo,” las babas del diablo” significhi ragnatela, per me è solo il racconto bellissimo di Julio Cortàzar che ha ispirato Blow-up di Antonioni…

Una fotografia, qualcosa di pericoloso, imprimo su di essa quello che nella mia mente non posso controllare, poi esso vive nella fotografia, continua a vivere senza che io possa fare alcunché, questo che mi spaventa un po’, ma tutto sommato mi ci abituerò, la vita non è forse solo rinnovare ogni tanto qualche vecchia abitudine, cioè smettere di abituarsi a qualcosa ed abituarsi a qualcos’altro?

Così potrei far cadere tutte le passioni e diventare l’entomologo di me stesso: nella ragnatela mi dibatto e per di più non posso evitare che la minaccia cresca e si avvicini, immagine che prima non c’era ed adesso c’è, l’unica speranza è che sparisca così come è apparsa, ma viene da ridere anche a me, come posso credere a questo, come posso farlo, è chiaro che mi ci dovrò abituare.

E poi lo spavento, chi se ne importa dello spavento, è chiaro che quando le bave del diavolo mi avvolgeranno completamente saranno beffate anch’esse perché io non sarò più lì, se pure ci sono mai stato….

Immagine: Fotogramma da Blow-up di Michelangelo Antonioni

Soundtrack: Bob Dylan, I'm not there

 
 
 

L'uomo tranquillo

Post n°167 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da tomthumb

Sono un uomo tranquillo. Lo sono sempre stato ed a questo punto credo che lo sarò sempre. O meglio quasi sempre. Il vento questa sera soffia come non faceva da tempo ed io lo sento là fuori, poi ogni tanto guardo ed ecco le fronde che si muovono senza pace mentre il vicoletto sotto casa è deserto.

Certo potrei alzarmi e bere allora un bicchierino dell'unico liquore che possiedo, rum ambrato di giamaica che è ormai solo un fondo di bottiglia nella credenza affollata di
inutili bottiglie; certo potrei bere e forse mi farebbe anche bene, mi riscalderebbe un pò ma sono così stanco che non ce la faccio ad alzarmi, eppure eccomi così tranquillo, come se qualcuno mi avesse anestetizzato.

Aspetto però la possibile esplosione, si tratterà forse di Vesuvio o Popocatepetl, meglio decisamente quest'ultimo, il nome esotico suona sempre più figo; intanto, con le palme giunte, in una lucida follia di razionalità, quasi con sadico piacere,
costruisco e disfo le mie ipotesi.

Nell'altra stanza il coinquilino dorme, il simpatico ragazzo addormentato che ogni tanto mi ispira un uso improprio del coltello; ha parlato fino ad ora ed io sono rimasto a sentirlo, sorridendo calmo.
Adesso dorme ed io invidio il suo sognare di maiale addormentato, il suo russare che si unisce al rumore del vento.

Domani ancora viaggi nel Mare della Tranquillità, veleggiare leggero, onde e ancora onde, qualcuno verserà ancora nelle mie orecchie  le sue parole illudendosi che io possa capirle ...

Immagine: Rutger Hauer

 
 
 

Un gatto nero di tanto tempo fa

Post n°166 pubblicato il 01 Febbraio 2009 da tomthumb

Il terrore provato da bambino, il ricordo dei miei occhi sbarrati in una lontanissima notte degli anni '70, quando di nascosto dai miei genitori, ho guardato un film di Roger Corman e non ho potuto dimenticare  per giorni per mesi e poi per anni  i volti di Vincent Price e Peter Lorre, come se quei tratti fossero l'incarnazione stessa della paura.
Non ho più rivisto quel film, certe volte ci ho pensato, quando per esempio ho letto per la prima volta The Black cat oppure  the Cask of Amontillado di Poe, le due storie che hanno ispirato a Corman quell'episodio; eppure non ho più rivisto il film, quasi un religioso terrore mi trattenesse.
Poi dopo tanto tempo, svanita la paura, scomparso il bambino insieme ad essa, ho ritrovato quasi per caso un vecchio spezzone di quel film, la scena che più mi aveva impaurito, sul solito youtube e non ho potuto fare a meno di riguardarlo.
Un piacevole malinconico quasi buffo ricordo, adesso.

Immagine: Vincent Price & Peter Lorre

 
 
 

Bestiario

Post n°165 pubblicato il 28 Gennaio 2009 da tomthumb

Crediamo d’essere lontanissimi dalla vita animale ed ecco che quella proditoriamente prende il sopravvento, minaccia imprevista che si realizza e ci fa scoprire con angoscia che nella giungla della vita siamo anche noi bestie braccate o nascoste tra i cespugli dell’agguato, ma tant’è.


Alla riunione aziendale oggi il Tacchino mi ha interrotto più tronfio del solito e poi nel pomeriggio ho preso un caffè col dirigente Procione senza dimenticare di salutare nel corridoio quando ormai stavo per andar via il consulente Tartaruga.


Sguardo di ragazza alla mensa che potrebbe essere annoverata tranquillamente tra i grandi felini perché c’è un chiara postura di pantera in evidenza, con lei che artiglia il vassoio con le mani  e qualche maschio, futuro sbranato, che  la guarda.


Ecco il collega Volpe che ne sa sempre una più di te o almeno così vuol far credere, astuzia che si sovrappone ad altra astuzia, trovata su trovata, brillantezza che si confonde con la piccineria: tutte le volpi prima o poi finiscono in pellicceria, diceva qualcuno, non ricordo più chi.

E poi ancora la visione del Tacchino che legge in bagno i documenti aziendali e si guarda nello specchio e curiosamente rivela attraverso la maschera d’uccello da cortile la sua incredibile somiglianza col cantante Morgan, stessa chioma brizzolata e fluente, stesse occhiaie.


E che dire del Procione, alto dirigente ma persona alla mano, è sempre lui il primo a salutare ma così timido e con quei movimenti così, come dire?, procioneschi, quasi ti aspetti che nel bel mezzo di un meeting, sedendo al tavolo coi capi francesi, tiri fuori un frutto e lo pulisca davanti a tutti come un bravo orsetto lavatore.

E quella lentezza, quel corpaccione buffo del consulente Tartaruga? Una persona simpatica che mi ha fatto anche del bene ma, come dire?, affetta dalla sindrome del tuttologo: non puoi tirar fuori un argomento che lui subito comincia ad andare a ruota libera, sciorinando il suo sapere in stile conferenza e poi quella sua voce buffa in falsetto forse denotante una virilità molto latente, ma suvvia, non facciamo pettegolezzi.

E poi vogliamo parlare del Topo? Di quell’inguardabile meschino piccolo signore affetto da manie di grandezza, ma dotato di pazienza certosina che usa nel  mettere a posto continuamente la sua stanza d’ufficio, come se vivesse in una specie di trasloco perenne, quella sua stanza d'ufficio che è tutta la sua vita, il maligno topolino che distribuisce a chiunque il suo biglietto da visita in cui millanta inverosimili competenze di ingegneria aerospaziale?

E poi guardo la mia compagna di stanza che mi pare uno scricciolo mentre il suo capo la assale con l’arrogante alterigia del cinghiale, oh, persino quei denti sporgenti le mostra come zanne, (dove crede di trovarsi, forse in una landa della Maremma?)  mentre lei trema e lo guarda stupefatta muovendo le braccia come piccole fragili ali che vorrebbero sostenersi nell’aria e portarla una volta per tutte lontano da qui, attraverso quella finestra spalancata sulla tristezza tiburtina,  via nel cielo e lontano, lontano da qui.

Ma dentro l’ufficio e anche fuori, d’altronde, siamo un po’ tutti farfalle anche brutte con ali polverose  trafitte da uno spillo o peggio mosche nella pania che si agitano in un ronzio poco significativo: è questo che penso ogni volta che torno a casa e guardo i gatti che giocano saltando sulle auto parcheggiate, i gatti a strisce e quelli a tinta unita, che saltano di qua e di là, e che continueranno a saltare magari nei miei incubi notturni, qualcuno li faccia smettere per favore oppure no, che facciano pure quello che sentono di fare quei dannati animali, forse va bene anche così.

 

 

 
 
 

Il vampiro e l'attesa

Post n°164 pubblicato il 27 Gennaio 2009 da tomthumb

 Fa paura la silhouette di Nosferatu nel film di Murnau anche se pure è un po’ ridicolo quel non-morto con la faccia di ratto nelle inquadrature famose, il vampiro sulla nave o per le scale ma il vampiro ancora senza consapevolezza, senza la dolorosa consapevolezza della sua eterna condanna di emarginato, come poi avrebbe fatto vedere magnificamente Klaus Kinski nel Nosferatu del suo amico-nemico Herzog .

Ma più paurosa della sagoma del non-morto è forse la sua stessa allusione: la porta resta chiusa e sappiamo che il vampiro è vicino perché sta percorrendo il corridoio dietro di essa, tra pochi secondi, forse un minuto al massimo (il vampiro è lento) egli ci raggiungerà dopo aver aperto l’uscio fatidico e allora saremo perduti; allora più spaventosa dei canini del Conte sul nostro collo ormai rassegnato è quella tremenda attesa con la porta ancora chiusa e col vampiro nel doppio stato di assenza-presenza, un non-morto che  ancora non c’è ma che ci sarà presto, se pure ha senso la parola “esserci” per un vampiro.

Eppure si potrebbe andare anche oltre,  prolungare cioè fino al parossismo lo stato dell’attesa, come una freccia incoccata in un arco infinitamente teso e che non verrà mai scagliata ma che produce la magnifica tensione che ci fa restare incollati ad uno schermo o ad una pagina.

Adesso sto immaginando un impossibile film in cui l’attesa del vampiro è prolungata fino alla fine in un insopportabile meraviglioso crescendo di tensione, anzi meglio che il vampiro non compaia mai in modo che lo spavento cresca dentro di noi immaginando il suo tremendo arrivo che avverrà certamente oltre la fine della storia ma per così dire fuori da quel tempo:  quando magari avremo spento il televisore ed allora saremo davvero soli e, maledicendo l’insonnia,  guarderemo il dannato specchio, non trovandovi altro che le nostre inquiete fattezze nonostante  Lui, Phantom der Nacht alle nostre spalle, ci abbia finalmente raggiunto.

 

 
 
 

Libero

Post n°163 pubblicato il 24 Gennaio 2009 da tomthumb

Luis Bunuel diceva che il Surrealismo gli aveva insegnato che l'Uomo non è libero.
In effetti i suoi film sono una magnifica dimostrazione di questo enunciato, naturalmente incluso lo straordinario Fantasma della Libertà.
Se appunto la libertà è un fantasma nella visione ironico-grottesca di Bunuel che per me risulta così convincente, dobbiamo anche ammettere di lottare quasi sempre per qualcosa di illusorio quando lottiamo per la libertà.
Ma nelle parole stesse di Bunuel:
"Sì, credo che l'uomo debba lottare e che sempre lotterà per questo fantasma chiamato libertà. E libertà significa anche lotta contro quei principi allorquando si traducono in strumenti di repressione e di oppressione"

E' paradossale (e forse il paradosso sarebbe piaciuto a Bunuel) che la censura, questo mostro, provenga da chi  la parola "libertà " o meglio il suo aggettivo lo inalbera come vessillo...
Ma d'altronde, per fare anche altri esempi, non aveva la censoria DC nello scudo crociato la scritta orgogliosa "Libertas"?
Non si riempie la bocca il puffo censore di Sofia e con lui tutti i suoi accoliti, dell'abusata parola di cui sopra?

Immagine: Fotogramma da Un chien andalou di Luis Bunuel

 
 
 

Him

Post n°162 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da tomthumb

Come se non ci ricordassimo di tutte le guerre di religione e degli ugonotti della notte di San Bartolomeo e di “Parigi val bene una messa” e delle scimitarre di conversione degli uomini del profeta, come se non ricordassimo che “il mio dio è più grande del tuo e per questo tu devi morire”, come se non ci ricordassimo del sangue versato per una congettura.

E poi le preghiere per Maria Vergine o ai piedi del nuovo santo del Sud, recitate con convinzione e unendo le palme insanguinate delle mani, pallottole & famiglia & devozione, cristianesimo agghiacciante del meridione, la fila degli assassini e dei ladri nel Tempio, cattedrali come nuovi outlet della fede, la disgustosa ipocrisia del Pastore, come se non vedessimo anche questo da sempre.

E poi se Lui c’è, avrà certamente previsto anche l’imbianchino,  oh chissà se  l’imbianchino ha mai pregato, chissà.

 Immagine: Maurizio Cattelan, Him

 

 

 
 
 

I gatti di notte

Post n°161 pubblicato il 19 Gennaio 2009 da tomthumb

E poi la notte, quante volte si svegliava nel cuore della notte e si illudeva di trovare un gatto affamato come capitava ad Elliott Gould nel Lungo Addio, già, proprio come capitava a lui.
E adesso ancora una volta sedeva in mezzo al letto guardando le cifre fosforescenti della sveglia al quarzo che gli rivelavano in una specie
d’irrisione che erano ancora una volta le tre del mattino e non c'era proprio nessun gatto che l’avrebbe costretto a scendere giù in strada a cercare qualche supermarket aperto tutto la notte e in cui avrebbe vagato sotto luci al neon tra corridoi deserti forniti di alti scaffali per la sua ricerca disperata di cibo per gatti, già, proprio per quello.
Aveva sempre ammirato i gatti, forse addirittura sognato di accarezzarli, seguire le strisce con la mano o sostare con le dita innamorate sul manto felino, dio mio, quanto gli sarebbe piaciuto avere un gatto, quasi lo sognava ogni notte, quand’era bambino, dopo che suo padre gliene aveva mostrato uno morto di freddo sul ciglio della strada e a lui quasi era venuto da piangere, quasi avrebbe voluto portarselo a casa lo stesso, pezzo di carne morta da cui su dipartivano file di laboriose instancabili formiche.
E adesso quasi le cifre verdi, beffarda fosforescenza del quarzo, gli ricordavano gli occhi dei gatti, forse c’era davvero in quella sua stanza affondata nella periferia, il gatto fantasma di qualche leggenda orientale e forse un giorno lui l’avrebbe catturato e addomesticato oppure forse più probabilmente il gatto l’avrebbe ucciso.
Quello che gli sembrava più evidente in quel momento era però la sua mancanza assoluta di sonno e così si alzò e vestì rapidamente dopo aver acceso la luce e spezzato l’incanto di quegli occhi artificiali: in cucina, sul tavolo, c’era ancora il posacenere pieno di cicche (oh che fumatrice accanita lei era sempre stata!) che gli ricordava quella visita e quella discussione di poche ore prima, quei loro due monologhi sovrapposti in una inutile e disastrosa cacofonia.
Poi c’era pure quel ricordo, come se fossero passati degli anni ed invece poche ore, piccoli movimenti dell’ingranaggio infernale di Cronos: ricordava, sì, alle tre di notte e completamente sveglio, gli occhi da gatta di lei attraverso le spire del fumo della sua sigaretta (oh, le ripeteva sempre fino alla noia che il fumo le avrebbe fatto male!) e così tutto gli sembrava adesso una congiura felina e lui vittima prescelta senza possibilità di scampo, lui al centro della macchinazione gattesca e già destinato alle unghiate e alla carezza ruvida delle vibrisse.
Il sonno così non sarebbe più ritornato, pensò, ed allora decise di uscire: sul pianerottolo due occhi sfavillavano nella penombra: il gatto dei suoi sogni e dei suoi incubi si era incarnato in un micio sornione che lo guardava incuriosito e che si allontanò su per le scale quando lui si avvicinò.
Dall’alto dei gradini il gatto lo guardava, in una specie di sfida notturna senza senso, continuava a guardarlo quasi passandolo da parte a parte coi suoi occhi di quarzo fosforescente ed allora lui lo seguì salendo adagio i gradini fino a che lui e il gatto furono da soli all’ultimo piano ed il gatto allora cominciò a raschiare contro la porta mentre lui lo guardava incantato, cominciò a raschiare e allora la porta si aprì e lui e la ragazza si guardarono nella penombra senza dire una sola parola perché guardarsi fu tutto e poi dopo un po’ lei e il gatto scomparvero al di là della porta e lui restò a guardare il rettangolo nero e quella porta spalancata lottando contro la sua paura e il suo desiderio, i suoi antichi demoni che non volevano lasciarlo libero, dio mio, pensò, fammi entrare da quella porta, fammi entrare: era accorata e straziante quella sua preghiera, non aveva mai pregato in vita sua, no, non l’aveva fatto mai e adesso neanche riusciva a meravigliarsi che per la prima volta lo stesse facendo.

 

 
 
 

Heaven & Hell

Post n°160 pubblicato il 18 Gennaio 2009 da tomthumb

Heaven is where the police are British, the chefs Italian, the mechanics German, the lovers French and it is all organized by the Swiss.

Hell is where the police are German, the chefs British, the mechanics French, the lovers Swiss and it is all organized by the Italians.

 
 
 

Nota semiseria su un recente andar da L'Aquila a Roma

Post n°159 pubblicato il 17 Gennaio 2009 da tomthumb

Quando all'imbrunire aspetti l'autobus bastardissimo che non arriva mai e fartela a piedi non sarebbe proprio  il caso, dato che casa tua dista almeno cento chilometri e per di più dovresti valicare un bel pò di montagne innevate; quando sei mezzo assiderato sul marciapiedi deserto e allora cominci a sognare un cane sanbernardo, ecco che incredibilmente una macchina si ferma al tuo tentativo (poco convinto) d'autostop.

E nel tepore inaspettato e dolcissimo dell'abitacolo non puoi proprio lamentarti, già, non devi proprio farlo, anche quando scopri che il tuo buon samaritano è uno stramaledetto melomane che ti guarda con disappunto prima e commiserazione poi, quando tu candidamente gli confessi che non hai mai ascoltato niente di Igor Stravinskij. 

Poi però anche la consapevolezza della tua abissale ignoranza in fatto di musica non ti fa più male e lui il melomane non parla più e neanche tu cerchi di giustificarti pietosamente e resta solo la strada deserta che scende lentamente verso valle tra brandelli di nuvole nel cielo oscuro e brandelli di neve sulla terra scura e le luci del guardrail e qualche volta delle gallerie e la musica di Stravinskij che comincia a piacerti mentre i tuoi pensieri vagano di qua e di là senza fermarsi mai e il tuo sguardo si perde nelle profondità della notte. 

Immagine: Igor Stravinskij

 
 
 

Preghiera in Gennaio

Post n°158 pubblicato il 17 Gennaio 2009 da tomthumb

Ricordo di Faber e ricordo di Tenco...

 non c'è molto da aggiungere, credo...

 
 
 

Le rotatorie di notte

Post n°157 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da tomthumb

La strada deserta delle tre del mattino e lucida di pioggia ed io che già mi figuro il verde oppure il rosso o il  giallo lampeggiante del semoforo laggiù in fondo e preparandomi a questo trovo invece una nuova enorme rotatoria con una grande aiola al centro (erba verdissima fradicia di pioggia),  bellissima magnifica rotatoria che percorro incredulo e beato nella notte, così incredulo e beato che continuo a girare per un pò perchè non c'è nessun altro che mi segue o precede e poi nessuna fretta ed è bellissimo e da matti girare così.
Sempre più rotatorie al posto dei vecchi incroci, eppure anche i vecchi incroci avevano il loro fascino: ecco, arrivavi con la tua macchina e trovavi  tutte quelle vie che si dipartivano e ti percorreva sempre il brivido del rischio, scorreva nelle tue vene la magia dell'azzardo.
Ora la rotatoria a notte alta regala invece un senso di pace, incommensurabile quiete elargita dal due-pigreco-erre, smussamento paradisiaco dei tuoi spigoli interiori mentre giri intorno e nell'illusione della chiusura del cerchio, del meraviglioso ritorno a capo  è come se il signor Tempo che scorre in linea retta fosse magicamente fottuto.

Immagine: Francis Bacon, Selfportrait (1976)

 
 
 

Time is on my side

Post n°156 pubblicato il 03 Gennaio 2009 da tomthumb

Oh, questo cambio di calendario: la speranza illusoria che nel 2009 Tom possa non essere il solito Tom, uhm…questa speranza vana che ho di non distrarmi, di non dovermi come al solito rifugiare nelle lande deserte del mio pianeta .
E poi uhm, la freccia del tempo, uhm che ossessione ma che incredibile pazzesca idea che proprio il tempo che fugge possa aiutarmi, che il tempo sia follemente dalla mia parte: già, una cosa pazzesca e infondata ma certe volte è bello pensare così.

 
 
 

Just like Tom Thumb's blues

Post n°155 pubblicato il 22 Dicembre 2008 da tomthumb

Causa feste e desiderio di realtà, padrone di casa assente a tempo indeterminato.

Incapace di scrivere post natalizi, si preoccupa però di spiegare le ragioni di un nick.

Blues di Tom Thumb: ma non è detto che un blues sia sempre triste...

Best Wishes

 
 
 

Un rimedio artistico per l'insonnia

Post n°154 pubblicato il 21 Dicembre 2008 da tomthumb

Cazzo, stanotte l'insonnia è proprio forte: la terza camomilla è scesa giù perfettamente inefficace, ho contato e ricontato interi greggi di pecore senza risultato (alla fine nella mia disperata allucinazione i maledetti ovini hanno cominciato a trombare e quindi non riuscivo più a distinguerli gli uni dagli altri in quell'ammucchiata lanosa).
Qualcuno allora, impietosito, mi ha suggerito di attaccare alla parete di fronte al letto questo quadro di Bacon.
In effetti i colori, le forme delicate e rassicuranti già cominciano a farmi calare la palpebra, ah quale senso di serenità, pace interiore mi invade...Credo che sia proprio questa la volta buona eheh...

Immagine: Francis Bacon, Studio dal Ritratto di Papa Innocenzo X di Velàzquez (1953)

 
 
 

Perdersi sul GRA

Post n°153 pubblicato il 19 Dicembre 2008 da tomthumb

Ho temuto per tanto tempo di perdermi sul GRA, soprattutto imboccarlo a tarda sera magari e poi perdermi sbagliando uscita o non riuscire a trovare quella giusta e magari uscire in un altro punto e tentare di riprenderlo di nuovo il GRA e poi sbagliare ancora con la notte che avanza e continuare così all’infinito, un giro impazzito e disperato intorno a Roma, maledetto mostruoso GRA.
E poi tante altre volte con la pioggia e col sole, spiare impaurito il viadotto del GRA e le sue rampe, guardare le macchine sfrecciare in un’ebbrezza di velocità o al contrario intrappolate nell’ingorgo inestricabile di lamiere che luccicano ed autotreni come rettili giganteschi del Cretaceo catapultati nel delirio d’asfalto, maledetto mostruoso GRA.

E quella volta poi che andai verso Nord invece che verso Sud, o forse fu verso Est invece che verso Ovest e il mio incredibile giro completo del GRA, quella mattina piovosa, il mio giro orgoglioso del GRA perché al punto di partenza ero ritornato incolume ma forse carico d’una esperienza in più, come i capitani di Conrad.

E le risate ubriache coi miei amici mentre il più sobrio tra noi guidava e la massa oscura di Roma sembrava quasi un’impossibile promessa di felicità per il mattino successivo, forse per qualcuno di noi era una promessa di felicità ed io guardavo le luci, i cartelloni che si perdevano nell’oscurità della notte o i cespugli che lo spostamento d’aria faceva muovere ed ero quasi incapace di pensare, quasi riuscivo a sospendere il maledetto pensiero mentre andavamo via sul GRA.

E qualche sera fa, l’ultimo brivido sul GRA: l’uscita all’ultimo secondo by-passata , la mia disperazione subitanea nel tentativo di rimediare e svincoli e rampe e cartelli complicati baluginanti nel buio come ancore per un’improbabile salvezza nel mare oscuro della mancanza di senso e poi alla fine salvo per un nuovo miracolo, di nuovo salvo sul GRA.

 
E non ho più paura adesso di perdermi sul GRA, non ho più paura di non ritornare a casa, di girare all’infinito nel loop, in orbita chiusa e disperata intorno a Roma, certo, sì, potrebbe accadermi ancora una volta di smarrirmi e allora potrebbe essere la volta giusta, lo smarrimento definitivo voglio dire: finalmente e perfettamente estraniato dal mondo ma concentrato al volante senza pensieri mentre vado alla deriva verso Est oppure verso Ovest e tutto continua così fino alla fine dei tempi in un’impossibile orbita periodica intorno a Roma, mostruoso gigante  indifferente.

 
 
 

Post n°152 pubblicato il 16 Dicembre 2008 da tomthumb

Il Cubo

Piccolo Mimmo, povero Mimmo chissà poi che fine avrai fatto pure tu, adesso improvvisamente riapparso nel mio ricordo di ex-studente della Facoltà di Ingegneria quando molte facce degli altri sono scomparse, noi che  ti chiamavamo il Cubo perché quando guardavamo quelle tue spalle larghe e la testa incassata, quel tuo corpo un po’ squadrato che si reggeva sulle piccole gambe e poi notavamo la tua bassa statura davvero ci ricordavi quel solido geometrico con la tua figura buffa.

Piccolo Mimmo, povero Mimmo, famiglia benestante e povertà di cuore, adesso quasi mi ricordi il giudice-nano di De Andrè, adesso quasi me lo ricordi, forse per quel tuo intimo rancore forse per la tua legittima sofferenza, forse per  i nostri sfottò che ti umiliavano e forse se avessi potuto allora ci avresti condannati tutti, uomini e donne che ti passavamo accanto, piccolo Mimmo che studiavi su quegli appunti gelosamente custoditi che non ci avresti prestato per nessuna cosa al mondo, no, non ce li avresti mai dati.

Eppure il ricordo più forte che ho di te è di quel pomeriggio al bar dell’Università, quando tu eri perdutamente innamorato( e questa cosa ci stupiva tutti) e aspettavi da tre ore quella ragazza che non sarebbe venuta mai e forse sapevi anche tu mentre mi leggevi quella buffissima lettera indirizzata alla tua principessa lontana e sognavi il suo bacio di geranio, forse sapevi anche tu che lei non ti avrebbe mai baciato povero Mimmo, cazzo, non l’avrebbe fatto mai e proprio lei poi, quella principessa dei miei stivali povero Mimmo, lei non sarebbe venuta mai perché già aspirava al suo principe,già principiava ad invulvarsi  nel pensiero (Oh Gadda!) il suo principe, di fronte al quale,povero Mimmo, tu parevi uno scherzo della natura anche se lui era stupido come te, ugualmente stupido come te.

Così caro Mimmo non so se ricorderai che quella volta fu io  alla fine a convincerti ad andare via quando oramai il pomeriggio si era trasformato in sera ed eravamo rimasti tu ed io soltanto, tu con il tuo cuore infranto e le lacrime amare che avresti voluto trattenere ed io sospeso tra la noia e la rabbia per te,piccolo Mimmo, la mia rabbia incontenibile per  te, cazzo, mentre il barista ci guardava con quella sua faccia incredibile, ricordi Mimmo, il barista ci guardava e probabilmente se lo avessimo interrogato ci avrebbe regalato in cambio di niente la sua perla di saggezza a proposito delle donne, eppure non l’abbiamo fatto piccolo Mimmo, cazzo, non l’abbiamo fatto ed io ho continuato a sorbirmi te che mi leggevi la  lettera inutile che avevi preparato per lei, la tua ridicola lettera inutile che parlava di fiori profumati e destini incrociati e predestinazione, sì tu e lei la principessa del piffero secondo te legati da sempre nel pensiero di Dio e “cazzo, Mimmo”, avrei voluto dirti ma anche io ero forse un po’ ubriaco, “cazzo non ti ha detto mai nessuno che Dio non esiste e che nessuna donna leggerebbe simili lettere e le probabilità che lei si innamori di te sono le stesse di quelle che la Luna all’improvviso susciti un’onda di marea che sommerga la terra per sempre, cazzo, Mimmo, per sempre?”

E così dopo che la luce del tramonto era andata via noi guardavamo i nostri bicchieri vuoti e forse non c’era niente di più triste di questo caro Mimmo, cioè di quel guardare il vetro sporco dei nostri bicchieri senza alcuna speranza, voglio dire, mentre tu ancora guardavi col tuo sorriso la porta del bar nell’illusione che la principessa sarebbe entrata ed allora il povero rospo sarebbe stato trasformato dal suo bacio, esattamente così, piccolo Mimmo, l’avevo capito benissimo mentre ti guardavo e la mia desolazione da rhum si accompagnava al tuo sconforto, cazzo, Mimmo, avrei voluto anche io che lei entrasse da quella maledetta porta che il vento faceva sbattere e non perché ti volevo bene ma solo perché per una volta soltanto avrei voluto che questo mondo del cazzo girasse nel verso opposto al solito o forse che la Luna suscitasse la sua onda di marea, la sua altissima onda di marea per sommergere, caro piccolo Mimmo, tutta la terra.

 

 

 

 
 
 

Sotto il cielo tenebroso

Post n°151 pubblicato il 15 Dicembre 2008 da tomthumb

Nel mio solito tunnel vedo un bagliore lontano o forse m’illudo di vederlo: non so cosa mi fa più male, l’oscurità in cui mi trascino o questa speranza che potrebbe trasformarsi in illusione.
Eppure tertium non datur (Oh quanto mi piaceva il latino al liceo, ma questa è un’altra storia lo so) e quindi eccomi qui a camminare toccando le pareti umide della galleria e cercando di scorgere il bagliore che per un po’ mi fa sentire vivo ma poi scompare e io ricado ancora nel buio a dubitare.
Vorrei che i pensieri si fermassero, vorrei che questo percorso finisse, non so, forse non sono destinato alla luce ma in tal caso vorrei che tutto finisse presto.

Ho capito che tutte le cose che ho imparato non mi servono a nulla, ho capito anzi d’essere lontano da tutti, e di aver vissuto come ho sognato cioè solo (Conrad, grazie, come vedevi giusto tu, dalla tolda di una nave o seduto alla scrivania, come vedevi giusto, tu).

Continuo a camminare nel mio tunnel e dentro di me ho la segreta speranza di rivedere quel bagliore, questa notte ho addirittura sognato un angelo che mi aspettava alla fine e adesso quando scorgo ogni tanto la luce lontana ho la segreta speranza di incontrarlo, sì ho la segreta speranza di incontrarlo eppure temo che mi ingannerà, perché nel mio mondo anche gli angeli ingannano o forse credono che in realtà meriti d’essere salvato qualcun altro, non so.

Ecco, in questo momento non vedo proprio nulla, solo le pareti infami della mia galleria e forse è meglio così, forse è meglio così perché arrivare allo sbocco e assistere al volo solitario dell’angelo che mi lascia disperato a terra sarebbe troppo per me, meglio allora quando comparirà ancora quel bagliore ingannevole e quella speranza, meglio allora distogliere lo sguardo: chissà forse esiste un condotto secondario  che mi porterà fuori: non ci sarà nessuna luce e nessun angelo e sarò ancora solo ma finalmente, sotto il cielo tenebroso,  camminerò come un uomo libero.

 
 
 
 
 
 
 

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