Creato da cristina.ciambrone il 20/12/2014

La catarsi

"Imparare a confliggere senza mai arrivare a sconfiggere" Il blog della mediatrice M.Cristina Ciambrone dedicato alla gestione dei conflitti, e alla mediazione familiare alle crisi di coppia, ed ai possibili rimedi che concerne queste tematiche. Tutto ciò attraverso articoli, riflessioni e filmati."Se è vero che le crisi gravi si prestano a mettere in luce il lato peggiore di noi stessi è anche vero che quelle stesse crisi possono mobilitare le nostre migliori risorse" (Karl Jaspers).

 

 

L'importanza dell'intelligenza emotiva.

Post n°17 pubblicato il 24 Marzo 2016 da cristina.ciambrone
Foto di cristina.ciambrone

Lo psicologo statunitense Daniel Goleman ha formulato il costrutto di Intelligenza Emotiva, con cui identifica un particolare tipo di intelligenza legato all’uso corretto delle emozioni. Secondo Goleman, sviluppare questo tipo di intelligenza può costituire un fattore determinante nel raggiungimento dei propri successi personali e professionali. Una delle chiavi di un positivo rapporto di coppia è dunque l’intelligenza emotiva, che ha sicuramente un impattobenefico su moltissimi settori della vita di relazione : dal mondo della scuola, al mondo del lavoro e all’educazione dei figli.

Le cose che contano sono l’empatia, l’attrazione verso l’altro, la tenacia, l’autocontrollo, l’abilità di comprendere isentimenti altrui al di là delle parole; ed anche al di là del concetto astratto del quoziente intellettivo dei membri della coppia. Sentiamo parlare sempre più spesso di intelligenza emotiva, ma di cosa si tratta esattamente?  Un aspetto importante dell’intelligenza emotiva è la capacità di percepire, analizzare e valutare le proprie emozioni e quelle degli altri. Cerchiamo di non fuggire dalle nostre emozioni anche quando sono scomode. Può darsi che le emozioni richiedano un po’ di tempo per emergere, soprattutto se non siamo abituati ad ascoltarle. E' molto importante ma non dobbiamo dimenticare che esiste un mondo attorno an noi tutto da scoprire. Dunque guardiamoci dentro ma nello stesso tempo non esageriamo per poter  essere sempre presenti nel mondo che ci circonda e cogliere gli stimoli utili che ci offre. Quando un bambino (e poi un adulto) non riesce ad esprimere e a sviluppare pienamente  le sue potenzialità, la collettività tutta si è impoverita dell’unicità che egli rappresenta, ha “perduto” quelle risorse che non sono riuscite a “fiorire”, a diventare idee, azioni, relazioni, emozioni, espressioni creative, COSTRUTTIVECiò implica la capacità di identificare i nostri bisogni e i desideri, riconoscere quali cose, persone o situazioni generano in noi le diverse emozioni, come queste si manifestano, come si esprimono e le conseguenze che generano queste reazioni. Essere in grado di gestire le emozioni in modo adeguato ci permette di vivere in armonia con noi stessi e con gli altri.

“… non dobbiamo lasciare l’educazione emozionale al caso, ma adottare corsi innovativi a scuola, che insegnino l’autocontrollo, l’autoconsapevolezza, l’empatia, l’ascolto e la cooperazione. E’ necessaria quindi una vera e propria “alfabetizzazione emozionale” che porti i bambini a vivere con intelligenza le proprie emozioni” .

Daniel Goleman

 

A cura della Dott.ssa M.Cristina Ciambrone

 
 
 

La mediazione familiare: una risorsa per la genitorialità.

Post n°16 pubblicato il 03 Settembre 2015 da cristina.ciambrone
Foto di cristina.ciambrone

Genitori non si nasce, ma si impara ad esserlo giorno per giorno in quel meraviglioso viaggio

di crescita dei nostri figli… Si può smettere di essere una coppia, ma non si smetterà mai di

essere genitori con i figli nel cuore.

Questo lo slogan del mio studio di mediazione familiare " Ugualmente genitori " e quale

migliore risorsa, la mediazione familiare per garantire una genitorialità "positiva".

L’espressione “genitorialità positiva e responsabile” si riferisce a genitori che tutelano

l’interesse superiore del figlio, assumendo un atteggiamento affettuoso, responsabile, non

violento, che riconoscono le esigenze del bambino, gli fanno da guida e fissano dei limiti, in

modo che il figlio possa sviluppare a pieno il suo potenziale.

I bambini imparano per imitazione, questo ce lo hanno sempre raccontato. Ed è vero!

E chi provano ad imitare se non i genitori?

Se noi ci comportiamo in maniera nervosa e maleducata così faranno i nostri figli, se

usiamo la violenza anche loro si sentiranno autorizzati ad usarla.

E’ questo che vogliamo insegnare loro? E’ questo il nostro obiettivo a lungo termine?

I bambini imparano meglio quando si sentono rispettati, compresi, protetti e amati.

Questo è l’affetto. La mediazione familiare si va sempre più diffondendo quale tecnica di

ricomposizione del conflitto nellaseparazione coniugale, anche se l’uso del termine

ricomposizione è riduttivo efuorviante rispetto alla globalità di intenti e obiettivi che la

mediazione si pone; fraquesti il principale è la costruzione di nuovi canali comunicativi

interpersonali chesiano significativi ed efficaci e che oltrepassino lo scontro relazionale,

consentendo ad entrambi gli ex-coniugi di riprogettare un futuro che, pur non essendo

indifferente al passato, non continui a subirne la pesante ombra, e che soprattutto non pesi

nei confronti dei lori figli. Obiettivo primario sarà sicuramente quello di garantire benessere,

equilibrio, ordine nella crescita dei figli disorientati e spaventati dal conflitto.

I genitori dovrebbero essere consapevoli di come condizionano i loro figli. E ai bambini

dovrebbe essere data ogni libertà di sperimentare il bene e il male, così che possano

decidere da soli. Lasciate che trovino la loro strada: voi state soltanto molto attenti che non

cadano in un fosso! Non dite mai nulla ai vostri figli che non sia una vostra esperienza

esistenziale. Accettate la vostra ignoranza, questo vi procurerà un maggior rispetto, più

fiducia in ciò che siete. L'ego del genitore pretenderebbe di conoscere tutto! Siate rispettosi

nei confronti del bambino; i genitori si aspettano il rispetto dei figli, ma si dimenticano che è

una cosa reciproca: rispetta i bambini e loro ti rispetteranno! Fidati dei bambini e loro si

fideranno di te, allora sarà possibile una comunicazione. (Osho)

 

 
 
 

Il conflitto perenne.

Post n°15 pubblicato il 08 Luglio 2015 da cristina.ciambrone

Cominciamo col porci una domanda? Cosa si intende per conflitto?

Dal latino conflictus ossia "urto, scontro", derivazione di confligere, cioè

"confliggere,cozzare", "combattere".

Secondo Lewin noto psicologo tedesco quando esiste un conflitto pertanto, siamo in

presenza di assetti motivazionali contrastanti rispetto alla meta.

Il conflitto intrapsichico rimane confinato nell'interiorità dell'individuo, e si esplica tra

desideri, mete o sentimenti in contrasto tra di loro, dove la soddisfazione degli uni

provoca la frustrazione degli altri. Mentre il conflitto interpersonale si manifesta

quando ibisogni, gli obiettivi ed il modo di vedere le cose si scontrano con quelli degli

altri.

Nella nostra cultura raramente si pensa al conflitto come ad un qualcosa di positivo di

confronto con l'altro, di crescita tra gli individui o come un momento costruttivo di

scambio reciproco. Il conflitto è un'esperienza comune a tutti gli uomini e può nascere

in qualsiasi gruppo di appartenenza o in qualsiasi relazione di due o più persone.

Quando viviamo una situazione di conflitto viene a crearsi un muoro, un vuoto ed un

distacco che isola ciascuno nel proprio vissuto e nel proprio dolore.

Spesso nel conflitto, i sentimenti che lo accompagnano rimangono vaghi, si stà male

senza sapere il reale motivo; sarà forse la paura di trovarsi di fronte ad una nuova

situazione in cui bisognerà confrontarsi con l'altro e con se stessi?

Molte volte si sprecano risorse per eludere un conflitto, ed intanto aumentano le liti, le

discussioni e le lacerazioni nei gruppi.

Nella maggiorparte dei casi ha generare un conflitto è l'esigenza di far rispettare il

proprio spazio vitale, ma portatore di conflitti è anche una sorta di mancata

alfabetizzazione relazionale e di conseguenza una diseducazione sentimentale ed

emozionale alla base.

Come scrive Jacqueline Morineau ...il conflitto fà parte della vita, è una lotta con se'

stessi e con gli altri..ma noi possiamo imparare a conoscerlo, accoglierlo e 

trasfrormarlo..

 

A cura della Dott.ssa M.Cristina Ciambrone.

 

 

 
 
 

Educare ai sentimenti.

Post n°14 pubblicato il 16 Giugno 2015 da cristina.ciambrone
Foto di cristina.ciambrone

Educare ai sentimenti è una sfida della modernità, sempre più stritolata dalla

complessità di un presente che interferisce sulla visione del nostro futuro e a volte

la impedisce, soprattutto ai più giovani, oggi privi di basi valoriali solide a cui ancorarsi.

E’ davvero possibile, allora, educare ai sentimenti? E lo si può fare a scuola?

Quando parliamo di violenza di genere, stalking, femminicidio non possiamo che porre la nostra

attenzione ad una forma di diseducazione sentimentale alla base, spesso nei miei inteventi

sottolineo l'importanza delle principali agenzie educative, quali la scuola e la famiglia

nel fare da filtro per trasmettere la cultura della parità.

Lavorare quindi su un'alfabetizzazione emotiva, una vera e propria ABC delle

emozioni.

Anna Oliverio Ferraris sostiene : «La famiglia - dice l’esperta - deve educare i figli

anche alle emozioni, anche ai sentimenti. Molti genitori si preoccupano delle necessità

materiali e si danno pena perchè il bambino abbia lo zainetto alla moda, che abbia il

telefonino. Ma non si preoccupano che il ragazzino esprima le proprie emozioni e

soprattutto che lo facciano in maniera non violenta, quando è arrabbiato, quando ha

paura. Invece, via via che i bambini crescono, è necessario che i piccoli riescano a

controllare le emozioni, a parlare di ciò che gli succede.

Ed è per questo che riferendoci ad una diseducazione ai sentimenti, puntiamo la

nostra attenzione a quei rapporti disfunzionali e malsani dove scaturiscono delle

dipendenze di tipo affettivo, dette " Love addiction ", all'interno dei quali si

evidenziano legami malati fatti di compromessi, prevaricazioni e di ruoli stigmatizzati

in qualità di "vittima" e "carnefice", fomentando sempre più il cosiddetto "Non posso

stare nè con te nè senza di te". Esistono quindi legami paradossali basati sulla

distruzione ripetuta del legame stesso. Più il conflitto è profondo e l'addio è ripetuto

più la relazione diventa assurdamente solida. Poichè per questi legami ciò che tende

alla morte, dalla morte trae linfa nuova, il cosiddetto "paradosso d'amore".

Questo significa che l’educazione ai sentimenti è un’azione alquanto

complessa e multidimensionale. A questo disegno devono concorrere figure

diverse: dai genitori agli educatori, dai sacerdoti ai maestri, dai familiari ai pedagoghi,

tutti impegnati a vario titolo a fornire le direttive per formare una corretta educazione

sentimentale.

 

A cura della dott.ssa M.cristina Ciambrone

 

 
 
 

Mediazione penale minorile e giustizia riparativa.

Post n°13 pubblicato il 16 Maggio 2015 da cristina.ciambrone
Foto di cristina.ciambrone

La Restorative Justice (o giustizia riparativa o giustizia rigenerativa) nasce alla fine degli anni 80 inizi anni 90 , dapprima applicata ai casi di vandalismo e di bullismo, successivamente anche ad altri reati. Nasce nel mondo anglo-americano ed è  attuata in Canada, Nuova Zelanda, Australia, U.S.A. Maggio 1974. L’origine della “real justice” può essere individuata a Kitchener, nell’Ontario (Canada) nel maggio 1974, quando  due giovani canadesi  vennero accusati di aver commesso atti di vandalismo in stato di ebbrezza, in relazione a ciò  fù proposto al Giudice che questi incontrassero la loro vittima non solo per concordare un risarcimento ma anche al fine di esternare le loro emozioni e provare a percepire “uno il vissuto dell’altro” per un fine educativo. La sua proposta non aveva alcun fondamento giuridico, ma nonostante questo il giudice prestò il suo assenso. La giustizia riparativa fa riferimento a una corrente di pensiero che inaugura un nuovo modo di guardare la giustizia penale concentrato sulla riparazione del danno arrecato alla persona e sulla relazione tra autore e vittima del reato, piuttosto che sulla punizione del reato –anche se la Giustizia riparativa non preclude la carcerazione o altre sanzioni punitive-
Tale prospettiva pone un netto cambiamento nel modo di concepire la sanzione penale. Essa rappresenta prima di tutto un invito a ripensare alla “ragione d’essere” della sanzione e alle conseguenze del reato. Si tratta di un’apertura ad un nuovo modello culturale.

Le due funzioni principali del modello ripartivo sono dunque “riparare” il danno subito e “trasformare la relazione interpersonale”. L’attenzione è posta sulla relazione invece che sulla punizione, con l’obiettivo si restituire alla vittima e all’autore del reato un senso di identità all’interno della società. La terza funzione è quella di responsabilizzare l’autore del reato nell’ottica di una sua riabilitazione. E’ un procedimento informale. al quale vittima e autore del reato aderiscono liberamente. Così come l’ha definita Adolfo Ceretti la giustizia riparativa rappresenta “un paradigma di giustizia che coinvolge la vittima, il reo e la comunità nella ricerca di soluzioni agli effetti del conflitto generato dal fatto delittuoso, allo scopo di promuovere la riparazione del danno, la riconciliazione tra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza collettivo”.

La particolarità della giustizia riparativa consiste nel fatto che il pagamento del debito alla società non avviene attraverso la punizione, ma si fonda sul recupero del senso di responsabilità per ciò che è stato fatto, e nell'intraprendere un'azione in senso positivo per la vittima. In questo modo non solo il debito è saldato direttamente nei confronti della vittima, ma si ha anche la rivalutazione della figura del reo, alla quale è affidato un ruolo più attivo. Il modello riparativo, dunque pone la vittima e l'autore del reato in una posizione più attiva, affidando a esse la ricerca del modo migliore di risoluzione del conflitto con un accordo che sia soddisfacente per gli interessi di entrambe.

La necessità di riparazione si basa sul principio che più gli esseri umani sono felici, produttivi, cooperativi, più alta è la probabilità di effettuare cambiamenti positivi nel loro comportamento.

 

A cura della dott.ssa M.Cristina Ciambrone.

 
 
 
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