GENTLEMEN'S AGREEMENT:
Anno nuovo, grafica nuova, ma tutto il resto è rimasto sostanzialmente immodificato. Ricordo a tutti che, sebbene il mio nickname non prometta nulla di buono, questo non è un blog dedicato al bdsm e/o a nessuno degli argomenti ad esso più o meno attinenti. Qui esprimo liberamente solo mie personalissime opinioni sugli argomenti più disparati e, mi spiace, ma qui non vedrete mai tette e culi femminili (o maschili - giusto per essere politically correct). Per colpa di qualcuno non si fa più credito a nessuno, ergo, per colpa di qualcuno, che ha usato il mio blog per cercare una facile e vigliacca rivincita, gli interventi degli utenti sono ora moderati dal sottoscritto, spiacente. Anche qui valgono le stesse regole per la lista nera che ho enunciato nel mio profilo, per cui... occhio.
Questa è una cosa che tutti dovrebbero conoscere, per cui la lascio qui .
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I Magi, mentre
scrutavano la volta celeste, scoprirono una nuova stella che brillò per una notte e poi sparì. Dopo qualche tempo, il cielo fu solcato da una scintilla blu che roteando emetteva splendore di porpora, finché divenne una sfera scarlatta con raggi lucenti e un vivissimo punto centrale bianco. Era il segnale della nascita del Re atteso da secoli. Lo videro i magi di Borsippa. Lo vide anche Artibano, che abitava a Ecbatana, distante dieci giorni di cammino. Gaspare, Baldassare e Melchiorre decisero di partire per Gerusalemme. Anche Artibano, si preparò per il viaggio. Vendette tutti i suoi beni e acquistò uno zaffiro, un rubino e una perla da portare al Re e, montato in sella al velocissimo Vosda, galoppò verso Borsippa. Attraversò boschi, guadò fiumi, s'inerpicò per colline e montagne, quando a una svolta pericolosa trovò un moribondo abbandonato sulla strada. Artibano saltò giù dal suo cavallo e, caricatosi l'infelice sulle spalle, lo adagiò sotto una palma, gli bagnò le labbra riarse, lo ristorò e il moribondo dopo qualche tempo aprì gli occhi. «Voglia il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe ricompensarti - disse - faccia prosperare il tuo viaggio fino a Betlemme, perché è lì che deve nascere il Messia, che tu vai cercando». Artibano si rimise in cammino verso la mezzanotte... e alle prime luci dell'undicesimo giorno entrò in Borsippa, ma non trova i compagni. Essi avevano atteso 10 giorni, poi erano partiti lasciandogli un messaggio: «T'abbiamo aspettato sino alla mezzanotte..., seguici attraverso il deserto». Arabano, allora, vendette lo zaffiro, con il ricavato appaltò una carovana e riprese il viaggio affrontando i pericoli e i disagi del deserto. Giunse a Betlemme dopo tre giorni che i suoi compagni avevano deposto ai piedi del Re l'oro, l'incenso e la mirra... ed erano ripartiti per un'altra via. Il villaggio pareva deserto: gli uomini erano nei campi e i ragazzi al pascolo delle greggi. Dalla parte di una casupola sulla strada udì una flebile nenia. Entrato vide una giovane madre. La donna ospitò il forestiero, ristorandolo e parlandogli di tre stranieri, vestiti come lui, giunti dall'Oriente poco prima, guidati da una stella al luogo dove abitava Giuseppe, la sua sposa e il Bambino. Essi l'avevano adorato lasciandogli in omaggio ricchi doni; ma poi erano spariti misteriosamente, come pure, in segreto, la notte successiva scomparve la Famiglia di Nazareth, qualcuno diceva verso l'Egitto. Artibano si diresse allora verso Ebron alla volta dell'Egitto. Egli sperava di raggiungere la Sacra Famiglia nelle oasi del deserto, sotto le palme o i sicomori, ma invano. Si spinse fino a Elaiopoli e a Menfi; percorse le rive fiorite dei Nilo, si aggirò tra le Piramidi dei Faraoni, all'ombra della sfinge; ma le sue ricerche non approdarono a nulla. Scoraggiato e deluso tornò in Palestina nella speranza di poterli trovare. Dopo alcuni anni di peregrinazioni si rivolse ad un rabbino perché gli indicasse in quali paraggi avrebbe potuto incontrare il Messia. Il rabbino, preso un papiro, lesse: «Il Messia conviene cercarlo tra i poveri, tra gli umili, tra i sofferenti e gli oppressi». A tali parole, Artibano vendette il rubino e si diede a nutrire gli affamati, a rivestire gli ignudi, a curare gli infermi, a visitare i carcerati. Passarono così molti anni da quando era partito in cerca della «Vera Luce». I suoi capelli, allora di un bel nero lucido, si erano fatti bianchi. Lacero ed esausto, ma tuttora in cerca del Re, era tornato per l'ultima volta a Gerusalemme nel periodo della Pasqua. La città santa brulicava di gente, venuta dalle terre più lontane alla festa del Tempio. Era il venerdì della Parasceve... e nella folla si notava un'agitazione particolare. Egli, imbattutosi in un gruppo, domandò la causa del tumulto e dove andavano tutti. «Noi andiamo - risposero - al luogo dei Teschio fuori le mura, dove c'è la crocifissione di due malfattori e di un altro chiamato Gesù di Nazareth, il quale ha fatto molte opere prodigiose in mezzo al popolo ed ora è messo a morte perché si dice Figlio di Dio e Re dei Giudei». Artibano pensò fra sé: «Non potrebbe essere quel Gesù, nato a Betlemme? Che abbia trovato finalmente il mio Re nelle mani dei suoi nemici? Arriverò in tempo almeno per offrire la mia perla per il suo riscatto, prima che Egli muoia?». Così il buon vecchio seguì la moltitudine, quando, lungo la salita, una fanciulla di Ecbatana, riconosciutolo dal costume per suo connazionale, gli si avvicinò scongiurandolo in ginocchio: «Per amore del Dio della Purezza, abbi pietà di me; sono una misera schiava della tua stessa patria; salvami, ridandomi la libertà». Il vecchio, non possedendo che la sua perla, senza esitazione la usò per riscattare la sua sventurata concittadina. Improvvisamente si udì un boato; la terra sussultò; il cielo si oscurò; le mura delle case si spalancarano e crollarono; nuvole di polvere riempirono l'aria; soldati e popolo fuggirono terrorizzati. Artibano e la fanciulla si rifugiarono sotto i loggiati del Pretorio. Una nuova scossa di terremoto, più violenta, fece cadere una pietra contro le tempie di Artibano, che cadde pallido ed esanime. La ragazza lo sostenne con le sue braccia, mentre il sangue scorrvae a rivoli dalla ferita. Ancora vivo, Artabano pronunziò queste estreme parole: «Si o mio Signore... perchè non merito altro, quando mai ti vidi affamato e ti nutrii? Assetato e ti porsi da bere? Quando mai ti vidi forestiero e ti ospitai? In carcere e ti visitai? Nudo e ti rivestii? Per ben trentatré anni ti ho cercato ansiosamente, ma non ho mai avuto la soddisfazione di poter contemplare il tuo volto, né di renderti il minimo servizio, o mio dolce Re!». Artibano cessò di parlare. Ma un'altra voce si fece udire a suo conforto: «In verità in verità ti dico, che ogni volta che tu hai fatto ciò ai tuoi simili, ai miei fratelli, tu l'hai fatto a me». Un grande respiro di sollievo gli uscì dalle labbra. Egli aveva finito il suo lungo viaggio. I suoi doni erano giunti ed erano stati veramente graditi. Artibano, il quarto dei Magi aveva finalmente trovato il Re. (Autore sconosciuto) |
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Il quarto re mago
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(il suicidio di una economia)
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Come vedi, siamo in parecchi a pensarla allo stesso modo....
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il 13/03/2008 alle 14:30
La mancanza di rispetto "una delle piaghe più grandi...
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Le tue osservazioni sono giuste e pertinenti, ma non sono...
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Ed è sempre piacevolissimo ritrovarti.
Un caro saluto...
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Non c'è nulla da aggiungere a ciò che hai scritto... è...
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