Creato da Darkthrone85 il 10/05/2005

La Legione Nera

Esoterismo, Musica, Attualità

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

matsim88jeli_Mglb72contilombardiaAngioletta888alonziroberto_1989s.gaetano80niko.sywclaudia.giolCome.Di.pioggiapezzutodavidsilvia.agostofabrizio.cellettiluigisettannifranceguevara
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

 

« NIETZSCHE - ANTICRISTO (...NIETZSCHE -  ANTICRISTO ... »

NIETZSCHE - ANTICRISTO (3° PARTE)

Post n°33 pubblicato il 19 Gennaio 2006 da Darkthrone85
 

Salve a tutti, buongiorno, continuo con altre 3 parti dell'anticristo di Nietzsche, spero che commentiate in massa, saluti:

VII :
II cristianesimo si chiama religione della pietà. La pietà è in anti­tesi alle affezioni toniche che accrescono l'energia del sentimen­to vitale: ha un effetto depressivo. Quando si compatisce si perde forza. La perdita di forza che la vita ha già subito per la sofferen­za è ulteriormente aumentata e moltiplicata dalla pietà. La stessa sofferenza grazie alla compassione diventa contagiosa; talvolta può condurre a una perdita collettiva di vita e di energia vitale, che è assurda se rapportata al quantum della causa (il caso della morte del Nazareno). Questo è il primo aspetto; ma ve n'è uno ancora più importante. Se si considera la compassione in base al valore delle reazioni che di solito scatena, il suo carattere letale appare in una luce assai più chiara. La pietà contrasta nel complesso la legge dell'evoluzione, che poi è la legge della selezione. Preserva ciò che è maturo per la distruzione; difende i disereda­ti e i condannati della vita; a causa del gran numero di soggetti cagionevoli di ogni specie che mantiene in vita conferisce alla vita stessa un aspetto tetro e incerto. Si è osato definire la pietà una virtù (in ogni morale nobile invece viene considerata una debo­lezza); si è andati ancora oltre, si è fatto di essa la virtù per eccel­lenza, il fondamento e l'origine di ogni virtù; e questo, non biso­gna dimenticarlo, solo, in verità, dal punto di vista di una filoso­fia nichilista, che recava scritto negazione della vita sul proprio scudo. Schopenhauer era nel giusto quando affermava: la vita è negata e resa più degna di essere negata dalla pietà; la pietà è la pras­si del nichilismo. Lo ripetiamo ancora: questo istinto depressivo e contagioso contrasta quelli che tendono alla conservazione e all'elevazione del valore della vita: sia come moltiplicatore di mise­ria che come conservatore di tutto ciò che è miserabile, è uno degli strumenti fondamentali dell'incremento della décadence: la pietà induce al nulla!... Non si parla del «nulla»: al suo posto si dice «l'aldilà», o «Dio», o «la vera vita», o il nirvana, la redenzione, la beatitudine... Questa retorica innocente tratta dal dominio del­l'idiosincrasia religioso-morale appare subito molto meno innocente non appena si intuisce quale tendenza in questo contesto si celi sotto i drappeggi di un mantello di parole sublimi: la tendenza ostile alla vita. Schopenhauer era ostile alla vita: perciò la compassione per lui divenne una virtù... Aristotele, come risaputo, vedeva nella pietà una condizione patologica e pericolosa dalla quale di tanto in tanto era bene liberarsi con un purgante: egli intese la tragedia come una purga. A vantaggio dell'istinto della vita, si dovrebbe davvero cercare uno strumento per colpire con una punta acuminata un'accozzaglia di pietà tanto morbosa e pericolosa, come dimostra il caso di Schopenhauer (e sfortuna­tamente anche quello della nostra intera décadence letteraria e artistica da San Pietroburgo a Parigi, da Tolstoj a Wagner), per­ché possa scoppiare... Nella nostra malsana modernità nulla è più dannoso della pietà cristiana. Qui esser medici, qui essere ineso­rabili, qui brandire il bisturi, questo è il compito che ci spetta, questa è la nostra forma di filantropia ed è per questa che noi siamo filosofi, noi iperborei!

VIII :
È necessario definire chi consideriamo nostra antitesi: i teologi e tutti coloro in cui scorre sangue di teologo nelle vene, tutta la nostra filosofìa... Bisogna aver visto da vicino questa fatalità, anco­ra meglio, occorre averne fatto esperienza, esserne quasi stati uccisi, per non trovarvi più nulla di divertente (il libero pensiero dei nostri naturalisti e fisiologi è, ai miei occhi, una buffonata; costoro mancano di passione per tali argomenti, mancano di sof­ferenza). Questo avvelenamento giunge ben più lontano di quan­to si pensi: ho trovato l'istinto teologico della superbia ovunque oggi ci si senta «idealisti», ovunque, in virtù di un'origine più ele­vata, ci si arroghi il diritto di guardare la realtà con atteggiamen­to di superiorità e di estraneità... Proprio come il sacerdote, l'i­dealista ha tutti i grandi concetti in mano (e non solo in mano!), li impiega con caritatevole disprezzo contro l'«intelligenza», i «sensi», l'«onore», la «vita agiata», la «scienza», vede queste cose al di sotto di sé, come forze nocive e seducenti sulle quali si libra «lo spirito» nella sua pura astrazione, come se l'umiltà, la castità, la povertà, in una parola la santità, non avessero finora arrecato alla vita più danno di ogni sorta di orrore o di vizio... Lo spirito puro è pura menzogna... Fino a quando il sacerdote, questo negatore, calunniatore e avvelenatore della vita per professione, verrà ancora considerato una razza superiore di essere umano, non vi potrà essere risposta alla domanda: che cosa è la verità? Se que­sto consapevole difensore del nulla e della negazione viene sti­mato come il rappresentante della «verità», la si è già capovolta...

IX :
Dichiaro guerra a questo istinto teologico: ne ho trovato tracce ovunque. Chiunque abbia nelle vene sangue di teologo ha un'at­titudine radicalmente falsa e disonesta nei confronti di tutte le cose. Il pathos che esso genera è chiamato fede: chiudere gli occhi una volta per tutte davanti a sé stessi per non soffrire alla vista di un'incurabile ipocrisia. Con questa falsa prospettiva su tutte le cose, ci si crea una morale, una virtù, una santità su misura, si uni­sce la buona coscienza alla falsa visione, si pretende che nessun altro tipo di ottica abbia valore, dopo che si è resa sacrosanta la propria con le parole «Dio», «redenzione», «eternità». Ho scova­to l'istinto teologico in ogni dove: è la più diffusa, la più sotterra­nea forma di falsità esistente sulla Terra. Ciò che un teologo per­cepisce come vero è sicuramente falso: questo è quasi un criterio di verità. E il suo istinto più basso di autoconservazione a proibirgli di considerare un qualsiasi aspetto della realtà o anche solo di parlarne. Ovunque si estenda l'influenza teologica, viene capo­volto il giudizio di valore, i concetti di «vero» e di «falso» sono necessariamente rovesciati: qui viene chiamato «vero» ciò che è più dannoso alla vita, mentre ciò che la eleva, la rafforza, la affer­ma, la giustifica e la fa trionfare è chiamato «falso»... Se capita che, tramite la «coscienza» di prìncipi (o di popoli), i teologi allunghino le mani sul potere, non vi sono dubbi su ciò che sem­pre ne è la causa: la volontà della fine, il volere nichilistico brama il potere...

Commenti al Post:
Nessun commento
 

DARKTHRONE85.ORG - BLACK METAL WEBZINE

Caricamento...
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963