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Una bottiglia di Chartreuse 1parte

Post n°7 pubblicato il 09 Febbraio 2009 da Lindaluna

Liquore Chartreuse

 


 


Era una fosca serata di fine settembre.


Giulia passeggiava sola nei carrugi lucidi e viscidi di pioggia in quel suggestivo ed unico borgo antico che è Triora.


Arroccata sulla cima d’un monte il paese sembrava volersi distaccare dalla vita sociale della costa e del primo entroterra .


A chi lo raggiungeva la prima volta sembrava dire:’E adesso? Che ti credi di fare? Cosa credevi di trovare?’Non era certo il posto adatto a chi cercava una vita sociale intensa di divertimenti o svaghi mondani.


Giulia l’aveva scoperta grazie a sua zia Lina, purtroppo morta da qualche anno, alla quale era stata incredibilmente affezionata .


La portava lì non appena finiva la scuola  e stavano solitamente un mese, un mese e mezzo in affitto in una casetta di due piani uno più angusto dell’altro , una di quelle strette e alte con i muri in pietra incastonate fra le altre.Vivevano  giorni di distacco dalla chiassosa estate della riviera, in un mondo tutto loro. In famiglia zia Lina era considerata un tipo ‘strano’ , con idee non comuni e abbastanza libertine, per questo la sorella, madre di Giulia non affidava volentieri la figlia  ma  la ragazzina la adorava e non sentiva ragioni.


Spesso si alzavano all’alba quando gli uccelli cantano indisturbati, e si incamminavano per sentieri e  nei boschi con un sacchetto di carta e un cesto per raccogliere le erbe, i fiori ancora bagnati di rugiada e le bacche variopinte di cui la donna conosceva ogni proprietà malefica o benefica.


Nella cantina della casa teneva vasi di vetro chiaro e scuro, ermetici e non, teneva filtri di carta e garze, piccole bottiglie in cui racchiudeva le sue preziose raccolte,in attesa che essiccassero e fossero pronte all’uso.


Faceva ottimi liquori con la salvia, le bacche d’alloro,l’ulivo e ciò che a lei si concedeva in natura.


Mescolava anche ottimi infusi curativi e spesso Giulia li assaporava un po’ per curiosità, un po’ per bisogno.


Talvolta la osservava in silenzio, mentre cuoceva sul fornelletto lo sciroppo di zucchero, era così bella. Aveva occhi neri e lunghi capelli scuri che, al contrario di lei, teneva spesso legati in una coda spettinata;un seno prepotente  tendeva il tessuto della maglietta scura e le gambe snelle si muovevano rapide sui sentieri scoscesi e pietrosi attorno al paese. Giulia la seguiva col fiatone e ne osservava l’armonia del passo, l’ondeggiare dei suoi fianchi..molte volte si era accorta che la zia suscitava interesse nel prossimo,soprattutto maschile; era impossibile non notare la sensualità innata dei movimenti e molte volte l’aveva invidiata in silenzio finchè una sera che la osservava con più attenzione Zia Lina la guardò e sorrise:’guarda Giulia che sei più bella tu di me!’.Da allora la ragazza si era accorta di possedere una bellezza molto simile, anche se, per ragioni d’età, più acerba e tutta da scoprire.


Un brutto giorno morì e Giulia seppe che era da tempo malata di cuore.Fu un colpo durissimo da superare, anche perché improvviso.


Capì che avrebbe dovuto ritagliarsi una parentesi di magia da sola.


Finì la scuola e si iscrisse a biologia, ma dovette battagliare a lungo con i genitori, persone completamente pratiche e poco inclini ai voli pindarici, per poter tornare a Triora.


Qualche lavoro saltuario le consentì di pagarsi il soggiorno , ma solo di una settimana , presso il suggestivo albergo del paese, La colomba d’oro.


Non poteva più permettersi la casetta in affitto, ma questo non la scoraggiò.


Passeggiava col libro sotto il braccio, doveva preparare  un esame , aveva studiato già parecchio ed era stanca di ripetersi le formule a memoria.


Nel silenzio udì il miagolare d’un gatto e lo scricchiolare d’una porta..


Sapeva che Triora era conosciuta per i processi alle streghe avvenuti alla vigilia del 1600… gliel’aveva spiegato anni fa la zia, e lei aveva avuto da allora la certezza che la portava lì proprio per respirare quell’atmosfera, forse era l’unico posto dove si sentiva a casa.


Giulia passò  come sempre , prima d’andare a cenare in albergo , davanti alla casetta di pietra.


Da allora era rimasta chiusa, le persiane erano sprangate e qualche listello minacciava di cadere, un lampione diffondeva una luce giallognola sui muri bagnati.


Spesso la osservava con un nodo in gola  sperando di vedere la porta di legno aprirsi, la zia uscire col cesto sottobraccio e udire la sua bella risata ’argentina’


‘Nipote! Cosa fai lì incantata? Prendi il cesto e seguimi!’.


Ma tutto era silenzio.


Giulia aveva uno spirito forte e non era incline alle malinconie: sentiva di averla vicino, sentiva qualcosa che talvolta la sfiorava e la faceva ridere, e sopratutto una voce che le suggeriva canticchiando di non spegnersi, di non fermarsi, di seguire i propri impulsi,per il bene di sé e di chi avrebbe incontrato.


Tutto ciò in lei era accolto come semi in un terreno fertile, per natura Giulia era sentimentalmente libera perché incapace di fedeltà.


Si stancava in fretta e le promesse d’amore eterno la facevano fuggire a gambe levate…amava le atmosfere insolite, i personaggi non comuni, chi riusciva a darle la sensazione di sfiorare la realtà e chi esaltava la sua sensualità senza cercare di sopprimerla.


Improvvisamente sentì un profumo insolito.


Era di anice trasportato da un venticello frizzante. Le ricordò all’istante un liquore che la zia faceva spesso…lo chartreuse.


Le venne un’idea fulminante.


Avrebbe provato a farlo.


Le serviva solo la ricetta e sarebbe riuscito perfettamente.


Mentre le balenò in mente quest’idea si rese conto, con un tuffo al cuore, che la ricetta poteva essere solo in cantina.


Quando la zia morì le era mancato il coraggio di scendere in quel mondo prezioso per paura di soffrire.


Aveva preso gli effetti personali ed era scappata lasciando ai proprietari il compito di sistemare il resto.


Senza pensarci due volte scese la scaletta infestata da erbacce che portava alla porticina ; era ancora chiusa dal fil di ferro.


Giulia si fermò, ascoltandosi, valutando le proprie emozioni.


Poteva farcela.


Inspirò profondamente, entrò e a tastoni sollevò l’interruttore generale che sapeva sulla destra.


La lampadina appesa con un filo al soffitto fece luce nella stanza così familiare.


Profumo misto di terra, fiori appassiti, pioggia e polvere.


Qualcuno aveva riordinato sommariamente.


La zia era abbastanza disordinata, adesso il tavolo e il ripiano della credenza era sgomberi, tutti i vasetti erano chiusi oltre i vetri della credenza.


I liquori pronti erano spariti.


‘spero che li bevano alla nostra salute!’ pensò.


Con l’indice accarezzò e toccò i flaconi.


‘cara mia zietta….’ Una lacrima scivolò sulla polvere del tavolone di legno.


Ebbe la sensazione che la zia le mollasse uno scapaccione sulla nuca : ‘Perché piangi, frignona! Datti da fare invece che spargere lacrime.’


‘E cosa devo fare?’


‘Ma   come!sei entrata qui, commettendo,tra l’altro un reato, per piangermi? Io sto bene! Tu piuttosto, ti annoi vero?’sospirò..’e povera Giulia ti capisco! Mia sorella è una lagna e la gente che hai attorno, mamma mia, che impiastro…nessuno che se la sa godere la vita! Tutti preoccupati di nulla e corrono e guadagnano e si sparlano dietro perché c’è troppa invidia’la zia si stiracchiò, si accarezzò voluttuosamente i fianchi e si passò la lingua sulle labbra.


Era più bella che mai.Giulia si rese conto di quanto doveva essere stata amata e desiderata.


Le lunghe dita tamburellarono sul tavolone di legno.


‘Volevo la  ricetta dello Chartreuse…’balbettò la ragazza un poco in soggezione.


‘Ah….si, è un ottimo digestivo lo facevano i frati Certosini dell’abbazia della ‘Grande Chartreuse’ a Grenoble.Buona fortuna, cara.’


‘ma no!’Giulia sussultò ‘non so la ricetta a memoria’


‘Uff…la zia sbuffò con affetto’cercala, amore mio..’


e piano piano svanì.


Giulia si guardò attorno costernata..non sapeva se aveva sognato o no, ma non se lo chiese troppo; non era tipo molto razionale, o almeno non lo era quando percepiva che la  razionalità non sarebbe servita.


Andò dritta verso la credenza e si vide riflessa nei vetri polverosi e si accorse di non essere mai stata tanto bella.


Aveva i capelli sciolti e un po’ spettinati , negli occhi scuri una luce nuova, di decisione, di potere e magia.


Il suo corpo era sbocciato e il suo seno, sebbene non prorompente come quello della zia si lasciava intuire da sotto la t- shirt .


Sorrise soddisfatta a se stessa e aprì il cassetto della credenzina.


Il foglio spiegazzato della ricetta danzava biricchino davanti ai suoi occhi,seminascosto da cianfrusaglie e attrezzi.


Sentì una risatina alle spalle, la zia era seduta al tavolo.


‘Bimba bella, la senti che arietta frizzante c’è stasera?perché non vai a cercare gli ingredienti, la fuori?


Giulia spalancò gli occhi’adesso?ma è tutto buio, non si vede nulla!!’


La zia sospirò ancora’vuoi andare già a nanna? Credo sia presto per dormire.E poi non mi dicevi che ti piace la notte, il buio, la luna?Ecco.Lì c’è un lume ad olio, Non mi dire che devi studiare ancora tutte queste assurdità’passò l’indice e con l’unghia graffiò languida la copertina del libro ‘Vai bella…vedrai che ti farà bene!’


E svanì.


Giulia pensò un poco al da farsi, poi decise che sarebbe stata un’avventura diversa. Afferrò il lume, si accertò che funzionasse, lo accese , e con la ricetta nei jeans aderenti lasciò il libro sul tavolo’lo prenderò dopo’ salutò la zia anche se la stanza le rispose con un irridente silenzio,uscì


‘devo essere impazzita’ pensava mentre tentava di farsi strada sul sentiero che conosceva bene, ma che il buio rendeva ancora più aspro e scosceso.


La ricetta elencava:


500g di alcool, e lo aveva in cantina.


500g di zucchero semolato


1g di radice di angelica, e qui le cose si complicavano


un pizzico di zafferano, il cui barattolo era nella credenza


10 semi di finocchio, abb. Semplice


1g di semi d’anice


e acqua….


Ricordava bene dove la zia seminava le sue piante, era una radura alla fine del sentiero, sperò soltanto che qualche pianta avesse resistito.


Oltrepassò il grande leccio sotto il quale facevano merenda, ebbe un attimo di paura quando si rese conto di essersi inoltrata parecchio nel bosco.

 
 
 
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