Possa la strada venirti incontro... Possa il vento sospingerti dolcemente... Possa il mare lambire la tua terra e il cielo coprirti di benedizioni... Possa il sole illuminare il tuo volto e la pioggia scendere lieve sul tuo tempo... Possa l'essenza di ogni cosa tenerti nel palmo della sua mano fino alla prossima volta che ci incontreremo...
MEDITAZIONE TAOISTA
Chiudi gli occhi e vedrai con chiarezza Smetti di ascoltare e sentirai la verità Resta in silenzio e il tuo cuore potrà cantare Non cercare il contatto e troverai l'unione Sii quieto e ti muoverai sull'onda dello spirito Sii delicato e non avrai bisogno di forza Sii paziente e compirai ogni cosa Sii umile e manterrai la tua integrità
IL CANTO DEL LAMA
Possa lo Spirito elevarsi il Cuore e i Sensi risvegliarsi e la Mente arrendersi e annullarsi
PACE
Solo chi è in pace con se stesso conosce la vera pace e può diffonderla nel mondo
L’8 marzo non è una festa. Le origini della Giornata Internazionale della Donna, sono piuttosto controverse. C’è chi dice che sia stata istituita dall’Assemblea dell’ONU per ricordare le 129 operaie, in gran parte italiane e di origini ebraiche, morte nell’incendio della Cotton di New York, l’otto marzo del 1908. E chi scrive che fu istituita a Copenaghen, il 29 agosto del 1910, nel corso della conferenza Internazionale delle Donne Socialiste, in ricordo del grande sciopero delle lavoratrici tessili di New York, al quale parteciparono 30 mila donne, l’otto marzo del 1848. Altre fonti affermano che fu Rosa Luxemburg a proclamare la Giornata Internazionale di Lotta. In ogni caso, questa Giornata non è una festa. Ma se non è una festa, che cos'è? È una giornata di lotta, di riflessione, di provocazione. E' un GIORNO DELLA MEMORIA! Quindi perchè non ricordarlo? E oggi, per ricordarlo, voglio qui queste parole della Rodotà. Perchè mi ci ritrovo. A parte un dettaglio: è un problema mondiale, non soltanto italiano! NE' VELINE, NE' VELATE!
RIVOGLIO LE ODIATE MIMOSE Per dire: «Sono donna, sono arrabbiata, di questa Italia misogina non ne posso più» E se ci riprendessimo le mimose? Se domani, 8 marzo, andassimo in giro col mazzetto giallo? Non più come regalino paternalistico, da «buona festa, care cocche». Come segno di protesta riconoscibile. Magari appuntate alla borsa, o sul bavero tipo suffragette (se non ci fossero state non andremmo a votare, in effetti); o anche tra i capelli (tipo figlie dei fiori, che hanno i loro meriti; certo è più adatto alle nipotine della Summer of Love che alle nonne). Così, a chi chiede «perché hai una mimosa puzzolente sulla giacca a vento?», si potrebbe rispondere: «Sono donna, sono arrabbiata, di questa Italia misogina non ne posso più». Senza timore di sembrare ridicole. Le donne, per i loro diritti, hanno sempre dovuto combattere. E ogni volta sono state ridicolizzate. Si cercherà di ridicolizzare anche questo 8 marzo,sicuro. Ci saranno fesserie in tv e frasette politiche di circostanza. La maggioranza delle femmine lo ignorerà, o andrà stancamente con le colleghe in pizzeria. Ma non è il momento di essere stanche. Anche se, dopo un anno che avrebbe demotivato Betty Friedan-Simone de Beauvoir-Emmeline Pankhurst (leader delle suffragette di cui sopra), sono in tante a liquidarlo: «No, l’8 marzo no, non siamo patetiche». Patetiche lo siamo già. In mondovisione, grazie alla nostra velinizzazione virale e alle imprese del premier. GIORNATA DELL'ORGOGLIO FEMMINILE - Nella rappresentazione dei nostri media. Nella vita quotidiana, al lavoro e in casa. Ci sentiamo patetiche perché ci danno valore solo in base all’età, all’aspetto e all’acquiescenza. Ma anche il dismettere la festa delle donne in quanto concessione a un genere minore (tipo Giornata del Cane), a questo punto è un segno di acquiescenza. Bisognerebbe ammettere quanto terreno abbiamo perso; dire che quasi tutte sono, in qualche modo, discriminate. E rendere questo 8 marzo una giornata dell’orgoglio femminile. Con i mezzi che abbiamo; con un simbolo comprensibile, quelle mimose che per anni ci hanno mandato in bestia. Quando le trovavamo sulla scrivania, omaggio di qualche capo meno femminista di Fabrizio Corona. Quando le regalava un fidanzato fedifrago o un’amica scema. Recuperarle ed esibirle sarebbe una civile riappropriazione dello spazio pubblico. Di quello reale, non virtuale: in troppe passiamo il tempo a discuterne online, a firmare tra noi appelli sui social networks con titoli come «Io non considero normale». Sarebbe ora di mostrare l’anormalità a chi passa per strada, a chi lavora con noi, a chi pensa che un Paese di donne annientate sia normalissimo e soprattutto comodo; per i maschi. Sarebbe ora di provarci e di contarci; non perché siamo donne, perché essendo donne ci siamo stufate. Perché per smettere di sentirci annientate dovremmo prima diventare, come dicono le nostre ragazzine, «fomentate» (vogliamo che crescano con questi modelli femminili? Con questi esempi di carriere donnesche? Come potenziale merce un tanto al chilo? Meglio il fomento, o come scrivono loro, il fomentooo; e buon 8 marzo a tutte). (Maria Laura Rodotà)
Simbolo di un'emancipazione fallita, in realtà dove la metà della popolazione, quella non violenta che non imbraccerà mai le armi per difendere i suoi diritti calpestati, è destinata a soccombere.
IO DONNA
FRIDA
BERTHE
TAMARA
«Avevo un principio: non copiare mai. Crea uno stile nuovo, colori chiari, luminosi; scopri l'eleganza nascosta nei tuoi modelli.»
ARTEMISIA
GEORGIA
"Georgia con il suo puro profilo contro il legno scuro delle pareti, calma e luminosa, con i capelli dritti e neri raccolti in un nodo sulla nuca, le mani forti e bianche, che toccavano e sollevavano tutto, perfino un uovo sodo, come se fosse un essere vivente, mani lente e sensibili che uscivano dal vestito bianco e nero, sempre bianco e nero. " (Doroty Brett)
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