Archeobotanica

Un caro ricordo...


 Luigi Piacenza, archeologo e botanico, studioso di civiltà precolombiane. Di lui sanno le persone che ebbero la fortuna di conoscerlo e i circoli scientifici che lo onorarono per la sua competenza e austerità di sapere.Legato alla civiltà «Nazca», una delle più fiorenti sviluppate in Perù  dal sec. I al VI d. C. (1400-800 anni prima di Colombo). Egli operò con l’equipe del prof. Giuseppe Orefice negli scavi di Cahuachi, che significa «luogo dove vivono i vedenti», centro cerimoniale della civiltà Nazca, di cui fece conoscere la flora e i resti vegetali presenti nelle strutture del «Centro cerimoniale» di quella civiltà. In medio oriente agli antipodi del mondo nel frattempo sorgeva il Cristianesimo. Lavorò in Messico e all’Isola di Pasqua, lasciando ovunque il segno e il risultato dei suoi lavori di classificazione dei reperti vegetali.Il prof. Luigi Piacenza portò Genova nel mondo della scienza e della ricerca attraverso la solidità della sua sapienza e la dignità della sua riservata grandezza senza chiedere mai in cambio qualcosa. Visse scavando, catalogando e datando le civiltà precolombiane, a cui, in compagnia della moglie Maria Grazia, ha dedicato il meglio di sé e del suo sconfinato sapere. Ha studiato la flora delle Americhe come nessun altro e questa breve memoria vuole essere un debito di riconoscenza che si leva dalla sua città e dal cuore delle persone che lo hanno conosciuto e amano la cultura e la scienza per onorare un uomo che da Genova meriterebbe ben più di un semplice ricordo su un quotidiano.Attraverso gli scavi e lo studio, Luigi Piacenza ha saputo portare in vita civiltà viventi che noi ci ostiniamo stupidamente a definire «morte», perché i suoi studi hanno svelato i segreti nascosti di una civiltà precolombiana, ricostruendone la dieta, l’habitat, i rituali  e anche il senso, la portata e la profondità di tutto questo.Uomo umile, lavorò sempre per amore della scienza e mai per vanagloria e così morì stroncato non dal caldissimo sole precolombiano o dalle grotte e dai cunicoli che esplorava, ma da un male inesorabile che ne minò la fibra e la forza.  Penso che la sua vita sia stata la parola migliore che egli abbia detto e ciò che lascia potrà essere utilizzato da altri perché il nostro mondo possa  crescere nella conoscenza della nostra storia che è grande come l’umanità intera. Nessun rimpianto, solo la certezza che sono le persone come Luigi Piacenza a reggere le sorti del mondo: senza grida, senza lamenti, senza palcoscenico lavorano in profondità, a quelle dimensioni dove solo le persone vere sanno stare perché non si sentono onnipotenti, ma parte di un tutto e umili servi della scienza.Uomo sapiente seppe fare dello studio e della ricerca il senso della sua vita, insegnandoci che l’archeologia non è solo scienza del passato che porta alla luce vite e mondi nascosti, attraverso oggetti di uso comune, ma anche un metodo per leggere la nostra vita che si fonda su tre pilastri: scavare, catalogare e datare. Tre attività che ognuno di noi dovrebbe realizzare contemporaneamente per vivere una vita armonica e completa. Luigi Piacenza, archeologo e botanico, umile come sempre, anche in silenzio ci dice che l’archeologia è sì una scienza, ma anche un simbolo  e un mistero: simbolo dell’animo umano assetato di conoscenza e mistero di storia che emerge dagli abissi della vita.Un raro esempio di gigante nel cuore del deserto della vanità.