Il Comune di Venezia quest'anno presenzierà col Gonfalone nella Basilica di S. Marco alle celebrazioni in onore del Santo Patrono della città, ignorando per la prima volta le manifestazioni resistenziali. A Roma la gloriosa "Brigata Ebraica" non parteciperà alle celebrazioni indette dagli ex partigiani comunisti che hanno invitato alla sfilata elementi palestinesi dell'OLP, nota organizzazione terroristica. A Luni si svolgerà la solita celebrazione organizzata dall'ANPI, col solito discorsetto sempre uguale, e terminerà con l'inevitabile intitolazione di una piazza ad un "eroico personaggio" designato tale non si sa ben da chi, e in base a quali requisiti. Questa volta la corona d'alloro è caduta su Ezio Mori, definito "Primo Sindaco della Liberazione". Ora, che si ricordi, l'unico "merito" di quel personaggio, nei pochi mesi in cui resse la carica, fu quello di togliere le licenze commerciali ed il lavoro a una dozzina di persone tra vedove di guerra e vecchi ex squadristi, o appartenenti al fascio repubblicano. Abituati a riscrivere la storia a modo loro, i resistenti locali hanno volutamente ignorato il primo Sindaco della Liberazione, che non fu Mori, ma Mauro Premoli, ex partigiano, designato il 26 aprile del '45 dal Comando Alleato, quale membro del CLN locale. Partiti gli americani, a Premoli subentrerà Mori che manterrà la carica da luglio fino alla primavera del '46 quando, dopo le prime elezioni amministrative vinte in un clima minaccioso dalla coalizione socialcomunista, sarà eletto Sindaco Natalino Pedrelli. Per quale motivo allora la piazza di Dogana non è stata intitolata a Mauro Premoli? Provo a indovinare: Premoli militò nell'esercito fascista repubblicano, dal quale disertò nell'autunno del '44 per salire ai monti e unirsi ai partigiani. Una macchia vergognosa per qualcuno, come se Premoli fosse stato l'unico a praticare uno sport molto in voga in quegli anni dalle nostre parti: il salto della quaglia! A ragione l'ex ministro socialista Claudio Martelli scrive oggi sulla "Nazione" che i primi a distruggere il mito della Resistenza sono stati i comunisti dell'ANPI, che hanno sacrificato "la verità storica all'interesse politico". E di lì non si schiodano. Finché il 25 aprile continuerà a provocare litigi e scontri, non potrà mai essere una festa nazionale condivisa da tutti.
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il 20/03/2024 alle 18:53
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