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AGNESE AMBROSI

MAERA IL MIO PRIMO LIBRO

 
 

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Post n°4 pubblicato il 08 Febbraio 2010 da maera1

Agnese A m b ro s i M A E R A La nascita Eusebio camminava su e giù sotto il portico di casa, ascoltando ogni singolo rumore proveniente dall’interno. Flora,l’erborista del paese, era davanti al camino intenta a rimescolare il contenuto del pentolone posto sul fuoco, una mistura di acqua, radici di valeriana e gemme di populus che doveva aiutare Lucilla, moglie di Eusebio, a partorire. In casa c’era tanta agitazione e Orsola, la fornaia, andava dalla cucina alla camera da letto per portare quanto Camelia, sorella di Lucilla, richiedeva. Le ore passavano ed Eusebio era sempre più ansioso: non riusciva più a sopportare quel via vai senza sapere cosa succedeva. Si mise a guardare dal vetro della finestra della cucina, ma proprio in quel momento si sentì un pianto: il bambino era nato. Era un freddo giorno di novembre, la neve continuava a cadere e aveva già coperto abbondantemente tutta la vallata di Aramis. Il paese intero aspettava la nascita con trepidazione. Eusebio entrò mentre Camelia usciva dalla stanza con tra le braccia un fagottino che si agitava. Andò verso Eusebio e, porgendoglielo, disse:- Congratulazioni, sei papà di una bella femminuccia! A queste parole, il sorriso sul viso di Eusebio sparì e rispose:- No! Ai miei occhi sarà un maschio! Camelia, Orsola e Flora rimasero impietrite per quanto udito, ma non potevano assolutamente contraddirlo. Eusebio era un omaccione imponente con la carnagione scura e una gran barba nera gli ricopriva buona parte del viso, sul quale il tempo aveva lasciato profonde rughe; era testardo ma di gran cuore. Lucilla, invece, era esile, giovanile, di carnagione chiara e molto saggia. Eusebio uscì dalla casa con il neonato, fermandosi sotto il porticato. Sollevandolo verso il cielo,gridò alla gente che si era riunita attorno a lui:- Questo ai miei occhi è un figlio maschio! Lo rivolgo a questo manto stellato e per il creato il suo nome sarà Maera! Rientrato, lo pose nella culla. Il paese si illuminò di fiaccole e al centro della piazza si accese un grande falò, dove la gente cominciò a ballare e a cantare. La festa continuò per tutta la notte. Flora era vicina a Lucilla per accudirla, quando la stanza si rischiarò e apparve una fanciulla, con i capelli così lunghi da non vederne la fine, gli occhi a forma di gemma bianca, le labbra sottili e la voce soave. Portandosi sopra la culla, disse:- Maera, qui inizia il tuo destino: ali di vento ti son vicino, gnomi e fate, streghe e draghi, folletti ed elfi son sul tuo cammino. Questo è il dono del popolo fatato, che con il cuore io ti ho portato! Dopo questa invocazione, una sfera bianca dalla mano della fanciulla si posò dentro il corpicino di Maera. La giovane le diede poi un bacio sulla fronte e si girò verso Lucilla, cheesclamò:- Ma tu sei… Sì, ti conosco, sei Whiffle! La fanciulla annuì con gli occhi, dicendo:- Non rammaricarti delle parole di tuo marito, è il destino che verrà compiuto! Detto questo svanì, guardando Flora e porgendole un sorriso. Lucilla, serena, si girò verso Flora, esordendo:- So che sei una grande conoscitrice delle erbe e delle loro virtù. Vorrei, se te la senti, che insegnassi a Maera, quando sarà il momento, tutto quello che sai. Mi faresti questa cortesia? Flora, a quella richiesta, restò in silenzio, ma dentro di sé pensava: perché mi chiede questo? E cosa c’entra la fanciulla con Maera? Lucilla la fissava, aspettando una sua risposta. Flora annuì:- Va bene, insegnerò a Maera tutto quello che so, però… - Però cosa? - Voglio sapere chi è Maera in realtà! Lucilla, alla domanda, si chiese come poteva dirle che Maera sarebbe stata il cambiamento del mondo. Poi rispose:- Non sono io la persona che ti può svelare chi è Maera, ma verrà il giorno in cui tu lo scoprirai. Insegnale ciò che sai e non insistere per conoscere la sua vera identità, non posso aiutarti. - D’accordo,- acconsentì Flora- ma Eusebio sa di tutto questo? - Eusebio sa solo che dovrà insegnarle a combattere. - Ecco perché ha detto che ai suoi occhi è un maschio! - Già, ma al momento è solo una neonata che ha bisogno di cure e amore. La sua mamma, però, ora vorrebbe dormire! A queste parole, Flora sorrise e andò in cucina, dove trovò Orsola intenta a ripulire la stanza. Quando la vide, Orsola si fermò per chiedere notizie:- Come sta Lucilla? - Bene, sta dormendo. Ma dimmi, hai sentito qualcosa tu? - No, perché? - Niente, forse è la stanchezza che mi fa dei brutti scherzi! - Allora va a dormire, ci penso io qui. Su, va. C’è anche Camilla! - Buona notte! - Buona notte! Flora, pensando a quello che aveva visto e alla promessa che aveva fatto, si incamminò verso casa sua, che si trovava poco lontano dall’abitazione di Eusebio e Lucilla. Rientrata, si preparò un infuso di crataegus, si sedette vicino al camino aggiungendo altra legna sul fuoco ormai spento e sorseggiò la bevanda in silenzio. Venne però distratta da un oggetto sconosciuto, posto sul tavolo della cucina. Si alzò per vedere cosa fosse ma, ad un tratto, un folletto le comparve davanti. Fece un balzo all’indietro e, cadendo,chiese:- Chi sei? Il folletto le rispose:- Scusa se ti sono apparso così all’improvviso, ma non ti avevo riconosciuta. Il mio nome è Wit e sono o per lo meno ero, il custode di questo ciondolo! Prese il ciondolo dal tavolo e lo mostrò a Flora, che sgranò gli occhi. Il folletto continuò:- Vedi la forma di cerchio, in oro bianco? Indica la purezza. Questo anello, avvolto da tre fili d’oro sottili che si congiungono con quattro gemme, indica i quattro elementi: la prima gemma è il rubino, segno di fuoco, la seconda gemma è il diamante, segno d’aria, la terza gemma è lo zaffiro blu, segno d’acqua, la quarta gemma è il topazio, segno di terra; in centro c’è l’iniziale di Maera, incisa nell’alfabeto tebano. Rappresenta lei con il potere dei quattro elementi. Sarai tu a donarle questo ciondolo: il mio compito era di custodirlo e consegnarlo a te quando Maera fosse nata. - Ma perché io? - Perché è scritto nel vostro destino che tu sarai colei che la condurrà sul sentiero predestinatole. Se mancherai alla promessa data, sarai perseguitata da una sorte avversa e le conseguenze cadranno anche sulla gente di questa vallata, ora lo sai! - Non ho mai mancato alle mie promesse e spero di svolgere al meglio la missione che mi avete assegnato. - Oh, ci riuscirai, ne sono certo! Il folletto consegnò il ciondolo nelle mani di Flora e scomparve. Flora, ancora a terra, si alzò e portò il gioiello in camera, andando verso una parete della stanza. Allungò la mano e, con piccoli gesti armonici, aprì una piccola porta sul muro, così piccola che solo una mano vi poteva entrare. Qui collocò il prezioso oggetto e la richiuse, ripetendo gli stessi gesti al contrario. Ormai la notte stava per lasciare il posto al giorno. Flora si mise sul letto e sprofondò in un sonno profondo. Eusebio, che si era aggregato ai festeggiamenti, era ormai ubriaco e stanco. Alzandosi, disse:- Il giorno arriva, ma per me così ubriaco è meglio rincasare. Vi lascio, raggiungo la mia amata. Buona notte a tutti… o buon giorno! Si allontanò dalla panca posta davanti al grande falò e la gente lo salutò, brindando ancora per l’evento e cantando a squarcia gola. A passi lenti, pesanti, che traballavano

 
 
 
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