Sono sempre stato Mario che guarda fuori.
Il mondo che passa, che scivola via silenzioso. Mario che ancora non arriva al tavolo, Mario triste, con gli occhi grandi, che trascina una sedia vicino alla finestra. Io sono Mario, in piedi, riflesso sul vetro, d'inverno a guardare le barche inghiottite dal mare. Io sono Mario, d'estate, con occhi e narici spalancati, a riempirmi di grida e colori.
Quando non guardavo fuori, disegnavo sul tavolo di marmo rosa. Nonna sorrideva, seduta accanto al fuoco. Mi raccontava del nonno che non avevo mai visto, di grandi imprese e di uomini strappati alla morte. Poi, nascosta dai silenzi e dalla minestra da girare, si affrettava ad asciugare le lacrime.
Io disegnavo enormi draghi dai colori del fuoco e del sangue. Ed il nonno vestito d'argento con una spada scintillante. Erano i disegni per la nonna, per consolarla del vuoto.
Lei li appendeva alla specchiera in camera, tra le foto e i libri delle preghiere.
Pregavamo insieme mattino e sera, in ginocchio sul morbido tappeto, alla luce della candela come piaceva a lei. Dopo le preghiere finivamo col raccontarci una storia, tra baci e promesse.
Sotto le coperte rivedevo il mondo scivolare via.
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il 05/12/2007 alle 14:13
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il 14/11/2007 alle 21:12
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il 12/11/2007 alle 23:53