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(Gianfranco Fini)

 
 

 

 
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Tempo

Post n°39 pubblicato il 11 Febbraio 2008 da Verginello_71

Che assurda invenzione. Il tempo. Abbiamo affettato l'esistenza come si affetta il salame: sottile. Abbiamo sentito la necessità di inventarci i millenni, i secoli, i lustri. E poi gli anni, i mesi, i giorni. Le ore, i minuti, i secondi. Mio Dio, abbiamo anche sentito l'impellente necessità di andare oltre. Decimi, centesimi, millesimi. Millesimi di secondo... Questa è follia. E con essi, altre fette. Sempre sottili. Sono arrivati il presente, il passato, il futuro; l'ieri, l'oggi e il domani. E a seguirli, come fedeli cani, sono arrivati anche il concetto di inizio e fine. Senza questa assurda invenzione, ora non potremmo dire "non ho tempo", "ci vediamo domani",
"chissà se faccio ancora a tempo", "ieri stavo meglio". Siamo quì. Ora. Che importa cosa eravamo? Cosa saremo? Per quanto saremo? L'invenzione del tempo ci ha resi ciechi e ignoranti: ci ha fatto ignorare la percezione della vita stessa. Siamo. Da sempre. Per sempre. Molto più che da ieri. E oltre un qualsiasi altro domani. Siamo. Senza la percezione del tempo, saremmo coscienti del nostro essere parte dell'eternità, senza inizio o fine. E probabilmente non avremmo l'affanno del pensiero di quello che è passato, o di quello che ci resta. Di ciò che abbiamo o non abbiamo fatto. Avremmo sempre qualcosa da scrivere, pensare, sognare, inventare. Senza preoccuparci del fatto se faremo "a tempo". Non avremmo nemmeno il concetto di giovinezza e vecchiaia? Chi può dirlo. Come sarebbe la nostra presenza in questo dato momento, senza la concezione del tempo? Senza il tempo, forse, sarebbe più facile accettare l'eternità. Siamo. Mi piace pensare che siamo. E che saremo per sempre.

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