ÐEINAUTI
Solo in quanto gli uomini riescono ad offrire ebbrezza agli Dèi possono pretendere di attrarli sulla terra
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Non si era cult se non si aveva un Hermann Hesse da leggere tra le mani, Narciso e Boccadoro, un Siddartha e quel "mattoncino" del Giuoco delle perle di vetro. Gli L'Oscar Mondadori come gli Adelphi in economica per gli altri non lasciavano scampo, l'immancabile copertina morbida, il volume fresato pronto a spaccarsi all'uso e con il libro sempre appresso capitava spesso; così gli aloni, le macchie d'usura, i segni del possesso stampigliati sui frontespizi. Alla lettura del "Giuoco" si poteva arrivare solo per gradi, non senza aver letto Siddartha almeno o Il lupo della steppa.
Si potrebbe lanciare una disamina della generazione, dopo quella editoriale. La necessità di appartenere ad una sfida, di non essere fagocitati dal sistema. Fuggire da Castalia il regno nel giuoco era la "morte" come accadde a Knecth, divenuto il Magister ludi. Era la visione di un mondo comunitario illuminato in cui aleggiare col sorriso di Buddha. Per gli auditori : Io so che tu non sai. E bastava.
Oggi quel sorriso è scaduto, più del gioco stesso delle Perle di vetro. L'ho assimilato per un attimo al 𝓖𝓞, e non solo io, ad una strategia di pietre in cui non necessariamente si fanno vinti e vincitori. Un passatempo da tavolo utile alla concentrazione, come ricerca di equilibrio nelle tensioni delle relazioni o del sé.
Tornando a bomba su cosa mi piace delle Perle di vetro, il motivo in fondo dell'interesse per quel libro scritto in più di dieci anni da Hesse, non è solo la pura ricerca o il calcolo della conoscenza intellettuale ma il tentativo di una sintesi dello scibile umano e lo stabilire relazioni fra soggetti apparentemente lontanissimi fra loro. Il prospetto di una scienza universale per dirla con Raimondo Lullo, un’algebra della mente.
I "pezzi" (appunto perle di vetro) che rappresentano combinazioni astratte, in sostituzione di lettere, numeri, note musicali o altri segni grafici determinano mondi possibili e il piacere dell'esercizio creativo che i giocatori traggono da una partita. Così mi pare strano che come l'apprezzamento della musica l'uomo intenda meno di questa abilità che tenta l'unione di diversi linguaggi e oserei dire livelli di interpretazioni; che oggi con la connessione al tutto è quasi un gioco di byte.
Così mi par di ricordare che a chi piacque non lo seppe giocare. Infatti alla fine in qualunque campo in cui ci sia posto per l'addizione e la sottrazione, e dunque per i più, non c'è posto per il gioco; la pazienza o la concentrazione.
ℬ𝓊𝑜𝓃 𝒻𝑒𝓇𝓇𝒶𝑔𝑜𝓈𝓉𝑜
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