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Dott. Divago

Post n°62 pubblicato il 20 Marzo 2008 da nolacarveth
 
Tag: Teatro
Foto di nolacarveth

Mi sei tornata in mente mentre guidavo in autostrada e ho dovuto fermare l'auto. Ho fermato l'auto non potendo fermare i pensieri, se avessi potuto fermare i pensieri avrei proseguito, ma tanto avrei ripreso a pensarti appena uscito dal casello.

E anche in questo caso i pensieri mi avrebbero seguito fino a casa e sarei rimasto tutta notte a pensarti, magari chiuso nel garage.

Così mi sono fermato qui. Piove e la radio suona.

Cioè qualcuno ha suonato, tanti anni fa, e adesso la radio trasmette quello che è stato registrato allora.

Volevo dirti.

Anzi voglio dirti, ma non posso dirti, posso solodire perché tu non ci sei, anzi posso solo pensare perché dire, cioè parlare ad alta voce, così, da solo, mi spaventa.

Diciamo che, anzi dico che, anzi penso che:

Se tu fossi qui ti direi...

Ma se tu fossi qui non direi nulla, ti guarderei amoroso e perduto, ti accompagnerei fino a quel piccolo bar giallastro e malaticcio in mezzo alla piazzola di sosta, rifugio di camionisti Odissei dei Diesel.

Lì potremmo sederci e prendere qualcosa assieme.

Quando dico prendere intendo dire bere, naturalmente dopo aver pagato.

Prendere è un verbo che indica un gesto fisico, manuale.

Per esempio, si prende una decisione, moglie, freddo, velocità, coraggio.

(pausa) Mi sa che non ho azzeccato neanche un esempio. Va be', non è il caso di essere pignoli.

In quanto al prendere insieme... be', anche questo è inesatto.

Non si prende il caffè insieme, con due bocche nella stessa tazzina, e non sì mangia un panino insieme se non in casi di grande intimità, romanticismo e re-ciproche garanzie igieniche.

Avremmo potuto prendere, stando vicini, due bibite o caffè o liquori diversi o anche uguali, ma in bicchieri diversi.

Ma che serve sognare. Piove e tu non ci sei.

O forse dovrei dire piovono perché non è una goccia, ma molte e inoltre non è che tu non ci sei, tu non sei qui ma sei sicuramente da qualche parte.

Sento, anzi immagino di sentire cosa diresti se tu sentissi le cose che ho detto (anzi che ho pensato); tu diresti: "Ecco, ancora una volta divaghi, ti perdi dietro le parole, parli, parli, e intanto il tempo passa e quasi non c'è tempo per noi".

Così dicevi quando stavamo insieme.

Insieme voleva dire a un metro, a volte due, a volte molto vicini, in certi casi... be', hai ragione anche tu, divago ancora una volta.

Comunque non ci sei, mi manchi, sto male, ho voglia di morire.

Ho detto le cose in quest'ordine ma nota che potrei anche dire così:

Comunque sto male, mi manchi, non ci sei e ho voglia di morire.

Oppure: Comunque non ci sei...

Va bene, basta divagare.

Potrei chiamarti al cellulare ma so già che la tua voce sarebbe fredda, cioè non è che sentirei freddo all'orecchio, sarebbe il tono della tua voce a raggelarmi l'animo, la tua indifferenza, eppure avrei tante cose da dirti.

E se quel cellulare, magicamente ci facesse tornare vicini in una notte di pioggia, anzi di piovono, potrei dirti che ti amo e basta, senza divagazioni.

Naturalmente potrei anche dirti che è straordinario pensare a come sarebbe diversa la storia delle relazioni umane se il cellulare fosse stato inventato prima. Pensa alla storia della letteratura, pensa a Ulisse che telefona a Penelope: "Guarda cara, sono qua dai Feaci, ritardo ancora un po'" e lei: "Sì, questa è un'altra balla come quella della maga e dei maiali! Torna subito o mi faccio un procio per notte".

Questo ti direi e tu mi diresti... mi diresti che divago come sempre.

Ma stanotte no, non voglio divagare, mi sento troppo solo.

(drammatico) Si è sempre soli una notte di troppo.

(si arrabbia) Una frase così bella e nessuno a cui dirla! Adesso provo a entrare là e magari la dico al barista.

Così esco dall'auto, attraverso la piazzola, entro nel bar giallastro e malaticcio dove c'è una telecamera spia che mi inquadra grandangolato tra merendine e giornali e dove c'è un odore che ricorda te.

Credo che sia il detersivo.

Mi ricordo che una volta ti ho baciato mentre lavavi ì piatti e continuavamo a baciarci e io ti ho detto: "Ma secondo te perché si dice detersivo e non detergente? Mica si dice ammorbidavo, smacchiativo, sbiancativo... si dice ammorbidente, smacchiante, sbiancante..." e tu hai detto: "Uffa, come sei noioso. Ancora una volta divaghi e ti incanti e non ti accorgi che", (mima) Come dice signorina? Ah, che sono qui immobile davanti alla cassa e sto bloccando tutta la fila? Ha ragione. Cosa prendo?... Be', signorina cassiera, scusi ma prendere è un verbo che indica un gesto fisico, si prende freddo, si prende quota, si prende una bella paura...

Giustamente però lei osserva che qua non vendete né quote né freddo né belle paure, ma solo caffè eccetera... a parte che gli esempi erano di nuovo sbagliati...

Allora mi dia un caffè in tazza grande, non saprei dire quanto grande perché non conosco le misure delle tazze di questo bar, diciamo più grande del normale intendendo come normale... va bene, va bene, ma che modi!

Mi sbrigo, sì, mi dia lo scontrino... anche se scontrino è un nome un po' assurdo per un leggerissimo pezzo di carta che non può proprio scontrarsi con nulla, non trova, signore?

Va bene, va bene, mi tolgo dai piedi. E non mi insulti che sono già triste di mio.

Eccomi qua davanti al barista la cui faccia ha iì languore di un circo prima e dopo lo spettacolo e vorrei dirgli quanto mi manchi e quanto sto male, o quanto sto male e quanto mi manchi o quanto... eh no, in questo caso basta.

Perché i baristi sono abituati ad ascoltare certe cose senza battere ciglio. Gli dirò quella bella frase di prima, ecco, sì, ora gliela dico.

"Si è sempre soli una notte di troppo."

Non ha battuto ciglio.

Allora prendo, cioè bevo un caffè in tazza mediamente grande e improvvisamente nell'aria risuona la nostra canzone.

Nostra non in quanto ne riscuotiamo i diritti d'autore, ma in quanto è, per noi, piena di ricordi, o almeno lo è per me.

Si chiama Killing me softly with your song (la canta stonatissimo)... te la cantavo sempre, ma non ricordo chi la canta. Vorrei chiederlo al barista ma lui continua a guardarmi in quel modo sospettoso e non è il caso di chiederlo a quei camionisti, ma la canzone mi segue fuori dal bar come un dolce fantasma e, a un tratto, un semplice gesto come aprire la macchina mi sembra pesante e capisco improvvisamente che non divagherò mai più, tutto è chiaro, limpido, riassunto in un'unica frase finale.

La cantante non è Aretha Franklin.

Scusate la divagazione, non è questa la frase finale. La frase finale è: non posso vivere senza di te.

Quindi adesso attraverserò il guardrail e mi butterò sotto un camion o contro un camion o verso un camion, come preferite.

Sì, è l'ultima cosa che mi resta da fare, a parte il ricordare chi è la cantante di Killing me softly ma in questi casi, si sa, è meglio non pensarci e, prima o poi, il nome torna alla mente quando meno te lo aspetti.

Allora adesso mi ucciderò.

A meno che tu non chiami al cellulare diciamo entro un minuto.

Certo, è quasi impossibile dopo tre mesi che non ti sento, ma al destino va sempre lasciata una chance, anche se il destino sa sempre chi canta le canzoni... anche questa potrei dirla al barista così mi ammazza lui e risparmio di buttarmi sotto al camion.., ma non devo divagare.

Ho sessanta secondi di tempo per pensieri fondamentali e per fare il bilancio della mia vita con spaventosa chiarezza.

Il primo pensiero è: per calcolare i sessanta secondi parto a caso o parto dall'inizio del minuto sul quadrante?

Perché poi quadrante se è tondo?

Ma non divaghiamo. Comunque la cantante non è neanche Mina anche se forse l'ha cantata in italiano... allora parto dal minuto esatto. Gli ultimi pensieri andranno dalle due e trentadue alle due e trentatré.

Pronti? Via!

Dunque, per prima cosa non ti lascio un biglietto perché in sessanta secondi non riuscirei a scrivere niente di conciso, potrei lasciarti un messaggio in segreteria tipo "Ti perdono", ma "Ti perdono" di che?

Oppure: "Il mio ultimo pensiero è stato per te", ma non è sicuro che vada proprio così, perché il mio ultimo pensiero potrebbe esser per il camion: quanto è grosso, che bei fanali ecc...

Potrei lasciarti questo messaggio: "Indovinapa co-sapa stopo per farepe?". A me piaceva molto questo gioco del poropò finale... te lo facevo anche dieci, venti volte al giorno... a te piaceva un po' meno.

Vorrei andare via dal mondo con un bel ricordo. Ecco, sì... tu appoggiata alla mia spalla, dopo aver ballato col fiato corto.

Ecco, i sessanta secondi sono scaduti e mi sento libero da ogni pensiero e divagazione ad eccezione forse del nome di quella maledetta cantante.

Scavalco il guardrail e il vento dei camion mi fa traballare.

Se mi fa traballare il vento sai cosa mi farà il camion intero?

Ma sarà un attimo, un breve folgorante attimo di dolore.

Sento, anzi immagino di sentire, la tua voce che dice: "Dai, non lo farai, divagherai ancora e non ti butterai sotto, farai delle gran elucubrazioni sui camion e ti tirerai da parte all'ultimo momento, provocherai un incidente o qualcosa di simile".

In effetti a pensarci bene, devo scegliere un camion grosso e veloce, non voglio una bottarella che mi storpi e poi non vorrei un camion che trasporti mucche o maiali perché frenando bruscamente potrebbero farsi male... "E al camionista non ci pensi?"... No, al camionista non ci penso, scontrarsi è il loro lavoro.

Vado, adesso vado.

Io credo che da come vedo ingrandirsi i fari che mi vengono incontro potrei calcolare più o meno la velocità del camion sopraggiungente o versogiungente o controgiungente, oppure potrei scegliere prima la marca, gli Iveco sono molto veloci... magari però quando leggo la marca è tardi per decidere se va bene o meno.

Allora mi metto in mezzo alla corsia a braccia aperte mentre il camion arriva e urlo il tuo nome.

Il problema è che tu ti chiami Pierfrancesca Maria Antonietta.

Allora mentre dico tutto questo il camion magari fa in tempo a frenare oppure mi investe che non ho ancora finito di dire tutto.

Dirò il tuo soprannome, "Piri".

Lo so che a te non piace, ma vienimi a dire qualcosa dopo.

Ecco, vado sul bordo della strada e vedo due fari che avanzano e mi sembra che avanzino a una bella velocità, direi che è un autosnodato. Calma e sangue freddo adesso, non pensare a niente, così magari ti torna in mente il nome della cantante... non divagare almeno nell'ultima occasione, presto sarai solo polvere e tre righe su un giornale... però, un momento: i documenti li ho con me o in macchina? Perché se mi sfracellano magari ci vuole un mese per identificarmi e intanto tu...

Be' sì, vorrei che piangessi.

Una lacrima, una lacrima sola e poi basta, in qualche giorno passerà tutto, vedrai, sarò solo un ricordo, una canzone senza neanche il nome della cantante. Certo, tutti i suicidi vorrebbero vedere il dolore di chi resta vivo, forse è un sentimento meschino, ma è comprensibile, inoltre sembra che chi si è svegliato dai coma racconti che, durante quella morte apparente, abbia avuto l'impressione di staccarsi da terra e di vedere il proprio corpo dall'alto mentre... porco cane, il camion è passato e l'ho perso, ma è meglio così. Era un camion che trasportava gamberetti o fiori.

A proposito come viaggiano i fiori? Surgelati? Riscaldati?

Ecco, ecco, divago nuovamente! Hai ragione tu, starò qua tutta notte senza trovare il momento per buttarmi, magari mi prenderò un raffreddore per gli spostamenti d'aria.

No, no, questa volta ce la farò, per te, amore.

La tua testapa sulla spallapa, il tuo respiro dopo aver ballatopo, ci conoscevamo da pochi giorni, la notte, la collina e io ti ho preso il viso tra le mani.

...Ecco! Questo è un esempio adeguato di prendere, finalmente!

Salto in mezzo alla corsia o almeno circa in mezzo, non ho un metro per misurare e vedo un camion che si avvicina ancora più veloce del precedente.

Sento il rumore minaccioso del motore e vedo già la scritta sulla cabina: Autotrasporti...

Autotrasporti Flack!... Flack! Roberta Flack!!

Così si chiama la cantante della nostra canzone!

Vedi, basta non pensarci ed ecco che torna alla mente così, all'improvviso, quando non te l'aspetti.

"Killing me softly with this song..." canta Roberta Bonk...

No, non Roberta Bonk, Roberta Flack.

Ma forse "Bonk" è il rumore del camion che mi ha appena centrato. Ammesso che io abbia un centro perché...

Ma non divaghiamo. Addio amore. (stramazza)

 
 
 
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Data di creazione: 07/02/2008
 

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