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BOTTIGLIE ROTTE

Post n°2 pubblicato il 24 Ottobre 2007 da sentinell0

BOTTIGLIE ROTTE
( poesia metropolitana )

Prologo

A passo lesto lo dico, anzi lo penso: questa non è una cittadina di provincia, con casette basse tutte uguali, qualche vecchio palo di legno retaggio dell’era del telegrafo; niente vialetti ornati da cespi di caduche foglie, calpestate da gioiose corse di bambini o fontanelle intorno a cui girare, tra il crepitio della ghiaia e l’aroma di caldarroste, per inseguire rotte di pesciolini rossi o i propri vaghi pensieri.
Questa è la Metropoli, il caos ordinato e imposto, dove la pubblicità ti salta addosso oscena e il rumore, come in un sisma, è vibrazione che ti scuote dentro; qui le luci sono sprazzi improvvisi che ti abbagliano, da mozzarti il respiro.
E già si respira poco.
La parola chiave è : Velocità, .. parossistica, perentoria, anche posticcia.
Se fosse Domenica tutti a sgomitarsi al ristorante; di Sabato ad intrupparsi al supermarket .. ma oggi, giorno normale, l’omologazione avviene per la strada, a tema libero: il primo che ha avuto fretta ha trasmesso poi a tutti gli altri il suo virus altamente diffusivo.
Così non c’è più niente di biodegradabile, se non i resti della natura umana.
Qual è l’esoso prezzo da pagare, per fare rapidamente e male ciò che si faceva prima più lentamente e bene ?
A siffatte velocità esiste ancora un senso etico nelle proprie azioni ?
Di continuo innalziamo muri che si aggiungono ai tanti altri che ci rendono sempre più imperscrutabili e inclini ad omertosi silenzi.
Dietro le rigide maschere che scorrono davanti mi chiedo se c’è una lacrima, una risata, già pronte e impazienti di irrompere allo scoperto non appena qualcosa faccia vibrare le corde dell’anima: una scena, una musica, un abbraccio, che come un massaggio esperto evochi una scossa sopra una schiena tartassata.
Siamo noi un groviglio di sentimenti imprigionati, imbavagliati ?
Non ho risposte, solo domande, e questo in un certo senso mi solleva.







Il Flusso

Accantonata la questua, l’apolide, avvolto nei suoi multiformi cartoni, apparecchia, con acribia maniacale, la cena, per sé e per il suo cagnolino, affabulando qualcosa; denota una umanità di grado elevato, superiore a quella dei narcisisti passanti.
Due inconsapevoli attori baccagliano per qualche inezia, preoccupati invero più di come la propria virtuale immagine venga percepita da occasionali spettatori, che del reale motivo del contendere.
Il Vigile-sciamano irroga allo smargiasso parcheggiatore una sanzione pecuniaria e di quello ignora le rocambolesche motivazioni; un altro più sofisticato parcheggiatore piega invece stoicamente e con cura la sua ammenda, riponendola, propendendo per un atteggiamento altero, privo di contaminazioni.
Davanti a pallide vetrine, schiarite da scarti di luce, nella città invasata di fragori, provo a non commiserarmi troppo, mettendo in dubbio finanche che la verdinica, maldistinta immagine restituita dal cristallo sia davvero la mia e non magari quella di un avventuriero in rovina, avvolto nel suo involucro di meditazioni.
Aliti taglienti di tramontana brinano contro .. l’inutile scorrere di sconosciuti, i loro nasi rossi in rivolta, sopra occhi fissati a dei punti lontani; cappotto o non, l’algore spira dal dentro di ognuno, e in tale avvolgente turbolenza, lo star fermo equivale a un’attrazione .. ma non ti nota nessuno.
Cos’è la vita ? e i sogni ? .. infierendo: “ per chi sono le speranze ? ..e la felicità ? “
Altri enigmi si susseguono, senza obbligo di risposta, mentre tutto intorno e dietro le mie spalle scorre a velocità non familiari, in moto vorticoso di cui non s’individua il centro.
Così ti assalgono vertigini, estranei sensi di smarrimento.
Tra i flussi di probabili consimili, di ferraglie roboanti , tutto, tranne me, scorre, senza che nessuno ti noti, senza che nessuno, con una semplice levata d’occhi si accorga, lassù, di una luna da fiaba e di un cielo nero bucato da stelle.
Tutto è ignorato da tutti .. è questa l’unica condizione in cui possa realizzarsi in una sorta di moto perpetuo .. il flusso.











Scene riflesse

¬La vetrina, gratuito schermo, rivolta le scene che cattura: mentre una scompare, un’altra pronta riappare dall’angolo opposto, lasciando la mente libera di privilegiare schegge di pensiero, e qualche ricordo.
Al punto in cui siamo, se la zingarella, con la sua sapiente invadenza, riuscisse a leggere la mano, arretrerebbe spaventata; non leggerebbe tra questi rivoli lucenti tanto di buono da guadagnarsi un soldino .. perché .. una cosa bella, qui, ha meno speranze di essere trovata di un biglietto di carta accartocciato in mezzo a spazzatura.
Per strada, sul marciapiede, di vita ce n’è tanta e vibra più che in ogni altra parte, pur se difficile da catturare.
Nella città impazzita, di giorno come di notte, avverto come emozione la dissonanza tra il parapiglia e i riverberanti silenzi della mente, in cui albergano elucubrazioni che a tratti sfociano in erratiche elegie.
Si portano via lo spacciator-filosofo, che urla: “ se la droga fa fare i sogni belli, perché non arrestate tutti i televisori e mi lasciate in pace !? “
Al terzo saluto, a una fermata d’autobus, rubo un : “ non ti lascerei mai andar via .. ti sentirò dentro ogni cosa, e dentro di me .. spero che i tuoi non ti facciano storie ”. C’è qualcosa, in questa scena, del nostro passato, no, non i jeans e la maglietta che non copre abbastanza, ma gli occhi, con quello sguardo puro e intenso da piegare un sasso.
Un buzzurro a marcia opposta sfiora un bellimbusto, che rallentato il moto si ferma in piroetta, quando l’altro ormai è già ingoiato dalla folla; fossi un pittore .. ne ritrarrei l’assurda sua espressione da duello.
Al di là di queste mura annerite e multicolori finestre, si attende in tanti e invano, il meritato momento di gloria, premio per tanta vita sprecata invano, ad apparir diversi, a non apparire affatto.
















Poesia metropolitana

Da una matassa di capelli una voce truccata si infila nel telefonino: “ nella nostra realtà di adesso, sai comincio a sentirmi una persona vera, non sai che inferno fino a ieri la mia vita con .. ( porca .. non c’è segnale) .. ecco ti sento, sai, solo adesso possiamo riprenderci ciò che ci è stato negato”
Che invenzione .. il telefono.. senza fili.. il tradimento .. urlato in mezzo al traffico .. che invenzione.
“ Si può scanzare per favore ? “ – dentro quella zeta mi trafigge – “ .. devo abbassare la serracinenesca, .. stiamo chiudento “ – per il commercio la sintassi è opzionale, mi sussurro dentro, quasi per vendicarmi dello sfratto; ma come, proprio ora che mi sembrava di afferrare il vero senso ( “senzo”, direbbe l’amico che qui presente deve chiutere) delle cose ..
Si impigliano tra ragnatele infide vacui pensieri e autentiche perle di saggezza.
In questo fluire, amimico e vano, ogni tanto uno squarcio che rivela la nostra vera natura .. “ dovete smetterla di dirmi cosa devo o non devo fare ! potrò fare da sola i miei sbagli, come avete fatto voi all’età mia ? “
Ma i veri padroni della città sono gli storni che, a milioni, garruli ci appellano dall’alto: “Farisei .. Belve ! Improbi .. Guitti ! “ coprendo come biblica piaga, tutti e ogni cosa, dei loro escrementi.
Tra i loro bersagli preferiti .. gli allontanatori di storni, armati di megafono, in giacche e cappuccio un dì remoto fosforescenti.
“ Si vuole spostarsi, per piacere .. si onnò ? – il mio amico insiste, proprio mentre partorisco una poesia metropolitana ..
A zonzo vago in cerca di me stesso, mentre sfumano mollemente impressioni e rumori, mentre il tuo sguardo m’illumina un secondo e poi torna la notte.
Come segnali morse, parole nuove subliminali cercano di impossessarsi dei centri della ragione facendo, a missione compiuta, di fatto trasecolare i pilastri logici eretti in sua difesa.
Città pazza .. di giorno, come di notte, tutto è ignorato da tutti .. come ci vedranno dall’alto .. come bottiglie rotte, e non esiste uno spazio sicuro, .. traccheggio .. schivo .. accelero .. mi stoppo, centrato, non a caso purtroppo, dal più cecchino dei pennuti.

 
 
 
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Un blog di: sentinell0
Data di creazione: 20/02/2006
 

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